Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16524 del 14/07/2010

Cassazione civile sez. trib., 14/07/2010, (ud. 20/05/2010, dep. 14/07/2010), n.16524

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PAPA Enrico – Presidente –

Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere –

Dott. SOTGIU Simonetta – rel. Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

CANTINA SOCIALE PRATO DI CORREGGIO COOPERATIVA AGRICOLA SOC, in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA VIA PANAMA 12 presso lo studio dell’avvocato

COLARIZI MASSIMO, che lo rappresenta e difende unitamente

all’avvocato PISI ANGELO, giusta delega in calce;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI CORREGGIO, in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA TACITO 10, presso lo studio

dell’avvocato SCHIAVONE ENRICO, rappresentato e difeso dall’avvocato

BERTOLANI GIOVANNI, giusta delega a margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 153/2004 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

PARMA, depositata il 23/02/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/05/2010 dal Consigliere Dott. SIMONETTA SOTGIU;

udito per il ricorrente l’Avvocato COLARIZI MASSIMO, che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per il resistente l’Avvocato BERTOLANI GIOVANNI, che ha chiesto

il rigetto e deposita note d’udienza;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CICCOLO Pasquale Paolo Maria, che ha concluso per l’accoglimento.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna, con sentenza 23 febbraio 2005, ha escluso, in riforma della sentenza di primo grado, il carattere rurale degli edifici della Cantina Sociale Prato di Correggio, Società Cooperativa costituita per la trasformazione del prodotto conferito dai soci agricoltori, e ne ha quindi dichiarato l’assoggettabilità all’ICI richiesta dal Comune di Correggio per l’anno 1996, in assenza di coincidenza nell’imprenditore agricolo, dotato nella specie di personalità giuridica e di autonomia patrimoniale, della struttura produttiva e del fabbricato, non funzionalmente destinato a servizio del fondo, di proprietà di terzi.

La Cantina Sociale Prato di Correggio chiede la cassazione di tale sentenza sulla base di un unico articolato motivo, e successive memorie.

Il Comune di Correggio resiste con controricorso e memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

La ricorrente denuncia violazione delle seguenti leggi: D.Lgs. n. 504 del 1992, artt. 1 e 2; D.P.R. n. 917 del 1986, artt. 32 e 42; D.L. n. 557 del 1993 conv. nella L. n. 133 del 1994; D.P.R. n. 139 del 1998, art. 2, che ha introdotto la L. n. 133 del 1994, art. 9, comma 3 bis;

D.P.R. n. 1142 del 1949, art. 39 e sostiene la ruralità del fabbricato appartenente alla Cooperativa, ente di pura mutualità, in base ad una serie di norme civili e fiscali, prima fra tutte il D.P.R. n. 917 del 1986, art. 39, che classificava come costruzioni rurali quelle destinate alla manipolazione, trasformazione e alienazione di prodotti agricoli(nella specie uve) e zootecnici, ancorchè non svolte sul terreno, che rientrino nell’esercizio normale dell’agricoltura secondo la tecnica che lo governa, à sensi del dettato del cit. D.P.R., art. 29 comma 2, lett. c), come peraltro già previsto dal D.Lgs. n. 645 del 1958, art. 71, con obbligo di iscrizione al catasto rustici per i fabbricati rurali D.P.R. 1 dicembre 1949, n. 1142, ex art. 39. Tale quadro normativo fu mutato dalla introduzione dell’ICI (D.Lgs. n. 504 del 1992) che in sede applicativa comportò l’esclusione del carattere di ruralità nei fabbricati privi dei requisiti oggettivi e soggettivi previsti dal D.L. n. 557 del 1993, art. 9, come individuati dalla sentenza impugnata, ciò essendo stato dedotto dall’inserimento anche dei fabbricati rurali nel catasto edilizio urbano riordinato da un intervento legislativo (D.L. n. 557 del 1993) diretto a migliorare l’efficienza del Catasto, ma non ad interferire, secondo la ricorrente, sulle norme tributarie. Al fine di risolvere le questioni interpretative insorte, fu emanato il D.P.R. n. 139 del 1998, art. 2, che sostituì il D.L. del 1993, art. 9, escludendo il carattere di ruralità per i soli edifici destinati ad edilizia abitativa e confermando tale carattere, invece, per le costruzioni strumentali ad attività agricole. Dunque la Commissione Regionale, anche sulla base delle molte circolari conformi alla tesi della Cooperativa e dell’indirizzo giurisprudenziale prevalente, avrebbe dovuto riconoscere il carattere di ruralità al fabbricato ove la Cooperativa esercita la propria attività in sostituzione dei produttori associati, così come peraltro previsto in materia di IVA, in un quadro normativo in evoluzione che con il D.Lgs. 18 maggio 2001, n. 226, D.Lgs. 18 maggio 2001, n. 227 e D.Lgs. 18 maggio 2001, n. 228, ha diversamente qualificato l’imprenditore agricolo, superando il rapporto produzione/terra e accordando anche alle società la qualifica di imprenditore agricolo a titolo principale (D.Lgs. n. 228 del 2001, art. 10).

Passando all’esame del ricorso, va innanzi tutto disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso, avanzata dal controricorrente per mancata formulazione del quesito, non obbligatoria per le sentenze depositate prima del 6 marzo 2006. Deve quindi essere affermata la fondatezza del ricorso nei limiti di cui appresso, segnati dalla sopravvenuta sentenza delle Sezioni Unite 21 agosto 2009 n. 18565, che ha superato il consistente contrasto interpretativo presente nella giurisprudenza.

Premesso che la sentenza impugnata afferma che il fabbricato in questione è classificato in cat. (OMISSIS)), le Sezioni Unite dopo aver precisato che a seguito dell’ius superveniens rappresentato dal del D.L. 30 dicembre 2008, n. 207, art. 23, comma 1 bis, di natura strettamente interpretativa della precedente normativa in materia di esenzioni ICI per i fabbricati rurali del D.Lgs. n. 504 del 1992 (art. 2, lett. a) non rileva più l’identità fra titolare del fabbricato e titolare del fondo “potendo la ruralità essere riconosciuta anche agli immobili delle cooperative agricole che svolgono attività di manipolazione, trasformazione, conservazione, valorizzazione o commercializzazione dei prodotti agricoli conferiti dai soci”, in quanto il cit. art. 23, comma 1 bis, convertito con modificazioni dalla L. n. 14 del 2009 (“Ai sensi e per gli effetti della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 1, comma 2, il D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 2, comma 1, lett. a), deve intendersi nel senso che non si considerano fabbricati le unità immobiliari, anche iscritte o iscrivibili nel catasto fabbricati, per le quali ricorrono i requisiti di ruralità di cui al D.L. 30 dicembre 1993, n. 557, art. 9, convertito, con modificazioni, dalla L. 26 febbraio 1994, n. 13 3, e successive modificazioni”) mediante il richiamo alla L. n. 212 del 2000, art. 1, comma 2, è dichiarato espressamente disposizione di interpretazione autentica ed è quindi applicabile retroattivamente, sottolinea tuttavia che lo ius superveniens in qualche modo valorizza e conferma che la “ruralità” del fabbricato direttamente e immediatamente rileva anche ai fini della relativa classificazione catastale, dal momento che ricollega a questa conseguita classificazione l’esclusione del “fabbricato (catastalmente riconosciuto come) rurale” dalla (stessa) “nozione” di “fabbricato imponibile” (ai fini ICI): le disposizioni di cui al D.L. n. 557 del 1993, art. 9, (convertito dalla L. n. 133 del 1994), e successive modificazioni, giocano, quindi, il loro ruolo, peraltro in perfetta coerenza con la ratio e persino con lo stesso titolo assegnato alla norma dal legislatore (“Istituzione del catasto fabbricati”), nella determinazione della categoria catastale nella quale il “fabbricato” è classificabile, con la conseguenza che il fabbricato che sia stato classificato “rurale”, con attribuzione della relativa categoria, perchè in possesso dei requisiti indicati dalla richiamata norma, sarà automaticamente escluso dall’area di imponibilità ai fini ICI, per effetto della disposizione di interpretazione autentica più volte ricordata.

Ciò significa che qualora un “fabbricato” sia stato catastalmente classificato come “rurale” (categoria (OMISSIS) per le unità abitative, categoria (OMISSIS) per gli immobili strumentali alle attività agricole) resta precluso ogni accertamento, in funzione della pretesa assoggettabilità ad ICI del fabbricato in questione, che non sia connesso ad una specifica impugnazione della classificazione catastale riconosciuta nei riguardi dell’amministrazione competente;

allo stesso modo, e in senso inverso, qualora il “fabbricato” non sia stato catastalmente classificato come “rurale”, il proprietario che ritenga, tuttavia, sussistenti i requisiti per il riconoscimento come tale, non avrà altra strada che impugnare la classificazione operata al fine di ottenerne la relativa variazione.” (S.U. 18565 in parte motiva).

Il classamento, infatti, è rispetto alla pretesa tributaria concretamente opposta, l’atto presupposto e in ragione del “carattere impugnatorio del processo tributario; in relazione ad esso legittimati a contraddire sulla impugnativa dell’atto presupposto possono essere unicamente gli organi che l’hanno adottato”, ossia (prima l’UTE, ora) l’Agenzia del Territorio (Cass. n. 6386 del 2006;

15449 del 2008), sussistendo correlazione tra la controversia relativa all’ICI e quella relativa al classamento, che vincola non solo il contribuente, ma anche l’Ente impositore (Cass. 25278 del 2008; v. anche Cass. nn. 6386 e 26380 del 2006).

Dunque mentre per i fabbricati non iscritti in catasto, l’accertamento della “ruralità” può essere direttamente e immediatamente compiuto dal Giudice, per i fabbricati iscritti in catasto, come nella specie, l’imponibilità ICI sarà determinata dalla categoria catastale, che, secondo la ricorrente sarebbe nella specie relativa a fabbricati “rurali” mentre secondo il Comune riguarderebbe fabbricati “urbani”. Dal momento che nè la sentenza impugnata nè le parti in causa hanno chiarito tale aspetto, che, per quanto riguarda la classificazione catastale (OMISSIS)) comporterebbe, secondo la citata sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte, il riconoscimento della ruralità soltanto al fabbricato iscritto alla cat. (OMISSIS), l’accertamento su tale presupposto di imponibilità va condotto dal giudice di rinvio, che si indica in altra Sezione della Commissione Tributaria Regionale della Emilia Romagna.

Non appaiono infatti sufficienti in tal senso le dichiarazioni, contenute nella memoria della ricorrente, di aggiornamento della categoria “rurale” (cat. (OMISSIS)) attribuita a detto fabbricato in epoca successiva all’anno in contestazione, ancorchè il D.L. 30 dicembre 2008, art. 23, art. 1 bis, conv., nella L. 29 febbraio 2009, n. 14, attribuisca carattere di ruralità à fini ICI ai fabbricati che presentino i requisiti di cui al D.Lgs. n. 557 del 1993, art. 9 (come convertito), dovendo comunque la sussistenza di tali requisiti essere concretamente accertata in sede di merito.

Cassata quindi la sentenza impugnata nella parte relativa alla necessità della coincidenza fra proprietario del fabbricato adibito alla manipolazione di prodotti agricoli e proprietario del fondo su cui insiste il fabbricato, gli atti vanno rimessi alla indicata Commissione Regionale per l’accertamento di cui sopra e per la liquidazione delle spese anche di questo grado di giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione, cassa “in parte qua” la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, ad altra Sezione della Commissione tributaria Regionale dell’Emilia Romagna.

Così deciso in Roma, il 20 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 14 luglio 2010

 

 

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