Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16509 del 05/07/2017


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Cassazione civile, sez. III, 05/07/2017, (ud. 23/05/2017, dep.05/07/2017),  n. 16509

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. OLIVIERI Stefano – rel. Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi A. – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7542-2015 proposto da:

P.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CONFALONIERI

5, presso lo studio dell’avvocato LUIGI MANZI, che lo rappresenta e

difende unitamente agli avvocati LORENZO PICOTTI, GABRIELLA DE

STROBEL giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

IMPIANTI FALCADE COL MARGHERITA SPA in persona del proprio legale

rappresentante pro tempore V.M., elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA GIUSEPPE AVEZZANA 31, presso lo studio

dell’avvocato ALESSANDRA FLAUTI, che la rappresenta e difende

unitamente agli avvocati PIERLAMBERTO RIPESI, SILVIA DE NEGRI giusta

procura speciale in calce al controricorso;

GENERALI ITALIA SPA in persona dei legali rappresentanti p.t.

C.P., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA VITTORIO

VENETO 7, presso lo studio dell’avvocato PAOLO TARTAGLIA, che la

rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al

controricorso;

– controricorrenti –

e contro

GRUPPO ALPINO SCALIGERO VERONESE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1695/2014 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 24/07/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23/05/2017 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVIERI;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del

Sostituto Procuratore generale FINOCCHI GHERSI RENATO, che ha

chiesto il rigetto del primo motivo di ricorso e l’accoglimento per

quanto di ragione del secondo motivo, con i conseguenti

provvedimenti di legge.

Fatto

FATTI DI CAUSA

P.P., partecipante alla gara sciistica di slalom gigante denominata “(OMISSIS)”, organizzata da Gruppo Alpino Scaligero Veronese, riportava lesioni personali mentre, percorrendo durante una “discesa di ricognizione” la pista sciistica “(OMISSIS)” in località (OMISSIS), gestita da Val Biois s.p.a., all’altezza di una strettoia era costretto ad evitare altro sciatore che gli aveva tagliato la strada, andando ad urtare in una rete di plastica a bordo pista inefficace a trattenere lo sciatore che capitombolava nella sottostante scarpate rocciosa.

La causa di risarcimento danni proposta dal P. nei confronti dell’organizzatore della gara e del gestore della pista, nella quale veniva chiamata Generali Italia s.p.a, società che assicurava per la responsabilità civile il gestore dell’impianto, lo vedeva soccombente, avendo ritenuto il Tribunale di Verona nella sentenza del 27.3.2007 n. 920 che l’evento dannoso fosse imputabile in via esclusiva alla eccesiva velocità tenuta dallo sciatore.

La Corte d’appello di Venezia, con sentenza 24.7.2014 n. 1695, riformava parzialmente la decisione di prime cure. Pur confermando l’accertamento di concorrente responsabilità dello sciatorie per la eccessiva velocità, fatto comprovato dai testi escussi, e ritenendo corretta la esclusione di responsabilità del gestore dell’impianto in quanto la pista non era aperta al pubblico, ma era stata concessa in uso esclusivo alla associazione organizzatrice della gara, accertava invece la concorrente responsabilità di questa ultima, ai sensi dell’art. 2043 c.c., per avere omesso di approntare le misure di prevenzione e sicurezza volte ad evitare, in un punto della pista caratterizzato da situazione di pericolo (restringimento pista; scarpata rocciosa), che gli sciatori potessero precipitare sulle rocce, non rilevando in contrario che il regolamento FIS prevedesse reti di contenimento solo per le gare di “discesa libera”, in quanto l’obbligo di apprestare le necessarie cautele derivava dal principio del neminem laedere ed imponeva all’organizzatore della gare di valutare ex ante situazioni di pericolo da evitare, anche in difetto di specifiche prescrizioni normative.

Riconosceva quindi il risarcimento del danno biologico e patrimoniale liquidato nella misura del 50% in considerazione del pari contributo causale alla produzione del sinistro. Accoglieva anche l’appello incidentale del gestore dell’impianto e della società assicurativa, riformando la decisione di prime cure in punto di disciplina delle spese del primo grado che venivano poste a carico del P..

La sentenza di appello, non notificata, è stata impugnata per cassazione da P.P. con ricorso notificato alla società gestore dell’impianto, alla società assicurativa ed alla associazione che aveva organizzato la gara, deducendo due motivi, illustrati di memoria ex art. 380 bis c.p.c., comma 1.

Resistono con controricorsi e memorie illustrative, Impianti (OMISSIS) Col Margherita s.p.a. (già Val Biois s.p.a.) e Generali Italia s.p.a..

Non ha svolto difese Gruppo Alpino Scaligero Veronese.

Il Pubblico Ministero ha rassegnato conclusioni scritte concludendo per l’accoglimento del ricorso quanto al secondo motivo.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il primo motivo (omesso esame di un fatto decisivo ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) è inammissibile.

Il ricorrente viene, infatti, a contestare la valutazione del compendio probatorio effettuata dal Giudice di merito in ordine alla concorrente responsabilità del danneggiato nella verificazione del sinistro, sostenendo che la Corte territoriale aveva fondato l’accertamento della imprudente condotta dello sciatore per la “eccessiva velocità” quasi di gara- tenuta durante una discesa preliminare che avrebbe dovuto, invece, essere solo di ricognizione (e per la quale l’art. 93 del regolamento tecnico della FISI – riprodotto a pag. 8 controric. (OMISSIS) – prescriveva espressamente una “velocità ridotta”) su dichiarazioni testimoniali che non potevano ritenersi determinanti in quanto caratterizzate per loro natura da un forte grado di relatività e soggettività.

Premesso che la censura non investe l’argomento della sentenza impugnata secondo cui la disposizione regolamentare FISI, autorizzando i partecipanti alla gara “a prendere confidenza con la pista, sia risalendola a sci od a piedi, sia discendo a velocità ridotta ai bordi della pista”, considera normale che, durante tale fase pre-gara, sulla pista possano essere contemporaneamente presenti più atleti, e che pertanto chiunque effettui in tali condizioni la discesa esplorativa è tenuto comunque a prestare una particolare prudenza al fine di evitare gli altri atleti ed il rischio di scontri, osserva il Collegio che, con il motivo in esame, il ricorrente viene a richiedere una nuova inammissibile rivalutazione del giudizio di merito sulle prove, non essendo individuato alcun “fatto storico” diverso da quelli già considerati dal Giudice del gravame, ma soltanto prospettato un vizio logico (insufficienza della motivazione) non più ricompreso tra quelli tassativamente individuati dall’art. 360 c.p.c. per l’accesso al sindacato di legittimità. Al riguardo è appena il caso di osservare come tale tipo di critica esuli dall’ambito del giudizio di legittimità, in quanto il vizio di “error facti” per il quale può essere richiesto il sindacato di legittimità è circoscritto esclusivamente, dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 al solo “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti” e, dunque, l’ammissibilità del motivo risulta condizionata 1- alla individuazione di un “fatto storico” – ossia un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico-naturalistico, ritualmente accertato mediante verifica probatoria – che abbia costituito oggetto di discussione in contraddittorio tra le parti; 2-alla incidenza di tale fatto su uno o più degli elementi costitutivi della fattispecie normativa disciplinatrice del diritto controverso, rivestendo quindi carattere di “decisività” ai fini della decisione di merito; 3- all’omesso esame” di tale fatto da parte del Giudice di merito, inteso come mancata rilevazione ed apprezzamento del dato probatorio tale da tradursi in una carenza argomentativa inficiante la relazione di dipendenza logica tra le premesse in fatto e la soluzione in diritto adottata dal Giudice, che deve essere evidenziata dallo stesso testo motivazionale, rendendo per conseguenza l’argomentazione priva del pur minimo significato giustificativo della decisione e dunque affetta da invalidità (cfr. Corte cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014; id. Sez. U, Sentenza n. 19881 del 22/09/2014; id. Sez. 3, Sentenza n. 11892 del 10/06/2016). Rimane quindi estranea al predetto vizio di legittimità qualsiasi contestazione volta a criticare il “convincimento” che il Giudice si è formato, ex art. 116 c.p.c., commi 1 e 2, in esito all’esame del materiale probatorio, valutando la maggiore o minore attendibilità delle fonti di prova, ed operando quindi il conseguente giudizio di prevalenza (cfr. Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 11892 del 10/06/2016 che, icasticamente, afferma come il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), non essendo, pertanto, censurabili con il vizio in questione errori attinenti alla individuazione di “questioni” o le “argomentazioni” relative all’esercizio del potere discrezionale di apprezzamento delle prove (cfr. Corte cass. Sez. 5, Sentenza n. 21152 del 08/10/2014), risultando in ogni caso precluso nel giudizio di cassazione l’accertamento dei fatti ovvero la loro valutazione a fini istruttori (cfr. Corte cass. Sez. L, Sentenza n. 21439 del 21/10/2015).

Con il secondo motivo si censura la sentenza di appello per violazione dell’art. 2051 c.c. e della L.R.Veneto 6 marzo 1990, n. 18, nella parte in cui ha escluso la concorrente responsabilità del gestore dell’impianto sciistico.

L’intera critica – rivolta alla statuizione della sentenza di appello secondo cui il gestore non aveva alcun effettivo potere di controllo sulla cosa, avendo concesso in uso esclusivo la pista alla associazione organizzatrice della gara, e dunque avendo autorizzato l’utilizzo dell’impianto ai soli fini dell’espletamento del certame agonistico con accesso alla pista riservato esclusivamente agli atleti partecipanti ed al personale di gara, essendo interdetto l’accesso al pubblico ed interrotto l’esercizio della concessione di pubblico servizio affidato a (OMISSIS) – si incentra sull’asserito errore commesso dai Giudici di appello nel ritenere che il gestore dell’impianto non fosse tenuto ad esercitare poteri di controllo sulla cosa anche dopo aver messo la pista a disposizione dell’organizzatore di gara, mentre la responsabilità del gestore doveva “aggiungersi” a quella della associazione organizzatrice (viene richiamato in ricorso il precedente Corte cass. n. 13940/2012).

Il motivo è infondato.

Ritiene il Collegio che nello schema legale della responsabilità oggettiva per danni derivati da cose in custodia dell’art. 2051 c.c., il limite oltre il quale cessa la relazione oggettiva tra colui (il custode) che dispone della cosa e l’evento pregiudizievole derivato al terzo “dalla cosa”, debba rinvenirsi nell’intervento di una fattore estrinseco alla cosa stessa, qualificabile come “caso fortuito” che, per il suo carattere di imprevedibilità e di eccezionalità, sia idoneo ad interrompere il nesso causale (cfr. Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 2660 del 05/02/2013) declassando la “cosa” da fatto generatore dell’evento lesivo a mera circostanza occasionale, ossia ad elemento descrittivo della situazione dei luoghi in cui si è verificato l’accadimento – in senso fenomenico – in conseguenza di cause del tutto indipendenti da tale situazione. Tale ipotesi ricorre anche nel caso in cui l’evento imprevedibile ed eccezionale debba ravvisarsi nella condotta dello stesso danneggiato: è stato al riguardo correttamente evidenziato come lo schema legale della responsabilità oggettiva del custode non faccia, in ogni caso, venire meno il “dovere di cautela” del soggetto-terzo che venga, in qualsiasi modo ed a qualsiasi titolo, con la conseguenza che il danno può ritenersi meramente occasionato (e non cagionato) dalla cosa qualora la stessa condotta del terzo assurga a livello di anomalia tale – ad esempio per un uso della cosa non autorizzato e manifestamente contrario allo scopo od alla funzione cui la stessa è naturalmente destinata – da assorbire interamente la efficienza causale dell’evento lesivo.

Fermi i predetti principi, occorre rilevare che la Corte d’appello ha sottratto il gestore dell’impianto alla responsabilità da custodia sul presupposto del rapporto negoziale intercorso con la associazione organizzatrice della gara, alla quale l’impianto era stato “concesso in uso esclusivo”. Da ciò il Giudice di merito desume che, essendo l’accesso alla pista riservato ai soli ammessi alla gara dalla associazione organizzatrice, ed avendo questa la piena ed esclusiva disponibilità dell’impianto, la predisposizione delle misure di prevenzione e sicurezza – o meglio la custodia dell’impianto – spettava esclusivamente alla organizzatrice.

L’argomento è dotato di fondamento giuridico e non contrasta con lo schema legale della responsabilità oggettiva ex art. 2051 c.c..

Pacifico che il rapporto di custodia con la “res” venga a configurarsi anche nel caso dell’ente gestore dell’impianto sciistico (cfr. Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 13940 del 03/08/2012: id. Sez. 3, Sentenza n. 4018 del 19/02/2013; id. Sez. 3, Sentenza n. 28616 del 20/12/2013; id. Sez. 3, Sentenza n. 22344 del 22/10/2014), occorre rilevare come questa Corte, esaminando il peculiare rapporto che viene ad instaurarsi sulla cosa in custodia tra plurimi soggetti che ne hanno la diponibilità o ne fanno uso, è pervenuta a delineare il confine di responsabilità per danni a terzi, ai sensi dell’art. 2051 c.c., tra “proprietario-committente” ed “appaltatore” cui la “res” è stata affidata per la esecuzione di lavori in piena autonomia di gestione e d’impresa, proprio in considerazione della effettività della relazione materiale (e non soltanto giuridica) con la cosa, sicchè è stato enunciato il principio secondo cui, in caso di appalto, la consegna è sufficiente a trasferire il potere di fatto sul bene all’appaltatore che deve eseguirvi opere di riparazione, e, quindi, la relativa custodia, con conseguente configurabilità della responsabilità ex art. 2051 cod. civ.: peraltro, “se il bene continua ad essere destinato all’uso precedente”, come nel caso in cui una strada resti aperta al pubblico transito di persone e veicoli, la custodia permane anche in capo all’ente proprietario, che è pertanto chiamato a rispondere, unitamente all’appaltatore, degli eventuali danni a terzi (cfr. Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 20825 del 26/09/2006; id. Sez. 3, Sentenza n. 15882 del 25/06/2013; id. Sez. 3, Sentenza n. 1146 del 22/01/2015).

Analoga soluzione viene raggiunta nel caso di con-custodia tra “locatore-proprietario” e “conduttore” dell’immobile, per danni derivati a terzi dal bene locato: anche in questo caso si è affermato che la configurabilità della responsabilità ex art. 2051 c.c. implica, sempre e comunque, la verifica della esistenza di un potere di fatto sulla cosa comunque esercitato dal soggetto chiamato a rispondere del danno a tale titolo. Pertanto, il proprietario dell’immobile locato, conservando la custodia delle strutture murarie e degli impianti in esse conglobati, è responsabile in via esclusiva, ai sensi degli artt. 2051 e 2053 cod. civ., dei danni arrecati a terzi da tali strutture e impianti; grava, invece, sul solo conduttore la responsabilità, ai sensi dell’art. 2051 cod. civ., per i danni arrecati a terzi dagli accessori e dalle altre parti del bene locato, di cui il predetto acquista la disponibilità, con facoltà ed obbligo di intervenire onde evitare pregiudizi ad altri (cfr. Corte cass. Sez. 2, Sentenza n. 13881 del 09/06/2010; id. Sez. 3, Sentenza n. 16422 del 27/07/2011).

L’indicato orientamento giurisprudenziale individua un criterio di collegamento della responsabilità oggettiva per danni da cose in custodia che si può definire di tipo “situazionistico”: il soggetto che, nel momento in cui si verifica l’evento dannoso derivato dalla cosa, si trova in una posizione che, in virtù del titolo giuridico o della situazione di fatto, lo legittima – secondo l’ordinamento – ad intervenire effettivamente, anche solo in misura parziale o limitata, in via esclusiva o concorrente, sulla cosa, assume per ciò stesso – per il fatto cioè che può esercitare un effettivo potere di intervento sulla cosa – la posizione di “soggetto” cui l’ordinamento imputa la responsabilità per i danni cagionati dalla cosa.

Laddove, invece, si verifichi una totale dismissione nel precedente custode dei poteri di intervento e controllo sulla cosa affidata ad altro soggetto, tale dovendo ritenersi anche la ipotesi in cui, pur permanendo in capo al precedente custode un “titolo giuridico” di appartenenza della “res”, il titolare sia, comunque, posto nella condizione di fatto di non potere esercitare alcun effettivo intervento sulla cosa ad altri affidata, allora la posizione di responsabile ex art. 2051 c.c. dovrà individuarsi in capo a quest’ultimo soggetto, proprio in virtù della effettiva relazione di fatto che, in via esclusiva, intrattiene con la cosa.

Tanto premesso, la Corte territoriale ha asserito che il gestore dell’impianto avendo concesso in uso esclusivo all’organizzatore della gara l’intero impianto, non aveva alcun onere e potere di approntare le necessarie misure di sicurezza richieste dalla gara, venendo con tale affermazione a fondare l’assunto decisionale in relazione ad un triplice profilo di accertamento della condotta del gestore:

a) Il gestore, in quanto concessionario di servizio pubblico (ai sensi della L.R. Veneto 6 marzo 1990, n. 18, art. 40 e art. 47, comma 1, lett. a), applicabile ratione temporis) era tenuto a manutenere la pista nonchè ad apprestare le misure di sicurezza atte a garantire l’uso pubblico della pista, assumendo in conseguenza eventuali responsabilità ai sensi tanto dell’art. 2043 quanto dell’art. 2051 c.c..

b) Le misure di sicurezza cui è tenuto il gestore della pista sono relazionate alla “normale” attività sciistica svolta da un pubblico indifferenziato di utenti, non essendo ricompreso anche l’apprestamento delle particolari misure di sicurezza richieste, invece, dai regolamenti FISI e FIS per l’esercizio della attività agonistica

c) L’affidamento dell’impianto in uso esclusivo alla associazione organizzatrice della gara, con temporanea interruzione dell’uso pubblico della pista e dell’accesso del pubblico, aveva comportato il trasferimento al soggetto affidatario del bene anche della responsabilità concernente eventuali danni derivati dalla cosa agli atleti o al personale di gara, in quanto rimaneva preclusa durante il periodo in questione, qualunque ingerenza di fatto del gestore sulla predisposizione della pista – ed in particolare sulla applicazione delle misure di sicurezza prescritte dai regolamenti sportivi – per lo svolgimento delle competizioni agonistiche.

Orbene trattasi di accertamento in fatto avente ad oggetto la particolare tipologia della “res” e l’integrale affidamento della gestione della cosa, che, da un lato, sul piano giuridico si conforma alla interpretazione che questa Corte ha fornito dell’art. 2051 c.c. in relazione al previo accertamento del presupposto, fondante la responsabilità oggettiva, dell’effettivo potere di fatto cosa che deve essere esercitato dal soggetto imputabile, e dall’altro, non viene ad essere inficiato dal mero richiamo al precedente di questa Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 13940 del 03/08/2012, secondo cui la responsabilità dell’organizzatore si aggiunge – in quanto non la elide – a quella del gestore dell’impianto, dovendo tale affermazione essere contestualizzata al caso concreto che era stato sottoposto all’esame della Corte, avendo in quel caso trovato applicazione la concorrente responsabilità ex art. 2051 c.c. nei confronti del soggetto titolare di autorizzazione all’esercizio della pista da sci, alla stregua della speciale normativa della Provincia autonoma di Trento che dal combinato disposto dalla Legge Provinciale 21 aprile 1987, n. 7, art. 40concernente “Disciplina delle linee funiviarie in servizio pubblico e delle piste da sci” (secondo cui il gestore era tenuto ad adottare le “…misure che dall’esperienza e da ragionevoli considerazioni risultino necessarie a tutelare l’integrità fisica dell’utente sciatore, avuto riguardo della situazione dei luoghi, delle mutevoli condizioni di innevamento… in particolare dovranno essere messe in atto tutte le misure per prevenire quelle situazioni nelle quali la fonte di pericolo non possa essere colta dall’ utente, anche facendo uso dell’ ordinaria diligenza…”) e dall’art. 25, comma 2, del regolamento di esecuzione della legge adottato con D.P. Giunta Provinciale Trento 22 settembre 1987, n. 11-51 (che disponeva che “Le manifestazioni agonistiche o l’allestimento di percorsi per allenamento devono essere previamente autorizzati da parte del titolare dell’autorizzazione all’esercizio della pista”) ha ravvisato, nello specifico caso concreto, un potere di diretta ingerenza dell’ente gestore nella stessa organizzazione della gara affidata alla associazione sportiva, concludendo per la esclusione di un “passaggio di custodia” dell’impianto al solo organizzatore della gara, determinato dall’affidamento in consegna della pista, non essendo precluso al gestore, ed anzi essendo espressamente mantenuto ex lege, l’esercizio dei poteri di intervento sulla cosa anche ai fini dell’allestimento dell’impianto per lo svolgimento di eventi agonistici.

In conclusione il ricorso deve essere rigettato e la parte ricorrente condannata alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità liquidate in dispositivo.

PQM

 

rigetta il ricorso principale.

Condanna il ricorrente al pagamento in favore di ciascun controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 10.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 23 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 5 luglio 2017

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