Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16518 del 05/07/2017
Cassazione civile, sez. trib., 05/07/2017, (ud. 29/11/2016, dep.05/07/2017), n. 16518
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –
Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –
Dott. GRECO Antonio – rel. Consigliere –
Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –
Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 28043-2012 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrenti –
contro
API ANONIMA PETROLI ITALIANA SPA in persona del legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PO 28, presso lo
studio dell’avvocato ATTILIO PELOSI, che lo rappresenta e difende
unitamente agli avvocati PAOLA LUMINI, LUIGI CARDASCIA giusta delega
in calce;
– controricorrenti –
e contro
EQUITALIA GERIT SPA AGENTE RISCOSSIONE PROVINCIA DI ROMA;
– intimati –
avverso la sentenza n. 196/2011 della COMM.TRIB.REG. di ROMA,
depositata il 18/10/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
29/11/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO GRECO;
udito per il ricorrente l’Avvocato GALLUZZO che ha chiesto
l’accoglimento;
udito per il controricorrente l’avvocato LUMINI che ha chiesto il
rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
ZENO IMMACOLATA che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
FATTI DI CAUSA
L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, con due motivi, nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio che, nel giudizio introdotto dall’API – Anonima Petroli Italiana spa, con l’impugnazione della cartella di pagamento recante l’iscrizione a ruolo delle somme liquidate in base alla dichiarazione per l’anno 2003 ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 36 bis – per essere stati riscontrati versamenti inferiori a quelli dovuti -, per quel che ancora rileva ha annullato l’atto, sul rilievo che, benchè in via di principio dovesse essere esclusa nella specie la legittimità della compensazione contestata dall’ufficio, nondimeno essa era “stata effettuata per imposte versate su atti esenti o per duplicazione”, per cui, “avendo la parte depositato in atti la prova documentale, peraltro non contestata, della formazione delle predette eccedenze, il Collegio ritiene che l’appello dell’Ufficio non sia meritevole di accoglimento non avendo gli errori formali in cui è incorsa la contribuente determinato un’indebita compensazione da parte della società”.
La società contribuente resiste con controricorso.
Equitalia Sud spa non ha svolto attività nella presente sede.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
Col primo motivo l’amministrazione ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 241 del 1997, art. 17 per avere la CTR ritenuto che la contribuente non avesse operato delle indebite compensazioni, derivando queste da versamenti di imposta in eccesso. Pur dando atto che la norma in rubrica impediva in maniera evidente le operazioni compensative nei casi come quello sottoposto al suo esame, infatti, la CTR contraddittoriamente riconosceva la correttezza dell’operato della società.
Col secondo motivo censura come insufficiente e contraddittoria la motivazione della sentenza in ordine alla ritenuta dimostrazione, da parte della contribuente, della legittimità delle compensazioni operate in quanto derivanti da versamenti in eccesso.
Il primo motivo del ricorso è fondato, atteso che, a norma del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, art. 17 con riguardo ai versamenti unitari di imposte, contributi INPS ed altre somme a favore dello Stato, delle regioni e degli enti previdenziali, può farsi luogo alla “eventuale compensazione dei crediti, dello stesso periodo, nei confronti dei medesimi soggetti, risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce periodiche presentate… Tale compensazione deve essere effettuate entro la data di presentazione della dichiarazione successiva”.
Il giudice d’appello incorre nell’errore ad esso addebitato, di falsa applicazione della rigorosa prescrizione della normativa in rubrica, in quanto, pur riscontrando la mancata esposizione del credito, enunciata la corretta regola da applicare (“pertanto, la mancata compilazione dell’apposito quadro dell’Unico impedisce la riconciliazione tra il credito d’imposta spettante e quello utilizzato in compensazione, con l’effetto di un’azione di recupero da parte dell’amministrazione. Nella controversia in esame, l’utilizzo in compensazione viene effettuato nello stesso anno in cui si forma il credito e, quindi, in via di principio sarebbero da escludere tout court le operazioni compensative”), ne enuncia una di segno contrario, del tutto incompatibile con la prima, della quale non indica il fondamento normativo (“avendo la parte depositato in atti la prova documentale della formazione delle predette eccedenze non è meritevole di accoglimento l’appello dell’Ufficio, non avendo gli errori formali in cui è incorsa la contribuente determinato un’indebita compensazione da parte della società”).
Il motivo deve essere pertanto accolto, assorbito l’esame del secondo motivo, la sentenza impugnata deve essere cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito col rigetto in parte qua del ricorso introduttivo della contribuente.
Le incertezze manifestatesi nella giurisprudenza in tema di esposizione del credito in dichiarazione inducono il Collegio a dichiarare compensate fra le parti le spese dell’intero processo.
PQM
La Corte accoglie il primo motivo del ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della contribuente.
Dichiara compensate fra le parti le spese dell’intero processo.
Così deciso in Roma, il 29 novembre 2016.
Depositato in Cancelleria il 5 luglio 2017