Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16542 del 05/08/2016


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Cassazione civile sez. lav., 05/08/2016, (ud. 28/04/2016, dep. 05/08/2016), n.16542

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. BRONZINI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 27047-2013 proposto da:

C.A., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA SIMONE DE SAINT BON 89, presso lo studio dell’avvocato SILVIA

CANALI, rappresentato e difeso dall’avvocato ERNESTO GILIANI, giusta

delega in atti;

– ricorrente –

contro

ATCM S.P.A., ora SETA S.P.A. P.I. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

A. DEPRETIS 86 presso lo studio dell’avvocato PIETRO CAVASOLA che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIGLIOLA IOTTI, giusta

delega in atti;

SACA S.C.A.R.L., C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA COSSERIA 5,

presso lo studio dell’avvocato GUIDO FRANCESCO ROMANELLI, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato ENRICO GRAGNOLI,

giusta delega in atti;

– controricorrenti –

e contro

AUTONOLEGGIO DI D.E.M. E C S.N.C., C.R. VIAGGI DI

C.R. E C. S.A.S.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1039/2013 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 10/09/2013 R.G.N. 380/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

28/04/2016 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE BRONZINI;

udito l’Avvocato BINI ANDREA per delega Avvocato GILIANI ERNESTO;

udito l’Avvocato IOTTI GIGLIOLA;

udito l’Avvocato GRAGNOLI ENRICO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CERONI Francesca che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso,

in subordine rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale di Modena con sentenza del 4.5.2009 rigettava la domanda proposta da C.A. (autista di autobus) di riconoscimento dell’interposizione fittizia del rapporto di lavoro intercorso con la C.R. Viaggi di R.C. & C. S.n.c. sub concessionaria di un servizio di autolinee urbane ed extraurbane di Carpi (a sua volta aggiudicata alla SACA Soc. coop. a.r.l. quale società consortile e poi affidata alle sue consorziate Autonoleggio di M.D.E. & C. s.n.c. s.n.c. e poi successivamente alla C.R. Viaggi già nominata) con conseguente costituzione del rapporto di lavoro con l’appaltatore ATCM spa (poi Seta spa), mentre accoglieva la domanda subordinata di declaratoria dell’illegittimità dei recesso intimatogli dalla C.R. Viaggi perchè in violazione delle L. n. 223 del 2001 disponendo la tutela L. n. 604 del 1966, ex art. 8. La Corte di appello di Bologna con sentenza del 10.9.2013 rigettava l’appello del lavoratore. La Corte territoriale osservava che la C.R. Viaggi (ed anche la Saca e l’Autonoleggio) avevano provato di possedere una struttura autonoma ed alternativa da quella dell’appaltante ATCM ed il carattere indiretto del controlli di questa. Le modalità complessive dell’appalto, in certi casi stringenti, derivavano dalla legislazione statale e regionale e comunque non elidevano il rischio d’impresa in capo alla sub concessionaria. Il corrispettivo commisurato ai chilometri effettuati copriva infatti una pluralità di fattori di produzione, non solo il costo del lavoro, ma anche le spese del carburante, del’assicurazione, dei collaudi e controlli degli automezzi, i costi di locazione dell’officina e dell’autorimessa tec. dunque non era un semplice sovraprezzo rispetto alle retribuzioni dei conducenti ma scontava anche altre variabili produttive importanti per determinare ex post (quindi in termine di rischio d’Impresa) la remuneratività dell’appalto. Il corrispettivo convenuto atteneva quindi ad un risultato apprezzabile In sè in termini autonomi rispetto alle prestazioni di lavoro degli autisti. Non erano peraltro applicabili la L. n. 1369 del 1960, artt. 1 e 3 posto che nella fattispecie si era in presenza di attività di direzione, coordinamento e controllo di attività autonome ed esterne e non di un appalto endoaziendale per lo svolgimento di funzioni intranee alla struttura aziendale dell’appaltante.

Per la cassazione di tale decisione propone ricorso il C. con due motivi corredati da memoria; resiste la Seta spa (già ATMC spa) con controricorso e la soc coop. Saca con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo si allega la violazione o falsa applicazione della L. n. 9 del 1970, art. 1, comma 3 per non aver ritenuto applicabile alla fattispecie la presunzione iuris e de iure di cui alla predetta norma ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, ovvero per omesso esame circa un fatto decisivo e controverso per il giudizio. La Corte di appello aveva completamente trascurato il motivo concernente la violazione dell’art. 1, comma 3 e cioè l’impiego di macchine ed attrezzature fornite dall’appellante.

Il motivo appare inammissibile: parte ricorrente si duole del fatto che la Corte di appello non avrebbe ” speso nemmeno un rigo” in ordine alla dedotta violazione della L. n. 1369 del 1960, art. 1, comma 3 nonostante la formulazione di un motivo di impugnazione, fattispecie distinta da quella di cui all’art. 1, comma 1 stessa legge. Ora il mancato esame di un motivo di appello o di una domanda riproposta in appello andava censurato come una violazione dell’art. 112 c.p.c. ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4 e non come una violazione di legge o come “un omesso esame di un fatto” posto che la Corte di appello non può aver violato una disposizione di legge che non ha applicato, nè l’omesso esame di una domanda rappresenta l’omesso esame di un ” fatto”.

Con il secondo motivo si allega la violazione o falsa applicazione della L. n. 1369 del 1960, art. 1, comma 1 ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 per non avere ritenuto la sussistenza nel caso in esame della fattispecie vietata di cui alla suddetta norma nonostante che l’organizzazione e la direzione della prestazione fosse stata effettuata dalla ATMC.

Il motivo appare parimenti inammissibile in quanto in realtà si muovono censure di merito concernenti la motivazione della sentenza impugnata che ha già valutato le modalità con cui si è realizzato Il sub-appalto di cui è processo escludendo che si sia concretizzato in un mera intermediazione di mano d’opera. I poteri di controllo e di interferenza dell’appaltatore sono già stati valutati dal Giudice di appello che ha sottolineato come derivassero dalla legge (statale e regionale) e che comunque l’appalto non sia stato privo di rischio di impresa non essendosi concretato in una mera fornitura di manodopera. Nel motivo si richiamano altre circostanze ed elementi che tuttavia il Giudice di appello ha ritenuto non rilevanti rispetto a quelli che confermavano la genuinità dell’operazione economica. Si tratta di censure non coerenti con la nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c. applicabile ratione temporis (essendo la sentenza impugnata stata depositata il 11.9.2013) non rilevando che si siano fatte valere violazioni di norme di diritto che in realtà si sostanziano nella prospettazione di vizi motivazionali. Va ricordato sul punto l’orientamento di questa Corte che si condivide e cui si intende dare continuità secondo il quale “l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie” (Cass. SSUU n. 8053/2014). Il ” fatto” (e cioè le modalità dell’appalto) di cui si discute è già, come detto, stato ampiamente esaminato dai Giudici di appello.

Si deve quindi dichiarare inammissibile il ricorso.

Le spese di lite nei confronti della partè costituite, liquidate come al dispositivo, seguono la soccombenza. Nulla nei confronti delle altre parti.

La Corte ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza del presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per li ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

Dichiara Inammissibile il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento in favore delle parti intimate costituite delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in Euro 100,00 per esborsi, nonchè in Euro 3.100,00 per compensi oltre spese generali al 15% ed accessori come per legge nei confronti di ciascuna parte controricorrente. Nulla nei confronti delle parti non costituite.

La Corte al sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 28 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 5 agosto 2016

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