Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16535 del 14/07/2010

Cassazione civile sez. trib., 14/07/2010, (ud. 11/06/2010, dep. 14/07/2010), n.16535

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

Dott. TIRELLI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. MELONCELLI Achille – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso iscritto al NRG 8374/05 proposto da:

Agenzia delle Entrate, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi 12,

presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

sas Plinio, di Cittarini Giacomo & C, elettivamente domiciliata

in Roma, Via A. Granisci 14, presso lo studio dell’avv. GIGLIO

Antonella, che la rappresenta e difende per procura in atti

unitamente all’avv. Maurizio Leone;

– controricorrente –

nonchè sul ricorso iscritto al NRG 11283/05, proposto da:

sas Plinio, di Cittarini Giacomo & C., elettivamente domiciliata

in Roma, Via A. Granisci 14, presso lo studio dell’avv. Antonella

Giglio, che la rappresenta e difende per procura in atti unitamente

all’avv. Maurizio Leone;

– ricorrente incidentale –

contro

Agenzia delle Entrate;

– ricorrente principale –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale di Milano,

n. 28/11/04 del 12/11-14/12/2004.

Udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza

dell’11/6/2010 dal Relatore Cons. Dott. Francesco Tirelli;

Uditi gli avv. Gentili e Giglio;

Sentito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FEDELI Massimo, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso

principale.

La Corte:

 

Fatto

OSSERVA

quanto segue:

Con atto spedito il 25/5/2006, il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate hanno proposto ricorso contro la sentenza in epigrafe indicata, chiedendone la cassazione con ogni consequenziale statuizione.

La sas Plinio di Cittarini Giacomo & C. ha resistito con controricorso, proponendo a sua volta ricorso incidentale e la controversia è stata decisa all’esito della pubblica udienza dell’11/6/2010.

MOTIVI DELLA DECISIONE Riuniti preliminarmente i due ricorsi perchè proposti avverso la medesima sentenza, osserva il Collegio che dalla lettura di quest’ultima e delle impugnazioni contro di essa presentate emerge in fatto che l’11/2/2000, la sas Plinio di De Simone Giuliana (poi di C.G.) ha chiesto all’Ufficio di Milano il rimborso di una parte dell’IVA maturata a credito negli anni precedenti, prestando garanzia mediante polizza fideiussoria della Liguria Assicurazioni.

L’Ufficio ha disposto i necessari controlli ed in data 13/4/2000 i suoi funzionar si sono recati all’indirizzo in cui la società risultava avere la sede legale, ma non ne hanno trovato traccia nelle targhette dello stabile, cosicchè hanno interpellato la custode, la quale ha riferito di non averne mai sentito parlare fino a che un ex inquilino le aveva consegnato un documento nel quale la srl EFFE Uno Data attestava che le scritture contabili della Plinio si trovavano presso i propri uffici di (OMISSIS) e sarebbero stati esibiti all’Amministrazione finanziaria nei modi e nei termini previsti dalle vigenti disposizioni di legge.

I verificatori hanno preso nota ed il giorno seguente hanno redatto processo verbale di constatazione dell’omessa tenuta della contabilità e della conseguente non spettanza della detrazione dell’IVA esposta nelle dichiarazioni annuali per complessive L. 489.702.000.

L’Ufficio ha notificato il processo verbale alla rappresentante legale della Plinio ed alle insistenze di quest’ultima ha risposto che l’esecuzione del rimborso sarebbe rimasta sospesa fino alla definizione delle anzidette violazioni.

La contribuente si è a quel punto rivolta alla Commissione Tributaria Provinciale di Milano, che con sentenza dell’11/6/2002 ha accolto il ricorso perchè la contestazione dell’Ufficio non si era tradotta in un avviso di rettifica o di accertamento e la Plinio aveva, dal canto suo, presentato idonea garanzia per la restituzione delle somme richieste.

Nel dicembre del 2002 l’Ufficio ha notificato allora avviso di rettifica della dichiarazione 1997 e, successivamente, si è gravato alla Commissione Regionale, che con la decisione in epigrafe indicata ha innanzitutto sottolineato che a fronte di sufficiente cauzione o garanzia, l’Ufficio non poteva avvalersi del fermo amministrativo di cui al R.D. n. 2440 del 1923, art. 23.

Tenuto conto di ciò e rilevato, altresì, che su ricorso della Plinio, la Commissione Tributaria Provinciale aveva già annullato l’avviso di rettifica per l’anno 1997, ha rigettato l’appello con integrale compensazione delle spese di lite fra le parti.

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate hanno proposto ricorso per cassazione, deducendo con l’unico motivo la violazione e falsa applicazione del R.D. 18 novembre 1923, n. 2440, art. 69, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 38 bis, del D.Lgs 18 dicembre 1997, n. 472, art. 23, art. 2909 c.c., art. 324 c.p.c., del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, artt. 68 e 69, in quanto la sentenza di annullamento dell’avviso di rettifica non era passata in giudicato e, quanto meno dall’entrata in vigore dell’art. 23 sopra richiamato, doveva riconoscersi all’Amministrazione finanziaria la possibilità di sospendere il pagamento di qualsiasi credito vantato da soggetti nei confanti dei quali fosse stato emesso atto di contestazione o d’irrogazione di sanzioni per violazione delle norme tributarie.

La Plinio ha resistito con controricorso, proponendo a sua volta ricorso incidentale per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 15, perchè non essendovi stata soccombenza reciproca, il giudice a quo non avrebbe potuto disporre la compensazione delle spese di lite.

Così riassunte le rispettive posizioni delle parti, osserva il Collegio che con il D.Lgs n. 472 del 1997, art. 23, è stato stabilito che “nei casi in cui l’autore della violazione o i soggetti obbligati in solido vantano un credito nei confronti dell’amministrazione finanziaria, il pagamento può essere sospeso se è stato notificato atto di contestazione o di irrogazione della sanzione, ancorchè non definitivo. La sospensione opera nei limiti della somma risultante dall’atto…”.

Chiamata a pronunciarsi in fattispecie escluse dall’applicazione del predetto art. 23, questa Corte ha statuito che prevedendo un efficace sistema di garanzie per il recupero di quanto indebitamente versato dall’Erario, la disposizione dettata dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 38 bis, in tema di rimborsi accelerati prevale su quella in materia di fermo amministrativo, escludendo così la possibilità di sospendere l’esecuzione dei pagamenti al di fuori della ipotesi, prevista sempre dal medesimo art. 38 bis, di contestazione di qualcuno dei reati di cui al D.L. n. 429 del 1982, art. 4, comma 1, n. 5 convertito, con modificazioni, nella L. n. 516 del 1982 (C. Cass. 2003/10199 e 2006/27265).

Nel fissare tale principio, però, la suindicata C. Cass. 2003/10199 ha sostanzialmente chiarito che la decisione sarebbe stata differente nel caso di applicabilità del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 23. La precisazione appare da condividere, dovendosi ritenere che l’anzidetta disposizione abbia implicitamente abrogato l’art. 38 bis nella parte in cui ricollegava soltanto alla contestazione di alcuni specifici reati la possibilità di sospensione dell’esecuzione dei rimborsi su cauzione.

A questo proposito giova preliminarmente rammentare che la possibilità di un’abrogazione implicita era stata ammessa anche dalla dottrina dell’Ottocento, che la considerava come una sottospecie di quella espressa nonostante che, a stretto rigore, di abrogatio potesse parlarsi solo con riferimento a quest’ultima, perchè solo essa consisteva in un contrarius actus volto a neutralizzare la rogatio, vale a dire la proposta che nel diritto romano diventava legge per effetto dello iussu populi.

Secondo l’anzidetta dottrina, l’abrogazione tacita poteva derivare non soltanto dall’emanazione di una legge posteriore volta a disciplinare l’intera materia già regolata dalla precedente, ma anche nell’ipotesi in cui fosse sopravvenuta una nuova norma impossibile da eseguire “senza distruggere” la vecchia.

L’art. 15 disp. gen., ha stabilito in conformità, prevedendo accanto all’abrogazione espressa anche quella implicita per “incompatibilità fra le nuove disposizioni e le precedenti o perchè la nuova legge regola la intera materia già regolata dalla legge anteriore”.

Tanto ricordato, rimane unicamente da aggiungere che per l’ampiezza e la genericità delle espressioni usate, nonchè per le finalità che ha inteso perseguire, il D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 23, dev’essere letto nel senso che esso si riferisce a qualsiasi tipo di pagamento, concedendo all’Amministrazione la facoltà di sospenderne l’esecuzione per il solo fatto dell’avvenuta emissione di un atto di contestazione o d’irrogazione di sanzioni.

Trattandosi di norma successiva a quella di cui all’art. 38 bis, avente rango non inferiore ed identica funzione cautelare di quella che limitava il blocco dei rimborsi su cauzione alla sola ipotesi di specifici reati, deve perciò concludersi per l’abrogazione implicita di quest’ultima e per la conseguente possibilità dell’Amministrazione di sospendere anche tale genere di rimborsi in presenza di un atto di contestazione od irrogazione di sanzioni.

Non varrebbe in contrario replicare che l’operatività del principio lex posterior derogat priori trova un limite nella ipotesi in cui la norma più risalente possiede intrinseca natura di lex specialis perchè, in tal caso, il criterio ed cronologico è destinato a soccombere rispetto a quello cosiddetto di specialità.

L’obiezione non sarebbe, infatti, da condividere perchè in dottrina e giurisprudenza si ammette ormai che la predetta regola non ha un valore assoluto, bensì relativo in quanto la questione dell’abrogazione o meno della legge speciale anteriore da parte di quella generale posteriore non può essere risolta in astratto, ma in concreto e, cioè, in via interpretativa della volontà di volta in volta palesata dal Legislatore.

Si è in altre parole affermato che il principio lex posterior generalis non derogat priori speciali non può valere e deve quindi cedere alla regola dell’applicazione della legge successiva ogni qual volta dalla lettera e dal contenuto di quest’ultima si evinca la volontà di abrogare quella speciale anteriore ovvero emerga una discordanza tale da rendere inconcepibile la coesistenza delle due normative (C. Cass. Sez. Lavoro 1995/4420).

Anche volendo perciò riconoscere natura di norma speciale al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 38 bis, non per questo dovrebbe affermarsi la sua prevalenza sul D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 23, non potendo esservi dubbi sulla retrostante voluntas legis di sovrapporre tale disposizione alle altre precedenti nel quadro di una maggior tutela della collettività e dell’Amministrazione da cui è rappresentata, che a fronte di una richiesta di rimborso non ha soltanto l’interesse a recuperare gli eventuali pagamenti non dovuti, ma anche quello a non effettuare inutili anticipazioni, potendo da esse derivare dei pregiudizi non completamente scongiurati dal sistema di garanzie di cui all’art. 38 bis.

Ciò posto e considerato che nel caso di specie era già stato emesso, fin dall’aprile 2000, un atto di constatazione al quale ha fatto poi seguito un avviso di rettifica per importi superiori a quello richiesto a rimborso, deve riconoscersi la legittimità del rifiuto dell’Amministrazione di procedere al rimborso domandato dalla Plinio prima della definizione delle violazioni alla medesima addebitate.

Tenuto conto di quanto sopra e considerato che tale definizione non è ancora intervenuta, essendo al riguardo ininfluente, perchè non passata in giudicato, la sentenza di annullamento dell’avviso di rettifica della dichiarazione IVA per il 1997 (v., in tal senso, C. Cass. 2001/15388), il ricorso principale va di conseguenza accolto con assorbimento di quello incidentale.

La sentenza impugnata va pertanto cassata senza necessità di un rinvio ad altra Sezione della Commissione Regionale perchè non occorrendo ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito con il rigetto dell’originaria domanda della sas Plinio.

In considerazione della novità della questione, stimasi però congruo compensare le spese dell’intero giudizio fra le parti.

P.Q.M.

LA CORTE riunisce i ricorsi, accoglie quello principale, dichiara assorbito l’incidentale, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originaria domanda della sas Plinio, compensando le spese dell’intero giudizio fra le parti.

Così deciso in Roma, il 11 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 14 luglio 2010

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