Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16498 del 05/08/2016


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Cassazione civile sez. trib., 05/08/2016, (ud. 16/05/2016, dep. 05/08/2016), n.16498

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 12131/2010 proposto da:

M.G., M.M., STUDIO LEGALE ASSOCIATO

M., elettivamente domiciliati in ROMA VIA T. CAMPANELLA 11, presso

lo studio dell’avvocato PATRIZIA TITONE, rappresentati e difesi

dall’avvocato GIANFRANCO MARZOCCO;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DI FOGGIA, AGENZIA DELLE ENTRATE COSTITUITA CON

C/RIC. INCID. IL 18/6/2010;

– intimati –

Nonchè da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorso e contestuale ricorso incidentale –

contro

STUDIO LEGALE ASSOCIATO M., AGENZIA DELLE ENTRATE DI FOGGIA,

M.G., M.M.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 98/2009 della COMM.TRIB.REG. della PUGLIA Sez.

DIST. di FOGGIA, depositata il 13/03/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/05/2016 dal Consigliere Dott. LAURA TRICOMI;

udito per il ricorrente l’Avvocato DE GRANDIS per delega

dell’Avvocato MARZOCCO che ha chiesto l’accoglimento del ricorso

principale, rigetto incidentale;

udito per il controricorrente l’Avvocato GAROFOLI che ha chiesto il

rigetto del ricorso principale, accoglimento incidentale;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUZIO Riccardo, che ha concluso per il rigetto del ricorso

principale, assorbito l’incidentale.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. Lo Studio Legale Associato M., in persona del legale rapp. p.t., nonchè i professionisti associati M.G. e M.M. impugnavano dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Foggia l’avviso di rettifica n. 500991/01 per IVA e l’avviso di accertamento n. (OMISSIS) per IRPEF, relativi all’anno di imposta 1996, fondati sull’applicazione dei parametri di cui ai D.P.C.M. 29 gennaio 1996, e D.P.C.M. 27 marzo 1997. La decisione, favorevole del primo grado, era riformata in appello.

2. Con la sentenza n. 98/26/2009 della Commissione Tributaria Regionale della Puglia, sezione distaccata di Foggia, dopo aver ritenuto illegittimo il D.P.C.M. 29 gennaio 1996, per non aver seguito il procedimento di formazione previsto per tali atti dalla L. n. 408 del 1988, art. 17, lo disapplicava e dichiarava l’illegittimità degli atti impugnati. Riteneva, comunque, di dover procedere all’esame della controversia nel merito ed escludeva che il contribuente avesse soddisfatto il suo onere probatorio e dimostrato l’incongruità dei risultati ottenuti attraverso la metodologia utilizzata dall’Ufficio.

3. I contribuenti propongono ricorso per cassazione fondato su quattro motivi, ai quali replica la Agenzia con controricorso e ricorso incidentale fondato su un motivo.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.1. Preliminarmente va respinta l’eccezione di inammissibilità del gravame per difetto di legittimazione attiva dei ricorrenti e difetto di legittimazione passiva della resistente sollevata dall’Agenzia sulla considerazione che nel ricorso la sentenza impugnata è indicata con il n.98/25/09, sentenza che riguarda altri soggetti e segnatamente il Comune di Foggia e tale B..

1.2. Invero dal ricorso è perfettamente comprensibile quale sia la sentenza impugnata, e cioè la numero 98/26/09, poichè vi è puntuale esposizione della stessa, come confermato dalla circostanza che l’Agenzia ha perfettamente compreso a quale decisione afferiva il ricorso, svolgendo compiutamente le sue difese.

2.1. Preliminarmente va dichiarata l’improcedibilità del ricorso perchè la copia della sentenza impugnata, depositata in atti, è priva del visto di conformità.

2.2. Come questa Corte ha già affermato, in materia d’impugnazione in cassazione, l’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2, esigendo, a pena d’improcedibilità, che con il ricorso venga depositata copia autentica della sentenza impugnata, esclude che al. mancato deposito possa supplirsi con la conoscenza che della stessa sentenza si attinga da altri atti del processo e, in particolare, dalla copia depositata dalla controparte o dall’esistenza della sentenza nel fascicolo d’ufficio (Cass. nn. 14207/2015, 28460/2013, 1240/2007, 22108/2006).

Nel caso in esame agli atti vi è solo una copia della sentenza rilasciata “uso studio”, da cui discende la pronuncia di improcedibilità.

3.1. Per altro verso, il ricorso è articolato sui seguenti quattro motivi; 1) carenza di motivazione e/o motivazione insufficiente, illogica e contraddittoria su un punto decisivo della controversia, omessa motivazione e travisamento logico per avere la Commissione proceduto all’esame del merito, dopo aver disapplicato il DPCM; 2) violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, n. 7; 3) violazione e falsa applicazione degli artt. 99, 101, 112 e 113 c.p.c.; 4) omessa motivazione su un punto determinante, mancato esame dell’errore materiale dell’accertamento, violazione dell’art. 346 c.p.c., violazione degli artt. 3 e 53 Cost., violazione dell’art. 2729 c.c.. I motivi risultano tutti inammissibili, per come formulati.

3.2. Occorre premettere che la sentenza impugnata, in quanto pubblicata in data 19.3.2008 – ossia nel periodo compreso tra il 2 marzo 2006 ed il 4 luglio 2009 – è soggetta al regime (successivamente abrogato) dell’art. 366 bis c.p.c., il quale è stato fatto oggetto di approfondita ed ormai consolidata lettura ermeneutica ad opera di questa Corte.

3.3. In particolare, a corredo dei motivi riconducibili all’art. 360 c.p.c., comma 1, comma 5, va formulato – a pena di inammissibilità – il c.d. “momento di sintesi” (o “quesito di fatto”), consistente in un apposito passaggio espositivo distinto ed autonomo rispetto allo svolgimento del motivo – ossia un quid pluris rispetto all’illustrazione del mezzo (Cass. SSUU n. 12339 del 2010; Cass. n. 8897 e n. 4309 del 2008; n. 21194 del 2014) – finalizzato ad individuare, chiaramente e sinteticamente, il fatto controverso e decisivo per il giudizio in riferimento al quale la motivazione si assume omessa, insufficiente o contraddittoria, con specifica segnalazione delle ragioni per le quali la motivazione risulta inidonea a giustificare la decisione (ex plurimis, Cass. SSUU n. 20603 del 2007 e n. 11652 del 2008; Cass. n. 27680 del 2009).

3.4. Quanto invece ai motivi riconducibili all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, essi devono essere corredati – sempre a pena di inammissibilità – da appositi “quesiti di diritto” contenenti: a) una sintesi degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito; b) l’indicazione della regola di diritto da questi applicata; c) la diversa regola di diritto ritenuta da applicare; il tutto in modo tale che il giudice di legittimità, nel rispondere al quesito, possa formulare una regula iuris suscettibile di applicazione anche in diversi casi (Cass. s.u., nn. 2658 e 28536 del 2008, n. 18759 del 2009; Cass. n. 22704 del 2010, n. 21164 del 2013, nn. 11177 e 17958 del 2014). Dovendo infatti assolvere la funzione di integrare il punto di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e l’enunciazione del principio giuridico generale, i quesiti in questione debbono mettere la Corte in grado di comprendere attraverso la loro semplice lettura – la prospettazione dell’errore asseritamente compiuto dal giudice di merito, nonchè della regola che si assume, in sua vece, applicabile.

3.5. Nella fattispecie in esame, tale indicazione riassuntiva e sintetica, sia nella veste del momento di sintesi che del quesito di diritto, manca del tutto – come eccepito dalla controricorrente – anche sotto l’aspetto strettamente grafico (cfr. Cass. n. 24313 del 2014, 12518/2015); nè può assumersi che il contenuto di siffatto momento di sintesi finale, ove formalmente inesistente, debba essere ricavato dalla Corte di legittimità attraverso la lettura e l’autonoma interpretazione dell’illustraziohe del motivo (Cass. n. 22591 del 2013), poichè ne resterebbe svilita – rispetto ad un sistema processuale che già prevedeva la redazione del motivo con l’indicazione della violazione denunciata – la portata innovativa dell’art. 366 bis c.p.c., consistente proprio nell’imposizione della formulazione di motivi contenenti una sintesi autosufficiente della violazione censurata, funzionale anche alla formazione immediata e diretta del principio di diritto e, quindi, al miglior esercizio della funzione nomofilattica della Corte di legittimità (ex multis, Cass. n. 16481 del 2014 e n. 20409 del 2008).

4.1. Resta assorbito il ricorso incidentale subordinato con il quale la Agenzia ha denunciato la violazione e falsa applicazione del D.P.C.M. 29 gennaio 1996, come modificato dal D.P.C.M. 27 marzo 1997, della L. n. 549/12995, art. 3, commi 181 e 184, e dell’art. 39, comma 1, lett. d), e del D.P.R. n. 600 del 1973, nonchè della L. n. 400 del 1988, art. 17.

5.1. In conclusione il ricorso va rigettato perchè improcedibile, resta assorbito il ricorso incidentale.

5.2. Le spese seguono la soccombenza.

PQM

La Corte di Cassazione:

– rigetta il ricorso perchè improcedibile, assorbito il ricorso incidentale;

condanna i ricorrenti alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che liquida nel compenso di Euro 3.000,00, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 16 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 5 agosto 2016

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