Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16492 del 05/08/2016


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Cassazione civile sez. trib., 05/08/2016, (ud. 16/05/2016, dep. 05/08/2016), n.16492

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – rel. Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 728-2009 proposto da:

WORLD STARTEL COMMUNICATIONS SPA, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIALE

PARIOLI 43, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO D’AYALA VALVA,

che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati TONJ DELLA

VECCHIA, ANTONINO PALMERI giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– resistente con atto di costituzione –

avverso la sentenza n. 71/2007 della COMM.TRIB.REG. della LOMBARDIA,

depositata il 07/11/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/05/2016 dal Consigliere Dott. ENRICO SCODITTI;

udito per il resistente l’Avvocato GAROFOLI che ha chiesto il

rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUZIO Riccardo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Nei confronti di World Startel Communications s.p.a. (W.S.C.) venne emesso relativamente all’anno d’imposta 1999 avviso di accertamento per IVA pari ad Euro 132.755,25 sulla base di p.v.c. per fatture relative ad operazioni soggettivamente inesistenti. La contribuente propose istanza di autotutela con richiesta di annullamento dell’atto impositivo nonchè ricorso avverso il medesimo atto, deducendo l’omessa allegazione del p.v.c., la mancanza dei presupposti per l’accertamento parziale e l’effettività delle operazioni commerciali. Successivamente l’Ufficio comunicò il diniego di autotutela, allegando il p.v.c. La CTP accolse il ricorso. L’appello dell’Ufficio venne accolto dalla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia sulla base della seguente motivazione.

Circa l’eccezione di mancata allegazione del p.v.c. “il collegio ritiene che non sia stata fornita la prova di tale mancata allegazione…seppur sinteticamente l’atto impositivo a pag. 3 elenca chiaramente i fatti oggettivi su cui si fonda la contestazione tributaria, perchè indica l’ammontare della detrazione IVA non dovuta, illustra il contenuto del p.v.c., presupposto della vertenza e dichiara l’allegazione di uno stralcio di detto verbale all’atto di accertamento. Tale stralcio di verbale, che risulta dagli atti di causa, fornisce ulteriori elementi che integrano la documentazione a sostegno dell’atto impositivo, con l’elenco delle fatture delle operazioni ritenute fittizie. Per tali considerazioni si deve ritenere che l’Ufficio abbia assolto l’obbligo di fornire una adeguata motivazione alla sua richiesta…Un’altra prova dell’avvenuta conoscenza da parte del contribuente del p.v.c. sta nel fatto che in occasione della presentazione, da parte della contribuente, della istanza di accertamento con adesione, avvenuta il 21.12.04, era allegato il p.v.c.”. In relazione ai presupposti per l’accertamento parziale, osserva la CTR che “la procedura risulta corretta, in quanto la contestazione è stata originata da segnalazioni provenienti da organi esterni a quelli deputati all’attività accertatrice. Nel nostro caso l’Agenzia delle Entrate si è limitata ad accertare, senza ricorrere ad una sua autonoma e più approfondita attività istruttoria, i fatti segnalati in contrasto con la normativa tributaria provenienti da terzi e quindi risulta più che coerente il ricorso all’accertamento parziale, limitato cioè ai dati del p.v.c.”. Nel merito osserva la CTR, con riferimento alla società emittente le fatture (Intel s.r.l.), che risulta “riscontrato, senza ombra di dubbio, che non avesse le capacità tecnico-organizzative per reggere ad operazioni così consistenti, sia dal punto di vista della qualità della merce compravenduta, sia dal punto di vista dell’importo della operazione di cui si discute. E’ accertato che l’INTEL s.r.l., dopo aver ceduto beni ad imprese nazionali, per neutralizzare l’IVA dovuta, ha annotato nelle proprie scritture contabili fatture passive oggettivamente false, emesse da altre società cartiere. Anche per l’operazione che vede interessata la contribuente non sono state fornite prove convincenti della effettività delle operazioni, anzi l’importo della fattura della rilevante somma di Lire 1.542.300.000 risulta pagato solo per Lire 150.000.000. La rimanente somma di circa Lire 1.400.000.000 doveva essere pagata con la cessione di un credito, non andato a buon fine. Ciò fa apparire l’operazione del tutto fittizia”.

Ha proposto ricorso per cassazione la contribuente sulla base di otto motivi.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la ricorrente che, contrariamente a quanto affermato dalla CTR, l’onere di provare l’allegazione del p.v.c. all’atto impositivo, ovvero l’effettiva conoscenza dei documenti da parte del contribuente, incombe sull’Ufficio e non sul contribuente e che nella specie la prova non era stata fornita.

Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7 e dell’art. 137 c.p.c., comma 2 e art. 148 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la ricorrente che la dichiarazione di allegazione di stralcio del p.v.c. all’avviso di accertamento, contrariamente a quanto affermato dalla CTR, non costituisce prova dell’allegazione avuto riguardo alla circostanza che la relata di notifica era stata apposta non in calce, ma sul frontespizio dell’originale dell’avvio di accertamento.

Con il terzo motivo si denuncia violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 56 ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonchè insufficiente e contraddittoria motivazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Espone la ricorrente che l’atto impositivo era così motivato: “visto lo stralcio del p.v.c., di cui si allega copia, redatto, in data 21 agosto 2001, dal Comando Guardia di Finanza di Pomezia dal quale si rileva che la società esaminata ha contabilizzato fatture per operazioni soggettivamente inesistenti emesse dalla INTEL s.r.l., con sede in Pomezia, Lungomare delle Meduse 295, per un imponibile di Lire 1.285.250.000, imposta IVA corrispondente di Lire 257.050.000 (aliquota 20%), verbale qui integralmente richiamato e condiviso. Dall’esame del citato p.v.c. si rileva che la s.r.l. INTEL è la capofila di una organizzazione di imprese operanti nel settore import-export di apparecchi radio televisivi, telefonini ecc., create al fine di evadere le imposte adottando il sistema della interposizione fittizia, di imprese cartiere, per la distribuzione di beni sul mercato nazionale e la provenienza estera degli stessi beni”. Osserva la ricorrente che, benchè la CTR affermi che nella motivazione sarebbero stati indicati tutti gli elementi contenuti nel p.v.c., essa non ha specificato quali siano l’oggetto, il contenuto ed i destinatari del p.v.c. e che nell’atto non risultano indicate neanche le fatture supposte soggettivamente inesistenti, sicchè erroneamente il giudice tributario ha ritenuto che nell’avviso di accertamento sia stato riprodotto il contenuto essenziale del p.v.c. Aggiunge la ricorrente che la CTR, non specificando quali sarebbero gli elementi del p.v.c. riprodotti nell’avviso, compie una mera petizione di principio e che, affermando che lo stralcio di verbale agli atti di causa fornisce ulteriori elementi ad integrazione della documentazione a sostegno dell’atto impositivo, o ricade in una contraddizione, in quanto da un lato si ritiene completa la motivazione dell’atto impositivo e dall’altro la si ritiene integrata con lo stralcio del p.v.c, o evidenzia una carenza di motivazione della sentenza, non avendo indicato gli elementi necessari e sufficienti per la motivazione dell’atto impositivo.

Con il quarto motivo si denuncia violazione del D.L. n. 546 del 1992, art. 32, comma 1, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la ricorrente che, come tempestivamente eccepito dalla contribuente, il p.v.c. era stato prodotto in primo grado tardivamente dall’Ufficio, essendosi costituito solo in data 14 settembre 2005 e dunque oltre i termini di legge, e che in appello non era stata esercitata la facoltà di produrre nuovi documenti. Aggiunge che la CTR, la quale ha considerato lo “stralcio di verbale, che risulta agli atti di causa”, non poteva tenere conto della documentazione tardivamente prodotta dall’Ufficio.

Con il quinto motivo si denuncia illogicità, carenza e contraddittorietà della motivazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Espone la ricorrente, con riferimento al passaggio motivazionale secondo cui “in occasione della presentazione, da parte della contribuente, della istanza di accertamento con adesione, avvenuta il 21.12.04, era allegato il p.v.c.”, che la ricevuta di consegna dell’istanza di accertamento con adesione, proveniente dall’Ufficio (documento in atti), non menzionava la circostanza dell’allegazione del p.v.c., in quanto sì limitava a dare atto della mera presentazione dell’istanza, sicchè non si comprende come la CTR abbia potuto fondare il proprio convincimento su un documento che non contiene alcun riferimento al p.v.c. nè la CTR illustra le circostanze dell’avvenuta consegna e conoscenza del p.v.c.

Con il sesto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la ricorrente che non ricorrevano i presupposti per l’accertamento parziale perchè il p.v.c. redatto dalla GdF non costituiva una segnalazione, ma il risultato di una complessa attività di verifica fiscale nei confronti di un terzo, e che all’accertamento parziale fosse consentito ricorrere solo in presenza di segnalazioni lo dimostra la modifica dell’art. 54, non applicabile al caso di specie in quanto successiva, che ne ha esteso la possibilità anche ad accessi, ispezioni e verifiche.

Con il settimo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19 e art. 2697 c.c. ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, 3. Osserva la ricorrente, a proposito dell’affermazione della CTR secondo cui “anche per l’operazione che vede interessata la contribuente non sono state fornite prove convincenti della effettività delle operazioni”, che non spetta al contribuente provare l’effettività dell’operazione, ma all’Ufficio la non rispondenza della fattura all’operazione commerciale e che nel caso di specie nessuna prova era stata fornita dall’Amministrazione finanziaria.

Con l’ottavo motivo si denuncia omessa e/o insufficiente motivazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Osserva la ricorrente che la CTR ha affermato che la società emittente la fattura “senza ombra di dubbio” non avesse le capacità tecnico-organizzative per reggere ad operazioni così consistenti, ma non ha specificato ed indicato alcun tipo di prova che consentisse di dimostrare tale asserzione, sicchè deve ritenersi che abbia omesso di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento, ovvero abbia indicato tali elementi senza una approfondita disamina.

Il ricorso è inammissibile.

In materia di notificazione a mezzo posta l’avviso di ricevimento, pur non essendo elemento costitutivo del procedimento di notificazione, costituisce il solo documento idoneo a provare sia l’intervenuta consegna dell’atto al destinatario che la data di questa e l’identità e l’idoneità della persona a mani della quale la consegna è stata eseguita. Ne deriva che l’omessa produzione di tale avviso, non incidendo sulla validità della notifica, non ammette il meccanismo di rinnovazione di cui all’art. 291 c.p.c. ma neppure impedisce che l’intimato, costituendosi, provi che la consegna è realmente avvenuta; se, invece, mancando il deposito dell’avviso, l’intimato non si sia costituito, il ricorso per cassazione va dichiarato inammissibile (Cass. n. 16354 del 2007). Nel caso di specie non risulta prodotto l’avviso di ricevimento e l’intimato, benchè abbia partecipato alla discussione, non si è ritualmente costituito mediante controricorso.

Nulla per le spese stante la mancata costituzione dell’intimato.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 16 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 5 agosto 2016

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA