Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16518 del 11/06/2021

Cassazione civile sez. trib., 11/06/2021, (ud. 26/01/2021, dep. 11/06/2021), n.16518

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino – Presidente –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – rel. Consigliere –

Dott. FICHERA Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 22257/2014 R.G. proposto da:

G4 Brescia s.r.l. E.F. rappresentato e difeso dagli

avv.ti Emanuele Coglitore e Mariagrazia Bruzzone con domicilio eletto

presso lo studio del primo in Roma, via Federico Confalonieri, 5,

giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via

dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

e contro

Equitalia Nord s.p.a. rappresentata e difesa dall’Avv. Carlo

Dall’Asta e domiciliata in Roma in via Antonio Mordini, 14, presso

lo studio dell’avv. Antonino Spinoso per procura in calce al

controricorso.

– Controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Lombardia n. 575/67/14, depositata il 3.2.2014.

Udita la relazione svolta alla pubblica udienza del 26.1.2021 dal

Consigliere Rosaria Maria Castorina.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 575/67/2014, depositata in data 3.2.2014 la Commissione tributaria regionale della Lombardia, rigettando l’appello incidentale, accoglieva l’appello dell’Agenzia delle Entrate nei confronti di G4 Brescia s.r.l. avverso la sentenza n. 56/7/2012 della Commissione tributaria provinciale di Brescia che aveva parzialmente accolto, decurtando dall’importo iscritto a ruolo le somme pagate dalla ricorrente per complessivi Euro 34.170,56 e gli interessi pretesi, il ricorso proposto dalla contribuente avverso una cartella di pagamento emessa a seguito di controllo automatizzato D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis, e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis, della dichiarazione Unico 2008 per l’anno di imposta 2007, per omessi e tardivi versamenti IVA e Irap.

La CTR riteneva legittima la pretesa come rideterminata dalla CTP e dovuti gli interessi.

Avverso la sentenza della CTR, la contribuente propone ricorso per cassazione affidato a due motivi.

L’Agenzia delle Entrate e Equitalia Nord s.p.a. resistono con controricorso; il concessionario ha depositato memoria ex 380 bis c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Deve essere preliminarmente dichiarato inammissibile il controricorso di Equitalia Nord s.p.a. che fa riferimento ad altro giudizio e alla impugnazione di una diversa sentenza.

1. Con il secondo motivo da esaminarsi preliminarmente per motivi di ordine logico, la ricorrente deduce la violazione dell’art. 112 c.p.c. in quanto il processo era stato celebrato in sede d’appello senza considerare la posizione processuale del concessionario, parte nel processo di primo grado, e la CTR non aveva pronunciato sul motivo di appello incidentale che censurava il capo della sentenza che aveva dichiarato il difetto di legittimazione passiva di Equitalia Nord s.p.a., peraltro costituitasi volontariamente in giudizio.

Il motivo è infondato.

1.1. La CTR ha pronunciato sull’appello incidentale, affermando che la questione della legittimazione passiva del concessionario era chiusa dalla mancata notificazione dell’appello nei confronti di Equitalia.

1.2. In tema di contenzioso tributario, il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, comma 2, secondo cui l’appello deve essere proposto nei confronti di tutte le parti che hanno partecipato al giudizio di primo grado, non fa venir meno la distinzione tra cause inscindibili e cause scindibili, ai sensi degli artt. 331 e 332 c.p.c., con la conseguenza che, in presenza di cause scindibili, la mancata proposizione dell’appello nei confronti di tutte le parti presenti in primo grado non comporta l’obbligo di integrare il contraddittorio quando, rispetto alla parti pretermesse, sia ormai decorso il termine per l’impugnazione (Cass. 27 ottobre 2017, n. 25588 che ha ritenuto corretta l’omessa integrazione del contraddittorio in appello nei confronti del concessionario del servizio di riscossione, convenuto nel giudizio di primo grado insieme all’Amministrazione finanziaria, tenuto conto che l’impugnazione aveva ad oggetto solo l’esistenza dell’obbligazione tributaria e che il termine per impugnare era già decorso).

Con riferimento alla questione riguardante la necessità o meno di integrare il contraddittorio in appello nei riguardi delle parti presenti in primo grado ma non evocate in giudizio si deve dunque aver riguardo al carattere scindibile o inscindibile delle cause o alla loro dipendenza ai sensi degli artt. 331 e 332 c.p.c., mentre, al di fuori di tali distinzioni, nessun rilievo specifico assume di per sè il riferimento al litisconsorzio necessario processuale.

In materia tributaria, ai sensi del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 10, in caso di impugnazione di cartella esattoriale, la legittimazione passiva esclusiva del concessionario del servizio di riscossione dei tributi sussiste se l’impugnazione concerne vizi propri della cartella o del procedimento esecutivo, mentre si può agire indifferentemente nei confronti dell’ente impositore o dell’agente della riscossione, senza che sia configurabile alcun litisconsorzio necessario, qualora i motivi di ricorso attengano alla debenza del tributo (Cass. 28 aprile 2017, n. 10528; Cass. 9 novembre 2016, n. 22729).

Il fatto che il contribuente venga a conoscenza del ruolo, formato dall’ente impositore, soltanto tramite la notificazione dello stesso ad opera del concessionario della riscossione, non determina, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 14, comma 1, una situazione di litisconsorzio necessario, nè sostanziale nè processuale, tra l’ente impositore ed il concessionario stesso, atteso che quest’ultimo (a parte l’esercizio dei poteri propri, volti alla riscossione delle imposte iscritte nel ruolo), nell’operazione di portare a conoscenza del contribuente il ruolo, dispiega una mera funzione di notifica, ovverosia di trasmissione al destinatario del titolo esecutivo così come (salva l’ipotesi di errore materiale) formato dall’ente e, pertanto, non è passivamente legittimato a rispondere di vizi propri del ruolo, come trasfuso nella cartella (Cass. 16 gennaio 2009, n. 933).

In merito al vizio di motivazione della cartella esattoriale, va pertanto precisato che essendo la cartella riproduttiva del ruolo, tale vizio è imputabile all’ente impositore e non al concessionario, secondo quanto ritenuto in motivazione da Cass., Sez. Un., 14 maggio 2010, n. 11722, la cui affermazione può essere utilizzata al fine di individuare il soggetto legittimato passivamente rispetto all’impugnazione del contribuente. La cartella, infatti, risulta riproduttiva del ruolo e il concessionario si limita a riportare in essa quanto trasmessogli dall’ente impositore (Cass. 8329/2020).

Nel caso di specie, pertanto, non era necessario citare il concessionario in giudizio, poichè l’impugnazione della cartella esattoriale investe i profili della carenza di motivazione e di contenuto della pretesa impositiva, sicchè non era necessario integrare il contraddittorio, in appello, nei confronti del concessionario.

2. Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione e/o falsa applicazione della L. n. 241 del 1990, art. 3, dell’art. 2697 c.c., della L. n. 212 del 2000, artt. 6 e 7, anche in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Lamenta che la CTR non aveva rilevato il difetto di motivazione della cartella di pagamento, con riferimento agli importi pretesi, evidenziando che non erano state considerate somme versate in sede di rateizzazione, contestando altresì che non si era tenuto conto dell’errore nella quantificazione degli importi.

2.1. La censura non è fondata.

Questa Corte ha più volte affermato che, in tema di riscossione delle imposte, sebbene in via generale la cartella esattoriale, che non segua uno specifico atto impositivo già notificato al contribuente, ma costituisca il primo ed unico atto con il quale l’ente impositore esercita la pretesa tributaria, debba essere motivata alla stregua di un atto propriamente impositivo, tale obbligo di motivazione deve essere differenziato a seconda del contenuto prescritto per ciascuno tipo di atto, sicchè, nel caso in cui la cartella di pagamento sia stata emessa in seguito a liquidazione effettuata in base alle dichiarazioni rese dal contribuente ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis, e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54-bis, l’obbligo di motivazione può essere assolto mediante il mero richiamo a tali dichiarazioni perchè, essendo il contribuente già a conoscenza delle medesime, non è necessario che siano indicati i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche della pretesa. (Cass. 7245/2019; Cass. n. 21804/2017; Cass. n. 15564/2016, Cass. n. 25329/14 e Cass. n. 11176/2014).

Inoltre questa Corte ha affermato che il difetto di motivazione della cartella esattoriale, non può condurre alla dichiarazione di nullità, allorchè la cartella sia stata impugnata dal contribuente il quale abbia però dimostrato di avere piena conoscenza dei presupposti dell’imposizione, per averli puntualmente contestati, ricorrendo invece un’effettiva limitazione del diritto di difesa qualora il contribuente non sia stato posto in grado di conoscere le ragioni dell’intimazione di pagamento ricevuta e alleghi il pregiudizio patito effettivamente.

Nella specie è incontestato che la ricorrente avesse ricevuto l’avviso bonario, tanto che aveva formulato una istanza di rateazione e effettuato dei pagamenti parziali prima dell’emissione della cartella. La contribuente ha, dunque, ben compreso il presupposto dell’imposizione, ha potuto esercitare in giudizio il suo diritto di difesa e ottenuto il riconoscimento dei pagamenti parziali effettuati.

La CTR non si è mai spinta ad affermare che la richiesta di rateazione comporti riconoscimento di debito, limitandosi ad evidenziare che la richiesta di rateazione non accompagnata da alcuna riserva assumeva un certo qual margine indiziario.

La CTR, invece, ha fondato la propria decisione sulla circostanza che la contribuente non aveva minimamente indicato (al netto di circa Euro 32.000,00 riconosciuti) quali altri somme non avrebbe dovuto versare.

2.2. Quanto, infine, al profilo motivazionale concernente il calcolo delle sanzioni e degli interessi, va osservato che, poichè il criterio di liquidazione degli interessi in materia tributaria è predeterminato ex lege (D.P.R. n. 602 del 1973, art. 20), risolvendosi il calcolo in una mera operazione matematica, è sufficiente il riferimento contenuto in cartella alle dichiarazioni da cui scaturisce il debito di imposta (con indicazione di quadro, modulo, rigo, periodo di riferimento, data degli eventuali versamenti tardivi); parimenti, anche in relazione al computo delle sanzioni adeguato è il riferimento alla norma di legge che ne prevede i criteri e/o alla tipologia della violazione da cui è possibile desumere i criteri legali di calcolo, indicati nella cartella impugnata (Cass. 8508/2019; Cass. 6812/2019).

La CTR ha osservato che “da parte del contribuente, al di là di una generica lamentazione per la mancata riproduzione delle singole somme e moltiplicazioni svolte dagli agenti fiscali, non si è contrapposto un qualunque principio di diverso calcolo, volto a contestare quello proposto nella cartella impugnata”.

Il ricorso deve essere, conseguentemente, rigettato. Le spese seguono la soccombenza.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in complessivi Euro 7.800,00 in favore dell’Agenzia delle Entrate oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, Camera di consiglio il 26 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 giugno 2021

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