Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16503 del 02/07/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 16503 Anno 2013
Presidente: STILE PAOLO
Relatore: BRONZINI GIUSEPPE

SENTENZA
sul ricorso 27832-2007 proposto da:
CICERONE PAOLA, CICERONE FRANCESCA, CICERONE FEDERICA,
nella qualità di eredi di GERARDO CICERONE,
elettivamente domiciliati in ROMA, VIA ACHILLE PAPA 7,
presso lo studio dell’avvocato CANALI DE ROSSI
STEFANO, che li rappresenta e difende giusta delega in
2013

atti;
– ricorrente –

1097

contro
4

SOLIMINE GAETANINA, SOLIMINE VITO, quali eredi di

SOLIMINE ANTONIO, elettivamente domiciliati in ROMA,

Data pubblicazione: 02/07/2013

VIA ENNIO QUIRINO VISCONTI 20, presso lo studio
dell’avvocato FERRARESI ROBERTO (STUDIO LIPANI &
PARTNERS), rappresentati e difesi dagli avvocati DI
MATTIA GIANFRANCO, FATIGATO PASQUALE, giusta delega in
atti;

avverso la sentenza n. 2078/2006 della CORTE D’APPELLO
di BARI, depositata il 30/11/2006 r.g.n. 392/05;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 26/03/2013 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE
BRONZINI;
udito l’Avvocato CANALI DE ROSSI STEFANO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO, che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

– controri correnti –

Udienza 26.3.2013, causa n. 3
n. 27823/07

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 24.11.2003 il Tribunale del lavoro di Bari condannava Cicerone Gerardo al pagamento
in favore di Solimene Gaetana e Solimene Vito quali eredi di Solimene Antonio al pagamento della
somma di euro73.319, 44 a titolo di differenze retributive per lavoro straordinario sulla base della
documentazione prodotta e della prova testimoniale.
La Corte di appello di Bari con sentenza del 21.11.2006 rigettava l’appello del Cicerone Gerardo. La
Corte territoriale rigettava l’eccezione di nullità della notificazione del ricorso di primo grado in quanto
era emerso che il Cicerone aveva stabilmente abitato in Roma via cassia 566 e la dedotta variazione di
domicilio non era stata provata ( solo la moglie risultava essersi effettivamente trasferita e la vendita
dell’immobile non consentiva di comprovare una effettiva variazione di domicilio) . Peraltro- osservava
la Corte di appello- la notificazione era avvenuta con segna al portiere che nulla aveva eccepito firmando
come persona delegata. Nell’indirizzo in parola il Cicerone aveva ammesso di avere stabilmente abitato
a lungo ed ivi erano stati notificati precedenti atti giudiziari. La Corte territoriale inoltre rigettava
l’eccezione di prescrizione in quanto i precedenti ricorsi avevano interrotto il termine prescrizionale; da
ultimo era emersa prova certa del credito.
Per la cassazione di tale decisione propongono ricorso Paolo Cicerone, Francesca Cicerone e Federica
Cicerone quali eredi del Cicerone Gerardo con quattro motivi illustrati anche con memoria ex art. 378
c.cp. ; resistono le controparti Solimene Gaetana e Solimene Vito con controricorso che hanno sollevato
eccezione di tardività del ricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE
Deve in primo luogo rigettarsi l’eccezione di tardività del ricorso. La sentenza di appello è stata
notificata presso il Gerardo Cicerone nel domicilio del suo difensore il 3.2.2007 ma non è
idonea a far decorrere il cosidetto “termine breve” per l’impugnazione in quanto il Cicerone
Gerardo era nel frattempo deceduto e la morte non era stata dichiarata o notificata nel corso
del processo. Gli eredi del Cicerone quindi hanno quindi regolarmente notificato nel termine
ordinario di legge ( cfr. cass. n. 1760/2012; cass. n. 26279/2009) non essendo possibile gravare
su eredi che, in ipotesi, potrebbero non avere mai avuto alcuna notizia della controversia,
termini abbreviati di impugnazione di una sentenza non a loro direttamente notificata, ma al
legale del de cuius che non ha rapporti professionali con gli eredi. Questa Corte ha peraltro
specificamente affermato il principio ( che appare applicabile alla fattispecie in esame) per cui
“nel caso in cui si verifichi la morte di una parte nel tempo compreso tra la pubblicazione e la
notificazione della sentenza, l’altra parte- ai fini della decorrenza del termine breve di
impugnazione- deve effettuare la notificazione agli eredi della parte defunta e non al

R.G.

procuratore di quest’ultima, atteso che l’impugnazione va proposta da e contro i soggetti reali
del rapporto” ( cass. n. 20491/2011).
Con il primo motivo si allega la violazione o falsa applicazione da parte della Corte di appello di
norme di legge in relazione agli artt. 149 e 160 c.p.c., nonché degli artt. 7 e 9 della legge 20
novembre 1982 n. 890 con conseguente nullità del procedimento. Alla stregua della
giurisprudenza di legittimità in mancanza della ricezione della stessa comunicazione da parte
del destinatario di persona , l’inosservanza da parte del notificante della ricerca del soggetto
nullità della stessa notifica. In ogni caso non emergeva che fosse stato ricercato nell’indirizzo il
destinatario di persona e che si fosse ricercata altra persona legittimata a ricevere la notifica
nell’ordine posto dalla legge. Inoltre la Corte territoriale ha omesso di valutare gli elementi che
lasciavano presumere che il Cicerone non abitasse più nell’indirizzo scelto per la notifica come
la vendita dell’appartamento, il trasferimento della residenza del ricorrente e della moglie.
Il motivo appare inammissibile nella prima parte e infondato nella seconda.
Circa la notifica al portiere senza l’indicazione nella relata della stessa da parte del notificante
di avere seguito l’ordine delle persone legittimate a ricevere l’atto ex art. 7 della legge n,
890/192 si tratta di una questione nuova, che non ha costituito motivo di gravame emergendo

ex actis e dalla stessa sentenza impugnata che al Giudice di appello è stata sottoposta la
diversa questione di una notifica effettuata ove di fatto il ricorrente non era più domiciliato e
non abitava da tempo. Circa la seconda parte del motivo l’effettività del vantato trasferimento
di domicilio è stata esclusa con un accertamento di merito, insindacabile in quanto tale in
questa sede. La Corte territoriale ha attentamente vagliato gli elementi offerti dall’appellante
escludendone l’idoneità a provare il contestato trasferimento ed ha anche conclusivamente
osservato che il portiere aveva accettato la notifica sottoscrivendo come “persona delegata”.
Inoltre lo stesso Cicerone aveva ammesso di avere a lungo stabilmente abitato nell’indirizzo di
cui si parla e in tale indirizzo aveva ricevuto precedenti notifiche. L’accertamento compiuto
dalla Corte territoriale appare pertanto supportato da una solida motivazione che tratta ogni
elemento offerto dalla difesa del ricorrente ed è immune da vizi logici.
Con il secondo motivo si deduce l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un
fatto controverso e decisivo per il giudizio. La Corte territoriale non ha accertato se il
notificante avesse ricercato le persone legittimate a ricevere l’atto secondo l’ordine fissato
all’art. 7 della L. n. 890/1982, non ha considerato gli elementi che inducevano a ritenere il
Cicerone non più domiciliato nell’indirizzo di Via Cassia n. 566, Roma.
IL motivo è inammissibile per la prima parte e infondato nella seconda per quanto detto supra.
La questione della consegna al portiere senza rispettare l’ordine dei soggetti legittimati a
ricevere la notifica di cui al citato articolo 7 non è mai stata sottoposta al giudice di appello (
che di fatto non la esamina nemmeno); circa l’effettività del trasferimento di domicilio del
Cicerone l’accertamento di merito compiuto dalla Corte territoriale appare congruamente e
logicamente motivato.
Con il terzo motivo si deduce la violazione o falsa applicazione da parte della Corte di appello
di norme di legge in relazione all’articolo 2943 c.c. La Corte di appello di Bari ha fatto
2

cui dare l’atto seguendo l’ordine delle persone indicate dall’art. 7 L. n. 890/1982 è causa di

riferimento a due precedenti ricorsi giudiziari, uno dei quali però era stato dichiarato nullo dal
tribunale di Foggia stante la sua genericità. Il detto atto era quindi privo di efficacia
interruttiva.
Il motivo appare inammissibile in quanto non è stato prodotto né il ricorso di cui si assume la
nullità, né la sentenza del Tribunale di Foggia ( e neppure si indica l’incarto processuale ove
tali atti siano rinvenibili) in palese violazione del principio di autosufficienza del ricorso in
cassazione. Peraltro la nullità di un ricorso giudiziario per violazione dell’art. 414 c.p.c. non
una somma, mentre al motivo questo automatismo è dato per scontato.
Con il quarto motivo si deduce l’omessa e insufficiente motivazione circa un fatto controverso
e decisivo per il giudizio. La sentenza del tribunale di Foggia cui si fa riferimento nella
motivazione della sentenza impugnata aveva dichiarato la nullità del ricorso introduttivo per
genericità e pertanto non si poteva ritenere il detto ricorso interruttivo della prescrizione.
Il motivo appare inammissibile per quanto detto supra . La indicata sentenza non è stata
prodotta ed in ogni caso l’inammissibilità di un ricorso giudiziale non implica che lo stesso non
abbia una diversa efficacia come atto interruttivo della prescrizione.
Si deve quindi rigettare il proposto ricorso. Le spese di lite- liquidate come al dispositivoseguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte:
rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del
giudizio di legittimità che si liquidano in euro 50,00 per spese, nonché in
euro 4.000,00 per compensi oltre accessori.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 26.3.2013

implica automaticamente che il detto atto sia parimenti nullo come richiesta del pagamento di

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