Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16493 del 31/07/2020

Cassazione civile sez. trib., 31/07/2020, (ud. 18/12/2019, dep. 31/07/2020), n.16493

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 31824/2018 R.G. proposto da:

Fallimento (OMISSIS) Srl in liquidazione, rappresentata e difesa

dall’Avv. Giuseppe Sangiovanni, con domicilio eletto presso l’Avv.

Alberto Di Capua in Roma via V. Vittoria Colonna n. 40, giusta

procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via

dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Campania n. 2766/11/18, depositata in data 26 marzo 2018.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18 dicembre

2019 dal Consigliere Dott. Fuochi Tinarelli Giuseppe.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

(OMISSIS) Srl, esercente commercio all’ingrosso di telefoni cellulari e componenti elettronici, impugnava gli avvisi di accertamento emessi dall’Agenzia delle entrate per gli anni 2009, 2010 e 2011 per Iva per aver la società effettuato cessioni intracomunitarie irregolari nei confronti di clienti comunitari (sloveni e slovacchi, nonchè, con riguardo al 2009, anche per una cessione verso San Marino) con codice di identificazione unionale cessato o inesistente ed in assenza dell’effettiva esportazione dei beni, nonchè, correlativamente, per aver effettuato acquisti in sospensione d’imposta eccedenti il plafond disponibile e, con riguardo al 2010 e 2011, senza aver diritto al plafond per carenza dello status di esportatore abituale, irrogando le conseguenti sanzioni.

Le impugnazioni, previa riunione dei ricorsi, erano rigettate dalla CTP di Napoli. La sentenza era confermata dal giudice d’appello.

(OMISSIS) Srl ricorre per cassazione con tre articolati motivi. L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso. La contribuente deposita altresì memoria.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Il primo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione del D.L. n. 331 del 1993, artt. 41, 46 e 50, conv. nella L. n. 427 del 1993, nonchè, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, violazione dell’art. 112 c.p.c. ovvero dell’art. 111 Cost., comma 6, D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4 e art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4.

1.1. La contribuente, in particolare, lamenta che la CTR abbia errato a trascurare che il sistema VIES era stato attivato solo dal 2010, nonchè a ritenere imponibili le operazioni per il solo fatto che le cessioni erano avvenute a favore di clienti comunitari con codice identificativo cessato o inesistente.

Denuncia, inoltre, omessa pronuncia sull’eccepita effettività delle esportazioni e, in ogni caso, sulla ricorrenza della buona fede per essere stata tratta in inganno sull’avvenuta esportazione; in via subordinata deduce, su tali profili, vizio di motivazione apparente.

2. Il primo motivo è inammissibile, neppure cogliendo l’effettiva ratio della decisione impugnata, oggetto di frammentaria lettura.

2.1. La CTR, infatti, non ha affermato l’imponibilità delle operazioni in base alla sola inosservanza degli obblighi – discendenti dal D.L. n. 331 del 1993 – di corretta e regolare emissione delle fatture in quanto corredate di codici identificativi risultati cessati o inesistenti (perchè mai sorti), ma, in termini più puntuali, ha rilevato che tale mancanza comportava che “il fisco può assoggettare lo scambio come nazionale e recuperare l’imposta, restando onere del cedente provare la sussistenza dei presupposti di fatto che giustificano la deroga”.

E’ ben vero, infatti, che l’errata indicazione dei codici identificativi non osta al riconoscimento del regime di non imponibilità se la cessione sia stata effettivamente compiuta e la merce sia stata trasferita all’estero (v. da ultimo Cass. n. 25651 del 15/10/2018), ma ciò avviene solo se il contribuente abbia assolto il relativo onere della prova.

La condotta inosservante, del resto, non è, di per sè, irrilevante od esente da responsabilità poichè l’indicazione erronea, omessa od incompleta non consente l’ordinario funzionamento del sistema di gestione degli scambi intracomunitari sotto il profilo fiscale e pregiudica l’attività di controllo dell’Ufficio.

2.2. Il giudice regionale ha infatti escluso che la società avesse provato l’effettività dell’esportazione, senza limitarsi ad affermare (con riguardo ad una delle cessioni) che erano “generiche le doglianze dell’appellante circa l’effettività delle esportazioni verso San Marino siano effettivamente avvenute”, ma, in termini ampi e diffusi e riprendendo e facendo propria la motivazione del giudice di primo grado, rilevando che la “documentazione” depositata dalla contribuente non era idonea a incidere sul “quadro indiziario ricostruito dall’Ufficio”, fondato su una pluralità di elementi univoci e tra loro concordanti. In particolare ha rilevato che:

– “la Lan”, con la quale la (OMISSIS) aveva concluso commesse per ingentissimi importi, “è stata considerata nella frode comunitaria dell’Iva di varie imprese italiane ed è stata cancellata nel 2011”, contrattava con numerosi “missing traders”;

– i rapporti erano, nonostante l’ammontare degli scambi, strettamente informali (“a mezzo telefono o mail”), senza che vi sia “traccia di contrattazione tra le parti su quantitativi di merci e sui prezzi”, circostanze da cui ha derivato altresì una significativa carenza in punto di diligenza, ulteriormente aggravata dal rilievo che i pagamenti “erano anticipati” ed operati con “assegni circolari emessi in Italia”;

– anomalie ed incongruenze sono state rilevate anche con riguardo al trasporto, le cui indicazioni erano frequentemente inesatte;

– è poi documentato (“trovati tra i file della Concorde”) che la contribuente “dava istruzioni alla” Semenic “su come dovessero essere formati i documenti di trasporto”;

– la merce, inoltre, era “velocemente collocata sul mercato, in particolare su quello italiano”;

– analoghe anomalie e modus operandi investivano le operazioni rispetto alle altre società;

2.3. Quanto, specificamente, alla cessione verso San Marino, la CTR ha rimarcato che “la ricorrente non ha fornito la prova dell’avvenuta esportazione”, non essendovi prova nè del pagamento (ma solo di un bonifico di importo e contenuto irrelato rispetto all’operazione), nè, quanto al trasporto, della corrispondenza rispetto alla fattura.

2.4. In conclusione, pertanto, il giudice regionale ha affermato la fondatezza delle riprese non solo e non tanto in ragione delle avvenute violazioni cd. formali ma perchè le esportazioni non erano materialmente avvenute:

Va sottolineato, del resto, che la circostanza – pure evidenziata dalla CTR – per cui la merce era collocata velocemente sul mercato “in particolare su quello italiano” è tale da acclarare che, per la CTR, in realtà sussisteva, in termini inequivoci, la prova positiva della non avvenuta esportazione, in alcun modo incisa dalla contribuente.

3. Infondata è, conseguentemente, la dedotta violazione dell’art. 112 c.p.c.: la CTR, infatti, ha espressamente statuito sul mancato trasferimento effettivo della merce.

Nè sussiste omessa pronuncia sulla asserita buona fede, avendo la sentenza impugnata posto in risalto le mancanze e le inadeguate verifiche operate dalla contribuente (prima tra tutte proprio l’omesso controllo dell’effettività delle società estere e della corrispondenza dei codici identificativi), il carattere informale dei rapporti, poco congrui con l’entità degli scambi in discussione, nonchè l’esistenza di ulteriori elementi (istruzioni su come formare i documenti di trasporto) incompatibili con la dedotta inconsapevolezza.

4. Inammissibile è la denunciata apparenza motivazionale, la quale, in evidenza, non sussiste.

La censura, in realtà, mira a contestare la sufficienza della motivazione o, anche, la stessa valutazione degli elementi di prova operata dal giudice di merito, da cui la sua inammissibilità.

5. Il secondo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, violazione dell’art. 112 c.p.c., art. 111 Cost., comma 6, D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4 e art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4.

5.1. In sostanza la contribuente ripropone, con specifico riguardo alla cessione verso San Marino, le medesime doglianze su esposte, deducendo omessa pronuncia sull’effettività dell’esportazione o, in subordine, sulla buona fede.

Deduce, in relazione ai medesimi profili, omessa motivazione, nonchè, in via ulteriore con riguardo all’eccezione di buona fede, la sua inesistenza per intrinseca contraddittorietà, non essendo riferibili le affermazioni della CTR alla buona fede.

6. La doglianza è infondata quanto alla denunciata omessa pronuncia, inammissibile per il resto.

6.1. La CTR, infatti, come già evidenziato, ha espressamente affermato la carenza di ogni idonea prova a dimostrare l’effettività dell’esportazione e del tutto generiche le doglianze avanzate.

6.2. Non sussiste, parimenti, l’asserita apparenza motivazionale.

La CTR ha escluso vi fosse la prova del pagamento ed ha valutato come non pertinente la documentazione di trasporto rispetto alla merce oggetto della fattura; da ciò l’insussistenza non solo dell’avvenuta esportazione ma anche dell’asserita buona fede in ordine a tale esito.

La doglianza pone, dunque, anche in questo caso, una questione di sufficienza della motivazione e del ragionamento in fatto operato dal giudice nella valutazione delle prove, non più proponibile.

6.3. Nè è configurabile la dedotta intrinseca contraddittorietà.

Ferma la carenza in punto di autosufficienza con riguardo alla documentazione invocata, è dirimente che la CTR ha escluso la congruità tra le indicazioni del documento di trasporto e la fattura.

Non assume rilievo, dunque, che l’atto sia stato indicato come “copia dell’attestazione dell’avvenuto trasporto rilasciato dalla “Bartolini Corriere Espresso” (come precisato a pag. 8 della sentenza) ovvero “ddt” (come in motivazione a pag. 15), e ciò tanto più che, come risulta dalla stessa sentenza (pag. 8 in fondo), era stata la stessa contribuente a precisare che “la procedura informatica del corriere logistico “Bartolini BRT” prevedeva l’emissione dei D.D.T. come passaggio indispensabile…”.

7. Il terzo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, violazione dell’art. 111 Cost., comma 6, D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4 e art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4.

7.1. Il motivo, con cui si ripropongono, in sostanza, le medesime censure sopra svolte, è inammissibile investendo l’asserita congruità ed adeguatezza del ragionamento presuntivo, neppure considerando che la valutazione operata dalla CTR ha riguardato il complesso delle condotte poste in essere dalla contribuente nonchè la carenza, per la loro totalità, di idonei elementi di prova da parte della contribuente a sostegno vuoi dell’ineffettività dell’esportazione, vuoi della diligenza e buona fede nella realizzazione delle operazioni stesse.

8. Il ricorso va pertanto rigettato e le spese liquidate, come in dispositivo, per soccombenza.

Infine, condividendo l’orientamento da ultimo affermato da Cass. n. 22646 del 11/09/2019 (v. in senso contrario Cass. n. 27867 del 30/10/2019), va rilevato che, secondo quanto risulta agli atti, la soccombente è stata ammessa al patrocinio a spese dello Stato, da cui la conseguente prenotazione a debito del contributo unificato, sicchè non trova applicazione il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il Fallimento (OMISSIS) Srl in liquidazione al pagamento delle spese a favore dell’Agenzia delle entrate che liquida in Euro 29.000,00, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 18 dicembre 2019.

Depositato in cancelleria il 31 luglio 2020

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