Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1651 del 23/01/2018


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Civile Ord. Sez. L Num. 1651 Anno 2018
Presidente: D’ANTONIO ENRICA
Relatore: CAVALLARO LUIGI

ORDINANZA

sul ricorso 15326-2012 proposto da:
CASTELLANO GIUSEPPE, MADOGLIO GIUSEPPE,

PENNAZZI

MASSIMO, MANGANELLI CARLO, tutti elettivamente
domiciliati in ROMA, VIA OSLAVIA 30, presso lo studio
dell’avvocato ALBERTO COLABIANCHI, che li rappresenta
e difende, giusta delega in atti;
– ricorrenti contro
2017
4078

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE C.F.
80078750587,

in persona del Presidente e legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29,

presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli

Data pubblicazione: 23/01/2018

Avvocati GIUSEPPINA GIANNICO, LUIGI CALIULO, SERGIO
PREDEN, ANTONELLA PATTERI, giusta delega in atti;
– controricorrente nonchè contro

NOVIELLO ESTERINA n.g. di erede di GUIDO TERZIANI,

ROSA, FERRARI FERNANDO, CHIURAZZI RAFFAELE, PORFIDIA
RAFFAELE, COMO GIUSEPPE, GALLI GIORGIO, SILVESTRI
MASSIMO, SPINELLA VITTORIO;
– intimati –

avverso la sentenza n. 5624/2011 della CORTE
D’APPELLO di ROMA, depositata il 02/08/2011 R.G.N.
3293/2006.

CUTULI ANTONIO MARIA, AGOSTINELLI ANTONIO, GASTALDI

RILEVATO IN FATTO
che, con sentenza depositata il 2.8.2011, la Corte d’appello di Roma, in
riforma della pronuncia di primo grado, ha rigettato la domanda di
Giuseppe Castellano e altri quattordici litisconsorti volta alla
riliquidazione della pensione già corrisposta loro dall’INPDAI con

della pensione liquidabile a coloro che fossero in possesso di sola
,contribuzione INPDAI;
che avverso tali statuizioni Giuseppe Castellano e tre degli originari
litisconsorti hanno proposto ricorso per cassazione, deducendo tre motivi
di censura, illustrati da memoria;
che l’INPS ha resistito con controricorso;
CONSIDERATO IN DIRITTO
che, con il primo motivo, i ricorrenti denunciano violazione degli artt. 3 e
24 Cost., 295 c.p.c. e delle leggi nn. 848/1955 e 12/2006, per non
avere la Corte di merito accolto l’istanza di sospensione del
procedimento nelle more che la Corte EDU si pronunciasse sui ricorsi
proposti avverso quindici sentenze di questa Corte di legittimità aventi
oggetto analogo a quello del presente giudizio, e in subordine sollevano
questione di legittimità costituzionale della citata legge n. 12/2006, nella
parte in cui non prevede l’obbligo per i giudici italiani di sospendere il
giudizio nel caso in cui pendano procedimenti identici davanti alla Corte
EDU;
che il motivo difetta di specificità, dal momento che – a fronte della
recisa affermazione della Corte territoriale secondo cui non sarebbero
stati forniti elementi utili per valutare la corrispondenza tra la fattispecie
in esame e quelle portate alla cognizione della Corte EDU e che
mancherebbe perfino la prova della previa delibazione della loro
ricevibilità in tale sede (cfr. pag. 2 della sentenza impugnata) – il
contenuto nei ricorsi asseritannente pendenti avanti alla Corte EDU non è
stato né trascritto né riassunto nel ricorso per cassazione, nemmeno
nelle sue parti rilevanti, in violazione del principio costantemente
affermato da questa Corte secondo cui il ricorrente per cassazione, che
intenda dolersi dell’omessa o erronea valutazione di un documento da
parte del giudice di merito, ha il duplice onere, imposto dall’art. 366,
comma 1°, nn. 4 e 6, c.p.c., di produrlo agli atti, indicando esattamente

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esclusione del c.d. limite soggettivo costituito dalla misura massima

nel ricorso in quale fase processuale è stato acquisito e dove
attualmente esso si trovi, e di indicarne il contenuto, trascrivendolo o
riassumendolo nel ricorso (cfr. da ult. Cass. n. 19048 del 2016);
che, conseguentemente, in mancanza di prova dell’identità della
questione oggetto del presente giudizio e di quelle fatte valere avanti

palesemente di rilevanza;
che, con il secondo motivo, i ricorrenti si dolgono di violazione e falsa
applicazione degli artt. 3, commi 1-3, d.lgs. n. 181/1997, 1, commi 10 e
2°, d.P.R. n. 58/1976 (in relazione agli artt. 5, commi 1° e 4°, I. n.
44/1973, e 2, d.m. 7.7.1973), e 59, comma 1, I. n. 449/1997, per avere
la Corte territoriale ritenuto che, a seguito della ricongiunzione presso
l’INPDAI della contribuzione da loro accreditata presso il Fondo elettrici,
la loro pensione andasse liquidata con l’applicazione del c.d. limite
soggettivo, laddove l’unico massimale applicabile avrebbe potuto essere
quello c.d. oggettivo, corrispondente ai diversi coefficienti di rendimento
propri della contribuzione trasferita, in quanto fatti salvi dall’art. 59,
comma 1, I. n. 449/1997, e dall’art. 3, comma 1, d.lgs. n. 181/1997, già
cit.;
che, con il terzo motivo, i ricorrenti lamentano violazione e falsa
applicazione dell’art. 1, commi 1° e 2°, d.P.R. n. 58/1976, del d.m.
7.7.1973, del d.m. n. 422/1988 e degli artt. 59, comma 1, I. n.
449/1997, 111 Cost e 6 e 14 CEDU, nonché vizio di motivazione, per
avere la Corte di merito avallato un’interpretazione della normativa
dianzi cit. che li discrimina rispetto ad altri che posseggono minore
anzianità contributiva;
che entrambi i motivi possono essere esaminati congiuntamente, stante
l’intima connessione delle censure svolte;
che questa Corte ha ormai consolidato il principio secondo cui, in tema
di trasferimento presso l’INPDAI di contribuzione versata presso il Fondo
elettrici, l’art. 1, comma 2°, d.P.R. n. 58/1976, nello stabilire che
l’ammontare della pensione, ivi compresa la quota parte conseguente
all’esercizio della facoltà ex art. 5, I. n. 44/1973, «non può essere
superiore a quello della pensione massima erogabile dall’INPDAI ai sensi
del comma precedente», ossia secondo il regime generale dell’INPDAI,
contiene un rinvio non recettizio, sicché la pensione massima erogabile

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alla Corte EDU, la proposta questione di legittimità costituzionale difetta

dall’INPDAI non si determina in conformità alla previsione originaria,
ma, attesa la natura formale del rinvio, avendo riguardo alla pensione
massima del regime INPDAI erogabile al momento del pensionamento, e
quindi applicando il ius superveniens in base al quale si deve tenere
conto dell’introduzione, nel sistema INPDAI, dei coefficienti di

da ult. Cass. n. 17411 del 2016);
che la censura di vizio di motivazione formulata nel terzo motivo appare
invece inammissibile, dal momento che la circostanza secondo cui i
ricorrenti sarebbero stati collocati in quiescenza con un’anzianità
contributiva inferiore a quella massima è questione di cui la sentenza
impugnata non fa cenno né parte ricorrente indica quando e come essa
sarebbe stata ritualmente allegata nel corso del processo, per modo che
essa, involgendo accertamenti di fatto, va ritenuta nuova e non
deducibile in questa sede di legittimità (Cass. n. 20518 del 2008);
che il ricorso, conclusivamente, va rigettato, provvedendosi come da
dispositivo sulle spese del giudizio di legittimità, che seguono la
soccombenza;
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle
spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in C 3.700,00, di cui C
3.500,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari al 15% e
accessori di legge.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 18.10.2017.
IL PRESIDENTE
Enrica Antoni

Il
D

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rendimento decrescenti della retribuzione eccedente il massimale (cfr.

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