Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16515 del 14/07/2010
Cassazione civile sez. trib., 14/07/2010, (ud. 03/03/2010, dep. 14/07/2010), n.16515
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –
Dott. MARIGLIANO Eugenia – Consigliere –
Dott. CAMPANILE Pietro – rel. Consigliere –
Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –
Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
GEST HOTEL ITALIA S.r.l., Elettivamente dom.ta in Roma, Piazza di
Pietra, n. 63, nello studio dell’Avv. Enzo Maria Marenghi;
rappresentata e difesa, giusta procura speciale a margine del
ricorso, dall’Avv. Luigi Anastasio;
– ricorrente –
contro
Comune di Avellino;
– intimato –
avverso la sentenza della Commissione Tributaria della Campania,
Sezione distaccata di Salerno, n. 249, depositata in data 9 febbraio
2006;
sentita la relazione del consigliere Dott. Pietro Campanile alla
pubblica udienza del 3 marzo 2010;
Udito il difensore della ricorrente, Avv. Luigi Anastasio;
Udite le richieste del Procuratore Generale, in persona del Sostituto
Dott. SEPE Ennio Attilio, il quale ha concluso per il rigetto del
ricorso.
Fatto
1.1. La S.r.l. Gest Hotel Italia proponeva ricorso avverso la cartella esattoriale emessa nei suoi confronti dal Comune di Avellino in relazione alla TARSU per l’anno 2002. Veniva dedotto che, in maniera prevalente, nel complesso alberghiero gestito dalla ricorrente venivano prodotti rifiuti speciali, al cui smaltimento si provvedeva direttamente, ricorrendo ad impresa specializzata.
1.2 – La Commissione tributaria provinciale di Avellino rigettava il ricorso, rilevando che non era stata fornita la prova del ricorso ad altra ditta per lo smaltimento dei rifiuti.
1.3 – La Commissione tributaria regionale della Campania, con la sentenza indicata in epigrafe, rigettava l’appello proposto dalla societa’, ponendo in rilievo la circostanza che la cartella era stata emessa sulla base delle superfici denunciate dalla stessa contribuente, che non aveva mai provveduto, come era suo onere, a denunciare eventuali variazioni.
Veniva pertanto rilevata l’inammissibilita’ delle censure della ricorrente, osservandosi, per altro, che le deroghe previste dal D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 2, comma 2 non sono automatiche, dovendo essere dedotte nella denuncia originaria o in quella di variazione ed accertate con un procedimento amministrativo che si fondi su elementi obiettivi.
1.4 – Nei confronti di tale decisione la S.r.l. Gest Hotel Italia ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
Il Comune di Avellino non ha svolto attivita’ difensiva.
Diritto
2.1 – Il ricorso deve essere rigettato, a cagione della inammissibilita’ dei motivi, che non colgono la ratio decidendi della sentenza impugnata, rivolgendosi per altro, soprattutto il primo, non nei confronti della stessa, bensi’ dell’atto impositivo.
Con il primo motivo, infatti, la societa’ denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, artt. 71, 63 e 62; del D.Lgs. n. 22 del 1997, artt. 6 e 7 e della L. n. 178 del 2002, art. 14 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, sostenendo che, poiche’ nella maggior parte del complesso alberghiero si producono “rifiuti speciali, tossici, nocivi e comunque equiparabili a quelli urbani, ma in quantita’ tale da non poter essere assimilati”, smaltiti in proprio anche a causa delle carenze del servizio pubblico, la cartella avrebbe dovuto essere motivata o preceduta da un avviso di accertamento, in maniera tale da esplicitare le ragioni per cui non era applicabile la normativa in materia di esonero dalla TARSU. Il motivo, oltre ad essere intrinsecamente generico (non si specifica, infatti, l’entita’ dei rifiuti speciali e delle superfici tassabili), non contiene alcuna critica nei confronti della decisione impugnata, essendo esclusivamente rivolto nei confronti della cartella impugnata. Gia’ per tale ragione, la censura deve considerarsi inammissibile, a tacere del fondamentale rilievo, estensibile – come si vedra’ – anche al secondo motivo, consistente nel non aver sottoposto a critica la ratio sottesa alla decisione impugnata. Quest’ultima, invero, come evidenziato in narrativa, e’ incentrata esclusivamente sul rapporto tra denuncia presentata nell’anno 1996 dalla stessa societa’ e liquidazione dell’imposta, effettuata sulla base di tali dati, che non sarebbero stati mai modificati con apposita denuncia di variazione.
Giova rimarcare che il D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 72, comma 1, in tema di tassa sui rifiuti, consente ai Comuni di procedere direttamente alla liquidazione della tassa ed alla conseguente iscrizione a ruolo, senza necessita’ di adottare e notificare un avviso di accertamento, soltanto nei casi in cui la liquidazione avvenga sulla base dei ruoli dell’anno precedente, cioe’ sulla base di dati ed elementi gia’ acquisiti e non soggetti ad alcuna modificazione o variazione, in forza, pertanto, di una operazione puramente automatica. Dall’esame di questa disposizione emerge chiaramente che il presupposto della sua applicazione e, quindi, del riconoscimento ai Comuni di tale facolta’ – che costituisce pur sempre, nel panorama normativo, una eccezione, come tale non suscettibile di applicazioni estensive (Cass. n. 19165 del 2004) – risiede nel fatto che i dati, relativi all’iscrizione a ruolo dell’anno precedente, utilizzati per la liquidazione, possano considerarsi acquisiti, cioe’ definitivi, risultando o dalla stessa dichiarazione del contribuente o da un accertamento dell’Ufficio divenuto inoppugnabile. La liquidazione diretta, proprio per il suo carattere di eccezionalita’, richiede quindi, da un lato, l’identita’ dei dati utilizzati con quelli dell’anno precedente, dall’altro la stabilita’ o definitivita’ degli stessi, nel senso che non devono essere ne’ incerti ne’ contestati (Cass., 6 novembre 2009, n. 23582, in motiv.).
2.2 – Anche per quanto attiene all’asserito smaltimento in proprio di alcuni rifiuti, la censura non coglie la ratio decidendi fondata sull’assenza di qualsiasi preventiva comunicazione al riguardo, con conseguente legittimita’ dell’avviso di liquidazione (Cfr. Cass., 1 ottobre 2007, n. 20646), soffermandosi, al contrario, sulla decisione di primo grado, che avrebbe escluso valenza probatoria alla documentazione inerente ai rapporti con una ditta specializzata.
In considerazione del fondamentale rilievo sopra evidenziato, appare evidente come non colga nel segno la denuncia relativa all’omesso esame – avanzata con il secondo motivo di ricorso in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – della questione inerente alla validita’ o meno del contratto con la suddetta ditta, all’evidenza del tutto priva del carattere di decisivita’.
Al rigetto del ricorso non consegue alcun provvedimento in ordine alle spese processuali, non avendo il Comune intimato svolto attivita’ difensiva.
P.Q.M.
LA CORTE rigetta il ricorso.
Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione quinta civile – tributaria, il 3 marzo 2010.
Depositato in Cancelleria il 14 luglio 2010