Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16495 del 13/07/2010

Cassazione civile sez. I, 13/07/2010, (ud. 19/10/2009, dep. 13/07/2010), n.16495

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. FITTIPALDI Onofrio – rel. Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – est. Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

M.C., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato

MARRA ALFONSO LUIGI, giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende, ope

legis;

– controricorrente –

avverso il decreto n. 125/07 V.G. della CORTE D’APPELLO di NAPOLI del

9/05/07, depositato il 18/05/2007;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19/10/2009 dal Consigliere e Relatore Dott. FITTIPALDI Onofrio;

e’ presente il P.G. in persona del Dott. IGNAZIO PATRONE.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

1.- La relazione depositata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. e’ del seguente tenore:

“ M.C. adiva la Corte d’appello di Napoli, allo scopo di ottenere l’equa riparazione ex L. n. 89 del 2001 in riferimento al giudizio promosso innanzi al Tar Campania con ricorso del 15.9.2000, non ancora definito.

La Corte d’appello, con decreto del 18 maggio 2007, pronunciato nei confronti del Ministero dell’economia e delle finanze, fissato il termine di durata ragionevole del giudizio in anni tre, liquidava per il danno non patrimoniale, per la parte eccedente Euro 3.330,00, dichiarando compensate, per la meta’, le spese del giudizio. Per la cassazione di questo decreto ha proposto ricorso M.C., affidato ad otto motivi; ha resistito con controricorso il Ministero dell’economia e delle finanze.

OSSERVA. 1.- Con i primi sei motivi e’ denunciata erronea e falsa applicazione di legge (L. n. 89 del 2001, art. 2, art. 1 e art. 6, par. 1 CEDU), in relazione al rapporto tra norme nazionali e la CEDU, nonche’ della giurisprudenza della Corte di Strasburgo e di questa Corte ed omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, omessa decisione di domande (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5; art. 112 c.p.c.) e, in sintesi, sono poste le seguenti questioni:

a) questione relativa alla efficacia della CEDU nell’ordinamento interno ed all’efficacia vincolante per il giudice nazionale della giurisprudenza della Corte EDU (sostanzialmente riproposta in tutti i motivi, richiamando sentenze della Corte europea e di questa Corte) ed e’ formulato il seguente quesito la L. n. 89 del 2001 e specificamente l’art. 2 costituisce applicazione dell’art. 6 par. 1 CEDU e in ipotesi di contrasto tra la Legge Pinto e la CEDU, ovvero di lacuna della legge nazionale si deve disapplicare la legge nazionale ed applicare la CEDU? (primo motivo).

b) Questioni concernenti la quantificazione del danno: l’indennizzo va liquidato nella misura annua di Euro 1.000,00 – 1.500,00 per l’intera durata del giudizio e non solo per la parte eccedente il termine di ragionevole durata (secondo motivo) ed il decreto non avrebbe motivato in ordine alla mancata osservanza di detto principio (terzo motivo); spetta un ulteriore somma rationae materiae (bonus di Euro 2.000,00), trattandosi di diritti dei lavoratori come stabilito dalla CEDU, o comunque l’equo indennizzo per tali materie va calcolato in misura maggiore? (quarto motivo) ed il giudice non si sarebbe pronunciato sulla relativa domanda e cio’ costituirebbe violazione dell’art. 112 c.p.c. (quinto motivo) e comporterebbe un difetto di motivazione (sesto motivo).

1.1.- I motivi 7 ed 8 denunciano violazione e falsa applicazione di legge ed erronea compensazione delle spese processuali, sul presupposto della contumacia della parte resistente, nonche’ vizio di motivazione in ordine alla disposta compensazione (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5), ed e’ formulato il seguente quesito di diritto: in ipotesi di accoglimento nei limiti della domanda deve seguire la condanna alle spese di lite? (settimo motivo) e il decreto sarebbe carente nella motivazione in ordine alla disposta compensazione delle spese del giudizio (ottavo motivo).

2.- I motivi indicati nel par. 1, da esaminare congiuntamente, perche’ giuridicamente e logicamente connessi, sono manifestamente infondati.

a) Relativamente alla questione sub a), ammissibile e rilevante per l’incidenza su quelle ulteriori, va ribadito il principio enunciato dalle S.U., in virtu’ del quale il giudice italiano, chiamato a dare applicazione alla L. n. 89 del 2001, deve interpretare detta legge in modo conforme alla CEDU per come essa vive nella giurisprudenza della Corte europea. Siffatto dovere opera entro i limiti in cui detta interpretazione conforme sia resa possibile dal testo della stessa L. n. 89 del 2001 (sentenza n. 1338 del 2004) e, come affermato dalla Corte costituzionale – contrariamente all’assunto dell’istante, che si palesa percio’ manifestamente erroneo – al giudice nazionale «spetta interpretare la norma interna in modo conforme alla disposizione internazionale, entro i limiti nei quali cio’ sia permesso dai testi delle norme. Qualora cio’ non sia possibile, ovvero dubiti della compatibilita’ della norma interna con la disposizione convenzionale interposta, egli deve investire questa Corte della relativa questione di legittimita’ costituzionale rispetto al parametro dell’art. 117 Cost., comma 1. (sentenze n. 348 e n. 349 del 2007).

Resta dunque escluso che, in caso di contrasto, possa procedersi alla non applicazione della norma interna, in virtu’ di un principio concernente soltanto il caso del contrasto tra norma interna e norma comunitaria. In questi termini e’ il principio che puo’ essere enunciato in relazione al quesito formulato con il primo motivo, che rivela la manifesta infondatezza della censura, nei termini in cui e’ stata proposta.

b) Relativamente alla quantificazione del danno, va ribadito che i criteri di determinazione del quantum della riparazione applicati dalla Corte europea non possono essere ignorati dal giudice nazionale, che deve riferirsi alle liquidazioni effettuate in casi simili dalla Corte di Strasburgo (dunque, avendo riguardo al parametro di Euro 1.000,00 – Euro 1.500,00 per anno di ritardo), ma deve escludersi che le norme disciplinatrici della fattispecie permettano di riconoscere – come ha invece sostenuto l’istante – una ulteriore, piu’ elevata somma, svincolata da qualsiasi parametro e dovuta in considerazione dell’oggetto e della natura della controversia.

Infatti, come ha chiarito questa Corte, i giudici europei hanno affermato che il c.d. bonus in questione va riconosciuto nel caso in cui la controversia riveste una certa importanza ed ha fatto un elenco esemplificativo, comprendente le cause di lavoro e previdenziali. Tuttavia, cio’ non implica alcun automatismo, ma significa soltanto che dette cause, in considerazione della loro natura, e’ probabile che siano di una certa importanza (Cass. n. 30570, n. 18012 del 2008). Siffatta valutazione rientra nella ponderazione del giudice del merito, che deve rispettare il parametro sopra indicato, con la facolta’ di apportare le deroghe giustificate dalle circostanze concrete della singola vicenda (quali: l’entita’ della posta in gioco, il numero dei tribunali che hanno esaminato il caso in tutta la durata del procedimento ed il comportamento della parte istante; per tutte, Cass. n. 1630 del 2006; n. 1631 del 2006;

n. 19029 del 2005), purche’ motivate e non irragionevoli (tra le molte, Cass. n. 30064 e n. 6898 del 2008; n. 1630 e n. 1631 del 2006).

Il giudice del merito puo’, quindi, attribuire una somma maggiore, qualora riconosca la causa di particolare rilevanza per la parte, senza che cio’ comporti uno specifico obbligo di motivazione, da ritenersi compreso nella liquidazione del danno, sicche’ se il giudice non si pronuncia sul ed. bonus, cio’ sta a significare che non ha ritenuto la controversia di tale rilevanza da riconoscerlo (Cass. n, 30570, n. 18012 del 2008).

Inoltre, la precettivita’, per il giudice nazionale, non concerne anche il profilo relativo al moltiplicatore di detta base di calcolo:

per il giudice nazionale e’, sul punto, vincolante la L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 3, lett. a), ai sensi del quale e’ influente solo il danno riferibile al periodo eccedente il termine ragionevole, non incidendo questa diversita’ di calcolo sulla complessiva attitudine della citata L. n. 89 del 2001 ad assicurare l’obiettivo di un serio ristoro per la lesione del diritto alla ragionevole durata del processo (Cass. n. 11566 del 2008; n. 1354 del 2008; n. 23844 del 2007).

In questi termini sono i principi che possono essere enunciati in relazione ai quesiti posti con i motivi in esame, con conseguente con conseguente manifesta infondatezza di detti mezzi.

Il decreto ha, infatti, applicato il parametro della Corte EDU, liquidando Euro 3.3000,00, per la violazione di anni tre 3 mesi 4, quindi Euro 1.000,00 per anno di ritardo, cio’ che basta anche a rendere adeguata la motivazione.

Le argomentazioni svolte dall’istante sono invece manifestamente astratte, scollegate dalla fattispecie concreta e non si danno carico di dedurre le ragioni specifiche che dovrebbero evidenziarne l’illogicita’, risultando prive di ogni specifica indicazione in ordine all’entita’ della controversia ed alla deduzione di ulteriori elementi gia’ nella fese di merito.

2.1.- I motivi indicati nel par. 1.1 possono essere esaminati congiuntamente, perche’ logicamente connessi, sembrano manifestamente inammissibili.

Il decreto ha condannato la convenuta a pagare la meta’ delle spese del giudizio.

I due mezzi in esame non pongono alcuna questione in ordine alla misura della liquidazione delle spese, ma censurano soltanto la compensazione delle spese.

Al riguardo, va ribadito l’orientamento di questa Corte, secondo il quale nel giudizio di equa riparazione, in materia di spese del processo sono applicabili le norme del codice di rito civile, non la disciplina prevista per il giudizio innanzi alla Corte EDU (Cass. n. 3812 e n. 3810 del 2009), con conseguente ammissibilita’ della compensazione delle stesso, che rende palesemente infondato il settimo motivo. Inoltre, la compensazione delle spese processuali spetta al potere discrezionale del giudice del merito, che puo’ disporla nel caso di soccombenza reciproca o qualora sussistano altri giusti motivi; la relativa motivazione e’ censurabile in questa sede ex art. 360 c.p.c., n. 5, ed il relativo vizio sussiste quando le argomentazioni del giudice del merito si palesino del tutto carenti o insufficienti, ovvero illogiche, incongruenti o contraddittorie.

Nella specie, il decreto ha compensato le spese del giudizio con l’accoglimento parziale della domanda, che costituisce motivazione sufficiente – risultando infondata la doglianza in ordine alla carenza di motivazione – e non incongrua, ne’ illogica”.

2.- Il Collegio condivide le conclusioni della relazione e le argomentazioni sulle quali esse si fondano e che conducono al rigetto del ricorso.

Le spese processuali del giudizio di legittimita’ vanno poste a carico della ricorrente nella misura liquidata in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rimborsare all’Amministrazione intimata le spese processuali che liquida in complessivi Euro 565,00 oltre le spese prenotate a debito.

Cosi’ deciso in Roma, il 19 ottobre 2009.

Depositato in Cancelleria il 13 luglio 2010

 

 

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