Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16506 del 02/07/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 16506 Anno 2013
Presidente: DE RENZIS ALESSANDRO
Relatore: MANNA ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso 19311-2010 proposto da:
BOCCASSINI ANGELA ,BCCNGL43P661470D,

elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA MARIANNA DIONIGI 57, presso
lo studio dell’avvocato BEVILACQUA ANNA,
rappresentata e difesa dall’avvocato RIZZOGLIO MIRCO,
giusta delega in atti;
– ricorrente –

2013
1481

contro

I.N.A.I.L – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE
CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO 01165400589, in
o

persona del legale rappresentante pro tempore,

Data pubblicazione: 02/07/2013

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE
144,

presso lo studio degli avvocati ARNALDO

COLAIOCCO, PONTONE MICHELE, giusta delega in atti;
– controri corrente –

avverso la sentenza n. 331/2010 della CORTE D’APPELLO

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 23/04/2013 dal Consigliere Dott. ANTONIO
MANNA;
udito l’Avvocato RIZZOGLIO MIRCO GIOVANNI;
udito l’Avvocato PONTONE MICHELE;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. COSTANTINO FUCCI che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

di MILANO, depositata il 24/05/2010 R.G.N. 887/2008;

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R.G. n. 19311/10
Ud 23.4.13
Boccassini c. INAIL

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza depositata il 24.5.10 la Corte d’appello di Milano, in riforma della
sentenza n. 738/07 del Tribunale della stessa sede, rigettava la domanda proposta da
Angela Boccassini nei confronti dell’INAIL per ottenere la riliquidazione della

pensione diretta integrativa e dell’indennità di buonuscita in base alla retribuzione
da ultimo percepita in forza delle mansioni dirigenziali da lei espletate quale
reggente temporanea della sede INAIL di Legnano, anziché in rapporto alla
retribuzione dell’ultima qualifica rivestita (quella di ispettore generale).
Per la cassazione di tale sentenza ricorre la Boccassini affidandosi a cinque
motivi.
L’INAIL resiste con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c. e hanno poi
discusso in udienza.

MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente va rilevata l’inammissibilità del controricorso dell’INAIL perché
tardivo in quanto consegnato per la notifica giovedì 9.9.10, ossia il 41° giorno dalla
notifica del ricorso della Boccassini, avvenuta in data 30.7.10.

1- Con il primo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 5, 24
e 31 del d.m. 30.5.69 e dell’art. 13 legge n. 70/75, oltre che degli artt. 12 disp. prel.
c.c. e 1362 e ss. c.c., nella parte in cui ha ritenuto che l’ultima retribuzione
spettante, in base alla quale calcolare la liquidazione della pensione diretta
integrativa e dell’indennità di buonuscita, non fosse quella da ultimo effettivamente
percepita, che nel caso di specie comprendeva quella corrispondente alle superiori
mansioni di reggente temporanea della sede INAIL di Legnano espletate dalla
ricorrente in forza di formale provvedimento emanato dal direttore centrale
dell’istituto, su un posto vacante in pianta organica.
La censura viene in sostanza fatta valere anche con il secondo e il terzo motivo,
sotto forma di violazione e falsa applicazione, rispettivamente, del solo art. 5 del cit.
d.m. 30.5.69 e dell’art. 52 d.lgs. n. 165/01, nonché con il quarto motivo, sotto forma
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Ud. 23.4.13
Boccassini c. INAIL

di vizio di motivazione, e — infine — con il quinto, sotto forma di violazione e falsa
applicazione dell’art. 13 CCNL per il personale del comparto enti pubblici non
economici 1998/2001.

2- I primi tre motivi di doglianza — da esaminarsi congiuntamente perché connessi
– sono infondati alla luce della prevalente giurisprudenza di questa S.C. (cfr. Cass.
2.9.10 n. 18999; Cass. 14.7.08 n. 19296; Cass. 11.6.08 n. 15498), cui va data
continuità.
Gli artt. 24 e 31 d.m. 30.5.69 stabiliscono, rispettivamente per la pensione diretta
integrativa e per l’indennità di buonuscita del personale INAIL, che la base di
computo è costituita dall’ultima retribuzione “spettante”.
Contrariamente a quanto ritenuto dalla ricorrente, il mero dato letterale è, nel caso
di specie, sostanzialmente neutro, poiché per “ultima retribuzione spettante >tpuò
intendersi tanto quella propria della qualifica da ultimo legittimamente rivestita
quanto quella corrispondente alle mansioni superiori da ultimo assegnate seppur
temporaneamente, nel senso che anche questa spetta al lavoratore, sebbene solo se e
nella misura in cui permanga l’assegnazione temporanea.
La prospettiva muta se la “spettanza” viene vista in rapporto alla qualifica di
appartenenza, poiché ad essa il lavoratore ha indubbiamente diritto, mentre non ha
diritto al mantenimento di superiori mansioni che, quantunque autorizzate, al di
fuori del meccanismo di cui all’art. 52 d.lgs. n. 165/01 non danno automaticamente
titolo alla qualifica superiore, ma semplicemente diritto al relativo trattamento
economico finché permane l’assegnazione alle mansioni medesime.
A ciò si aggiunga che, secondo consolidato indirizzo giurisprudenziale di questa
S.C. (cfr., da ultimo, Cass. 25.2.11 n. 4749, nonché Cass. S.U. 25.3.10 n. 7158),
l’art. 13 legge n. 70/75 detta una disciplina del trattamento di quiescenza o di fine
rapporto spettante ai dipendenti degli enti pubblici del cd. parastato (rimasta in
vigore, pur dopo la contrattualizzazione dei rapporti di pubblico impiego, per i
dipendenti in servizio alla data del 31 dicembre 1995 che non abbiano optato per il
trattamento di fine rapporto di cui all’art. 2120 c.c.) non derogabile neanche in senso
più favorevole ai dipendenti.
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Tale disciplina prevede un’indennità pari a tanti dodicesimi dello “stipendio
annuo complessivo in godimento” quanti sono gli anni di servizio prestato,
lasciando all’autonomia regolamentare dei singoli enti solo l’eventuale disciplina
della facoltà per il dipendente di riscattare, a suo carico, periodi diversi da quelli di

effettivo servizio.
Il riferimento – quale base di calcolo – allo stipendio annuo complessivo in
godimento ha una valenza tecnico-giuridica, sicché deve ritenersi esclusa la
computabilità di voci retributive diverse dallo stipendio tabellare e dalla sua
integrazione mediante scatti di anzianità o componenti retributive similari e devono
ritenersi abrogate o illegittime (e comunque non applicabili) le disposizioni di
regolamenti interni (come quello dell’INAIL) che prevedano, ai fini del trattamento
di fine rapporto o di quiescenza comunque denominato, il computo in genere di
qualsiasi altra competenza a carattere fisso e continuativo (v. sempre Cass. S.U. n.
7158/10 cit.).
Né, in senso contrario, possono addursi sospetti di legittimità costituzionale,
atteso che, in caso di trattamento costituito da più componenti, il rispetto dell’art. 36
Cost. deve essere valutato in modo globale.
Orbene, se ex art. 13 legge n. 70/75 per l’inserimento nella base di computo
dell’indennità di buonuscita non basta il carattere fisso e continuativo
dell’emolumento, essendo invece necessario che esso si identifichi nello stipendio
tabellare e dalla sua integrazione mediante scatti di anzianità o componenti
retributive similari, a maggior ragione deve escludersi dal calcolo un emolumento —
come il trattamento corrispondente alle superiori mansioni espletate – che per sua
stessa natura può in qualsiasi momento venir meno con la revoca dell’assegnazione
alle superiori mansioni.
Questa S.C. è consapevole del diverso avviso di recente manifestato da altro
precedente costituito da Cass. 13.6.12 n. 9646 sull’indennità di buonuscita di
personale INPDAP.
Tuttavia tale diverso arrét si fonda sulla natura retributiva (e non previdenziale)
dell’indennità medesima (il che non si nega) e sul riferimento all’ultima
retribuzione percepita contenuto nell’art. 3 co. 3 0 d.P.R. n. 1032/73, mentre la
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chiave di volta della computabilità o meno del trattamento previsto per le superiori
mansioni risiede nel citato art. 13 legge n. 70/75 (non considerato da Cass. n.
9646/12).
Inoltre, il rapportare la liquidazione della pensione diretta integrativa e

dell’indennità di buonuscita alla retribuzione da ultimo percepita in forza delle
mansioni dirigenziali espletate in via di reggenza temporanea (come nel caso
dell’odierna ricorrente), anziché alla retribuzione dell’ultima qualifica rivestita, è
una soluzione che si traduce in un sostanziale aggiramento del disposto dell’art. 52
d.lgs. n. 165/01, di fatto realizzando lo stesso effetto che si sarebbe verificato se il
dipendente avesse regolarmente conseguito il superiore inquadramento nelle forme
previste dalla citata normativa.
Per di più, darebbe luogo a risultati iniqui e incoerenti con il sistema: ad esempio,
la mera attribuzione di mansioni superiori protrattasi per un certo tempo, ma poi
non ulteriormente mantenuta nel corso del rapporto di impiego, resterebbe
ininfluente ai fini del futuro calcolo della pensione diretta integrativa e
dell’indennità di buonuscita; analoga attribuzione di mansioni superiori
risulterebbe, invece, rilevante ai predetti fini se effettuata prima del collocamento in
quiescenza e conservata sino a tale momento, anche se — in ipotesi — protrattasi per
un periodo più breve.

3- Quanto al vizio di motivazione dedotto nel quarto motivo di ricorso, esso si
colloca all’esterno dell’area dell’art. 360 co. 1° n. 5 c.p.c., atteso che il vizio di
motivazione spendibile mediante ricorso per cassazione concerne solo la
motivazione in fatto, giacché quella in diritto può sempre essere corretta o meglio
esplicitata, sia in appello che in cassazione (v. art. 384 ult. co . c.p.c.), senza che la
sentenza impugnata ne debba in alcun modo soffrire.
Invero, rispetto alla questione di diritto ciò che conta è che la soluzione adottata
sia corretta ancorché malamente spiegata o non spiegata affatto; se invece risulta
erronea, nessuna motivazione (per quanto dialetticamente suggestiva e ben
costruita) la può trasformare in esatta ed il vizio da cui risulterà affetta la

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pronuncia sarà non già di motivazione, bensì di inosservanza o violazione di legge
o falsa od erronea sua applicazione.

motivo di ricorso) all’art. 13 CCNL per il personale del comparto enti pubblici non
economici 1998/2001, che concerne il sistema di classificazione del personale senza
disporre (né avrebbe potuto farlo) deroghe all’art. 52 d.lgs. n. 165/01 o all’art. 13
legge n. 70/75 e comunque senza entrare nel merito dei criteri di computo
dell’indennità di buonuscita o della pensione diretta integrativa.

5- In conclusione, il ricorso è da rigettarsi.
L’esistenza di giurisprudenza non unanime sul tema consiglia di compensare per
intero fra le parti le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte
rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, in data 23.4.13.

4- Da ultimo, è irrilevante nella presente sede il riferimento (contenuto nel quinto

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