Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16514 del 14/07/2010

Cassazione civile sez. trib., 14/07/2010, (ud. 03/03/2010, dep. 14/07/2010), n.16514

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. MARIGLIANO Eugenia – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – rel. Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

C.O. Elettivamente dom.ta in Roma, via Val Savio, n. 8,

presso Costanza Iannuzzi De Girolamo; rappresentata e difesa, giusta

procura speciale a margine del ricorso, dall’Avv. Vitale Serafina;

– ricorrente –

contro

Comune di Avellino, Elettivamente domiciliato in Roma, via Pavia, n.

28, nello studio dell’avv. Raffaele Porpora; rappresentato e difeso

dagli Avv. Bascetta Amerigo e Giovanni Cantucci de Magistris, come

da procura speciale rilasciata a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria della Campania,

Sezione distaccata di Salerno, n. 93/5/05, depositata in data 11

marzo 2005;

sentita la relazione del consigliere Dott. Pietro Campanile alla

pubblica udienza del 3 marzo 2010;

Sentito l’Avv. Ernesto Pastena, per il Comune di Avellino, a tanto

delegato;

Udite le richieste del Procuratore Generale, in persona del Sostituto

Dott. SEPE Ennio Attilio, il quale ha concluso per l’accoglimento

del ricorso.

 

Fatto

1.1. C.O. proponeva ricorso avverso l’avviso di liquidazione con cui il Comune di Avellino chiedeva il pagamento dell’Imposta ICI per l’anno 2000, in relazione all’assegnazione alla stessa della casa familiare e del relativo garage, nell’ambito della separazione personale consensuale, omologata dal competente tribunale, dal coniuge, unico proprietario di tali beni immobili. Veniva dedotto che con il provvedimento di assegnazione della casa familiare non veniva a determinarsi alcun diritto reale, con conseguente esclusione del presupposto sancito dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 3.

1.2 – La Commissione tributaria provinciale di Avellino accoglieva il ricorso.

1.3 – La Commissione tributaria regionale della Campania con la sentenza indicata in epigrafe, accogliendo l’appello proposto dal Comune di Avellino, ha confermato, compensando le spese processuali, l’atto impositivo, “sia per la inconfigurabilità di soluzioni analogiche (comodato), che per l’illogicità di escludere dalla tassazione chi fruisce del bene, trasferendo l’onere tributario a carico di un soggetto diverso dal percettore del reddito”.

Nei confronti della decisione la contribuente propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi.

Il Comune di Avellino resiste con controricorso.

Diritto

2.1 – Con il primo motivo la C. denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè vizio di motivazione, sostenendo che, essendo presupposto dell’imposta il possesso di un immobile ed essendo soggetti passivi di essa il proprietario o il titolare di altro diritto reale di godimento, con esclusione di ogni situazione giuridica soggettiva non connotata di “realità”, non sarebbe configurabile la soggezione all’ICI del coniuge separato assegnatario della casa coniugale, in quanto tale, perchè titolare di un mero diritto personale di godimento.

2.2 – Con il secondo motivo viene dedotta motivazione insufficiente e contraddittoria su un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, con particolare riferimento alla natura del diritto di godimento della casa familiare da parte del coniuge assegnatario non proprietario.

2.3 – I motivi possono essere congiuntamente esaminati, in considerazione della loro intima connessione, non potendosi omettere di rilevare, quanto alla seconda censura, per altro completamente assorbita, come si vedrà, dall’accoglimento della prima, che non è consentito prospettare un vizio motivazionale in relazione a uria questione giuridica.

2.4 – Il ricorso è fondato.

Questa Corte ha infatti affermato il principio, che intende ribadire, secondo cui, in tema di imposta, comunale sugli immobili, il coniuge affidatario dei figli al quale sia assegnata la casa di abitazione posta nell’immobile di proprietà (anche in parte) dell’altro coniuge non è soggetto passivo dell’imposta per la quota dell’immobile stesso sulla quale non vanti il diritto di proprietà ovvero un qualche diritto reale di godimento, come previsto dal D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 3.

Con il provvedimento giudiziale di assegnazione della casa coniugale in sede di separazione personale o di divorzio, infatti, viene riconosciuto al coniuge un atipico diritto personale di godimento e non un diritto reale, ragion per cui in capo al coniuge non è ravvisabile la titolarità di un diritto di proprietà o di uno di quei diritti reali di godimento, specificamente previsti dalla norma, costituenti l’unico elemento di identificazione del soggetto tenuto al pagamento dell’imposta in parola sull’immobile. Nè in proposito rileva il disposto dell’art. 218 c.c. secondo il quale “il coniuge che gode dei beni dell’altro coniuge è soggetto a tutte le obbligazioni dell’usufruttuario”, in quanto la norma, dettata in tema di regime di separazione dei beni dei coniugi, va intesa solo come previsione integrativa del precedente art. 217, (Amministrazione e godimento dei beni), di guisa che la complessiva regolamentazione recata dalle disposizioni dei due articoli è inapplicabile in tutte le ipotesi in cui il godimento del bene del coniuge da parte dell’altro coniuge sia fondato da un rapporto diverso da quello disciplinato da dette norme, come nell’ipotesi di assegnazione (volontaria o giudiziale) al coniuge affidatario dei figli minori della casa di abitazione di proprietà dell’altro coniuge, atteso che il potere del primo non deriva nè da un mandato conferito dal secondo, nè dal godimento di fatto del bene (ipotizzante il necessario consenso dell’altro coniuge), di cui si occupa l’art. 218″, (Cass. n. 6192 del 2007, n. 25486 del 2008; Cass., n. 4445 del 2009).

2.5 – Va pertanto accolto il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, e va cassata la sentenza impugnata; non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito con l’annullamento dell’avviso impugnato.

Considerato che il principio inerente alla natura di diritto personale di godimento dell’assegnazione della casa familiare si è affermato in epoca anteriore alla proposizione del ricorso, ma successiva a quella in cui si svolse il giudizio di merito va disposta, in relazione a quest’ultimo, la compensazione delle spese processuali, che, nel resto, seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, annulla l’avviso opposto. Dichiara interamente compensate le spese processuali relative ai gradi di merito e condanna il Comune al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in Euro 700,00 di cui Euro 200,00 per esborsi.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione quinta civile – tributaria, il 3 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 14 luglio 2010

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