Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1652 del 27/01/2010

Cassazione civile sez. trib., 27/01/2010, (ud. 03/12/2009, dep. 27/01/2010), n.1652

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. POLICHETTI Renato – Consigliere –

Dott. MELONCELLI Achille – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 24568-2005 proposto da:

CURATELA FALLIMENTARE OASIS SPA (già TERME DI SPEZZANO SPA), in

persona del curatore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA

VIA G. ANTONELLI 50, presso lo studio dell’avvocato GARENNA ERNESTO,

rappresentato e difeso dall’avvocato INZILLO MARIO AGAZIO, giusta

delega a margine;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E FINANZE, AGENZIA DELLE ENTRATE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 60/2004 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

CATANZARO, depositata il 08/07/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/12/2009 dal Consigliere Dott. GIOVANNI GIACALONE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

NUNZIO WLADIMIRO, che ha concluso per l’accoglimento del secondo

motivo del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La controversia concerne l’impugnativa proposta, con separati ricorsi, dalla società contribuente avverso gli avvisi di rettifica con cui il competente Ufficio IVA accertava il mancato riconoscimento di crediti d’imposta per gli anni dal 1991 al 1993, che la società assumeva competerle dovendosi applicare l’aliquota agevolata, in luogo di quella ordinaria, in relazione all’acquisto di apparecchiature ed alle commesse dei lavori di costruzione del Centro diagnostico, della galleria di accettazione e dei servizi igienici del parco delle terme.

I ricorsi, previa riunione, erano rigettati dalla C.T.P. e la decisione era confermate in grado di appello, con la sentenza in epigrafe, avverso la quale la società propone ricorso per cassazione con tre motivi. L’intimata parte erariale non ha svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Va dichiarato inammissibile il ricorso nei confronti del Ministero, il quale non è stato parte del giudizio di appello. Le spese del presente giudizio, relative a tale rapporto processuale, vanno compensate, ricorrendone giusti motivi, come da costante giurisprudenza di questa Sezione.

Con il primo motivo, la società – deducendo violazione del D.L. n. 693 del 1980, art. 8, comma 1, n. 4 conv. con L. n. 891 del 1980 e delle norme ivi richiamate (L. n. 408 del 1949, art. 13, L. n. 847 del 1964, art. 4, come integrato dalla L. n. 865 del 1971, art. 44), in rel. art. 360 c.p.c., n. 3 – lamenta che la C.T.R. avrebbe dovuto considerare che la L. n. 659 del 1961, art. 1 ha equiparato ai fini fiscali alle abitazioni non di lusso l’elenco non tassativo degli edifici contemplati dal R.D. n. 1094 del 1938, art. 2, comma 2 conv.

con L. n. 35 del 1939, dovendosi, quindi, aver riguardo all’interesse sociale dell’attività cui l’edificio è destinato (nella specie, quella di offrire alla collettività una prestazione terapeutica).

Aggiunge che la mancata previsione espressa nel citato art. 8 dell’agevolazione per gli edifici “assimilati” di cui alla L. 651 del 1961, art. 1 non attesterebbe la volontà del legislatore di escluderli dal beneficio, in quanto il richiamo alla L. n. 408 del 1949, art. 13 avrebbe un contenuto intrinsecamente estensivo a quanto previsto dalla L. n. 693 del 1980, art. 1 (che ha esteso agli edifici “assimilati” le agevolazioni di cui alla L. n. 408 del 1949, artt. 13 e ss.); senza contare che la sopravvenuta disciplina del D.L. n. 331 del 1993, conv. con L. n. 427 del 1993 avrebbe definitivamente confermato, menzionandoli, che gli edifici in questione godono dell’aliquota ridotta e che la prassi amministrativa propendeva per la normale riconducibilità delle strutture in questione agli edifici “assimilati” o, eventualmente, alle opere di urbanizzazione secondaria di cui alla L. n. 847 del 1964, art. 4, come integrato dalla L. n. 865 del 1971, art. 44. Congiuntamente al primo, va esaminato, data la stretta connessione, il terzo motivo, con cui la parte ricorrente lamenta che la C.T.R. non si sarebbe pronunciata con adeguata motivazione sulla richiesta istruttoria di C.T.U. formulata in entrambi i gradi del giudizio, onde accertare la destinazione delle opere all’attività terapeutica termale.

La censure non colgono nel segno. Infatti, secondo la C.T.R., l’opera per cui viene invocato il beneficio è costituita dalla costruzione di una galleria di accettazione e di un parco con annessi servizi igienici di un centro termale e rispetto ad essa è erronea l’applicazione del D.L. n. 693 del 1980, art. 8, come giustamente avevano rilevato i giudici di primo grado con il richiamo alla “caratteristica dei servizi ed impianti comuni con finalità turistiche alberghiere”, esulando la stessa dalla lettera e dalla ratio della norma agevolativa, diretta, invece, a favorire la realizzazione di interessi collettivi. L’art. 8 cit. assoggetta all’aliquota del 2% le cessioni relative alle opere di urbanizzazione primaria e secondaria elencate nella L. n. 847 del 1964, art. 4, integrato dalla L. n. 865 del 1971, art. 44; ma tra le opere elencate in dette disposizioni non sono inclusi gli stabilimenti termali. Nè l’agevolazione riguarda anche la costruzione di edifici (quali il centro termale) assimilati alle case di abitazione non di lusso, non trovando ciò riscontro nel testo della disposizione, essendo le aliquote agevolate pertinenti solo a contratti aventi ad oggetto costruzioni di una determinata tipologia di fabbricati, sicchè per la corretta applicazione della normativa in esame devono sussistere le condizioni di cui alla L. n. 08 del 1949, art. 13, della cui esistenza la contribuente, a tanto onerata, non ha dato prova.

Da tale motivazione si evince univocamente che la C.T.R., da un lato, ha correttamente escluso che l’opera realizzata rientrasse tra quelle d’urbanizzazione tassativamente individuate dalle disposizioni agevolatrici, dall’altro, previo accertamento in fatto – non censurato specificamente in questa sede – della natura delle costruzioni, ha escluso la riconducibilità delle stesse ai fabbricati oggetto del beneficio di cui alla L. n. 408 del 1949, art. 13.

Quanto al primo aspetto, infatti, il D.L. n. 693 del 1980, art. 8, comma 1, nn. 2 e 5, dispone che sono assoggettate all’aliquota agevolata dell’IVA le cessioni e le importazioni di beni, escluse le materie prime e semilavorate, forniti per la costruzione, anche in economia, delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria elencate nella L. n. 847 del 1964, art. 4, integrato dalla L. n. 865 del 1971, art. 44, nonchè quelle relative agli impianti di produzione ed alle reti di distribuzione calore-energia. In tale elenco, al quale, benchè compilato ad altro fine, è riconosciuta la funzione di individuare con carattere di tassatività (Cass. n. 10487/03) le infrastrutture indispensabili per assicurare alla collettività di un determinato insediamento residenziale o produttivo le necessarie condizioni di vita sotto il profilo dell’igiene, della viabilità e sicurezza, è inclusa tra le opere di urbanizzazione primaria anche la rete idrica, destinata, al pari delle strade residenziali, degli spazi di sosta e di parcheggio, delle fognature, della rete di distribuzione elettrica e del gas, della pubblica illuminazione e degli spazi di verde attrezzato, a soddisfare le esigenze di uno sviluppo edilizio moderno. Connotato delle opere di urbanizzazione elencate è dunque quello del suo trascendere le dimensioni di un singolo lotto edificato od edificabile e di assumere una funzione attuale, od anche solo potenziale, di soddisfacimento ai bisogni della pluralità dei residenti in un più o meno vasto territorio oggetto d’insediamento urbano. Nella specie, la premessa in fatto della controversia, desumibile dalla sentenza impugnata è che l’opera, relativamente alla quale viene invocato il beneficio d’imposta, è costituita dalla costruzione di una galleria di accettazione e di un parco con annessi servizi igienici di uno stabilimento termale ed, in riferimento ad essa, appare erronea come correttamente affermato dalla C.T.R. l’applicazione del D.L. n. 693 del 1980, art. 8, comma 1, invocata dalla ricorrente con il richiamo all’interesse sociale sotteso alla destinazione dello stabilimento termale all’offerta di prestazioni terapeutiche, giacchè la stessa esula dalla lettera e dalla ratio della norma agevolativa, che è diretta, invece, a favorire la realizzazione degli interessi collettivi e che si riferisce, per quanto osservato, ad un’elencazione tassativa di opere di urbanizzazione oggetto di agevolazione.

Quanto al secondo aspetto, non coglie nel segno neanche l’affermazione a sostegno della censura, secondo cui l’agevolazione prevista dalla norma riguarderebbe anche gli edifici “assimilati” non tassativamente elencati al R.D. n. 1094 del 1938, art. 2, ai quali pur si applicano le agevolazioni tributarie contemplate per le case di abitazione non di lusso dalla L. n. 408 del 1949 “e successive proroghe e modificazioni” in forza del rinvio, non recettizio, ma formale – contenuto nella L. n. 659 del 1961, art. 1 – e perciò comprensivo di qualsiasi nuova legge inquadrabile nell’ambito della normativa tributaria tesa a favorire l’incremento delle case di abitazione (Cass. 932/86; 955/82). Infatti, l’esclusione delle opere in questione anche dal novero di quelle suscettibili di agevolazione in via estensiva è frutto di un motivato accertamento di fatto condotto dal giudice di appello, al quale non può essere imputato, sul punto, alcun omesso esame, trattandosi di valutazione (e di scelta) delle risultanze probatorie (ritenute idonee a sorreggere il convincimento conseguito e a dimostrare i fatti in discussione) che è riservata al giudice di merito e non è sindacabile in sede di legittimità se, come nel caso di specie, è congruamente motivata e, anzi, non è per niente censurata sotto il profilo del vizio di motivazione (Cass. n. 9368 e 1014 del 2006; 13747 del 2004; 16825 del 2002; S.U. n. 5802 del 1998). In particolare, la sentenza impugnata è fondata su un accertamento di fatto circa la natura e la destinazione dell’opera eseguita: “costituita dalla costruzione di una galleria di accettazione e di un parco con annessi servizi igienici”, qualificata concordemente con i primi giudici con il richiamo alla “caratteristica dei servizi ed impianti comuni con finalità turistiche alberghiere” che ha condotto alla congrua esclusione dell’intervento in contestazione dall’insieme degli edifici i contratti per la cui realizzazione sono suscettibili dell’applicazione dell’aliquota agevolata, senza che la ricorrente abbia minimamente censurato tale accertamento sotto il profilo del vizio motivazionale ex art. 360 c.p.c., n. 5, essendosi limitata a riproporre le doglianze in ordine all’asserita violazione di legge per mancata applicazione estensiva dell’agevolazione stessa.

il rigetto del primo motivo comporta, alla luce del richiamato accertamento in fatto, frutto di congrua valutazione delle risultanze di causa, che si rivela privo di pregio anche il terzo motivo, con cui inammissibilmente, per quanto innanzi esposto, la società lamenta in questa sede che la C.T.R. non si sarebbe pronunciata con adeguata motivazione sulla richiesta istruttoria di C.T.U. formulata in entrambi i gradi del giudizio, onde accertare la destinazione delle opere all’attività terapeutica termale. Del resto, in materia di consulenza tecnica d’ufficio, la decisione del giudice di merito che non ne dispone l’ammissione non è sindacabile in sede di legittimità, posto che compete al giudice del merito l’apprezzamento delle circostanze che consentano di escludere che il relativo espletamento possa condurre ai risultati perseguiti dalla parte istante, sulla quale incombe pertanto l’onere di offrire gli elementi di valutazione (Cass. n. 26264/05; 20820/06).

Con il secondo motivo, deducendo nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 in rel. art. 360 c.p.c., n. 4, la società lamenta che il giudice di appello avrebbe omesso di pronunciare sul punto 4 dell’atto di appello, con cui aveva chiesto dichiararsi illegittima l’applicazione di interessi, in quanto i crediti in questione non erano stati utilizzati, non essendo stati riportati in detrazione dall’imposta dovuta negli anni successivi, ma chiesti e non ottenuti in rimborso. La censura è fondata, sussistendo la dedotta nullità, non avendo la C.T.R. pronunciato su detto motivo di appello, riflettente un autonomo capo di domanda, con cui era stato fatto valere uno specifico profilo d’illegittimità della pretesa di interessi, stante la mancata detrazione, negli anni successivi, dell’imposta che si assumeva versata in esubero.

L’impugnata sentenza va cassata, in relazione al motivo accolto, con rinvio ad altra Sezione della medesima C.T.R. che procederà all’esame dell’indicato motivo di appello ed alla determinazione delle spese anche del presente giudizio.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso nei confronti del Ministero e compensa le spese. Accoglie il secondo motivo del ricorso proposto nei confronti dell’Agenzia, respinti il primo ed il terzo. Cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, e rinvia, anche per le spese, ad altra Sezione C.T.R. Calabria.

Così deciso in Roma, il 3 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 27 gennaio 2010

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