Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16526 del 14/07/2010

Cassazione civile sez. trib., 14/07/2010, (ud. 20/05/2010, dep. 14/07/2010), n.16526

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PAPA Enrico – Presidente –

Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere –

Dott. SOTGIU Simonetta – rel. Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

F.G., elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI MONTI

PARIOLI 48, presso lo studio dell’avvocato MARINI GIUSEPPE, che lo

rappresenta e difende giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI CHIAMPO, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA VIA TOSCANA 10, presso lo studio dell’avvocato

RIZZO ANTONIO, rappresentato e difeso dagli avvocati PAGANINI ANDREA,

ORLANDO GIANFRANCO, giusta delega in calce;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 15/2006 della COMM. TRIB. REG. di VENEZIA,

depositata il 20/04/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/05/2010 dal Consigliere Dott. SIMONETTA SOTGIU;

udito per il ricorrente l’Avvocato DELLA VALLE EUGENIO per delega

Avv. MARINI GIUSEPPE, che si riporta;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CICCOLO Pasquale Paolo Maria, che ha concluso per l’inammissibilità

in subordine il rigetto dei motivi dai n. 1 a n. 9, l’accoglimento

del n. 10.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

F.G., dopo aver attribuito nel 1993 valori presunti à fini ICI ad immobili sprovvisti di rendita catastale, variò nel luglio 2001, sempre su valori presunti, la rendita originariamente indicata sul presupposto della inagibilità dei fabbricati, e ciò dopo aver ricevuto avvisi di liquidazione ICI dovuta e non interamente versata per gli anni dal 1994 al 1997, e dichiarò inoltre, per il 1998 e il 1999 valori relativi a suddivisioni catastali e ad immobili pervenuti per successione.

Il Comune di Chiampo ha quindi notificato il 4 novembre 2003 al F. avvisi di liquidazione per gli anni 1998 e 1999, fondati sulla rendita originariamente dichiarata e sulle variazioni denunciate per quelle annualità, senza tener conto della variazione di denuncia riferita al 1994. Il F. ha proposto opposizione contestando fra l’altro l’omessa adozione di un avviso di accertamento in luogo dell’avviso di liquidazione, e la mancata considerazione della modifica dichiarata.

La Commissione Tributaria Regionale del Veneto, nel confermare con sentenza 20 aprile 2006, la sentenza di primo grado che aveva respinto il ricorso del contribuente avendo ritenuto l’avviso tempestivamente emesso sulla base delle proroghe intervenute, ha affermato che il Comune aveva correttamente emesso gli avvisi impugnati sulla base delle dichiarazioni originarie del contribuente, combinando i dati relativi al 1993 con quelli risultanti dalle modifiche, originate, secondo i giudici tributari, dal tentativo del contribuente di reagire alla richiesta di pagamento dell’ICI per gli anni precedenti, sempre sulla base di valori “provvisori”, mentre avrebbe potuto – ove i valori iniziali “presunti” fossero risultati troppo elevati rispetto alle rendite successivamente (nel 2003) attribuite dall’Agenzia del territorio- chiedere i rimborsi. La Commissione Regionale ha escluso altresì l’applicabilità del beneficio della continuazione, in quanto riferibile alle sole violazioni formali, mentre nel caso in esame non risultavano versati i singoli tributi annuali.

F.G. chiede la cassazione di tale sentenza sulla base di dieci motivi.

Il Comune di Campo resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Col primo motivo si denuncia nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 112 c.p.c., nonchè violazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 11, per avere la sentenza impugnata omesso di pronunciare in ordine al motivo d’appello relativo alla illegittima emissione di un avviso di liquidazione, in luogo di un avviso di accertamento, con violazione del principio di tipicità degli atti amministrativi, in quanto il Comune, accertando con gli avvisi impugnati, nuovi e diversi valori degli immobili, non aveva riconosciuto la validità della dichiarazione sostitutiva presentata nel 2001 con effetto retroattivo. Sul punto si chiede che questa Corte stabilisca” se la CTR del Veneto ha omesso di pronunziarsi sul motivo rubricato al n. 1 del ricorso in appello e teso a far acclarare la carenza assoluta di presupposto, la violazione di legge per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 11, la violazione del principio di tipicità degli atti amministrativi in quanto il Comune non poteva provvedere alla emissione dell’avviso di liquidazione, bensì doveva emettere avviso di accertamento, vertendo in tema di rettifica presentata, e se tale omessa pronunzia determina nullità della sentenza à sensi dell’art. 112 c.p.c.”.

Col secondo motivo si denuncia ulteriormente violazione dell’art. 112 c.p.c., e nullità della sentenza impugnata per non avere il Comune motivato in ordine alla ragione della mancata considerazione della dichiarazione ICI sostitutiva e integrativa presentata nel 2001, non avendo l’avviso di liquidazione notificato al contribuente reso palese le ragioni della pretesa. Si chiede pertanto se la omessa pronunzia della CTR sulla mancanza di motivazione degli avvisi impugnati i comporti violazione dell’art. 112 c.p.c. e nullità della sentenza impugnata.

Col terzo motivo si denuncia violazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 11, per avere il Comune azionato la propria pretesa mediante avviso di liquidazione e non avviso di accertamento, così violando la tipicità degli atti amministrativi, nonchè difetto di motivazione della sentenza impugnata in ordine a tale doglianza, puntualmente formulata in appello.

Col quarto motivo si reitera la doglianza di vizio motivazionale della sentenza impugnata in ordine alla omessa considerazione, da parte del Comune, della dichiarazione sostitutiva presentata dal contribuente nel 2001, con riferimento a tutte le annualità precedenti. Col quinto motivo si denuncia ulteriormente la violazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 11, per aver la CTR riconosciuto implicitamente la legittimità degli avvisi impugnati, mentre dovevano essere emessi avvisi di accertamento in presenza di rettifica della dichiarazione presentata, così consentendo al contribuente di accedere ad un rituale contraddittorio, con eventuale riduzione delle sanzioni irrogate. Su punto si formula apposito quesito in ordine alla facoltà del Comune di procedere con avviso di liquidazione, invece che con avviso di accertamento motivato, in presenza di dichiarazione integrativa originaria.

Col sesto motivo si denuncia violazione del principio di rettificabilità della dichiarazione tributaria, nonchè violazione degli artt. 53 e 97 Cost., avendo le Sezioni Unite di questa Corte (Cass. 1563/2002) affermato che non può essere preclusa al contribuente la possibilità di rettificare delle dichiarazioni dei redditi, finchè l’azione accertatrice non venga esercitata, potendo configurarsi, in caso contrario, un’indebita pretesa fiscale. Si propone quindi il seguente quesito “se ai fini ICI il contribuente possa rettificare la dichiarazione originariamente presentata quando da essa possa derivare l’assoggettamento ad oneri tributari diversi e più gravosi e se tale rettifica possa avvenire in funzione della corretta determinazione dell’obbligazione tributaria relativa ad annualità ancora suscettibili di controllo e per le quali non sia stata esercitata l’azione accertativa/liquidatoria da parte del Comune, anche se l’azione liquidatoria sia stata esercitata in relazione ad annualità precedenti sulla base della medesima dichiarazione successivamente emendata dal contribuente.”.

Col settimo motivo si denuncia ulteriore violazione dell’art. 112 c.p.c. e nullità della sentenza impugnata per omessa pronuncia sul motivo di gravame riguardante la illegittimità degli avvisi di liquidazione impugnati per violazione dei criteri di selezione dei contribuenti e degli immobili sottoposti a verifica, come disposto dall’art. 11 del Regolamento comunale, che impone l’individuazione, da parte della Giunta Comunale, per ciascun anno di imposta, di gruppi omogenei di immobili e di contribuenti da sottoporre a l controllo, sulla base di criteri selettivi informati a principi di equità ed efficienza, criteri di cui non vi è cenno nella sentenza impugnata, che non ha pronunciato sul punto. Si chiede pertanto che questa Corte stabilisca se una tale omissione costituisca violazione dell’art. 112 c.p.c., con conseguente nullità ella sentenza impugnata.

Con l’ottavo motivo si critica la sentenza impugnata per avere motivato ” per relationem” alla sentenza di primo grado in ordine alla eccezione di decadenza dalla potestà accertativa, proposta dall’appellante, senza dimostrare di aver valutato tale censura.

Col nono motivo si denuncia violazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 11, comma 1, L. n. 289 del 2002, art. 31, comma 16, art. 2966 c.c., art. 11 preleggi e si sostiene l’avvenuta decadenza del Comune dal potere accertativi per gli anni 1998 e 1999, in quanto l’originario termine biennale di decadenza(successivo alla presentazione della dichiarazione) stabilito dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 11, comma 1, era già scaduto allorchè intervenne, il 1^ gennaio 2003, la L. n. 289 del 2002, art. 31, comma 16, che prorogava l’efficacia temporale delle norme tributarie. Non possono essere fatte infatti rivivere, attraverso proroghe, termini già giunti a scadenza. Col decimo motivo si denuncia violazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 12, comma 5, perchè non è stato applicato il principio della continuazione a sanzioni relative alla stessa indole commesse in periodi di imposta diversi, come prescritto dal D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 12, comma 5.

I primi cinque motivi di ricorso, che denunciano sostanzialmente la stessa violazione di legge – l’aver il Comune proceduto in forza di avvisi di liquidazione e non di avvisi di accertamento, senza che la Commissione Regionale pronunciasse in ordine alla legittimità di tale procedura – sono infondati perchè hanno come presupposto una variazione di rendita presunta – avvenuta nel 2001, dopo la liquidazione dell’ICI non corrisposta dal contribuente fino all’anno 1997 – variazione che non poteva avere effetti – anche se fosse stata dimostrata (circostanza esclusa nella sentenza impugnata, ove si legge che gli immobili dichiarati tardivamente inagibili erano adibiti ad attività commerciale da parte del F.), perchè per gli anni attualmente in contestazione vi furono modifiche differenti, risultanti da una diversa mappatura e da immobili pervenuti per successione; il Comune ha quindi calcolato correttamente l’imposta con avviso di liquidazione sulla base delle stesse dichiarazioni del contribuente, relative a quelle annualità. Tenuto conto che il D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 11, comma 2, prevede che sia emesso avviso di accertamento nel caso di infedeltà o inesattezza delle dichiarazioni, ovvero nel caso di omessa presentazione delle stesse, la Commissione Regionale ha implicitamente escluso, facendo riferimento ai dati esposti dallo stesso contribuente, che il tributo dovesse essere richiesto mediante un’attività accertativa, posto che era stato lo stesso F. a fornire i dati necessari alla liquidazione. Non può quindi ritenersi sussistente nè il vizio di omessa pronuncia nè quello di omessa motivazione della sentenza impugnata(tra l’altro inammissibili, perchè contraddittori, ove contestualmente denunciati: Cass. 27009/2008))perchè da quanto esposto si deduce che la Commissione Regionale, col far riferimento alla dichiarazione del contribuente, da cui è stata originata la liquidazione dell’imposta, ha mostrato di aver esaminato la censura, argomentando sulla stessa, senza alcun difetto di corrispondenza fra il “chiesto e pronunciato”, atto ad integrare la violazione dell’art. 112 c.p.c..

E’ in proposito inammissibile, oltrechè formulato in base a domande plurime, il quesito di cui al primo motivo di ricorso, perchè fondato su presupposto travisato, quale il riferimento della variazione provvisoria di rendita, avvenuta nel 2001, di cui il ricorrente vorrebbe fosse dichiarata la funzione retroattiva. Tale retroattività infatti non solo andava esclusa per essere stata già confermata, con i precedenti avvisi di liquidazione (riferiti, per quanto si evince dalla sentenza impugnata a tributi mai versati), la originaria rendita “presunta”, ma perchè l’Ufficio non aveva alcun obbligo di tener conto della variazione, ancora “presunta” di rendita, variazione che poteva aver luogo soltanto con la attribuzione della rendita effettiva (Cass. 4310/2005; 2941/2010) eventualmente attribuita mediante procedura DOCFA, e non sulla base di ulteriori indimostrate affermazioni del contribuente, sulla cui attendibilità i giudici di merito hanno espresso riserve, stante il ritenuto tentativo di incidere, con la nuova dichiarazione, sugli avvisi già notificati.

Quanto detto rende inammissibile anche il quesito relativo al secondo motivo di ricorso, perchè essendo stato l’avviso di liquidazione emesso sulla scorta dei dati forniti dalla parte, la motivazione dello stesso era integrata da quei dati, mentre ciò che il ricorrente intende censurare è la difformità di apprezzamento da parte dei giudici tributari dei fatti esposti nelle sue dichiarazioni, rispetto alle sue pretese; egli contesta infatti le valutazioni del giudice di merito, cui solamente spetta di individuare le fonti del proprio convincimento, esaminare le prove e la loro attendibilità, mentre a questa Corte compete soltanto il controllo, sotto il profilo logico-giuridico giuridico, dell’esame compiuto da quel giudice (cfr. Cass. 222/2003; 584/2004; 20322/2005;

15489/2007), esame che nella specie appare corretto.

Anche il sesto motivo non è fondato, con risposta negativa per il quesito, formulato sulla base di presupposti di fatto travisati.

Premesso che la variazione della dichiarazione è in via generale possibile finchè non siano scaduti i termini che consentano il rimborso di quanto eventualmente pagato in sovrappiù ovvero i termini di accertamento da parte dell’Ufficio, l’avvenuta liquidazione dell’ICI fino al 1997 in base alla originaria dichiarazione del 1993 impediva, nella fattispecie, la validità di una rettifica retroattiva (al 1994), estensibile ad anni successivi, in assenza(come si è detto) di attribuzione di rendita effettiva ovvero, a tutto concedere, di un palese fatto sopravvenuto(di cui non vi è prova). Nessun nocumento tra l’altro poteva derivare al contribuente – come è stato affermato dai giudici di merito – dall’attribuzione di una rendita presunta diversa da un’altra rendita presunta, poichè comunque la definizione della rendita effettiva da parte dell’Agenzia del territorio avrebbe comportato, in caso di eccessività dei dati dichiarati, il rimborso delle annualità pregresse(Cass. 5109/2005).Quanto alla possibilità del contribuente di avvalersi della procedura di adesione (cfr. D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 12, comma 8) ciò gli era comunque consentito dopo il ricevimento dei primi avvisi, ma sembra sia totalmente mancata – come sembra difettare anche ora – la volontà dello stesso di attivarsi in tal senso.

Il settimo motivo è inammissibile, perchè riguarda un’attività accertativa omogenea disposta in via generale dal regolamento comunale per gruppi di immobili sottoposti a verifica, attività estranea alla fattispecie di cui è causa, nella quale, si ribadisce, è stata liquidata l’imposta sulla base dei dati forniti dal contribuente.

L’ottavo e il nono motivo sono infondati.

Premesso che la motivazione “per relationem” è sempre possibile, quando il contenuto della sentenza impugnata appaia integrato da argomentazioni riferite alla precedente fase di giudizio, fra cui quella relativa alla ultrattività delle proroghe disposte sulla materia, sicchè non vi è da dubitare circa la condivisione, da parte del giudice d’appello, del giudizio di primo grado sul punto, i giudici tributari di entrambi i gradi si sono uniformati alla giurisprudenza di questa Corte (Cass. 13342/2009; 16714/2007;

15554/2009 fra le stesse parti), la quale ha avuto modo di chiarire che il termine di decadenza per la notifica dell’avviso di liquidazione relativo agli anni dal 1993 al 1995 è stato prorogato al 31 dicembre 1999 dalla L. n. 448 del 1998, art. 31, comma 6 e quindi al 31 dicembre 2000 dalla L. n. 488 del 1999, art. 30, comma 10, senza che tra le due proroghe si determini alcuna soluzione di continuità. Analoga affermazione va fatta in relazione alla proroga introdotta con la L. n. 289 del 2002, art. 31, comma 16, che derogando alla L. n. 212 del 2000, art. 3, comma 3, ha prorogato i termini di accertamento dell’ICI scaduti il 31/12/2000 al 31.12.2003, con esplicito riferimento al 1998 e alle annualità successive, in relazione alla necessità di riequilibrio dei bilanci degli EE.LL. cui il cit. art. 31 si riferisce. Trattasi di retroattività di disposizioni tributarie sancita in deroga all’art. 3 dello Statuto del contribuente per fondate esigenze di bilancio.

I primi nove motivi di ricorso vanno pertanto rigettati. E’ invece fondato, e va accolto, il decimo motivo di ricorso, perchè il dettato del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 12, improntato al “favor rei” prevede un’unica sanzione aumentata(dalla metà fino al triplo) in caso di più violazioni della stessa imposta, poichè il cumulo giuridico previsto da tale norma ha la funzione di attenuare il maggior rigore del cumulo materiale; nè a tale conclusione può opporsi la specificità della disciplina delle sanzioni in materia di ICI, abrogata espressamente dal D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 16 (Cass. 19650/2008) Accolto pertanto il decimo motivo di ricorso, e rigettati gli altri, la causa va rimessa ad altra Sezione della Commissione Tributaria Regionale del Veneto per l’applicazione della continuazione all’entità delle sanzioni irrogate, tenendo presente la disposizione di cui al novellato D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 12, n. 5 come sostituto dal D.Lgs. 30 marzo 2000, n. 99, art. 2, comma 1, lett. a), n. 2.

Il giudice di rinvio provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il decimo motivo di ricorso, rigetta gli altri, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, ad altra Sezione della Commissione Tributaria Regionale del Veneto.

Così deciso in Roma, il 20 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 14 luglio 2010

 

 

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