Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16533 del 31/07/2020

Cassazione civile sez. II, 31/07/2020, (ud. 14/11/2019, dep. 31/07/2020), n.16533

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso n. 24396 – 2017 R.G. proposto da:

C.S., – c.f. (OMISSIS) – elettivamente domiciliato in

Roma, alla via Nomentana, n. 671, presso lo studio dell’avvocato

Raffaele Pendibene, che lo rappresenta e difende in virtù di

procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

BANCA D’ITALIA, Istituto di diritto pubblico – p.i.v.a. (OMISSIS) –

in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e

difesa disgiuntamente e congiuntamente in virtù di procura speciale

su foglio separato allegato in calce al controricorso dall’avvocato

Marcucci Monica, dall’avvocato Donatella La Licata, e dall’avvocato

Guido Crapanzano, (dell’avvocatura della medesima “Banca d’Italia”)

ed elettivamente domiciliata in Roma, alla via Nazionale, n. 91;

– controricorrente –

e

PROCURATORE GENERALE presso la CORTE d’APPELLO di ROMA;

– intimato –

avverso il decreto n. 2626/2017 della corte d’appello di Roma, udita

la relazione della causa svolta all’udienza pubblica del 14 novembre

2019 dal consigliere Dott. Luigi Abete;

udito il Pubblico Ministero, in persona del sostituto procuratore

generale Dott. Pepe Alessandro, che ha concluso per il rigetto del

ricorso;

udito l’avvocato Raffaele Pendibene per il ricorrente;

udito l’avvocato Guido Crapanzano per la controricorrente.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con contratto stipulato in data 28.6.2010 la “Banca Popolare di Marostica” acquistava dalla “Cassa di Risparmio di Ferrara” la partecipazione di maggioranza, dall’alienante detenuta, al capitale della “Banca di Treviso” s.p.a.; il prezzo dell’alienazione, alla stregua del valore del patrimonio netto quale risultante dal bilancio al 31.12.2009 della banca trevigiana, veniva pattuito in Euro 38.682.261,00 in via provvisoria, siccome destinato a variare – in aumento ovvero in diminuzione – alla stregua delle eventuali variazioni del patrimonio netto della banca oggetto dell’acquisizione alla data del (OMISSIS), dì dell’effettivo acquisto delle azioni.

2. La “Banca Popolare di Marostica” determinava il valore del patrimonio netto della “Banca di Treviso” alla data del (OMISSIS) nel minor ammontare di Euro 20.563.516,00, sicchè si assumeva creditrice, in dipendenza del quantum del prezzo pattuito in via provvisoria ed alla venditrice integralmente versato, per la somma di Euro 18.118.745,00.

3. La “Cassa di Risparmio di Ferrara” contestava le valutazioni e quantificazioni ex adverso operate. Con provvedimento ex art. 700 c.p.c. assunto ai sensi dell’art. 669 terdecies c.p.c. il tribunale di Treviso faceva ordine alla “Cassa di Risparmio di Ferrara” di conferire congiuntamente alla “Banca Popolare di Marostica” e conformemente alle previsioni contrattuali mandato ad arbitratore ex art. 1349 c.c.

4. Nel bilancio consolidato al 31.12.2011, approvato in data 11.4.2012, la “Banca Popolare di Marostica” determinava il fair value del patrimonio netto della “Banca di Treviso”, in applicazione del principio contabile internazionale “IFRS 3”, in Euro 13.800.000,00; determinava il fair value della posta attiva correlata alla clausola di variazione del corrispettivo versato in eccesso alla “Cassa di Risparmio di Ferrara”, del pari in applicazione del principio contabile internazionale “IFRS 3”, in Euro 17.737.000,00 (al netto dell’importo di Euro 382.000,00, che già aveva ricevuto in restituzione); determinava il corrispettivo per l’acquisto della quota di partecipazione al capitale della “Banca di Treviso” in Euro 20.581.000,00; determinava in via residuale il valore di avviamento della quota di partecipazione al capitale della “Banca di Treviso” in Euro 6.781.000,00.

5. Nel proprio bilancio al 31.12.2011 la “Banca Popolare di Marostica”, parimenti in applicazione del principio contabile internazionale “IFRS 3”, iscriveva l’acquisita partecipazione in “Banca di Treviso” al valore di Euro 20.563.000,00, corrispondente alla determinazione definitiva del prezzo corrisposto alla “Cassa di Risparmio di Ferrara”; iscriveva il credito alla restituzione del maggior corrispettivo versato alla “Cassa di Risparmio di Ferrara” al valore di Euro 17.800.000,00.

6. All’esito di talune verifiche la “Banca d’Italia”, con Delib. 7 maggio 2013, n. 240 irrogava, ai sensi del D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 52, commi 2 e 4 e art. 144 la sanzione amministrativa pecuniaria di Euro 21.000,00 al dottor C.S., socio di “Ernst & Young” s.p.a., che aveva in tale veste sottoscritto le relazioni di revisione afferenti al bilancio di esercizio ed al bilancio consolidato al 31.12.2011 della “Banca Popolare di Marostica”, nonchè alla medesima “Ernst & Young” s.p.a., quale responsabile in solido.

7. Con ricorso notificato in data 15.7.2013 C.S. proponeva opposizione ai sensi dell’art. 145, comma 4 t.u.b.

Chiedeva – tra l’altro – l’annullamento del provvedimento sanzionatorio.

Resisteva la “Banca d’Italia”.

8. Con decreto n. 2626/2017 la corte d’appello di Roma – all’esito della declaratoria di difetto di giurisdizione del t.a.r. del Lazio, inizialmente adito – rigettava l’opposizione e condannava l’opponente a rimborsare a controparte le spese di lite.

9. Esplicitava la corte che, in assenza di un accordo definitivo delle parti sul quantum del corrispettivo, si prospettava un elemento di incertezza, sottratto al controllo della “Popolare di Marostica”, direttamente incidente sull’an e sul quantum del preteso credito; che del resto, all’esito della valutazione dell’arbitratore, la “Popolare di Marostica” aveva dovuto imputare a perdite la differenza tra l’ammontare del credito, quale iscritto nel proprio bilancio chiuso al 31.12.2011, nei confronti della “Cassa di Risparmio di Ferrara” ed il minor ammontare dello stesso credito, quale rinveniente dalla determinazione operata dall’arbitratore del valore del patrimonio netto della “Banca di Treviso” alla data del (OMISSIS).

Esplicitava perciò che l’incertezza circa l’an ed il quantum del corrispettivo della cessione della partecipazione ostava all’applicazione dei principi contabili indicati dall’opponente.

Esplicitava al contempo che l’illegittima iscrizione in bilancio del credito nei confronti della “Cassa di Risparmio di Ferrara” aveva permesso alla “Popolare di Marostica” di non rilevare nel conto economico la perdita conseguente.

10. Avverso tale decreto ha proposto ricorso C.S.; ne ha chiesto sulla scorta di due motivi la cassazione con ogni conseguente statuizione in ordine alle spese.

La “Banca d’Italia” ha depositato controricorso; ha chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi l’avverso ricorso con il favore delle spese del giudizio.

Tra l’altro ha addotto che, per effetto della iscrizione in bilancio del credito nei confronti di “Carife”, “Marostica” “ha chiuso il proprio bilancio individuale in utile per 2,1 milioni e ha distribuito dividendi agli azionisti per 1,4 milioni” (così controricorso, pag. 3).

11. Il ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

12. Con il primo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 38 del 2005, artt. 1 e 2 e dei principi contabili internazionali “IFRS 3”, “IAS 39” e “IAS 37”.

Premette che il punto nodale della res litigiosa consiste nello stabilire se ed in che modo il principio contabile internazionale “IRFS 3”, relativo alle “aggregazioni aziendali”, fosse applicabile alla contabilizzazione dell’operazione di acquisizione della partecipazione di maggioranza in “Banca di Treviso” e, segnatamente, in pendenza della valutazione demandata all’arbitratore, al credito alla restituzione del maggior prezzo dalla “Banca Popolare di Marostica” corrisposto alla “Cassa di Risparmio di Ferrara”.

Premette che il principio contabile internazionale “IRFS 3” importa che, nell’ambito di un’operazione di “aggregazione aziendale”, tra le attività “identificabili” – ossia da contabilizzare al fair value, in quanto parte dello scambio che dà luogo all'”aggregazione aziendale” ricadono anche le “attività da indennizzo” ed i “corrispettivi potenziali”, quali, questi ultimi, quelli che il venditore si impegna a restituire al compratore alla stregua di determinate clausole contrattuali, siccome pagati in eccesso.

Premette in particolare che nell’appendice “A” dell'”IRFS 3″ il “corrispettivo potenziale” coincide con il diritto dell’acquirente alla restituzione del corrispettivo in precedenza versato, “qualora si verifichino determinati eventi futuri o vengano soddisfatte determinate condizioni”.

Indi deduce che, contrariamente all’assunto della corte d’appello, il principio “IRFS 3” per nulla correla la contabilizzazione al fair value di un’attività “identificabile” alla circostanza che si connetta o meno ad un evento “contingente o incerto”.

Deduce segnatamente che il principio “IRFS 3” correla la contabilizzazione al fair value di un’attività “identificabile” e dunque pur di un “corrispettivo potenziale” alla sola circostanza che si connettano ad un evento semplicemente “futuro” non anche “incerto” oppure alla circostanza che “vengano soddisfatte determinate condizioni”.

Deduce quindi che gli amministratori della “Banca Popolare di Marostica”, viepiù alla stregua della facoltà di contabilizzazione “provvisoria” assoggettata al limite temporale di dodici mesi, hanno correttamente applicato il principio “IRFS 3”, allorchè, nel bilancio dell’esercizio chiuso al 31.12.2011, hanno contabilizzato al fair value, secondo le loro migliori stime, il “corrispettivo potenziale” ovvero il credito alla restituzione del maggior prezzo corrisposto, quale sottoposto all’evento “futuro” della determinazione del nominato arbitratore.

Deduce per altro verso che la corte d’appello non ha considerato che il credito alla restituzione del maggior prezzo corrisposto ben può essere qualificato come “attività da indennizzo”.

Deduce segnatamente che la “Cassa di Ferrara” aveva garantito alla “Popolare di Marostica” che il patrimonio netto della “Banca di Treviso” avesse una determinata “minima” consistenza, sicchè anche in questi termini gli amministratori della “Popolare di Marostica” hanno, alla stregua delle loro migliori stime, fatto corretta applicazione del principio “IFRS 3”.

13. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 38 del 2005, artt. 1 e 2 e dei principi contabili internazionali “IAS 39” e “IAS 37”.

Premette che la corte di merito ha ritenuto che l’iscrizione del credito alla restituzione del maggior prezzo corrisposto violasse lo “IAS 39”.

Indi deduce che i paragrafi 39 e 35 dello “IAS 39” sono del tutto inapplicabili al caso di specie.

Deduce altresì che l’iscrizione del credito alla restituzione del maggior prezzo corrisposto alla “Cassa di Risparmio di Ferrara” è pienamente legittima alla stregua del paragrafo 14 dello “IAS 39” e della guida operativa allo “IAS 39”, ancorchè il decreto della corte di Roma non ne faccia alcun richiamo.

Deduce inoltre che i paragrafi dal 31 al 35 dello “IAS 39”, “IAS 39” cui verosimilmente la corte distrettuale si riferisce, non trattano affatto di “attività potenziali” e quindi di “contingent assets”.

Deduce infine che lo “IAS 37”, al quale non vi è alcun riferimento nella motivazione dell’impugnata decisione, non sarebbe in nessun modo applicabile al caso di specie.

14. Il primo motivo di ricorso è destituito di fondamento.

15. Si reputa opportuno prendere le mosse dal dato normativo. In particolare dall’art. 5, comma 1 – rubricato “redazione del bilancio di esercizio e consolidato secondo i principi contabili internazionali” – del D.Lgs. n. 38 del 2005, in vigore dal 22 marzo 2005. Più esattamente il comma 1 dispone che, qualora, in ipotesi eccezionali, l’applicazione di una disposizione prevista dai principi contabili internazionali sia incompatibile con la rappresentazione veritiera e corretta della situazione patrimoniale, di quella finanziaria e del risultato economico, la medesima disposizione non è da applicare. Evidentemente la surriferita disposizione riflette il dettato dell’art. 2423 c.c., comma 2 e rimarca l’imprescindibilità delle regole qui statuite, nonostante la diversa ispirazione del sistema dei principi contabili internazionali (cfr. Cass. (ord.) 13.10.2016, n. 20674, secondo cui non è compromettibile in arbitri la controversia avente ad oggetto l’impugnazione della deliberazione di approvazione del bilancio di società per difetto dei requisiti di le verità, chiarezza e precisione; invero, nonostante la previsione di termini di decadenza dall’impugnazione, con la conseguente sanatoria della nullità, le norme dirette a garantire tali principi non solo sono imperative, ma, essendo dettate, oltre che a tutela dell’interesse di ciascun socio ad essere informato dell’andamento della gestione societaria al termine di ogni esercizio, anche dell’affidamento di tutti i soggetti che con la società entrano in rapporto, i quali hanno diritto a conoscere la situazione patrimoniale e finanziaria dell’ente, trascendono l’interesse del singolo ed attengono, pertanto, a diritti indisponibili; Cass. 29.5.2019, n. 14665).

16. Su tale scorta si premette che è fuor di contestazione che, allorchè la “Banca Popolare di Marostica” ebbe ad approvare il bilancio proprio e consolidato al 31.12.2011, “era in corso l’attività dell’arbitratore che non si era ancora espresso” (così ricorso, pag. 3).

Ebbene può pur condividersi l’assunto del ricorrente (cfr. ricorso, pagg. 25 – 26), secondo cui, qualora allo scadere del primo esercizio successivo all’operazione di “aggregazione aziendale” non sia possibile la contabilizzazione al fair value di un’attività “identificabile” (ossia parte dello scambio che dà luogo all'”aggregazione aziendale”), il principio “IRFS 3″ consente che la medesima attività sia contabilizzata solo in via provvisoria, fermo – in virtù del par. 46 dell'”IRFS 3” – il limite temporale di dodici mesi, alla scadenza del quale l’attività “identificabile” va contabilizzata al fair value in via definitiva.

Ebbene può pur ammettersi – superando i rilievi della controricorrente secondo cui “l’appostazione, nel bilancio 2011, del credito di oltre 18 mln nei confronti della Cassa di Risparmio di Ferrara (è) avvenuta (…) quando il measurement period era ormai terminato da tempo” (cfr. controricorso, pag. 11) – che nei bilanci al 31.12.2011 il preteso credito alla restituzione del maggior corrispettivo versato alla “Cassa di Risparmio di Ferrara” sia stato contabilizzato in via provvisoria secondo le indicazioni di cui ai parr. 45 e 46 dello “IFRS 3”.

17. E tuttavia vi è da ritenere che la rilevazione in bilancio degli “importi provvisori degli elementi la cui contabilizzazione è incompleta” (così par. 45 “IFRS 3”) doveva comunque rispondere alla regola della rappresentazione veritiera e corretta D.Lgs. n. 38 del 2005, ex art. 5.

Più esattamente doveva tener conto che il preteso credito alla restituzione del maggior corrispettivo ancor prima che incerto nel quantum era incerto nell’an.

Dallo stesso ricorso del resto si desume che l’arbitratore, individuato nella “KPMG” s.p.a., ha rimesso in data 21.11.2012 la propria relazione definitiva (cfr. ricorso, pag. 8).

Cosicchè appieno sono da condividere i rilievi della controricorrente secondo cui difettava “quel carattere certo e incondizionato richiesto dal paragrafo 346 delle Basic for Conclusions dell’IFRS 3 (…) per l’iscrizione di un corrispettivo potenziale” (così controricorso, pag. 8), secondo cui “non si trattava affatto di stimare (secondo il principio del fair value) l’ammontare di un diritto di credito già esistente nel patrimonio dell’intermediario (…), bensì di attendere che il credito restitutorio sorgesse per effetto della decisione dell’arbitratore” (così controricorso, pag. 9).

18. Nè può soccorre a legittimare l’operata contabilizzazione il riferimento all’inciso “qualora si verifichino determinati eventi futuri o vengano soddisfatte determinate condizioni”, figurante nella definizione di “corrispettivo potenziale” di cui all'”Appendice A” dell'”IFRS 3″ (cfr. ricorso, pag. 25).

Evidentemente l’oggettiva incertezza circa l’an, innanzitutto, del preteso credito restitutorio imponeva, contrariamente all’assunto del ricorrente, viepiù nel segno della rappresentazione veritiera e corretta, il riferimento non già propriamente alla locuzione “determinati eventi futuri”, sibbene alla locuzione “o vengano soddisfatte determinate condizioni”, “condizioni” che, di per sè, oltre che future sono anche incerte.

Per nulla è da condividere perciò il postulato del ricorrente secondo cui “se il contratto prevede una possibilità astratta che in futuro un corrispettivo possa essere restituito sulla base di eventi futuri (…) allora questo corrispettivo potenziale deve essere valutato al fair value nel contesto dell’IFRS 3” (così ricorso, pag. 27).

19. Neppure possono ricevere seguito gli assunti del ricorrente secondo cui la “Cassa di Risparmio di Ferrara” aveva garantito che il patrimonio netto della “Banca di Treviso” avesse una determinata “minima” consistenza.

In parte qua il primo mezzo di impugnazione difetta di “specificità” ed “autosufficienza”.

Questo giudice del diritto spiega che il ricorrente per cassazione, che intenda dolersi dell’omessa od erronea valutazione di un documento – nel caso di specie il contratto stipulato dalla “Popolare di Marostica” e dalla “Cassa di Ferrara” il 28.6.2010 – da parte del giudice di merito, ha il duplice onere – imposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, – di produrlo agli atti (indicando esattamente nel ricorso in quale fase processuale ed in quale fascicolo di parte si trovi il documento in questione) e di indicarne il contenuto (trascrivendolo o riassumendolo nel ricorso); la violazione anche di uno soltanto di tali oneri rende il ricorso inammissibile (cfr. Cass. (ord.) 28.9.2016, n. 19048; Cass. 12.12.2014, n. 26174; Cass. sez. lav. 7.2.2011, n. 2966; Cass. (ord.) 3.7.2009, n. 15628, ove si soggiunge che l’inammissibilità prevista dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, in caso di violazione di tale duplice onere, non può ritenersi superabile qualora le predette indicazioni siano contenute in altri atti).

Si badi che il difetto di “specificità” ed “autosufficienza rileva viepiù, se si tiene conto che la controricorrente ha testualmente addotto che “dalle previsioni contrattuali (…) la venditrice (…) non aveva assunto alcun obbligo di indennizzo specificamente riferibile a una delle attività o passività oggetto di trasferimento e facenti parte del complesso aziendale appartenente alla Popolare di Treviso” (così controricorso, pag. 10).

20. Il secondo motivo di ricorso parimenti non merita seguito.

21. Propriamente il motivo non si correla alla ratio decidendi.

In verità la corte di Roma ha fatto riferimento al principio contabile internazionale “IAS 39” del tutto incidentalmente, allorchè ha reputato corretto (cfr. pagg. 2 – 3) un rilievo di “Banca d’Italia”, riprodotto testualmente e nel corpo del quale era menzionato lo “IAS 39”.

Tanto, ben vero, a prescindere dagli errori che, a giudizio della controricorrente, avrebbero inficiato la testuale trascrizione nell’impugnato decreto dell’argomentazione svolta da “Banca d’Italia” nella memoria depositata innanzi alla Corte di Roma in data 20.11.2015.

D’altronde è lo stesso ricorrente che riferisce che l'”IFRS 3″ regola “in modo compiuto la contabilizzazione unitaria dell’intera operazione” (così ricorso, pag. 36; cfr. altresì memoria, pag. 5).

Al contempo il mezzo in disamina è espressamente costruito in maniera ipotetica: “i paragrafi 31 – 35 dello IAS 39, che sembrerebbe quello richiamato dalla Corte in assenza di altre indicazioni (…)” (così ricorso, pag. 34); “qualora ci si volesse riferire allo IAS 37 – ma di questo non vi è traccia alcuna nella decisione impugnata e qui veramente si richiederebbe (…) una inammissibile eterointegrazione della decisione – (…)” (così ricorso, pag. 34).

22. I rilievi testè premessi, unitamente alle conseguenze atte a scaturire dalla corretta applicazione, nella fattispecie, del principio contabile “IFRS 3”, quali dapprima enunciate e quali correlate all’obbligo della rappresentazione veritiera e corretta, rendono per certi versi vane le prefigurazioni della controricorrente circa l’applicabilità nel caso de quo delle regole dettate dai principi “IAS 37” e “IAS 39” (cfr. controricorso, pagg. 13 – 16).

Ciò tanto più che l’applicabilità delle regole dettate dai principi “IAS 37” e “IAS 39” è destinata a sortire – a giudizio della controricorrente il medesimo effetto giuridico atto a scaturire, alla stregua di quanto in precedenza esposto, dalla corretta applicazione (nel segno del D.Lgs. n. 38 del 2005, art. 5, comma 1) del principio contabile “IFRS 3”, ovvero l’effetto per cui “il credito restitutorio vantato dalla Marostica nei confronti della Carife (…) poteva essere considerato, in mancanza della determinazione dell’arbitratore, (…) come mera pretesa contrattuale, come tale non iscrivibile in bilancio tra le attività” (così controricorso, pag. 15).

23. In dipendenza del rigetto del ricorso il ricorrente va condannato a rimborsare alla controricorrente le spese del presente giudizio di legittimità.

La liquidazione segue come da dispositivo.

Nessuna statuizione va assunta in tema di spese nei confronti dell’intimato.

24. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, comma 1 bis D.P.R. cit., se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente, C.S., a rimborsare alla controricorrente, “Banca d’Italia”, le spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi Euro 2.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e cassa come per legge; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, comma 1 bis D.P.R. cit., se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sez. seconda civ. della Corte Suprema di Cassazione, il 14 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 31 luglio 2020

 

 

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