Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16528 del 11/06/2021

Cassazione civile sez. VI, 11/06/2021, (ud. 28/04/2021, dep. 11/06/2021), n.16528

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25890-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

VIRTUS PALLACANESTRO TERMOLI, in persona del legale rappresentante

pro tempore, nonchè M.G., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA DEI GRACCHI 128, presso lo studio dell’avvocato VALERIA

BISCARDI, rappresentati e difesi dall’avvocato GIUSEPPE BISCARDI;

– controricorrenti e ricorrenti incidentali –

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F.(OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente al ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 82/2/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE del MOLISE, depositata il 26/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 28/04/2021 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO

GIOVANNI CONTI.

 

Fatto

FATTI E RAGIONI DELLA DECISIONE

La CTR Molise, con la sentenza indicata in epigrafe, confermando la decisione di primo grado, rigettava l’appello dell’ufficio proposto nei confronti di una sentenza della CTP di Campobasso che aveva accolto il ricorso proposto da M.G., quale legale rappresentante della Virtus Pallacanestro Termoli nonchè in proprio, contro l’avviso di accertamento emesso per la ripresa a tassazione di IVA per l’anno 2007 sul presupposto del difetto di motivazione dell’atto.

Secondo la CTR l’atto di accertamento non recava come allegato l’elenco CLIFO clienti e fornitori sul quale si era fondato l’accertamento dell’ufficio, riportandone al suo interno una parte che non consentiva la comprensione di quanto contestato, impedendo l’esercizio del diritto di difesa al contribuente. Lo specchietto riprodotto nell’avviso, secondo la CTR, contenendo solo il nominativo e il codice fiscale della controparte, nonchè l’imponibile delle operazioni ricostruite e l’indicazione delle imposte “non era in grado di ricostruire con precisione, in relazione alla contestazione la natura delle prestazioni, il loro esatto singolo importo, la data in cui si sarebbero svolte”.

L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.

La parte intimata si è costituita con controricorso, proponendo ricorso incidentale, al quale ha resistito l’Ufficio con deposito di controricorso.

Col primo motivo del ricorso principale l’Agenzia delle Entrate deduce la violazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, nonchè del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, comma 3.

La CTR avrebbe erroneamente ritenuto insufficiente la motivazione dell’atto impositivo a fronte della carenza di due elementi – il numero di protocollo e la data delle operazioni la cui presenza nell’elenco dei fornitori e clienti non è prescritta dalla legge.

Col secondo motivo di ricorso la ricorrente deduce la nullità della sentenza per motivazione apparente, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), in quanto il giudice di seconde cure, avendo aderito acriticamente alla tesi del contribuente circa la insussistenza della responsabilità solidale per gli obblighi della associazione, non avrebbe fornito una motivazione sufficiente anche al rigetto delle deduzioni contenute nell’appello.

Il secondo motivo, che va esaminato preliminarmente, è infondato.

Ed invero, giova rammentare che le Sezioni Unite (sentenza n. 8053 del 2014) di questa Corte hanno letto la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, convertito in L. 7 agosto 2012, n. 134, come riduzione al minimo costituzionale del sindacato di legittimità sulla motivazione, con conseguente denunciabilità in cassazione della sola “anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella ‘mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nella ‘motivazione apparentè, nel ‘contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabilì e nella ‘motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di ‘sufficienzà della motivazione”.

Come più recentemente ribadito dalle Sezioni Unite di questa Corte (sentenza n. 22232 del 20(16), “la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perchè affetta da error in procedendo, quando, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perchè recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture”.

Orbene, nel caso di specie il giudice di appello si è conformato ai superiori principi laddove ha rigettato l’eccezione relativa alla sussistenza di una responsabilità solidale del contribuente alle obbligazioni fiscali della associazione sportiva, richiamando per un verso l’argomentazione espressa dal giudice di primo grado con la quale si rilevava che l’Ufficio non aveva fornito alcuna prova della attività concretamente svolta dal legale rappresentante legale in nome e per conto dell’associazione nell’anno di riferimento, e per altro verso accertando che la tesi erariale si era appiattita sulla violazione del D.P.R. n. 546 del 1992, art. 24, rispetto alla integrazione con memoria dei motivi di appello da parte del contribuente. Le cennate argomentazioni rendono pertanto la sentenza impugnata esente da vizio motivazionale.

Il primo motivo di ricorso è fondato.

Ed invero, è noto che la L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 1, consente di assolvere all’obbligo di motivazione degli atti tributari anche per relationem, cioè mediante il riferimento a elementi di fatto risultanti da altri atti o documenti, che siano collegati all’atto notificato, quando lo stesso ne riproduca il contenuto essenziale, ossia l’insieme di quelle parti dell’atto o del documento necessari e sufficienti per sostenere il contenuto del provvedimento adottato, la cui indicazione permette al contribuente ed al giudice, in sede di eventuale sindacato giurisdizionale, di individuare i luoghi specifici dell’atto richiamato – cfr. Cass., n. 9323/2017, Cass., n. 9032/2013.

Per contenuto essenziale si deve intendere l’insieme di quelle parti (oggetto, contenuto e destinatari) dell’atto o del documento che risultino necessarie e sufficienti per sostenere il contenuto del provvedimento adottato” e la cui indicazione consente al contribuente – ed al giudice in sede di eventuale sindacato giurisdizionale – di individuare i luoghi specifici dell’atto richiamato nei quali risiedono quelle parti del discorso che formano gli elementi della motivazione del provvedimento (Cass. n. 20416/2018).

Orbene, la sentenza della CTR non si è uniformata ai principi sopra richiamati, laddove ha ritenuto l’avviso di accertamento impugnato carente degli elementi necessari a portare alla conoscenza del contribuente la pretesa erariale ai fini dello svolgimento di una difesa piena, atteso che l’elenco dei fornitori e dei clienti posto a fondamento della ripresa fiscale è stato riprodotto nel suo contenuto essenziale prescritto dal D.L. n. 223 del 2006, art. 37, comma 8, lett. A), il quale richiede il codice fiscale ed eventuale partita IVA del cliente e del fornitore, l’importo complessivo delle operazioni effettuate, al netto delle relative note di variazione, con la evidenziazione dell’imponibile, dell’imposta, nonchè dell’importo delle operazioni non imponibili e di quelle esenti. Considerato che i cennati elementi sono stati correttamente indicati nel prospetto contenuto nell’avviso di accertamento impugnato, la sentenza della CTR risulta viziata e pertanto, il motivo di gravame va accolto.

Passando all’esame del ricorso incidentale, con l’unico motivo di ricorso il contribuente deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Il giudice di gravame non avrebbe colto l’illegittimità dell’avviso di accertamento per difetto di sottoscrizione, al contrario desumibile dalla delega in bianco prodotta in giudizio dall’Ufficio a giustificazione dell’operato erariale.

Il motivo di ricorso è infondato.

Ed invero, giova rammentare che questa Corte è ferma nel ritenere che “La delega per la sottoscrizione dell’avviso di accertamento conferita dal dirigente D.P.R. n. 600 del 1973, ex all’art. 42, comma 1, è una delega di firma e non di funzioni: ne deriva che il relativo provvedimento non richiede l’indicazione nè del nominativo del soggetto delegato, nè della durata della delega, che pertanto può avvenire mediante ordini di servizio che individuino l’impiegato legittimato alla firma mediante l’indicazione della qualifica rivestita, idonea a consentire, “ex post”, la verifica del potere in capo al soggetto che ha materialmente sottoscritto l’atto” (Cass., Sez. V, n. 8814/2019).

Orbene, nel caso di specie la CTR si è conformata ai superiori principi di diritto laddove ha ritenuto la validità della delega di firma rilasciata dal Direttore Provinciale in favore del Capo Ufficio, in quanto rilasciata in data precedente alla notifica dell’avviso di accertamento nel rispetto dei requisiti minimi previsti del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, comma 1, tra i quali non possono essere ricompresi il nominativo del soggetto delegato e la durata della sua efficacia.

In conclusione, in accoglimento del primo motivo del ricorso principale, rigettato il secondo e respinto il ricorso incidentale, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla CTR Molise cui è demandato di procedere a nuovo esame in conformità ai superiori principi di diritto.

Vanno liquidate le spese del ricorso incidentale a carico del M., dando atto dando atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale e per quello incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1- bis, se dovuto.

PQM

Accoglie il primo motivo del ricorso principale, rigetta il secondo nonchè il ricorso incidentale.

Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale del Molise, in diversa composizione.

Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, connma 1-quater della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale e per quello incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 28 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 giugno 2021

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