Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16539 del 14/07/2010

Cassazione civile sez. lav., 14/07/2010, (ud. 09/03/2010, dep. 14/07/2010), n.16539

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCIARELLI Guglielmo – Presidente –

Dott. MONACI Stefano – rel. Consigliere –

Dott. DI NUBILA Vincenzo – Consigliere –

Dott. STILE Paolo – Consigliere –

Dott. MORCAVALLO Ulpiano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 32433/2006 proposto da:

D.L.V., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BISSOLATI 76,

presso lo studio dell’avvocato GARGANI Benedetto, che lo rappresenta

e difende unitamente all’avvocato SALICE LUIGI, giusta mandato a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati SGROI Antonino,

CORRERA’ FABRIZIO, giusta mandato in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

PADANA RISCOSSIONI S.P.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 391/2006 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 03/08/2006 r.g.n. 162/03;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

09/03/2010 dal Consigliere Dott. STEFANO MONACI;

udito l’Avvocato COMPAGNONI PIER AURELIO per delega GARGANI

BENEDETTO;

udito l’Avvocato ANTONINO SGROI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FEDELI Massimo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il signor D.L.V., titolare di un esercizio di caffè bar, ha impugnato una cartella esattoriale che gli era stata notificata per conto dell’Inps, chiedendo in via preliminare che venisse accertata e dichiarata l’infondatezza del verbale di accertamento ispettivo posto alla base della cartella stessa.

Contestava, in particolare, di avere occupato nel suo esercizio due dipendenti, una, la signora S.A., la cui prestazione (dal 15 settembre 1989 al 2 settembre 1993) non sarebbe stata regolarizzata affatto, ed una seconda, la signora C.C., regolarmente registrata in precedenza, di cui sarebbe stata omessa indebitamente la registrazione per un ulteriore periodo dal 1990 al luglio 1993, per una prestazione di quattro ore al giorno per due giorni alla settimana.

Costituitosi il contraddittorio, il giudice di primo grado respingeva l’opposizione, e questa decisione veniva confermata in sede di impugnazione dalla Corte d’Appello di Bologna, che, con sentenza n. 391/06, rigettava l’appello del D.L..

La sentenza riteneva che effettivamente la S. e la C. avessero lavorato, nei periodi e con gli orari indicati, rispettivamente per ciascuna di loro, nell’esercizio gestito dal D.L., e che l’Istituto assicuratore avesse già detratto gli importi versati dall’imprenditore.

Avverso questa sentenza, depositata in cancelleria il 3 agosto 2006 e notificata il 20 settembre 2006, il D.L. ha proposto ricorso per cassazione, con due motivi di impugnazione, notificato all’Inps ed all’esattore, società Padana Riscossioni s.p.a., a mezzo del servizio postale con plichi inviati, in termine, il 17 novembre 2006, e pervenuti (quanto meno all’Inps) il 21 novembre successivo.

L’intimato Inps ha resistito con controricorso notificato, in termine, il 27 dicembre 2006.

L’altra intimata, società Padana Riscossioni non ha presentato difese.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Nel primo motivo di impugnazione il ricorrente lamenta la violazione o falsa applicazione di norme di diritto.

Critica la sentenza per non avere tenuto conto della distribuzione dell’onere probatorio relativo al preteso credito previdenziale.

L’opposizione introduceva un giudizio ordinario, nel cui ambito l’onere della prova ricadeva sull’ente impositore che faceva valere il credito iscritto a ruolo, e non sul contribuente che proponeva opposizione contro il ruolo.

L’onere ricadeva perciò sull’ente impositore.

Secondo il ricorrente, però, questo principio era stato disatteso dalla Corte d’Appello.

2. Nel secondo motivo il ricorrente deduce, invece, l’omessa e insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo del giudizio.

La Corte d’Appello non avrebbe valutato correttamente la “palese inesattezza” dei verbali di accertamento ispettivo.

Contesta in proposito la ricostruzione dei fatti effettuata dal giudice di merito, sostenendo che le deposizioni sarebbero state contraddittorie, e lamenta, tra l’altro, che fossero stati assunti come testi gli ispettori dell’Istituto assicuratore.

Il ricorrente contesta, infine, anche l’assoggettamento all’onere delle spese, sottolineando anche, a questo proposito, di avere presentato fin dal 1993 domanda di regolarizzazione alla sede Inps di (OMISSIS), provvedendo al versamento dei contributi e delle relative somme aggiuntive, e lamenta che l’Ente assicuratore abbia comunque ritenuto di non prestar fede alle sue dichiarazioni.

3. Il ricorso non è fondato.

Il primo motivo di impugnazione è infondato in quanto non è esatta in linea di fatto l’allegazione del ricorrente secondo la quale il giudice di merito non avrebbe tenuto conto del principio secondo cui nel giudizio di impugnazione di cartella esattoriale, l’onere della prova ricade sull’ente impositore.

La motivazione della sentenza dimostra, invece, la linearità del processo motivazionale, e insieme la corretta applicazione del principio indicato dal ricorrente.

Il giudice ha esaminato dettagliatamente le diverse prove raccolte su sollecitazione dell’una o dell’alta parte, se ne è avvalso per ricostruire le circostanze di fatto, ed è giunto così alla conclusione dell’effettiva sussistenza delle omissioni contestate, e dell’esistenza del credito previdenziale.

4. Il secondo motivo di impugnazione è in gran parte inammissibile e per il resto infondato.

Le critiche prospettate di inesattezza dei verbali si risolvono, infatti, nella riproposizione di questioni di fatto, non suscettibili di riesame in questa fase di legittimità; in realtà il ricorrente contrappone inammissibilmente una propria valutazione di fatto, in particolare sull’esattezza dei verbali e, più ampiamente, sullo svolgimento dei fatti, a quella del giudice di merito.

Sono infondate anche le critiche sull’assoggettamento all’onere delle spese, perchè – come del resto riconosce lo stesso ricorrente al punto n. 64 del ricorso – la condanna al pagamento delle spese processuali è una conseguenza legale della soccombenza.

5. Conclusivamente, dunque, il ricorso è infondato, e non può che essere rigettato.

Le spese del grado, liquidate così come in dispositivo, seguono anche esse la soccombenza a carico del ricorrente ed a favore dell’intimato Inps che ha svolto attività difensiva.

Non possono essere riconosciute spese, ovviamente, all’altra intimata società Padana, che non ha svolto difese in questa fase.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese, che liquida in Euro 10,00 oltre ad Euro 2.000,00 (duemila/00) per onorari, oltre agli accessori di legge.

Nulla per le spese nei confronti della Padana Riscossioni s.p.a..

Così deciso in Roma, il 9 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 14 luglio 2010

 

 

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