Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16531 del 14/07/2010

Cassazione civile sez. trib., 14/07/2010, (ud. 11/06/2010, dep. 14/07/2010), n.16531

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – rel. Consigliere –

Dott. TIRELLI Francesco – Consigliere –

Dott. MELONCELLI Achille – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

QUINTESSENZA SRL, in persona del legale rappresentante, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIALE PARIOLI 43, presso lo studio dell’avvocato

D’AYALA VALVA FRANCESCO, che lo rappresenta e difende, unitamente

all’avvocato LOVISOLO ANTONIO, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 43/2004 della COMM. TRIB. REG. di GENOVA,

depositata il 18/01/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza

dell’11/06/2010 dal Consigliere Dott. PAOLO D’ALESSANDRO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FEDELI Massimo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Quintessenza s.r.l. propone ricorso per cassazione, in base a tre motivi, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Liguria che ha rigettato, previa riunione, gli appelli da essa proposti contro le pronunce di primo grado, che avevano a loro volta respinto i ricorsi contro avvisi di accertamento IRPEG e ILOR per gli anni 1994-1997.

L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1 – Con il primo, complesso motivo, la ricorrente lamenta violazioni di legge e vizio di motivazione.

In primo luogo, premesso che la rettifica operata dall’Ufficio trae origine da una “verifica mirata congiunta”, lamenta la violazione della circolare 28 dicembre 1992, secondo cui “almeno uno dei verificatori componenti il nucleo deve appartenere all’ottavo livello di qualifica funzionale, l’altro deve essere di livello non inferiore al settimo”, in quanto nessuno dei verificatori era di ottavo livello, osservando che tale circolare, emessa in attuazione del D.P.R. 27 marzo 1992, n. 287, art. 79, comma 3, in tema di verifiche esterne congiunte, richiama le qualifiche funzionali definite dalla L. n. 312 del 1980, art. 2.

Censura quindi la sentenza impugnata che ha ritenuto in sostanza priva di rilevanza esterna la suddetta circolare, assumendo che essa – non essendo meramente interpretativa – sarebbe “suscettibile di imporsi nell’ordinamento esterno, incidendo su posizioni di diritto soggettivo dei contribuenti”.

In subordine, seppure si ritenesse la natura di norma interna della circolare, la sua violazione integrerebbe il vizio di eccesso di potere degli atti impugnati, fondati sulla verifica compiuta in violazione della circolare stessa, non autonomamente impugnabile.

Infine, sotto il profilo del vizio di motivazione, censura come meramente apparente la motivazione con la quale il giudice tributario ha ritenuto irrilevante la violazione della suddetta circolare.

1.1.- Il primo motivo è in parte infondato ed in parte inammissibile.

La circolare 28 dicembre 1992 non ha, infatti, alcuna rilevanza esterna ma si rivolge esclusivamente agli Uffici dell’Amministrazione finanziaria, nè evidentemente il fatto che essa richiami le qualifiche funzionale di cui alla L. n. 312 del 1980, art. 2, vale a conferirle il valore di legge.

Non può, d’altro canto, sussistere il vizio di eccesso di potere dell’accertamento, non trattandosi di un atto discrezionale.

Poichè quella riguardante la qualificazione della circolare e questione di diritto e non di fatto, non è evidentemente configurabile, da ultimo, il vizio di cui all’art. 360 cod. proc. civ., n. 5, quanto alla relativa motivazione.

2.- Con il secondo motivo la ricorrente censura, sotto il profilo del vizio di motivazione, l’affermazione del giudice tributario, secondo cui quanto rinvenuto nel corso della verifica fiscale è “una vera e propria contabilità parallela che si riferisce a ben cinque anni consecutivi (dal 1994 al 1999) confermata da fogli riassuntivi e da prospetto riepilogativo, tale da indurre ad ipotizzare la presenza di una vera contabilità dell’impresa”.

Ad avviso della ricorrente, non sarebbero esplicitate le ragioni che hanno indotto il giudice di merito a qualificare gli appunti rinvenuti come presunzione grave, precisa e concordante idonea a far presumere l’esistenza di attività dichiarate o l’inesistenza di passività dichiarate, nonostante la loro caratteristica formale di brogliacci e fogli sciolti.

Inoltre, non sarebbero indicati quali sarebbero gli “altri dati diversamente desunti” che ne suffragherebbero il contenuto e del tutto ignorata sarebbe la censura della società riguardo all’utilizzo, nella determinazione della percentuale di ricarico, della media semplice piuttosto che della media ponderata.

Con il terzo motivo, sotto il profilo della violazione di legge, la ricorrente assume, da un lato, che i brogliacci rinvenuti dai verificatori, non avendo i caratteri materiali del “documento”, non potrebbero assumere il valore di presunzioni gravi, precise e concordanti; dall’altro che la percentuale di ricarico adottata dall’Ufficio, essendo frutto di una media semplice e non ponderata, riferita ai prezzi del solo anno di imposta 1999, non sarebbe legittimamente utilizzabile ai fini dell’accertamento.

2.1.- Il secondo e terzo motivo, da esaminarsi congiuntamente, sono infondati.

L’affermazione, contenuta in sentenza, secondo cui “ciò che è stato rilevato nel corso della verifica fiscale non risulta, in base agli atti, essere “due blocchetti di appunti” e “fogli sparsi” (come si esprime l’appellante) ma una vera e propria contabilità parallela che si riferisce a ben cinque anni consecutivi (dal 1994 al 1999) confermata da fogli riassuntivi e da prospetto riepilogativo, tale da indurre a ipotizzare la presenza di una “vera” contabilità dell’impresa”, non necessita di ulteriore motivazione, riguardando la percezione da parte del giudice tributario di quanto risulta essere stato rinvenuto nel corso della verifica.

La contabilità parallela, d’altro canto, ben può sorreggere, da sola, l’accertamento induttivo, trattandosi di elemento indiziario dotato – come correttamente afferma il giudice tributario – dei requisiti di gravità, precisione e concordanza prescritti dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39 (Cass. 25610/06), cosicchè il riferimento ad altri dati non meglio specificati risulta in definitiva ultroneo e riguardo ad esso non può certamente configurarsi un vizio di motivazione.

Per lo stesso motivo, trattandosi di accertamento fondato sulla contabilità parallela rinvenuta e non sulle medie di ricarico, la tematica relativa all’utilizzo, da parte dei verificatori, della media semplice e non di quella ponderata appare irrilevante, trattandosi di un mero elemento di contorno.

3.- Restano assorbite le censure relative alle sanzioni, peraltro espresse in forma generica e non autosufficiente.

4.- Il ricorso va in conclusione rigettato, con la condanna della società ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in Euro 5.200,00 di cui Euro 5.000,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in Euro 5.200,00 di cui Euro 5.000,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Tributaria, il 11 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 14 luglio 2010

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