Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16492 del 11/06/2021

Cassazione civile sez. II, 11/06/2021, (ud. 18/12/2020, dep. 11/06/2021), n.16492

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Maria Rosa – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23445/2019 proposto da:

K.A., rappresentato e difeso dall’avvocato CHIARA BELLINI,

giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI CASERTA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 899/2019 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 19/02/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

18/12/2020 dal Consigliere Dott. ROSSANA GIANNACCARI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte d’appello di Napoli, con sentenza del 19.2.2019 rigettò l’appello proposto da K.A., cittadino della Costa d’Avorio, avverso la sentenza del Tribunale di Napoli, che aveva confermato il provvedimento della Commissione Territoriale di Caserta di rigetto del riconoscimento della protezione internazionale nella forma del riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e del diritto di rilascio di un permesso umanitario.

La corte di merito, pur ritenendo che l’opposizione avverso il provvedimento della Commissione territoriale fosse tempestivo, decidendo nel merito, rilevò che il ricorrente, in relazione alla domanda di protezione umanitaria, limitatamente alla quale aveva proposto impugnazione, non aveva allegato elementi per dimostrare l’integrazione nel territorio dello Stato, nè i rischi ai quali sarebbe esposto in caso di rimpatrio.

Per la cassazione della sentenza d’appello ha proposto ricorso K.A. sulla base di tre motivi.

Il Ministero dell’interno non ha svolto attività difensiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso, si deduce “la violazione delle norme che disciplinano i presupposti per il riconoscimento della protezione internazionale e umanitaria: D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, lett. g), artt. 5, 7 e 14 (per lo status di rifugiato e di persona avente diritto alla protezione sussidiaria), del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, comma 1, D.P.R. n. 394 del 1999, art. 11, comma 1 lett. c-ter (per la protezione umanitaria).

Con il secondo motivo di ricorso si deduce la “violazione, anche quale vizio di motivazione su un punto decisivo della controversia oggetto di discussione tra le paarti, del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, lett. e)” per non avere la corte di merito adempiuto ai doveri di cooperazione istruttoria per valutare compiutamente la situazione oggettiva del richiedente la protezione internazionale in relazione alle condizioni del paese d’origine.

Con il terzo motivo di ricorso, si deduce la violazione del principio del “non refoulment” di cui all’art. 3 CEDU e art. 33 della Convenzione di Ginevra per non avere il giudice di merito valutato il rischio di esposizione del richiedente alla minaccia alla propria vita in caso di rientro nel paese di provenienza.

Il ricorso è inammissibile sotto diversi profili.

Com’è noto, l’art. 366 c.p.c., nel dettare le condizioni formali del ricorso, ossia i requisiti di “forma-contenuto” dell’atto introduttivo del giudizio di legittimità, configura un vero e proprio “modello legale” del ricorso per cassazione, la cui violazione è sanzionata con l’inammissibilità del ricorso.

Con particolare riferimento al requisito della “esposizione sommaria dei fatti della causa” di cui all’art. 366 c.p.c., n. 3, va osservato che tale requisito è posto, nell’ambito del modello legale del ricorso, non tanto nell’interesse della controparte, quanto in funzione del sindacato che la Corte di cassazione è chiamata ad esercitare e, quindi, della verifica della fondatezza delle censure proposte. L’esposizione sommaria deve avere ad oggetto sia i fatti sostanziali sia i fatti processuali necessari alla comprensione dei motivi di ricorso.

Il legislatore colloca infatti l’esposizione sommaria dei fatti prima di quello dei motivi, poichè la lettura del ricorso precede l’esame dei motivi ed implica la comprensione dell’iter processuale e delle decisioni di merito. Il giudice, attraverso l’esposizione dei fatti deve cogliere le censure della sentenza impugnata e le varie vicende del processo, soprattutto considerando che il nuovo testo dell’art. 132 c.p.c., n. 4 (come modificato dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 45, comma 17) non prescrive più che la sentenza debba contenere “la concisa esposizione dello svolgimento del processo”, limitandosi a prescrivere che essa contenga “la concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione”.

In altri termini, secondo il “modello legale” apprestato dall’art. 366 c.p.c., la Corte di Cassazione, prima di esaminare i motivi, dev’essere posta in grado, attraverso una riassuntiva esposizione dei fatti, di percepire sia il rapporto giuridico sostanziale originario da cui è scaturita la controversia, sia lo sviluppo della vicenda processuale nei vari gradi di giudizio di merito, in modo da poter procedere poi allo scrutinio dei motivi di ricorso munita delle conoscenze necessarie per valutare se essi siano deducibili e pertinenti; questa valutazione è possibile solo se chi esamina i motivi sia stato previamente posto a conoscenza della vicenda sostanziale e processuale in modo complessivo e sommario, mediante una “sintesi” dei fatti che si fondi sulla selezione dei dati rilevanti e sullo scarto di quelli inutili.

Va quindi data continuità all’orientamento consolidato delle Sezioni Unite del 22/05/2014, n. 11308, con cui è stato affermato che il ricorso per cassazione in cui manchi completamente l’esposizione dei fatti di causa e del contenuto del provvedimento impugnato è inammissibile; tale mancanza non può essere superata attraverso l’esame delle censure in cui si articola il ricorso, non essendone garantita l’esatta comprensione in assenza di riferimenti alla motivazione del provvedimento censurato, nè attraverso l’esame di altri atti processuali, ostandovi il principio di autonomia del ricorso per cassazione (ex multis Cassazione civile sez. II, 24/04/2018, n. 10072).

Nel caso di specie, il ricorso difetta dell’esposizione sommaria dei fatti, con riferimento alla vicenda narrata dal ricorrente innanzi alla Commissione Territoriale, all’articolazione della domanda di protezione internazionale, alle ragioni che lo avevano indotto a lasciare il proprio paese, alle sue condizioni di vita personali ed al contenuto della decisione dell’organo amministrativo.

Detti elementi erano necessari per comprendere le censure mosse alla decisione della corte di merito in relazione ai fatti posti a fondamento della protezione internazionale, sia sotto il profilo della violazione di legge che del vizio di omessa motivazione.

Va, inoltre, rilevato che, pur avendo il ricorrente limitato la domanda al riconoscimento del rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, censura la sentenza impugnata anche in relazione alla domanda di riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria.

Quanto alla protezione umanitaria, i motivi di ricorso si limitano a richiamare in modo astratto la violazione di numerose norme di legge, senza ancorarle al decisum della corte territoriale in termini di condizioni di vulnerabilità o di integrazione nel paese ospitante o di altre ragioni che giustificano la permanenza in Italia.

Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile.

Non deve provvedersi sulle spese non avendo il Ministero svolto attività difensiva.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte di Cassazione, il 18 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 11 giugno 2021

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