Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16534 del 05/08/2016


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Cassazione civile sez. I, 05/08/2016, (ud. 01/06/2016, dep. 05/08/2016), n.16534

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 27824-2011 proposto da:

BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA S.P.A., (c.f. (OMISSIS)), già BANCA

ANTONEVENETA S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ARNO 88, presso

l’avvocato CAMILLO UNGARI TRASATTI, che la rappresenta e difende,

giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

FINECOBANK S.P.A., già BANCA FIN-ECO S.P.A. (C.F. (OMISSIS)), in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, Via GREGORIO VII 474, presso l’avvocato STEFANO

PECONI, rappresentata e difesa dall’avvocato MARIO FRANCHELLA,

giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 4535/2010 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 04/11/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

01/06/2016 dal Consigliere Dott. MAURO DI MARZIO;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato UNGARI TRASATTI FILIPPO, con

delega, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito, per la controricorrente, l’Avvocato FRANCHELLA MARIO che si

riporta;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CAPASSO Lucio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. – Fineco Banca ICQ S.p.A., oggi Finecobank S.p.A., ha convenuto in giudizio dinanzi al tribunale di Roma la Banca Antoniana Popolare Veneta S.p.A., attualmente Banca del Monte dei Paschi di Siena S.p.A., e ne ha chiesto condanna al pagamento della somma di Lire 203.843.669, con accessori e spese.

A fondamento della domanda la società attrice ha sostenuto di aver girato per l’incasso alla Banca Antoniana Popolare Veneta S.p.A.un assegno bancario non trasferibile tratto in suo favore da Errezeta S.r.l. su un conto aperto presso la convenuta, assegno che era stato respinto dalla banca trattaria perchè tratto all’ordine di Fineco Banca ICQ S.p.A. e girato da Fineco Banca S.p.A., con la conseguenza che esso era stato nuovamente presentato come girato da Fineco Banca ICQ S.p.A., ma a tal punto, era stato nuovamente respinto per mancanza di provvista con l’indicazione “fuori termine per il protesto”.

2. – Nel contraddittorio con la Banca Antoniana Popolare Veneta S.p.A., che vi ha resistito, il Tribunale di Roma ha accolto la domanda e condannato la medesima a pagare all’attrice l’importo di Euro 105.276,46, con interessi e spese di lite.

3. – L’appello della banca soccombente, cui Fineco Banca ICQ S.p.A. ha resistito, è stato respinto dalla Corte d’appello di Roma con sentenza del 4 novembre 2010.

La Corte territoriale ha osservato:

-) che, risalendo la normativa di riferimento (ossia gli artt. 38 e 11 Legge Assegni) al 1933, detta normativa doveva essere interpretata nel senso di favorire gli scambi bancari e non di ostacolarli, sicchè occorreva privilegiare il raggiungimento dello scopo, ossia l’identificazione dell’emittente e del presentatore, anche se senza danneggiare l’affidamento dei terzi;

-) che la Banca Antoniana Popolare Veneta S.p.A. non aveva negato l’esistenza di una prassi di semplificazione delle procedure di identificazione del presentatore del titolo, come era dimostrato dal fatto che l’illeggibilità della sottoscrizione della banca girante era stata giudicata in un primo tempo ragione ostativa della negoziazione del titolo, ma non era stata considerata al momento della successiva presentazione, dopo l’integrazione della denominazione sociale della banca presentatrice con l’aggiunta della sigla ICQ;

-) che Fineco Banca ICQ S.p.A. aveva dimostrato, attraverso l’atto costitutivo, che la menzionata sigla poteva essere omessa, con conseguente illegittimità della condotta dell’originaria convenuta, sia perchè aveva consentito l’alterazione del titolo dopo la sua emissione sia perchè non si era curata di riscontrare la rispondenza del timbro di girata ad una lecita abbreviazione della denominazione sociale.

4. – Per la cassazione della sentenza La Banca Monte dei Paschi di Siena ha proposto ricorso per cassazione fondato su un unico motivo illustrato da memoria.

Finecobank S.p.A. ha resistito con controricorso illustrato da memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

5. – Il ricorso contiene un solo motivo è svolto sotto il titolo: “Art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5. Violazione e falsa applicazione di norme di diritto. R.D. 21 dicembre 1933, n. 1736, artt. 11, 38 e 43 e dall’art. 1176 c.c., comma 2, Insufficienza e contraddittorietà della motivazione”.

Secondo la società ricorrente, l’assegno sarebbe stato respinto per due ragioni, sia perchè emesso a favore di Fineco Banca ICQ S.p.A. ed invece girato da Fineco Banca S.p.A., sia perchè sulla girata non era stato indicato il nome ed il cognome del firmatario, che consisteva in una sottoscrizione del tutto illeggibile.

Tale condotta – sostiene la Banca del Monte dei Paschi di Siena S.p.A. – sarebbe stata pienamente in linea con la disciplina giuridica applicabile, improntata a criteri di rigoroso formalismo, tanto più cogenti alla luce dell’indirizzo giurisprudenziale secondo cui il pagamento di un assegno non trasferibile, quale quello in discorso, a soggetto non legittimato costituisce ipotesi di responsabilità oggettiva a carico del banchiere.

D’altro canto, neppure poteva trarsi argomento dalla circostanza che, nell’occasione della seconda presentazione, non fosse stato attribuito rilievo all’illeggibilità della sottoscrizione, dal momento che il titolo era stato nuovamente respinto.

Nulla rilevava poi la circostanza che Fineco Banca ICQ S.p.A. potesse in forza dell’atto costitutivo abbreviare la denominazione sociale omettendo la sigla ICQ, giacchè la questione sorta in sede di primo rifiuto del pagamento dell’assegno non concerneva la legittimità di detta abbreviazione, bensì la mancanza di corrispondenza tra il beneficiario indicato sul titolo e colui che richiedeva il pagamento.

In definitiva, secondo la ricorrente, la Corte d’appello avrebbe ad essa addebitato di non aver “intuitivamente ed autonomamente interpretato la normativa di riferimento”, sulla base di un travisamento di quest’ultima.

6. – Il ricorso va respinto.

Anzitutto la doglianza spiegata dalla società ricorrente muove per un aspetto da una premessa fattuale che non trova conferma nella sentenza impugnata: quella secondo cui l’assegno sarebbe stato ab initio respinto per due ragioni e, cioè, non soltanto per la mancanza della sigla ICQ, ma anche perchè sottoscritto per la banca girante con firma illeggibile.

Viceversa, nella sentenza pronunciata dalla Corte d’appello di Roma è detto che l’iniziale riaddebito della somma era stato esclusivamente dovuto alla “erronea indicazione della beneficiaria (mancando la dizione ICQ”. Soltanto in sede di costituzione in giudizio la Banca Antoniana Popolare Veneta S.p.A. risulta aver cioè sostenuto, secondo quanto emerge dalla sentenza della Corte d’appello, che l’assegno “oltre a mancare dell’intera ragione sociale dell’emittente, recava anche una sottoscrizione del tutto illeggibile”.

Per converso, a pagina 4 del ricorso per la società ricorrente riferisce che l’assegno era stato fin da subito respinto per irregolarità della girata dal momento che sul fronte era indicata quale prenditrice Fineco Banca ICQ S.p.A., mentre la girata era stata apposta “con sottoscrizione illeggibile e con timbro recante la dicitura “Fineco Banca S.p.A.””. Ma, sul punto, il ricorso è carente del requisito di autosufficienza, non essendo indicati gli elementi da cui siffatta circostanza risulterebbe.

Sicchè, può semmai porsi la questione se la condotta della banca, che risulta aver rifiutato il pagamento per mancanza della sigla ICQ, possa ex post trovare giustificazione in una diversa circostanza, ossia nell’illeggibilità della sottoscrizione: ma, a questo riguardo, la Corte territoriale ha già posto in evidenza che detta illeggibilità era stata dalla stessa Banca Antoniana Popolare Veneta S.p.A. giudicata senza rilievo, dal momento che il medesimo assegno, presentato una seconda volta con l’aggiunta della sigla ICQ, era stato respinto non già perchè recante firma di girata illeggibile, ma per (pacificamente sopravvenuta) mancanza di fondi.

D’altronde, il ricorso, nella parte in cui si riferisce all’illeggibilità della sottoscrizione, fa essenzialmente leva sul principio ribadito da questa corte secondo cui: “La sottoscrizione (di remittenza o) di girata di un assegno (o di una cambiale), per rispondere ai requisiti prescritti dal R.D. n. 1736 del 1933, art. 11 (o dal R.D. n. 1669 del 1933, art. 8), improntati al rigore formale delle obbligazioni cartolari, deve soddisfare alle esigenze di chiarezza, univocità e certezza, onde in ogni caso la sottoscrizione stessa deve essere riconoscibile, nel senso che essa deve consentire che sia accertata l’identità del sottoscrittore. Dette prescrizioni non vengono meno per il caso in cui l’assegno (o la cambiale) sia emesso o girato da un ente collettivo (persona giuridica, società commerciale) richiedendosi anche, nel caso suddetto, che la dicitura di emissione o di girata, se pur non deve necessariamente contenere una specifica formula dalla quale risulti il rapporto di rappresentanza, sia tale da esplicitare un collegamento tra il firmatario e l’ente, così che non vi siano dubbi in ordine al fatto che la dichiarazione cartolare sia stata emessa dal sottoscrittore in nome e per conto dell’ente. Incorre in responsabilità per il pagamento dell’assegno la banca che, nel necessario diligente controllo della legittimazione del presentatore, ometta l’uno e/o l’altro degli accertamenti suddetti” (Cass. 23 aprile 2004, n. 7761; Cass. 9 giugno 2006, n. 13463; Cass. 12 luglio 2013, n. 17269).

Nel dare continuità a detto principio, occorre tuttavia anche rammentare che questa Corte ha parimenti osservato che: “In tema di assegno bancario, il principio secondo il quale la sottoscrizione, per rispondere ai requisiti prescritti dal R.D. 21 dicembre 1933, n. 1736, art. 11 deve soddisfare le esigenze di chiarezza, univocità e certezza, con la conseguente invalidità della girata apposta con firma illegibile, pur essendo riferibile anche all’ipotesi in cui l’assegno sia girato dal rappresentante di un ente collettivo, non trova applicazione nel caso in cui il segno grafico sia noto e riconoscibile al debitore, o quando non vi siano comunque dubbi in ordine al fatto che la dichiarazione cartolare sia stata emessa dal sottoscrittore in nome e per conto dell’ente” (Cass. 17 marzo 2006, n. 6000).

Nel caso in esame, non essendo stato neppure allegato che il segno grafico non fosse noto e riconoscibili al debitore, ed avuto riguardo al contraddittorio comportamento di Banca Antoniana Popolare Veneta S.p.A., la quale ha alla seconda presentazione respinto l’assegno non perchè mancante di sottoscrizione leggibile, bensì perchè scoperto, è palese che correttamente la Corte territoriale abbia ritenuto irrilevante detta illeggibilità.

Per quanto riguarda l’iniziale mancanza della sigla ICQ, è poi assorbente il rilievo che, a fronte del decisivo passaggio motivazionale contenuto nella sentenza impugnata, secondo cui la Banca Antoniana Popolare Veneta S.p.A. non si era curata “di riscontrare la rispondenza del timbro di girata ad una lecita abbreviazione della denominazione sociale” (così a pagina 5 della decisione resa dalla Corte d’appello), la società ricorrente ha replicato non già negando che l’omissione della sigla ICQ fosse perfettamente lecita, bensì sostenendo l’irrilevanza di tale liceità, dal momento che “il ragionamento non deve vertere fatto se fosse o meno legittimo abbreviare la denominazione della Banca Fineco ICQ S.p.A. in Banca Fineco S.p.A., ma nel fatto che non vi fosse corrispondenza tra il beneficiario indicato sul titolo e colui che riceve la prestazione”.

Tale obiezione, però, non regge, giacchè, una volta riconosciuto Banca Fineco ICQ S.p.A. ben poteva essere indicata in forma abbreviata come Banca Fineco S.p.A., ne discende che tra il beneficiario ed il presentatore del titolo vi era una perfetta corrispondenza: perfetta corrispondenza che, come emerge dalla sentenza della Corte d’appello, non doveva sfuggire, ad un accorto banchiere.

7. – Così integrata ai sensi dell’art. 384 c.p.c. la motivazione addotta dal giudice di merito, il ricorso va respinto, con la consequenziale statuizione in ordine alle spese di lite.

7. – Le spese seguono la soccombenza.

PQM

rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese sostenute per questo grado del giudizio, liquidate in complessivi Euro 7200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 1 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 5 agosto 2016

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