Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16519 del 31/07/2020

Cassazione civile sez. II, 31/07/2020, (ud. 29/11/2019, dep. 31/07/2020), n.16519

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. COSENTINO Antonello – Presidente –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 36005-2018 proposto da:

J.P.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

SPLUGA 22, presso lo studio dell’avvocato PASQUALE ROSSI, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

ARCHIVIO NOTARILE DISTRETTUALE DI ROMA, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

e contro

CONSIGLIO NOTARILE DEI DISTRETTI RIUNITI DI ROMA VELLETRI E

CIVITAVECCHIA, PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI ROMA;

– intimati –

avverso l’ordinanza n. cron. 5415/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 07/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

29/11/2019 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE TEDESCO;

sentito il PM in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SGROI CARMELO, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato Pasquale Rossi, difensore del ricorrente, che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con decisione adottata in data 7 marzo 2017, la Commissione Amministrativa Regionale di Disciplina del Lazio (COREDI) applicava la notaio J.P.R. la sanzione disciplinare di Euro 63.984,00 (stabilita nella misura minima per ciascuno degli illeciti contestati e concesse le attenuanti generiche), in relazione alla violazione della L. n. 89 del 1913, art. 28 (Legge Notarile), come sanzionata dall’art. 138, comma 2 stessa Legge, per avere in 144 atti, tutti stipulati dopo l’introduzione della L. n. 52 del 1985, art. 29, comma 1-bis, aventi a oggetto il trasferimento di diritti reali non di garanzia su fabbricati costituenti unità immobiliari urbane, omesso la dichiarazione di conformità richiesta dalla norma (la sanzione è stata inflitta a conclusione del procedimento disciplinare avviato su iniziativa del Sovraintendente dell’Archivio Notarile Distrettuale di Roma all’esito dell’ispezione per il biennio (OMISSIS)).

Il notaio J.P. proponeva reclamo, ai sensi dell’art. 158 Legge Notarile, e del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 26 cui resisteva l’Archivio Notarile Distrettuale di Roma.

Il reclamo veniva rigettato dalla Corte d’Appello di Roma.

Avverso l’ordinanza della Corte d’Appello di Roma, il notaio ha proposto ricorso articolato in tre motivi.

Ha resistito con controricorso il Consiglio Notarile dei Distretti di Roma, Velletri e Civitavecchia.

Le parti hanno depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il primo motivo denuncia la violazione della L. n. 52 del 1985, art. 29, comma 1-ter, dell’art. 1418 c.c. e degli artt. 28 e 138 Legge Notarile.

Rileva la difesa del notaio che con D.L. 24 aprile 2017, n. 50, entrato in vigore il 24 giugno 2017, il legislatore ha previsto la conferma anche per l’atto privo delle menzioni di cui alla L. n. 52 del 1985, art. 29, comma 1-bis.

Essendo ancora pendente il procedimento disciplinare il ricorrente chiede l’applicazione della nuova disciplina, da cui discende il venir meno della responsabilità disciplinare del notaio ai sensi dell’art. 28 L.N., non essendo più la nullità assoluta e insanabile.

Il primo motivo di ricorso è infondato.

La L. n. 52 del 1985, comma 1-bis, aggiunto dal D.L. n. 78 del 2010, art. 19, comma 14, conv. in L. n. 122 del 2010 prescrive: “Gli atti pubblici e le scritture private autenticate tra vivi aventi ad oggetto il trasferimento, la costituzione o lo scioglimento di comunione di diritti reali su fabbricati già esistenti, ad esclusione dei diritti reali di garanzia, devono contenere, per le unità immobiliari urbane, a pena di nullità, oltre all’identificazione catastale, il riferimento alle planimetrie depositate in catasto e la dichiarazione, resa in atti dagli intestatari, della conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie, sulla base delle disposizioni vigenti in materia catastale. La predetta dichiarazione può essere sostituita da un’attestazione di conformità rilasciata da un tecnico abilitato alla presentazione degli atti di aggiornamento catastale. Prima della stipula dei predetti atti il notaio individua gli intestatari catastali e verifica la loro conformità con le risultanze dei registri immobiliari”.

E’ noto che, L. n. 89 del 2013, ex art. 28 (Legge Notarile) “il notaio non può ricevere (o autenticare) atti se essi sono espressamente proibiti della legge”.

L’orientamento finora espressa dalla Suprema Corte è nel senso di ritenere violato l’art. 28 Legge Notarile laddove il notaio riceva un atto nullo per violazione della L. n. 52 del 1985, art. 29, comma 1-bis. “In tema di atti notarili, la dichiarazione richiesta del D.L. 31 maggio 2010, n. 78, art. 19, comma 14, conv. in L. 30 luglio 2010, n. 122, riguarda la conformità allo stato di fatto non della sola planimetria dell’immobile, ma anche dei dati catastali, questi ultimi costituendo gli elementi oggettivi di riscontro delle caratteristiche patrimoniali del bene, rilevanti ai fini fiscali; l’omissione determina la nullità assoluta dell’atto, perchè la norma ha una finalità pubblicistica di contrasto all’evasione fiscale, conseguendone la responsabilità disciplinare del notaio, ai sensi della L. 16 febbraio 1913, n. 89, art. 28, comma 1” (Cass. n 8611/2014; conf. Cass. n. 20465/2016; n. 11507/2016).

Nel caso in esame assume particolare rilievo la decisione di Cass. 3 giugno 2016, n. 11507, relativa a un procedimento disciplinare nei confronti dell’attuale ricorrente, incolpato della medesima violazione accertata con riferimento ad atti relativi al biennio precedente (OMISSIS). Con questa pronuncia la Corte – dopo avere rimarcato che “la dichiarazione richiesta dalla norma riguarda la conformità allo stato di fatto non della sola planimetria dell’immobile, ma anche dei dati catastali, questi ultimi costituendo gli elementi oggettivi di riscontro delle caratteristiche patrimoniali del bene, rilevanti ai fini fiscali” – ha ancora una volta chiarito che “l’omissione determina la nullità assoluta dell’atto, perchè la norma ha una finalità pubblicistica di contrasto all’evasione fiscale, conseguendone la responsabilità disciplinare del notaio, ai sensi della L. 16 febbraio 1913, n. 89, art. 28, comma 1”; consegue, pertanto, qualora la dichiarazione imposta dalla norma sia stata omessa, “la responsabilità disciplinare del notaio, a norma della L. 16 febbraio 1913, n. 89, art. 28, comma 1, n. 1, per aver redatto un atto espressamente proibito dalla legge (…) senza che rilevi la sola dichiarazione di conformità della planimetria dell’immobile, a sua volta recante i dati catastali identificativi. Trattasi, peraltro, agli effetti della L. 16 febbraio 1913, n. 89, art. 28 di nullità inequivoca ed indiscutibile, in quanto testuale, ovvero espressa dalla lettera del citato art. 29, comma 1-bis”.

La norma di cui al nuovo comma 1-ter della L. 27 febbraio 1985, n. 52, art. 29 ha introdotto la possibilità di confermare, a certe condizioni, l’atto nullo per il mancato rispetto della disciplina in tema di conformità catastale oggettiva di cui al comma 1-bis cit. articolo: “Se la mancanza del riferimento alle planimetrie depositate in catasto o della dichiarazione, resa dagli intestatari, della conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie, ovvero dell’attestazione di conformità rilasciata da un tecnico abilitato non siano dipese dall’inesistenza delle planimetrie o dalla loro difformità dallo stato di fatto, l’atto può essere confermato anche da una sola delle parti mediante atto successivo, redatto nella stessa forma del precedente, che contenga gli elementi omessi. L’atto di conferma costituisce atto direttamente conseguente a quello cui si riferisce, ai sensi del D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23, art. 10, comma 3”.

Secondo il ricorrente l’orientamento della Suprema Corte, in base al quale la violazione dell’art. 29, comma 1-bis comporta la responsabilità disciplinare del notaio ai sensi dell’art. 28 Legge Notarile, non è più attuale, non potendosi più ritenere la nullità comminata dalla norma assoluta e insanabile. Si sostiene che la norma che ha introdotto la conferma è certamente applicabile anche agli atti nulli stipulati prima della sua entrata in vigore.

La tesi propugnata dal ricorrente (non sussiste violazione disciplinare se l’atto nullo è suscettibile di conferma) è in contrasto con l’orientamento espresso in materia da questa Corte, secondo il quale “In tema di responsabilità disciplinare del notaio, il divieto (imposto dalla L. 16 febbraio 1913, n. 89, art. 28, comma 1, n. 1 e sanzionato con la sospensione a norma dell’art. 138, comma 2) di ricevere atti espressamente proibiti dalla legge, è violato nel momento stesso della redazione della clausola nulla, inserita in un atto rogato dal professionista, in quanto la redazione della clausola segna il momento di consumazione istantanea dell’illecito, sul quale non possono spiegare efficacia sanante o estintiva della punibilità eventuali rimedi predisposti dal legislatore per conservare ai fini privatistici l’atto (quali la sostituzione di diritto della clausola nulla con norma imperativa)” (Cass. n. 21493/2005).

Si evince da questo principio che la possibilità della conferma dell’atto nullo, tanto se prevista originariamente, quanto se introdotta da norma entrata in vigore dopo la stipula, non costituisce argomento idoneo a escludere la responsabilità disciplinare del notaio per avere ricevuto l’atto nullo.

Questa Corte, proprio con riferimento alla violazione della disciplina in materia di conformità catastale, ha osservato che pure laddove già “la formulazione della norma originaria contempli la possibilità di una conferma o di una conservazione della validità dell’atto, il riscontro della fattispecie idonea a determinare la nullità genera la responsabilità disciplinare del notaio, non potendosi a tal fine tenere conto di quanto eventualmente posto in essere dallo stesso notaio o dalle parti con la redazione di un atto di conferma, che non elide il giudizio di disvalore dell’ordinamento nei confronti dell’atto al momento della sua stipula originaria, esponendo quindi le parti al rischio di avere concluso un atto nullo, nonostante l’essersi affidate al ministero notarile” (Cass. n. 21828/2019).

La pronuncia ora richiamata ha motivatamente dissentito da Cass. n. 29894/2018, nella quale si ventila la tesi che con la conferma ai sensi del comma 1-ter “si avrebbe il recupero dell’atto nullo e la sanatoria della nullità, con la conseguenza del venir meno ex post, della responsabilità disciplinare del notaio”.

In quella occasione la Corte ha precisato che il venir meno della responsabilità implicherebbe che il notaio dia prova tanto dell’avvenuta conferma, quanto della conformità catastale. In base a questo rilievo, in quella occasione, la Corte ha negato che il notaio potesse giovarsi dello ius superveniens, in quanto egli non aveva allegato “che gli atti fossero confermabili e siano in concreto stati oggetto di conferma”.

Si capisce quindi che, in Cass. n. 29894/2018, il rilievo delle possibili ricadute, sul piano disciplinare, della sopravvenuta possibilità di conferma non hanno avuto alcuna incidenza sulla decisione, degradando quindi quel rilievo a un obiter dictum.

Questa Corte ritiene di dover decidere la fattispecie in applicazione del principio di Cass. n. 21829/2019, condividendo l’assunto di fondo che la responsabilità disciplinare sussiste per il solo fatto di avere ricevuto un atto vietato dalla legge, “senza che quindi abbia rilievo l’eventuale successiva conferma dell’atto, ove ritenuta ammissibile da parte del legislatore”, e, a fortiori, l’astratta possibilità di conferma del medesimo.

Per completezza di esame si osserva che, nel caso in esame, così come nel caso di Cass. n. 29894/2018, il notaio J.P. neanche deduce che, in riferimento ai contestati atti privi della dichiarazione prescritta a pena di nullità, sia stato posto in essere l’atto di conferma. Se ne deve dedurre che l’attuale ricorrente pretende di fare discendere la propria irresponsabilità dalla astratta possibilità di sanatoria, pure nella persistenza della condizione originaria di nullità e inefficacia degli atti oggetto di contestazione, il che è, con tutta evidenza, una contraddizione in termini, idonea a fare emergere una ulteriore ragione di infondatezza della censura.

Solo per completezza di esame si ritiene di precisare che i principi stabiliti dalle Sezioni Unite di questa Corte con la recente pronuncia n. 8230/2019 in tema di nullità testuale D.P.R. n. 380 del 2001, ec art. 36 e L. n. 47 del 1985, ex artt. 17 e 40 non incidono in alcun modo sulla decisione da assumere in questa sede.

Ancora per completezza di esame si precisa che, in considerazione delle ragioni poste a fondamento del rigetto del motivo, la questione di diritto intertemporale, se la L. n. 52 del 1985, art. 19, comma 1-ter sia applicabile agli atti ricevuti prima dell’entrata in vigore della novella, è del tutto irrilevante in questa sede.

E’ infondato anche il secondo motivo di ricorso, il quale denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 135 e 138 Legge Notarile, nonchè della L. n. 689 del 1981, art. 12. In particolare si denuncia l’illegittimità del cumulo materiale delle sanzioni.

In tema di responsabilità del notaio, ai sensi dell’art. 135, comma 4 Legge Notarile, ove il professionista, in occasione della formazione di uno stesso atto, contravviene più volte alla medesima disposizione, incorre in una sola sanzione, determinata fino all’ammontare massimo previsto per tale infrazione, tenendo conto delle violazioni commesse.

Secondo il ricorrente la sanzione dovrebbe essere unica anche quando il notaio sia incorso in una pluralità di violazioni della stessa disposizione nella formazione di atti diversi.

Come evidenziato dal ricorrente questa Corte ha già preso posizione negativamente su tale questione e l’ha fatto proprio in un precedente specifico riguardante sempre il notaio J.P., incolpato per la medesima violazione in relazione ad atti ricevuti nel biennio precedente (Cass. n. 11507/2016).

In quella occasione la Corte ha chiarito che l’art. 135, comma 4 Legge Notarile “non opera nel caso in cui siano commesse plurime infrazioni identiche in atti diversi, non potendo il giudice, interferire nella discrezionalità del legislatore estendendo all’ambito degli illeciti disciplinari quanto previsto in materia penale in tema di continuazione, da altri settori dell’ordinamento (Cass., Sez., 2, sentenza n. 9177 del 16/04/2013)”.

Nella stessa occasione la Corte inoltre ha ritenuto manifestamente infondata “la questione di legittimità costituzionale degli artt. 135 e 138 Legge Notarile (riproposta con il presente ricorso n.d.r.), nella parte in cui non prevedono l’applicabilità di una sola sanzione, determinata fino all’ammontare massimo previsto per tale infrazione, tenendo conto del numero delle violazioni commesse, anche in caso di plurime infrazioni della medesima disposizione compiute in atti diversi, rientrando l’estensione del cumulo giuridico delle sanzioni disciplinari nella discrezionalità del legislatore, censurabile nel giudizio di costituzionalità soltanto ove il suo esercizio ne rappresenti un uso distorto o arbitrario, così da confliggere in modo manifesto con il canone della ragionevolezza, non ravvisandosi, nella specie neppure la prospettata disparità di trattamento, alla stregua delle specificità della professione notarile, degli interessi protetti e dei valori di riferimento”.

Il ricorrente non condivide tale orientamento, che egli giudica non compatibile con i principi enunciati da questa Corte nell’ordinanza n. 27099 del 2017 che, nel sollevare la questione di legittimità costituzionale dell’art. 147, comma 2 Legge Notarile, avrebbe enunciato, appunto, principi idonei a porre in discussione la legittimità del cumulo materiale alla luce di principio di proporzionalità delle sanzioni e del divieto di automatismi sanzionatori.

In verità in Cass. 27099 del 2017 non si legge alcunchè che possa incrinare il fondamento delle considerazioni già espresse da Cass. n. 11507 del 2016 a proposito del cumulo materiale. Cass. n. 27099 del 2015 cit. ha sollevato la questione di legittimità costituzionale della L. n. 89 del 2013, art. 147, comma 2 il quale prevede che “la destituzione è sempre applicata se il notaio, dopo essere stato condannato per due volte alla sospensione, vi contravviene nei dieci anni successivi all’ultima violazione”. La questione è stata rigettata dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 133 del 2019.

Si discuteva pertanto di un tema che non ha alcuna attinenza con la questione del cumulo materiale. Tale istituto, infatti, non pone affatto un problema di automatismo sanzionatorio, tenuto conto che la sanzione disciplinare è irrogata dal giudice disciplinare a conclusione di un procedimento nel quale egli stesso ha accertato la responsabilità dell’incolpato; nè tanto meno il cumulo materiale priva il giudice di merito del potere di graduare la sanzione, nei limiti previsti dalla legge, in relazione alla gravità del fatto (art. 138 Legge Notarile), nè impedisce che siano concesse al notaio le circostanze attenuanti ex art. 144 Legge Notarile. Di tali circostanze, del resto, il notaio ha beneficiato nel caso in esame e ciò ha comportato che alla sospensione, in principio prevista dall’art. 138, comma 2 Legge Notarile per la violazione dell’art. 28 (da sei mesi a un anno), è stata sostituita la sanzione pecuniaria, ai sensi dell’art. 144, comma 1 stessa Legge Notarile.

E’ di conseguenza manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 135 e 139 Legge Notarile, sollevata con il terzo motivo di ricorso.

In conclusione il ricorso deve essere rigettato con addebito di spese.

Ci sono le condizioni per dare atto della sussistenza dei presupposti dell’obbligo del versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, se dovuto.

PQM

rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.000,00 per compensi, oltre al rimborso delle spese forfetarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Seconda civile, il 29 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 31 luglio 2020

 

 

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