Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16544 del 14/07/2010

Cassazione civile sez. lav., 14/07/2010, (ud. 26/05/2010, dep. 14/07/2010), n.16544

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIDIRI Guido – Presidente –

Dott. DI NUBILA Vincenzo – Consigliere –

Dott. STILE Paolo – Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

Dott. MELIADO’ Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

P.E., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PAOLO EMILIO

26, presso lo studio dell’avvocato MORELLI MASSIMO, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato BASTRERI ENRICO, giusta

delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario

della Società di Cartolarizzazione dei crediti INPS, S.C.C.I.

S.p.A., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DELLA FREZZA N. 17,

presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi

dagli avvocati CORETTI ANTONIETTA, CORRERA FABRIZIO, MARITATO LELIO,

giusta delega in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

S. PAOLO RISCOSSIONI S.P.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1196/2007 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 19/01/2007 R.G.N. 60/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/05/2010 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE MELIADO’;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ABBRITTI Pietro che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza in data 24.11.2006/19.1.2007 la Corte di appello di Genova confermava la sentenza resa dal Tribunale di Genova il 7.2.2005, impugnata da P.E., che rigettava l’opposizione dalla stessa proposta avverso la cartella esattoriale notificatale per il pagamento della somma di L. 40.918.814 a titolo di contributi INPS Gestione artigiani non versati.

Osservava la corte territoriale che correttamente il giudice di primo grado aveva rigettato l’opposizione in quanto proposta oltre il termine di quaranta giorni stabilito dal D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, comma 5, trattandosi di termine decadenziale, rilevabile dal giudice d’ufficio.

Per la cassazione della sentenza propone ricorso P.E. con tre motivi. Resiste con controricorso l’INPS; non ha svolto attività difensiva la Società di Cartolarizzazione dei Crediti INPS (SCCI spa).

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, svolto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, in relazione all’art. 115 c.p.c., rilevando che erroneamente la corte territoriale aveva escluso la natura solo ordinatoria del termine in esame, tenuto conto della prescrizione di.

carattere generale posta dall’art. 152 c.p.c. e che, comunque, il mancato rispetto di tale termine poteva precludere solo l’impugnativa dell’efficacia esecutiva della cartella, ma non anche la contestazione giudiziale della pretesa creditoria, nel merito.

Con il secondo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4 e 5, violazione e falsa applicazione dell’art. 2969 c.c., dell’art. 112 c.p.c., del D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, osservando che dall’erronea configurazione del termine come perentorio la corte territoriale aveva tratto, quale necessaria conseguenza, la possibilità del suo rilievo officioso, in deroga al principio generale di autotutela di cui è titolare la Pubblica Amministrazione.

Con l’ultimo e condizionato motivo, infine, la ricorrente reitera le eccezioni avanzate nella fase di merito, ed, in particolare, l’eccezione di intervenuta prescrizione.

Il ricorso, i cui primi due motivi possono essere esaminati congiuntamente, in quanto connessi, non è meritevole di accoglimento.

Le censure prospettate si pongono, infatti, in contrasto con la consolidata giurisprudenza di questa Suprema Corte, che, in tema di iscrizione a ruolo dei crediti previdenziali, afferma che il termine prescritto dal D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, comma 5, per proporre opposizione nel merito al fine di accertare la fondatezza della pretesa dell’ente deve ritenersi perentorio perchè diretto a rendere incontrovertibile il credito contributivo dell’ente previdenziale in caso di omessa tempestiva impugnazione e a consentire una rapida riscossione del credito iscritto a ruolo e che alla perentorietà del termine non ostano nè l’inespressa indicazione in tal senso, dovendo il giudice pur sempre indagare se, a prescindere dal dettato normativo, un termine, per lo scopo che persegue e la funzione che adempie, debba essere osservato a pena di decadenza, nè che l’iscrizione a ruolo avvenga senza un . preventivo accertamento giudiziale, non ignorando l’ordinamento titoli esecutivi formati sulla base di un mero procedimento amministrativo.

Tale ricostruzione è stata ritenuta da questa Corte (v. sentenza n. 14692/2007) immune da dubbi di legittimità costituzionale, perchè il diritto di difesa del debitore, garantito dall’ art. 24 Cost, è tutelato dalle norme di legge in esame, mentre rientra nella discrezionalità del legislatore la regolamentazione dei termini di esercizio del diritto di impugnazione, ed è stata confermata anche dal giudice delle leggi (v. Corte Cost. ord. n. 111/2007), che ha ritenuto che la scelta del legislatore di consentire agli enti previdenziali di riscuotere i propri crediti attraverso un titolo che si forma prima ed al di fuori del giudizio non è irragionevole, in considerazione della natura pubblicistica dell’ente creditore e dell’affidabilità del procedimento che ne governa l’attività ed è rispettosa, al tempo stesso, del diritto di difesa e dei principi del giusto processo, stante la possibilità, concessa al debitore, di promuovere entro un termine perentorio, ma adeguato, un giudizio ordinario di cognizione nel quale far valere le proprie ragioni, e di richiedere, altresì, la sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo e/o dell’esecuzione.

I motivi in esame vanno, pertanto, rigettati con conseguente assorbimento dell’ulteriore mezzo di gravame.

Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 10,00 per esborsi ed in Euro 2000,00 per onorario di avvocato, oltre ad accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 26 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 14 luglio 2010

 

 

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