Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16537 del 31/07/2020

Cassazione civile sez. II, 31/07/2020, (ud. 19/11/2019, dep. 31/07/2020), n.16537

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 3938-2016 proposto da:

S.L., rappresentata e difesa dall’Avvocato ALFONSO ESPOSITO,

ed elettivamente domiciliata a Roma, via Cosseria 2, presso lo

studio PLACIDI, per procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

S.C. E S.R., rappresentate e difese dall’Avvocato

SABATO SALVATI, ed elettivamente domiciliate a Roma, piazza della

Libertà 20, presso lo studio dell’Avvocato SALVATORE SICA, per

procura speciale a margine del controricorso;

nonchè

S.M., rappresentata e difesa dall’Avvocato ANTONIO

CARDAROPOLI, ed elettivamente domiciliata a Roma, piazza della

Libertà 20, presso lo studio dell’Avvocato SALVATORE SICA, per

procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrenti –

S.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 471/2015 della CORTE D’APPELLO DI SALERNO,

depositata il 16/7/2015;

udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del

19/11/2019 dal Consigliere DONGIACOMO GIUSEPPE;

sentito il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto

Procuratore Generale della Repubblica MISTRI CORRADO, il quale ha

concluso per l’accoglimento del ricorso per quanto di ragione;

sentito, per la ricorrente, l’Avvocato ALFONSO ESPOSITO;

sentito, per le controricorrenti, l’Avvocato VALERIA MARSANO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La corte d’appello di Salerno, con la sentenza in epigrafe, pronunciando sull’appello proposto da S.C. e da S.R. avverso la sentenza pronunciata dal tribunale di Nocera Inferiore in data 15/5/2008, ha, innanzitutto, dichiarato che: 1) a seguito dell’apertura della successione di So.An., deceduto ab intestato in data (OMISSIS), la relativa eredità è devoluta in ragione di 3/15 in favore del coniuge superstite M.E., in ragione di 6/15 in favore di S.C. ed in ragione di un quindicesimo ciascuna in favore di S.L., S.A., S.M. e S.R.; 2) a seguito dell’apertura della successione di M.E., deceduta il (OMISSIS), l’eredità è devoluta per legge in parti uguali in favore delle cinque figlie S.C., S.L., S.A., S.M. e S.R.; 3) i beni caduti nella successione di So.An. hanno il valore attuale complessivo di Euro 193.890,23 e sono costituiti da un appezzamento di terreno ubicato a Nocera Superiore, censito in catasto al f. (OMISSIS), p.lla (OMISSIS), del valore di Euro 100.380,00, e da un fabbricato di vecchia costruzione, non riportato in catasto ma censito in mappa con la p.lla (OMISSIS), insistente sul predetto terreno, del valore di Euro 93.510,23; 4) i beni caduti nella successione di M.E. sono costituiti dalla quota di un terzo dei beni caduti nella successione del coniuge premorto, So.An.; 5) la divisione dei beni caduti nella successione di So.An. deve aver luogo previa collazione per imputazione del bene che il de cuius, con atto per notar A. del 18/1/1986, aveva donato (a titolo di disponibile e solo per l’esubero sulla quota di legittima) in favore della figlia S.C., dichiarando che tale bene resta definitivamente attribuito alla donataria.

La corte, poi, ha determinato: – in Euro 193.890,23 il valore complessivo delle masse da dividere, comprensivo dei beni caduti nella successione di So.An. e di quelli caduti nella successione di M.E.; – in Euro 90.482,11 il valore della quota spettante a S.C. (comprensivo del valore dell’immobile ad essa donato, stimato all’attualità in Euro 49.862,70); – in Euro 25.825,03 il valore della quota spettante a ciascuna delle altre quattro condividenti, vale a dire S.L., S.A., S.M. e S.R..

La corte, inoltre, ha dichiarato che la divisione dei beni caduti nelle due successioni deve avvenire secondo il progetto elaborato dal consulente tecnico d’ufficio, nelle p. 25, 26 e 27 della relazione depositata il 25/6/2014 e secondo i progetti anche grafici di cui agli allegati n. 19 e 20 ed ha disposto l’assegnazione a S.C. e S.R., secondo le rispettive quote, dei lotti individuati dal consulente tecnico d’ufficio alla p. 26 della relazione, con il n. 1 e il n. 2, oltre al conguaglio di Euro 1.643,91 da porsi a carico delle altre tre condividenti nella misura di Euro 547,97 ciascuna, da rivalutare dal mese di giungo del 2014 fino alla pubblicazione della sentenza e con gli interessi legali dalla data del passaggio in giudicato della sentenza fino all’effettivo soddisfo. La corte, invece, ha disposto che l’assegnazione (alle altre tre condividenti) delle porzioni di cui ai lotti n. (OMISSIS), individuate dal consulente tecnico d’ufficio nel predetto progetto, dovrà avvenire mediate estrazione a sorte, ai sensi dell’art. 729 c.c., da effettuarsi a cura della stessa corte d’appello, all’esito del passaggio in giudicato della sentenza;

La corte, infine, ha posto a carico di ciascun condividente, in proporzione della rispettiva quota ereditaria, le spese del giudizio d’appello, le spese di consulenza tecnica d’ufficio e le ulteriori spese di accatastamento, condono edilizio e frazionamento necessarie per la trascrizione della sentenza.

La corte d’appello, in particolare, ha rilevato, innanzitutto, che il consulente tecnico d’ufficio aveva evidenziato: – che per la realizzazione del piano terra, del primo piano e del sottotetto del fabbricato era stata rilasciata autorizzazione con delibera della G.M. in data 5/7/1957; – che, con licenze n. (OMISSIS) e n. (OMISSIS), era stata autorizzata la realizzazione, in ampliamento, di altri due vani al primo piano; – che lo stesso consulente, a seguito del raffronto tra l’elaborato grafico relativo all’attuale stato dei luoghi e i grafici allegati ai progetti relativi alle autorizzazioni rilasciate, aveva rilevato l’esistenza di parti del fabbricato realizzate abusivamente (vale a dire, con riferimento ai grafici costituenti l’allegato n. 10 della relazione, il vano n. 1 ubicato al piano interrato, e i vani n. 5-8 e 9 al piano terra e le aree coperte n. 1 e 2 sempre al piano terra), e la presentazione, in ordine alle stesse, di istanza di condono ai sensi della L. n. 47 del 1985; – che il consulente, sulla base della documentazione esaminata e del parere espresso dal responsabile dell’area tecnica-ufficio condono del Comune di Nocera Superiore, aveva evidenziato che le opere in questione sono condonabili, indicando in Euro 10.000,00 la spesa a tale fine necessaria.

La corte, quindi, in ragione delle conclusioni alle quali è addivenuto il tecnico, ha ritenuto che le porzioni di fabbricato abusivamente realizzate dal de cuius debbano essere inserite nella massa da dividere: sia perchè si tratta di opere astrattamente condonabili, sia perchè, in ogni caso, la nullità di cui alla L. n. 47 del 1985, art. 17, riguarda esclusivamente gli atti inter vivos e non è applicabile alle divisioni ereditarie. In effetti, ha osservato la corte, trova applicazione il principio secondo il quale la nullità prevista dalla L. n. 47 del 1985, art. 17, con riferimento a vicende negoziali relative a beni immobili privi della necessaria concessione edificatoria, tra le quali sono da ricomprendere anche gli atti di “scioglimento della comunione di diritti reali, relativi ad edifici, o loro parti”, deve ritenersi limitata ai soli “atti tra vivi”, rimanendo esclusa, quindi, tutta la categoria degli atti mortis causa e di quelli non autonomi rispetto ad essi, tra i quali si deve ritenere compresa anche la divisione ereditaria, quale atto conclusivo della vicenda successoria.

La corte, inoltre, ha ritenuto che la divisione dei beni caduti nella successione di So.An. deve aver luogo previa collazione, per imputazione, delle donazioni effettuate dal de cuius. La corte, in effetti, ha accertato che il So., con atto per notar A. del 18/1/1986, con riserva dell’usufrutto congiuntivo in proprio favore e della moglie M.E., ha donato a S.C. la nuda proprietà del piccolo appartamento, composto da due vani, cucina, ingressetto e bagno, collocato al primo piano, al quale si accede con scala scoperta esterna, chiarendo che la donazione dovesse essere imputata alla disponibile e solo per l’eventuale esubero alla quota di legittima della donataria. La corte, al riguardo, con riguardo alle quote individuate in sentenza, relativamente alle quali nessuna delle parti ha proposto gravame (vale a dire 3/15 in favore del coniuge superstite, 6/15 in favore di S.C. ed un quindicesimo per ciascuna delle altre condividenti), ha ritenuto che la nuda proprietà del bene che ha costituito l’oggetto della donazione, dev’essere imputata preliminarmente alla quota di S.C.: ma poichè, come accertato dal consulente tecnico d’ufficio, il valore stimato al momento dell’apertura della successione (Lire 58.173.150) non eccede quello della quota della quale il de cuius poteva disporre (Lire 104.253.450), non si deve procedere a prelevamenti, in denaro o in natura, al fine di equiparare la quota degli altri coeredi. Peraltro, ha aggiunto la corte, poichè la collazione deve essere effettuata per imputazione, come da domanda espressa da S.C., le operazioni divisionali non potranno che confermare l’attribuzione, in favore della predetta donataria, dei beni che hanno già costituito l’oggetto della donazione.

I residui beni devono, poi, essere divisi tra tutti i coeredi (o le rispettive stirpi), in ragione delle quote individuate dal primo giudice, sulla cui consistenza si è ormai formato il giudicato, secondo il valore degli stessi, da determinarsi all’attualità.

La corte, quindi, stabilito che la massa ereditaria di M.E. è costituita unicamente dai diritti vantati dalla stessa sulla successione del coniuge premorto e che tali diritti, in mancanza di disposizioni testamentarie, andranno ripartiti per legge in parti uguali tra le cinque figlie, le cui quote sull’eredità paterna si accresceranno per un quindicesimo ciascuna, ha ritenuto che, in definitiva, a S.C. spetta la quota di sette quindicesimi dell’intero mentre a ciascuna delle altre quattro condividenti compete la quota di due quindicesimi.

La corte, allora, dopo aver ritenuto che nella specie era concretamente possibile la formazione di porzioni in natura, ha deciso l’accoglimento della domanda di attribuzione del fabbricato formulata congiuntamente da C. e S.R.: al riguardo, la corte, dopo aver ritenuto l’ammissibilità della domanda pur se proposta per la prima volta in appello, ha ritenuto che la stessa dovesse essere accolta, sia perchè la formazione delle due porzioni individuate dal consulente tecnico d’ufficio graverebbe inutilmente sulla massa per le spese, anche di frazionamento, a tal fine occorrenti, sia perchè le condividenti che hanno formulato la richiesta sono complessivamente titolari di una quota pari a 9/15 dell’intero, per cui risultano in definitiva soddisfatti tutti i requisiti previsti dall’art. 720 c.c..

La corte, quindi, dopo aver evidenziato che i valori di stima accertati dal consulente tecnico d’ufficio non sono stati oggetto di una specifica contestazione da parte di alcuno dei condividenti e che i beni caduti nella successione di So.An. sono costituiti da un appezzamento di terreno ubicato a Nocera Superiore, censito in catasto al f. (OMISSIS), p.lla (OMISSIS), stimato in Euro 100.380,00, e da un fabbricato di vecchia costruzione, non riportato in catasto ma censito in mappa con la p.lla (OMISSIS), insistente sul predetto terreno, stimato in Euro 93.510,23, ha ritenuto che il valore complessivo della massa fosse pari ad Euro 193.890,23 ed ha, quindi, determinato in Euro 90.482,11 il valore della quota spettante a S.C. (comprensivo del valore dell’immobile ad essa donato, stimato all’attualità in Euro 49.862,70) ed in Euro 25.825,03 il valore della quota spettante a ciascuna delle altre quattro condividenti, vale a dire S.L., S.A., S.M. e S.R..

La corte ha dichiarato che la divisione dei beni caduti nelle due successioni deve avvenire secondo il progetto elaborato dal consulente tecnico d’ufficio, nelle p. 25, 26 e 27 della relazione depositata il 25/6/2014 e secondo i progetti anche grafici di cui agli allegati n. 19 e 20, disponendo, in particolare, l’assegnazione a S.C. e S.R., secondo le rispettive quote, dei lotti individuati dal consulente tecnico d’ufficio alla p. (OMISSIS) della relazione, con il n. 1 e il n. 2, oltre al conguaglio attivo, pari ad Euro 1.643,91, da porsi a carico delle altre tre condividenti nella misura di Euro 547,97 ciascuna, da rivalutare dal mese di giungo del 2014 fino alla pubblicazione della sentenza e con gli interessi legali dalla data del passaggio in giudicato della sentenza fino all’effettivo soddisfo.

La corte, infine, ha disposto che l’assegnazione (alle altre tre condividenti) delle porzioni di cui ai lotti n. (OMISSIS), individuate dal consulente tecnico d’ufficio nel predetto progetto, dovrà avvenire, trattandosi in definitiva di quote di egual valore, mediate estrazione a sorte, ai sensi dell’art. 729 c.c., da effettuarsi a cura della stessa corte d’appello, all’esito del passaggio in giudicato della sentenza.

S.L., con ricorso notificato il 6/2/2016, ha chiesto, per sette motivi, la cassazione della sentenza resa dalla corte d’appello.

Ha resistito, con controricorso notificato in data 3/3/2015, S.L., e, con controricorso notificato il 10/3/2015, S.C. e S.R..

S.A. è rimasta intimata.

La ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, la ricorrente, lamentando l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello non ha considerato che S.C. non è stata l’unica a chiedere l’attribuzione dell’immobile già posseduto. Il tribunale, infatti, con statuizione che non era stata oggetto di alcun motivo di doglianza, aveva riconosciuto alla ricorrente l’attribuzione in ragione dell’incontestato possesso dell’immobile, riscontrato, peraltro, dal consulente tecnico d’ufficio in primo grado. La sentenza gravata ha omesso di applicare la norma prevista dall’art. 729 c.c..

2. Con il secondo motivo, la ricorrente, lamentando la violazione e l’errata applicazione dell’art. 729 c.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha omesso di considerare che il tribunale, con statuizione che non è stata oggetto di impugnativa, aveva disposto, come da richiesta che la stessa aveva proposto in primo grado, l’attribuzione a S.L. della parte dell’immobile dalla stessa detenuta, riconoscendole, invece, in violazione dell’art. 729 c.c., l’attribuzione di una quota in denaro.

3. Con il terzo motivo, la ricorrente, lamentando la violazione e l’errata applicazione degli artt. 718 e 720 c.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello, nell’assegnazione degli immobili in comunione, ha disapplicato il principio della divisione in natura dei beni, posto che la norma prevista dall’art. 720 c.c., costituisce una deroga applicabile esclusivamente nei casi tassativamente indicati.

4. Con il quarto motivo, la ricorrente, lamentando la lamentando la violazione e l’errata applicazione dell’art. 729 c.c., ha censurato la decisione impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha riformato la sentenza di primo grado, che, a fronte del valore sostanzialmente paritetico dei beni formanti ciascun lotto e della situazione di materia disponibilità in capo ad alcuni condividenti, tra cui la ricorrente, della porzione oggetto di assegnazione, aveva disposto l’assegnazione dei lotti divisionali senza che si procedesse all’estrazione a sorte. La corte d’appello, invece, ha osservato la ricorrente, ha disposto l’estrazione a sorte senza tener conto che tale metodo non è obbligatorio, dovendo la decisione avvenire anche in funzione di altri parametri, come la situazione di materiale disponibilità già stabilizzatasi nel tempo tra i condividenti.

5. Con il quinto motivo, la ricorrente, lamentando l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello, anzichè limitarsi ad integrare il conguaglio economico in ragione della mancata inclusione di tutti i beni facenti capo ad M.E., abbia definito la vicenda con un nuovo progetto di divisione senza tener conto delle statuizioni di primo grado, le quali fornivano un profilo ragionato sulle relative assegnazioni.

6. Con il sesto motivo, la ricorrente, lamentando l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ha censurato la decisione impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha riformato la sentenza di primo grado, la quale aveva applicato la norma prevista dall’art. 729 c.c., lì dove prevede che nel caso di suddivisione di quote diseguali si procede mediante attribuzione, nonostante che, in ragione della mancata opposizione al progetto di divisione, le appellanti avevano prestato acquiescenza, con la conseguente inammissibilità di qualunque motivo di censura dedotto solo in grado d’appello.

7. Con il settimo motivo, la ricorrente, lamentando la violazione e la falsa applicazione delle norme di diritto, ha censurato la decisione impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha disposto lo scioglimento della comunione senza tener conto che tale pronuncia, avendo funzione suppletiva di quella negoziale, incontra gli stessi limiti di quest’ultima, con la conseguenza che, dovendosi ritenere il negozio di scioglimento della comunione ereditaria un atto inter vivos, la sostitutiva pronuncia giudiziale non può essere messa in violazione della L. n. 47 del 1985, art. 17, comma 1, poi sostituito dal D.P.R. n. 380 del 2001, art. 46, che sanzione con la nullità gli atti tra vivi relativi ad edifici o loro parti laddove non risultino gli estremi della concessione ad edificare (poi permesso di costruire) od in sanatoria.

8. Il settimo motivo è fondato, con assorbimento di tutti gli altri.

8.1. La corte d’appello, infatti, dopo aver dato atto dell’esistenza di parti del fabbricato realizzate abusivamente e della presentazione, in ordine alle stesse, di istanza di condono ai sensi della L. n. 47 del 1985, ha ritenuto che tali porzioni dovevano essere inserite nella massa da dividere sul rilievo per cui, da un lato, si tratta di opere astrattamente condonabili, e, dall’altro, la nullità di cui alla L. n. 47 del 1985, art. 17, riguarda esclusivamente gli atti inter vivos e non è applicabile alle divisioni ereditarie.

8.2. Le Sezioni Unite di questa Corte, tuttavia, con la sentenza n. 25021 del 2019, hanno, di recente, affermato il principio secondo cui, quando sia proposta domanda di scioglimento di una comunione (ordinaria o ereditaria che sia), il giudice non può disporre la divisione che abbia ad oggetto un fabbricato abusivo o parti di esso, in assenza della dichiarazione circa gli estremi della concessione edilizia e degli atti ad essa equipollenti, come richiesti dal D.P.R. n. 380 del 2001, art. 46 e dalla L. n. 47 del 1985, art. 40, comma 2. Nè, d’altra parte, rileva la mera circostanza, accertata dalla corte d’appello, che le porzioni di fabbricato abusivamente realizzate dal de cuius sono opere astrattamente condonabili, non avendo il giudice di merito dato conto del fatto che, oltre alla domanda di sanatoria, vi fosse la prova anche del versamento delle prime due rate di oblazione: in assenza della dichiarazione degli estremi della concessione edilizia ed, in mancanza, di allegazione della domanda di concessione in sanatoria, con gli estremi del versamento delle predette rate, infatti, il giudice non può disporre la divisione di edifici o loro parti perchè la L. n. 47 del 1985, art. 40, comma 2, che richiede le predette dichiarazioni o allegazioni, a pena di nullità, per la stipulazione degli atti tra vivi aventi per oggetto diritti reali (che non siano di servitù o di garanzia) relativi ad edifici o loro parti, indirettamente influisce anche sui presupposti necessari per la divisione giudiziale, la quale, avendo funzione sostitutiva di un atto negoziale, non può realizzare un effetto maggiore e diverso rispetto a quello che sarebbe stato possibile alle parti o un effetto che, comunque, eluda le norme di legge che governano, nella forma e nel contenuto, l’autonomia negoziale delle parti (cfr., in materia di esecuzione in forma specifica di un contratto preliminare, Cass. n. 1505 del 2018, richiamata da Cass. SU n. 25021 cit.).

9. La sentenza impugnata dev’essere, quindi, cassata con rinvio ad altra sezione della corte d’appello di Salerno, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio.

PQM

La Corte così provvede: accoglie il settimo motivo, assorbiti gli altri; cassa, in relazione al motivo accolto, la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della corte d’appello di Salerno, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile, il 19 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 31 luglio 2020

 

 

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