Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16502 del 05/07/2017

Cassazione civile, sez. III, 05/07/2017, (ud. 05/05/2017, dep.05/07/2017),  n. 16502

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – rel. Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 8406/2014 proposto da:

P.P., F.E., P.S., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA LEO 26, presso lo studio dell’avvocato

SILVIA LUCARELLI, rappresentati e difesi dall’avvocato CLAUDIO

MONTELEONE giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

ISTITUTI OSPEDALIERI BERGAMASCHI SRL, in persona del legale

rappresentante prof. p.g., elettivamente domiciliata

in ROMA, VIA LUCULLO 3, presso lo studio dell’avvocato NICOLA

ADRAGNA, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati

STEFANO DALLE DONNE, VITTORIO GELPI, giusta procura in calce al

controricorso;

ALLIANZ SPA, in persona dei procuratori Dott. C.A. e

Dott.ssa G.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

PANAMA 88 presso lo studio dell’avvocato GIORGIO SPADAFORA che la

rappresenta e difende giusta procura in calce al controricorso;

UNIPOLSAI ASSICURAZIONI SPA, in persona del suo procuratore ad

negotia Dott.ssa GI.GI., elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA SALARIA 292, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO

BALDI che la rappresenta e difende giusta procura a margine del

controricorso;

PE.GI., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LUDOVISI 35,

presso lo studio dell’avvocato MARIO GIUSEPPE RIDOLA che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato HILDEGARD MASSARI

giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1119/2013 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 09/10/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/05/2017 dal Consigliere Dott. FRANCO DE STEFANO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARDINO Alberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato CLAUDIO MONTELEONE;

udito l’Avvocato ANTONIO MANGANIELLO per delega;

udito l’Avvocato ELEUTERIO ZUENA per delega;

udito l’Avvocato MARIO GIUSEPPE RIDOLA;

udito l’Avvocato FRANCESCO BALDI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. I genitori della allora minorenne P.S. – nata il (OMISSIS) – e cioè P.P. ed F.E., agirono in proprio e nella qualità di esercenti la – allora tale definita – potestà genitoriale sulla medesima con atto notificato il 12/01/2005 nei confronti del Policlinico San Pietro spa di (OMISSIS) per conseguire il risarcimento dei danni derivati dalle lesioni permanenti patite dalla figlia per l’esito infausto di una serie di interventi non correttamente eseguiti fin dal primo anno di vita invano volti a porre rimedio ad una lussazione congenita dell’anca destra, neppure rimediati con un successivo intervento del (OMISSIS) (di osteomatia derotativa e varizzante) ed altro dell'(OMISSIS), seguito ad una diagnosi di “alterazione strutturale della testa del femore e risalita dello stesso con iniziale neocotile” del (OMISSIS), esitata in una necrosi della testa del femore destro ed osteoartrite settica.

2. A fondamento della domanda dedussero gli attori di avere solo sulla base di consulenze medico-legali nel frattempo e da poco esperite finalmente acquisito consapevolezza degli errori compiuti dal personale del Policlinico nel tentativo di porre rimedio alla malformazione congenita, tanto da chiederne la condanna al risarcimento dei danni per i gravi postumi a lei residuati, quantificandoli in Euro 400.000,00 in favore della figlia ed in Euro 100.000,00 per ciascuno dei due genitori; peraltro, la convenuta si costituì e, pur chiamando in causa il sanitario che aveva eseguito gli interventi indicati come male eseguiti, vale a dire Pe.Gi., eccepì preliminarmente la prescrizione del diritto al risarcimento per essere intervenuta la prima richiesta risarcitoria soltanto in data 03/08/2001; e, a sua volta, il Pe. chiamò in causa le sue assicuratrici della r.c. Fondiaria-SAI spa, MMI Danni spa, RAS� spa e Toro Assicurazioni spa: e tutti eccepirono, tra l’altro, la prescrizione del diritto degli attori, mentre la RAS addusse altresì la non operatività della copertura assicurativa.

3. L’adito Tribunale di Bergamo rigettò le domande principali per riconosciuta prescrizione, reputato iniziato il decorso del termine decennale di quella dall’ultimo intervento utile presso il Policlinico e quindi nel 1989, compensando le spese tranne che nei rapporti tra il Pe. e la RAS ed in particolare condannando l’uno a pagare le spese del grado in favore dell’altra; ma i P. – F. interposero appello principale e il Policlinico San Pietro spa ed il Pe., rispettivamente, appello incidentale subordinato nei confronti degli appellanti principali ed appello incidentale nei confronti della RAS, mentre le altre assicuratrici resistevano chiedendo la conferma della sentenza di primo grado.

4. La corte di appello di Brescia, qualificata in ogni caso contrattuale la responsabilità e decennale il termine di prescrizione applicabile, ne fissò l’exordium alla data in cui erano stati acquisiti tutti gli elementi utili per ricostruire non solo il danno, ma anche la sua manifestazione, identificando tale momento nel (OMISSIS), per non potere la riscontrata alterazione della testa del femore “non… essere valutata come una patologia e posta in collegamento con il pregresso intervento chirurgico”; inoltre, quanto alla responsabilità extracontrattuale, ammesso solo quanto ad essa che la prescrizione avrebbe potuto iniziare il suo decorso da quando il danneggiato avesse potuto percepire il danno, ne escluse l’utilità per i danneggiati, per essere il relativo termine solo quinquennale già elasso comunque dal 1991 al momento della prima interruzione della prescrizione, avutasi soltanto il 03/08/2001: e rigettò così, sia pure con motivazione in parte diversa, l’appello principale, disattendendo quello incidentale condizionato della casa di cura e rigettando quello incidentale del sanitario, ma condannando gli appellanti principali alle spese del grado sopportate dalle controparti diverse dalla RAS ed il Pe. a quelle sopportate da quest’ultima.

5. Per la cassazione di tale sentenza, pubblicata il 09/10/2013 col n. 1119, notificano ricorso, articolato su cinque motivi, P.S. e P., nonchè F.E.; resistono, con separati controricorsi, la Istituti Ospedalieri Bergamaschi srl (quale succeditrice di Policlinico San Pietro spa), Pe.Gi., la Unipol Assicurazioni spa (quale succeditrice tanto di FondiariaSAI ass.ni spa che di MMI Danni spa e prima ancora di Navale Ass.ni spa) e la Allianz spa (succeditrice della RAS assicurazioni spa); i ricorrenti principali e le assicuratrici depositano memorie ai sensi dell’art. 378 c.p.c., per la pubblica udienza del 05/05/2017; il Pe. deposita altresì atto di formale acquiescenza, notificato alle controparti interessati, al capo di sentenza di appello in merito alla propria condanna alle spese di quel grado.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. I ricorrenti si dolgono:

– col primo motivo, di “violazione e falsa applicazione degli artt. 2935 e 2946 c.c. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)”, invocando affermarsi l’identificazione, quale exordium praescriptionis nelle controversie per responsabilità professionale sanitaria, del momento in cui si consegue conoscenza completa di tutti i dati necessari con quello in cui si acquisisce una relazione medico-legale;

– col secondo motivo, di “violazione e falsa applicazione degli artt. 2935 e 2946 c.c. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) e omessa motivazione (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5)”, chiedendo negarsi l’utile invocabilità della prescrizione a chi abbia sottaciuto o nascosto informazioni sull’esito degli interventi sanitari eseguiti;

– col terzo motivo, di “omessa e insufficiente motivazione (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5)”, contestando la ritenuta sufficienza dei dati a disposizione fin dal (OMISSIS) per agire per danni;

– col quarto motivo, di “omessa motivazione (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5)”, rimarcando la carenza di indicazioni sulla necessità di un collegamento tra la riscontrata alterazione della testa del femore quale patologia e il pregresso intervento chirurgico;

– col quinto motivo, di “omessa motivazione (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5)”, quanto alla replicatio di interruzione della prescrizione, avutasi con nota del 03/08/2001.

2. Nonostante la manifesta erroneità del riferimento degli ultimi tre motivi ad una norma processuale non più applicabile, cioè il testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5, anteriore alla riforma arrecata dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b), conv. con modif. dalla L. 7 agosto 2012, n. 134 (e tanto in forza della disciplina transitoria, di cui al comma 3 del medesimo art. 54 cit., per essere stata la sentenza pubblicata in data successiva al giorno 11/09/2012), è convinta opinione del Collegio che le doglianze dei ricorrenti, complessivamente considerate per la loro intima connessione siccome rivolte avverso l’intrinseca consequenzialità e coerenza logica del giudizio sulla collocazione temporale dell’exordium praescriptionis, devono qualificarsi fondate: in particolare a tal fine rilevando i fatti resi oggetto dei motivi dal terzo al quinto compresi ai fini della dedotta illegittimità della conclusione sull’applicazione concreta dell’art. 2935 c.c., come operata appunto dalla corte territoriale, resa a sua volta oggetto della prima parte del primo motivo di ricorso.

3. Emendata la motivazione della corte territoriale dall’incongruo richiamo alla responsabilità extracontrattuale, operato subito dopo la corretta asserzione della natura invece chiaramente contrattuale della responsabilità della casa di cura, va preliminarmente ribadito il generale principio per cui non dipende dalla natura, contrattuale o extracontrattuale, della responsabilità fatta valere dall’agente che l’exordium praescriptionis sia ancorato al momento stesso dell’inadempimento, anzichè a quello, intuitivamente diverso e successivo, della scoperta di tutti gli elementi costitutivi del diritto al risarcimento, cioè non solo dell’inadempimento in sè considerato, ma pure della sua conseguenza dannosa e, poi, della consapevolezza della sua plausibile – secondo l’ordinaria diligenza – rapportabilità causale alla controparte, in dipendenza se non altro della particolare natura della prestazione sanitaria: tanto essendosi affermato, quale applicazione del generale principio per il quale non è possibile esigere l’esercizio di un diritto da chi senza sua colpa non è in grado di farlo, appunto per la responsabilità sanitaria anche di recente (tra le ultime, v. Cass. 03/05/2016, n. 8645) ed in applicazione di principi generali consacrati già dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte di legittimità.

4. E’ certamente da rilevare l’inammissibilità del motivo sulla non decorrenza del termine prescrizionale, nella specie, in dipendenza di una specifica attività di occultamento di circostanze, quali le informazioni adeguate sull’esito delle operazioni fino a quel momento eseguite: in via dirimente, sotto questo particolare profilo non risultano adeguatamente trascritti in ricorso i passaggi degli atti dei gradi di merito in cui ai relativi giudici questa particolare e peculiare replicatio all’eccezione di prescrizione sarebbe stata sviluppata. Eppure, il ricorrente che proponga in sede di legittimità una determinata questione giuridica, la quale implichi accertamenti di fatto, ha l’onere, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa (per l’ipotesi di questione non esaminata dal giudice del merito: Cass. 02/04/2004, n. 6542; Cass. 10/05/2005, n. 9765; Cass. 12/07/2005, n. 14599; Cass. 11/01/2006, n. 230; Cass. 20/10/2006, n. 22540; Cass. 27/05/2010, n. 12992; Cass. 25/05/2011, n. 11471; Cass. 11/05/2012, n. 7295; Cass. 05/06/2012, n. 8992; Cass. 22/01/2013, n. 1435; Cass. Sez. U. 06/05/2016, n. 9138). E tanto consente di tralasciare la dirimente osservazione dell’insussistenza di un obbligo specifico di puntuale esplicazione dei risultati dei referti radiografici o degli esiti degli interventi fino a quel momento eseguiti, in vista dei loro sviluppi futuri, se non altro in relazione alle circostanze del caso.

5. Ed è parimenti da escludere che, come vorrebbero i ricorrenti perfino redigendo un quesito in tali espressi sensi a conclusione del primo motivo, la conoscibilità possa dipendere dal tempo di acquisizione di specifiche e documentate argomentazioni specialistiche: non solo e non tanto perchè questo renderebbe il dies a quo incerto e mobile, ma soprattutto perchè lo rimetterebbe alla discrezionalità mera, se non all’arbitrio, del creditore, in modo inammissibile comprimendo i diritti del debitore all’avvio del termine prescrizionale in tempi sia ragionevoli che prevedibili; e poi perchè anche l’acquisizione di pareri specialistici integra l’estrinsecazione di quella diligenza che volta a volta va valutato se adeguatamente estrinsecata in rapporto alle circostanze, se cioè resa opportuna in relazione al quadro clinico e così via, ma non può certo di per sè sola giustificare una sorta di indeterminata sospensione dell’exordium finchè il potenziale danneggiato non si determini a dare corpo ai suoi sospetti e si attivi in tal senso, a meno che non abbia appunto avuto buone ragioni per non attivarsi in precedenza, ma in relazione a ben determinate e documentate circostanze, che è impossibile codificare in anticipo ed il cui apprezzamento va rimesso al giudice del fatto.

6. Tutto ciò posto, è pure ben vero che, di norma, l’identificazione del momento di conoscibilità di tali elementi e, quindi, la valutazione del tempo in cui i danneggiati avevano a disposizione tutto quanto necessario per ricostruire non solo l’insorgenza del danno, ma pure la sua rapportabilità causale (e la consapevolezza della sua rapportabilità causale) alla casa di cura, costituisce l’estrinsecazione di un apprezzamento di merito: riguardo al quale, a maggior ragione dopo la già richiamata novella dell’art. 360 c.p.c., n. 5, che ha ridotto al minimo costituzionale il controllo in sede di legittimità sulla motivazione (Cass. Sez. U. nn. 8053, 8054 e 19881 del 2014), ben potrebbe valere la nota e consolidata conclusione per la quale rimangono sempre e comunque gli apprezzamenti di fatto istituzionalmente riservati al giudice del merito (tanto corrispondendo a consolidato insegnamento, su cui, per tutte, v. Cass. Sez. U. n. 20412 del 2015, ove ulteriori riferimenti): ma occorre pur sempre che tali apprezzamenti di fatto siano scevri da quei soli ed evidenti vizi logici o giuridici ammessi dalle or ora richiamate pronunzie delle Sezioni Unite, come pure che non siano intrinsecamente viziati dalla non consequenzialità tra premesse e conseguenze, cioè siano irredimibilmente incongrui.

7. Peraltro, le stesse ora menzionate pronunzie delle Sezioni Unite ricordano come, tra i vizi di legittimità ancora deducibili, risulti certamente il “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e la “motivazione apparente”, mentre poi devono necessariamente presupporre l’elaborazione dogmatica della struttura stessa del giudizio di fatto e, quindi, consentire un, sia pure minimo, sindacato sull’intima congruenza logica di quest’ultimo: ricordando che “poichè la sentenza, sotto il profilo della motivazione, si sostanzia nella giustificazione delle conclusioni, oggetto del controllo in sede di legittimità è la plausibilità del percorso che lega la verosimiglianza delle premesse alla probabilità delle conseguenze” (Cass. Sez. U., n. 8053 del 2014, punto 14.8.2).

8. Si ha, invero, che nel giudizio di fatto – il quale tende alla ricostruzione e cioè alla rappresentazione di una serie di dati empirici esterni al processo al fine di sottoporli alla valutazione del giudicante ed al successivo giudizio di diritto – è necessario che il giudice del merito verifichi l’esistenza di fatti noti acquisiti al processo, appunto provati, per applicarvi massime di esperienza verificate o condivise e giungere, in base ad un procedimento inferenziale, a ritenere provati i fatti ignoti ovvero ancora da ricostruire nella loro struttura obiettiva, applicando il noto canone del prudente apprezzamento.

9. E, se è vero che il controllo di questa Corte di legittimità non può mai spingersi a valutare l’esito del suddetto procedimento logico (Cass. Sez. U., n. 8053 del 2014, cit., punto 14.8.3) e quindi il risultato della concreta modalità di esercizio del prudente apprezzamento del giudice del merito nella valutazione del materiale istruttorio, tuttavia un tale controllo, pure restando assai limitato, deve persistere, a presidio dell’intima coerenza della conciliabilità delle affermazioni operate quale garanzia di attendibilità del giudizio di fatto a sua volta premessa di quello di diritto, quanto alla verifica della correttezza del percorso logico tra premessa-massima di esperienza-conseguenza, cioè di esattezza della massima di esperienza poi applicata, come pure alla verifica della congruità – o accettabilità o plausibilità o, in senso lato, verità – della premessa in sè considerata; in mancanza di tale congruenza o plausibilità, la motivazione sul punto resterà soltanto apparente.

10. A mano a mano che la prudenza nell’apprezzamento cessa di essere una regola generale di giudizio e finisce con il qualificare necessariamente gli elementi costitutivi della fattispecie, tanto da inficiarne la concreta sua qualificazione e renderne non corretta la sussunzione proposta, si estende allora – sia pure col persistente, serio ed inviolabile, limite dell’intangibilità del risultato – il controllo sulla congruità della motivazione ancora possibile da parte di questa Corte sulla motivazione in fatto anche dopo la novella del 2012: se violata è solo la regola generale dell’art. 115 c.p.c., rileveranno solo quei vizi talmente macroscopici da rendere evidente che, a dispetto delle apparenze, nessuna effettiva giustificazione della conseguenza può dirsi operata nella specie; ad esempio, quelli nell’individuazione della regola di esperienza (sia essa logica od empirica), ovvero quelli nella costruzione della relativa inferenza, mediante l’avvalimento di una più o meno ampia discrezionalità a seconda dei postulati di quella regola.

11. Ci saranno, a questo riguardo, regole empiriche che ammettono più ampia discrezionalità, perchè la conseguenza è legata alla premessa da un nesso meno stringente in termini di causalità o probabilità: sicchè la valutazione della conseguenza dovrà essere più “prudente” e, quindi, sorretta da elementi di riscontro o anche soltanto da un contesto in cui l’elemento valutato come premessa può rilevare, per l’elevata probabilità della conseguenza ipotizzata; ci saranno regole empiriche che quella più ampia discrezionalità invece non ammettono, escludendo anzi, se non in condizioni francamente eccezionali o residuali, che il risultato atteso possa divergere da uno schema bene sperimentato: sicchè la valutazione della conseguenza potrà essere sostanzialmente automatica e, viceversa, molto più approfondita ed attenta ove volesse discostarsi dall’esito normalmente atteso della sequenza causale collegata. Infine, se violata è la regola più specifica della necessaria gravità, precisione e concordanza degli elementi da porre a base della presunzione, allora potrà essere verificata pure la concreta valutazione che di quei requisiti è stata operata dal giudice del merito, come appunto le viste sentenze delle Sezioni Unite ammettono.

12. Ora, nella specie la corte territoriale ancora l’exordium praescriptionis al (OMISSIS), perchè il referto radiografico in quel momento conseguito avrebbe reso evidente non solo l’esistenza di una patologia (ciò che è intuitivo, risultando essa dal referto e potendo essere riscontrata agevolmente), ma anche che essa dovesse porsi in collegamento col pregresso intervento chirurgico (p. 11, riga 8, della motivazione della gravata sentenza): e tanto – ragionando a contrario e quindi sulla base di un ragionamento controfattuale o presuntivo – perchè altrimenti non vi sarebbe stata necessità della nuova operazione nel successivo autunno del (OMISSIS), sicchè gli elementi a disposizione fin dal (OMISSIS)1991

(OMISSIS)ottobre 1991(OMISSIS)1991

(OMISSIS)1991

(OMISSIS)maggio 1989 – anzichè all’autunno (OMISSIS) e, quale conseguenza, che è da reputarsi utilmente interrotta, sia pure e per così dire quasi in extremis, la prescrizione decennale con la lettera del 03/08/2001: della quale non rileva la effettivamente mancata trascrizione integrale in ricorso, non essendo questa necessaria, per esserne il contenuto pacifico tra le parti e quindi non rilevante ai fini della decisione in questa sede.

18. Non è stata fatta, in conclusione, applicazione del seguente principio di diritto: “pur essendo, dopo la riforma dell’art. 360 c.p.c., n. 5, ridotto al minimo costituzionale il controllo di legittimità sulla motivazione, soprattutto in punto di fatto, nonchè restando riservata istituzionalmente al giudice del merito la valutazione dei fatti e l’apprezzamento delle risultanze istruttorie, la Corte di cassazione può verificare l’estrinseca correttezza del giudizio di fatto sotto il profilo della manifesta implausibilità del percorso che lega la verosimiglianza delle premesse alla probabilità delle conseguenze e, pertanto, può sindacare la manifesta fallacia o non verità delle premesse o l’intrinseca incongruità o contraddittorietà degli argomenti, onde ritenere inficiato il procedimento inferenziale ed il risultato cui esso è pervenuto, per escludere la corretta applicazione della norma entro cui è stata sussunta la fattispecie”.

19. La gravata sentenza – in accoglimento della complessiva censura sostanzialmente proposta con la prima parte del primo motivo e, emendati dall’effettivamente inammissibile riferimento ad una norma non più in vigore, con l’oggetto sostanziale dei motivi terzo, quarto e quinto – va allora cassata, con rinvio alla medesima corte territoriale, ma in diversa composizione, affinchè abbia per irretrattabile ed acquisito che la prescrizione decennale non si è maturata e, su questi presupposti, riesamini i gravami sotto ogni altro profilo, di rito e, se del caso, di merito, pure provvedendo sulle spese del giudizio di legittimità.

20. Va infine dato atto, per essere stato il ricorso accolto, della non sussistenza dei presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione e per il caso di reiezione integrale, in rito o nel merito.

21. Peraltro, ricorrendo i presupposti di cui al D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, art. 52, comma 2 (codice in materia di protezione dei dati personali), a tutela dei diritti e della dignità delle persone coinvolte ed in ragione dell’oggetto della pronuncia deve essere disposta, in caso di riproduzione della presente sentenza in qualsiasi forma, per finalità di informazione giuridica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, l’omissione delle indicazioni delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti riportati nella sentenza.

PQM

 

Accoglie il ricorso per quanto di ragione. Cassa la gravata sentenza e rinvia alla corte di appello di Brescia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Dispone che, in caso di utilizzazione della presente sentenza in qualsiasi forma, per finalità di informazione scientifica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti riportati nella sentenza.

Così deciso in Roma, il 5 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 5 luglio 2017

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