Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16497 del 27/07/2011
Cassazione civile sez. trib., 27/07/2011, (ud. 22/06/2011, dep. 27/07/2011), n.16497
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PARMEGGIANI Carlo – Presidente –
Dott. IACOBELLIS Marcello – rel. Consigliere –
Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –
Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –
Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
Comune di Bari, in persona del legale rapp.te pro tempore, elett.te
dom.to in Roma, alla via Bertoloni 37, presso lo studio dell’avv.
Roberto Ciociola, rapp.to e difeso dall’avv. Baldi Alessandra giusta
procura in atti;
– ricorrente –
contro
Comune di Palo del Colle, in persona del legale rapp.te pro tempore,
elett.te dom.to in Roma, alla Piazza SS. Apostoli 81, presso lo
studio dell’avv. Massimo Fermanelli, rapp.to e difeso dall’avv.
Quinto Michele, giusta procura in atti;
– controricorrente –
per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria
Regionale della Puglia n. 84/2009/00 depositata il 29/5/2009;
Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
giorno 22/6/2011 dal Consigliere Relatore Dott. Marcello Iacobellis;
viste le richieste del P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale, dott. SORRENTINO Federico che ha concluso aderendo alla
relazione.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La controversia promossa da Comune di Bari contro il Comune di Palo del Colle è stata definita con la decisione in epigrafe, recante il rigetto dell’appello proposto dal Comune di Bari contro la sentenza della CTP di Bari n. 212/22/07 che aveva respinto il ricorso del Comune di Bari avverso l’avviso di accertamento (OMISSIS) ICI 2001- 2003, relativo ad immobili di proprietà destinati a E.P.R.. Il ricorso proposto si articola in quattro motivi. Resiste con controricorso il Comune di Palo del Colle. Il relatore ha depositato relazione ex art. 380 bis c.p.c.. Il presidente ha fissato l’udienza del 22/6/2011 per l’adunanza della Corte in Camera di Consiglio. Il Comune di Bari ha presentato memoria; il P.G. ha concluso aderendo alla relazione.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con primo motivo il ricorrente assume la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, artt. 11 e 10 del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42 e della L. n. 241 del 1990, art. 3 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Gli avvisi di accertamento sarebbero privi di adeguata motivazione e la CTR avrebbe ignorato le deduzione del Comune di Bari e la documentazione esibita.
La censura è inammissibile in quanto priva di indicazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata che si assumono in contrasto con le disposizioni indicate – o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina.
Va ulteriormente rilevata la carenza di autosufficienza della censura in quanto la ricorrente richiama “deduzioni” e “documentazione esibita”, senza precisarne il contenuto. Va infine rilevato che il quesito di diritto è generico nonchè privo della riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito, della sintetica indicazione della regola di diritto applicata da quel giudice, e della diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie. Con secondo motivo la ricorrente assume la omessa motivazione su un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Il fatto controverso sarebbe costituito ” dal difetto di esposizione delle ragioni giuri-diche nella ricorrenza di situazioni di fatto tali da indurre l’ente impositore a considerare sussistente un contrasto con il contribuente circa l’obbligazione d’imposta, nell’atto impugnato e oggetto di censura per omissione di motivazione verso la sentenza di 1^ grado mediante specifico motivo di appello”.
La censura è inammissibile in quanto priva di una esposizione chiara e sintetica del fatto controverso – in relazione al quale la motivazione si assume omessa – ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza rende inidonea la motivazione a giustificare la decisione.
Con terzo motivo il ricorrente assume la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, artt. 7, 8 e 10 della L. n. 865 del 1971, art. 35, del D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 13 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Gli immobili in questione sarebbero esenti da ICI in quanto destinati a finalità istituzionali.
La censura è infondata secondo i principi affermati da questa Corte (Sez. 5, Sentenza n. 14094 del 11/06/2010), secondo cui, in tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), l’esenzione prevista dal D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 7, comma 1, lett. a), per gli immobili posseduti dagli enti ivi indicati “destinati esclusivamente ai compiti istituzionali”, spetta soltanto se l’immobile è direttamente e immediatamente destinato allo svolgimento di tali compiti: ipotesi che non si configura quando il bene venga utilizzato per attività di carattere privato, come avviene, in linea di massima, in tutti i casi in cui il godimento del bene stesso sia concesso a terzi verso il pagamento di un canone.
Con quarto motivo il ricorrente assume la contraddittoria motivazione su un punto decisivo. La sentenza sarebbe contraddittoria nella parte in cui non ha ritenuto provata la circostanza che i beni fossero direttamente e immediatamente utilizzati dal Comune per un compito istituzionale. La regolazione del rapporto con l’assegnatario attraverso le norme sulla locazione non inficerebbe la natura pubblicistica del rapporto.
La censura è inammissibile. Il vizio di motivazione, denunciabile come motivo di ricorso per cassazione ex ari. 360 c.p.c., n. 5, può concernere esclusivamente l’accertamento e la valutazione dei fatti rilevanti ai fini della decisione della controversia, non anche l’interpretazione e l’applicazione delle norme giuridiche; ricorre tale ultima fattispecie nel caso in esame laddove il ricorrente lamenta che l’assegnazione degli alloggi non escluderebbe la utilizzazione diretta e immediata del bene da parte del Comune.
La censura è altresì inammissibile nella parte in cui si lamenta la mancata confutazione delle tesi e le deduzioni del Comune, senza riportarne specificamente il contenuto.
Consegue da quanto sopra il rigetto del ricorso e la condanna della ricorrente alla rifusione, in favore del Comune di Palo del Colle, delle spese del grado che si liquidano in complessivi Euro 5.100,00, di cui Euro 100,00 per spese, oltre accessori di legge.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione, in favore del Comune di Palo del Colle, delle spese del grado che si liquidano in complessivi Euro 5.100,00, di cui Euro 100,00 per spese, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 22 giugno 2011.
Depositato in Cancelleria il 27 luglio 2011