Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16543 del 11/06/2021

Cassazione civile sez. I, 11/06/2021, (ud. 16/04/2021, dep. 11/06/2021), n.16543

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 16042/2020 r.g. proposto da:

C.L., (cod. fisc. (OMISSIS)), rappresentato e difeso, giusta

procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avvocato Stefania

Siciliani, con cui elettivamente domicilia in Firenze, Via Fra

Barlommeo n. 5, presso lo studio dell’Avvocato Simone Grisenti.

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (cod. fisc. (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore il Ministro.

– intimato –

avverso la sentenza della Corte di Appello di Venezia, depositata in

data 29.10.2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

16/4/2021 dal Consigliere Dott. Roberto Amatore.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Venezia ha rigettato l’appello proposto da C.L., cittadino del Gambia, nei confronti del Ministero dell’Interno, avverso l’ordinanza emessa in data 10 ottobre 2018 dal Tribunale di Venezia, con la quale erano state respinte le domande di protezione internazionale ed umanitaria avanzate dal richiedente.

La Corte di merito ha ricordato, in primo luogo, la vicenda personale del richiedente asilo, secondo quanto riferito da quest’ultimo; egli ha infatti narrato: i) di essere nato e vissuto in Gambia; ii) di essere stato costretto a fuggire dal suo paese perchè minacciato di morte dallo zio al quale aveva sottratto alcuni attrezzi agricoli per la ragione di voler mantenere economicamente i proprio fratelli minori.

La Corte territoriale ha, poi, ritenuto che: a) non erano fondate le domande volte al riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, del D.Lgs. n. 251 del 2007, sub art. 14, lett. a e b, in ragione della complessiva valutazione di non credibilità del racconto, che risultava, per molti aspetti, non plausibile e lacunoso ed anche perchè i motivi di gravame avanzati sul punto erano stati solo genericamente formulati e comunque in ragione della natura privata della vicenda allegata come ragione dell’espatrio; b) non era fondata neanche la domanda di protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c, in ragione dell’assenza di un rischio-paese riferito al Gambia, stato di provenienza del richiedente, collegato ad un conflitto armato generalizzato; c) non poteva accordarsi tutela neanche sotto il profilo della richiesta protezione umanitaria, perchè il ricorrente non aveva dimostrato un saldo radicamento nel contesto sociale italiano nè una condizione di soggettiva vulnerabilità.

2. La sentenza, pubblicata il 29.10.2019, è stata impugnata da C.L. con ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi.

L’amministrazione intimata non ha svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c., in ordine al giudizio di inammissibilità dell’appello per specificità dei motivi di gravame in grado di appello in relazione ai capi 9,10, 3 e 15 della sentenza impugnata.

1.1 Il motivo è inammissibile.

Occorre subito evidenziare come la decisione di rigetto delle domande protettive si fonda, in realtà, su una ratio concorrente riguardante la valutazione di merito della domanda stessa, e cioè la mancanza dei presupposti applicativi dell’invocata tutela protettiva e comunque sul giudizio di non credibilità la cui mancata censura nel motivo di ricorso qui in esame rende irricevibile le relative doglianze.

2. Con il secondo mezzo si deduce violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5, violazione di legge in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b, in relazione al diniego dell’invocata protezione sussidiaria, e comunque vizio di motivazione apparente e di omesso esame di fatto decisivo in relazione sempre alla medesima domanda di tutela.

2.1 Va in primis evidenziato, quanto alla censura che attinge il diniego dell’invocata protezione umanitaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c, che in realtà l’affermazione di non credibilità del racconto, qui non censurata (o meglio non adeguatamente censurata nei motivi che seguono), copre ogni ulteriore valutazione in merito alla fondatezza o meno della istanza protettiva, rendendo inammissibili le censure proposte dal ricorrente con il motivo qui in esame,

2.2 Va invece evidenziato, in relazione alla dedotta violazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c), denunciata con riguardo al mancato approfondimento istruttorio officioso relativo alla situazione di “violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”, che, alla stregua delle indicazioni ermeneutiche impartite da questa Corte, ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, a norma del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), la nozione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato, interno o internazionale, in conformità con la giurisprudenza della Corte di giustizia UE (Grande Sezione, 18 dicembre 2014; C-542/13, par. 36; C-285/12; C-465/07), deve essere interpretata nel senso che il conflitto armato interno rileva solo se, eccezionalmente, possa ritenersi che gli scontri tra le forze governative di uno Stato e uno o più gruppi armati, o tra due o più gruppi armati, siano all’origine di una minaccia grave e individuale alla vita o alla persona del richiedente la protezione sussidiaria. Il grado di violenza indiscriminata deve aver pertanto raggiunto un livello talmente elevato da far ritenere che un civile, se rinviato nel Paese o nella regione in questione correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio, un rischio effettivo di subire detta minaccia (Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 13858 del 31/05/2018).

Il motivo – articolato in relazione al diniego della reclamata protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c – è inammissibile perchè volto a sollecitare questa Corte ad una rivalutazione delle fonti informative per accreditare, in questo giudizio di legittimità, un diverso apprezzamento della situazione di pericolosità interna del Gambia, giudizio quest’ultimo inibito alla corte di legittimità ed invece rimesso alla cognizione esclusiva dei giudici del merito, la cui motivazione è stata articolata – sul punto qui in discussione – in modo adeguato e scevro da criticità argomentative, avendo specificato, anche tramite la consultazione (e indicazione) di qualificate fonti di informazione internazionale (c.o.i.) che nel predetto stato africano non si assiste ad un conflitto armato generalizzato, tale da integrare il pericolo di danno protetto dalla norma sopra ricordata.

3. Con il terzo motivo si censura la sentenza impugnata, ai sensi dell’art. 360, 1 comma, n. 3, per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 27, comma 1 bis, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, lett. g e art. 14, lett. b; ed ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per omesso esame di fatti decisivi, in ordine alla valutazione di non credibilità del racconto.

3.1 Il motivo è – per come formulato – inammissibile.

Si richiede alla Corte di legittimità una rivalutazione di merito sul giudizio di credibilità del racconto, profilo sul quale la Corte di merito ha argomentato in modo adeguato e scevro da criticità argomentative, prospettando valutazioni contenutistiche che esulano dal giudizio demandato alla Corte di Cassazione.

4. Con il quarto mezzo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, vizio di motivazione apparente e comunque, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, vizio di violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, in relazione al diniego dell’invocata protezione umanitaria.

4.1 Il motivo inciampa sul medesimo profilo di inammissibilità già esaminato in riferimento al motivo che precede, e cioè sulla irricevibilità nel giudizio di cassazione di doglianze articolate in fatto e volte a sollecitare questa Corte ad una rivalutazione dei presupposti fattuali di applicazione delle norme sopra invocate, e ciò con particolare riferimento al profilo della condizione di soggettiva vulnerabilità e di integrazione sociale del richiedente.

Nessuna statuizione è dovuta per le spese del giudizio di legittimità, stante la mancata difesa dell’amministrazione intimata.

Per quanto dovuto a titolo di doppio contributo, si ritiene di aderire all’orientamento già espresso da questa Corte con la sentenza n. 9660-2019.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 16 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 giugno 2021

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