Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16502 del 11/06/2021

Cassazione civile sez. II, 11/06/2021, (ud. 10/02/2021, dep. 11/06/2021), n.16502

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25515/2019 proposto da:

S.M., elettivamente domiciliato in Taranto, via Alto Adige n.

95, presso lo studio dell’avv.to MARIAGRAZIA STIGLIANO, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di LECCE, depositato il 30/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

10/02/2021 dal Consigliere Dott. LUCA VARRONE.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. Il Tribunale di Lecce, con decreto pubblicato il 30 luglio 2019, respingeva il ricorso proposto da S.M., cittadino del Bangladesh, avverso il provvedimento con il quale la competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale aveva, a sua volta, rigettato la domanda proposta dall’interessato di riconoscimento dello status di rifugiato e di protezione internazionale, escludendo altresì la sussistenza dei presupposti per la protezione complementare (umanitaria);

2. Il Tribunale riteneva non necessario procedere all’audizione del richiedente formulata senza indicare alcuno specifico aspetto meritevole di essere chiarito mediante l’ascolto diretto rispetto a quanto dichiarato dinanzi la commissione territoriale.

3. Il Tribunale rigettava la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato in quanto i fatti narrati dal richiedente in ordine alle ragioni dell’espatrio non erano attinenti a persecuzioni per motivi di razza, nazionalità, religione, opinioni politiche o appartenenza ad un gruppo sociale. Il Tribunale rigettava anche la domanda di protezione sussidiaria atteso che dal racconto non emergevano elementi tali da far ritenere sussistenti le esigenze di protezione di cui del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b).

Quanto alla protezione sussidiaria, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), doveva evidenziarsi che mancavano i presupposti connessi alla situazione di conflitto o instabilità interna e, in ogni caso, la situazione generale del paese non era caratterizzata da violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato come risultante dalle fonti internazionali.

Con riferimento alla protezione umanitaria il Tribunale evidenziava che doveva confermarsi l’insussistenza di una condizione di vulnerabilità tenuto conto della mancanza di integrazione e della situazione soggettiva del ricorrente non caratterizzata neppure da idonee risorse economiche. In definitiva il fattore economico era l’unico motivo indicato dallo stesso ricorrente a ragione dell’espatrio.

3. S.M. ha proposto ricorso per cassazione avverso il suddetto decreto sulla base di un motivo di ricorso.

4. Il Ministero dell’interno si è costituito tardivamente al solo fine di partecipare all’udienza di discussione.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Il primo motivo di ricorso è così rubricato: violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, in riferimento alla protezione umanitaria, sussidiaria, internazionale.

Il Tribunale nel rigettare le tre forme di protezione non avrebbe fatto menzione del fatto storico, della vicenda personale del richiedente, adottando una motivazione seriale adattabile ad ogni fattispecie. La corte territoriale non avrebbe vagliato alcuna condizione di vulnerabilità cui potrebbe essere esposto il richiedente in caso di rientro nel paese e non avrebbe menzionato in alcun modo la vicenda personale, il lavoro svolto in Italia sicchè la motivazione sarebbe soltanto apparente. La motivazione infatti opererebbe solo una ricostruzione del quadro normativo delle tre forme di protezione senza alcun riferimento al fatto concreto all’indagine sull’esistenza di una situazione di vulnerabilità e con una generica enunciazione dei presupposti in astratto per la concessione della protezione umanitaria.

2. L’unico motivo di ricorso è inammissibile.

La doglianza relativa al mancato riferimento al racconto del richiedente è infondata in quanto il Tribunale a pag. 7 del decreto impugnato riferisce che lo stesso S.M. aveva indicato nel fattore economico l’unico motivo che lo aveva spinto a lasciare il suo paese. Di conseguenza si giustifica pienamente la decisione del Tribunale, peraltro ampiamente motivata, circa le ragioni per le quali non ricorre nella specie alcuna situazione tale da giustificare il riconoscimento dello status di rifugiato o l’accoglimento della richiesta di protezione sussidiaria.

Inoltre, il Tribunale ha fatto esplicito riferimento a fonti qualificate dalle quali ha tratto la convinzione che il Bangladesh non sia una zona rientrante tra quelle di cui al D.Lgs. n. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c). Il potere-dovere di cooperazione istruttoria, correlato all’attenuazione del principio dispositivo quanto alla dimostrazione, e non anche all’allegazione, dei fatti rilevanti, è stato dunque correttamente esercitato (Cass. n. 14283/2019).

Deve ribadirsi che, in tema di protezione sussidiaria, anche l’accertamento della situazione di “violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”, di cui alla norma citata, che sia causa per il richiedente di una sua personale e diretta esposizione al rischio di un danno grave implica un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito. Infine, anche la motivazione delle ragioni del rigetto della domanda di protezione umanitaria è sufficiente a delineare il percorso logico giuridico della decisione. Il diniego infatti è dipeso dall’accertamento dell’assenza di una situazione di vulnerabilità.

3. In conclusione il ricorso è inammissibile. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

4. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in Euro 2100 più spese prenotate a debito;

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 10 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 giugno 2021

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