Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1649 del 24/01/2020

Cassazione civile sez. VI, 24/01/2020, (ud. 25/09/2019, dep. 24/01/2020), n.1649

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – rel. Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19668-2018 proposto da:

T.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLE ACACIE,

13 C/O il CENTRO CAF, presso l’avvocato GIANCARLO DI GENIO,

rappresentata e difesa dall’avvocato FELICE AMATO;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, V. CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE

DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati ANTONIETTA

CORETTI, VINCENZO STUMPO, VINCENZO TRIOLO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 545/2017 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 03/07/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 25/09/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO

RIVERSO.

Fatto

RILEVATO

Che:

il tribunale di Salerno, con sentenza n. 2041/2017, aveva accolto la domanda proposta da T.L. nei confronti dell’INPS avente ad oggetto l’accertamento di un rapporto di lavoro agricolo ed il diritto all’iscrizione negli elenchi dei lavoratori agricoli per le giornate di lavoro svolto dal 19.3.2007 al 30.7.2007 ai fini dell’ottenimento delle connesse prestazioni per la disoccupazione; il tribunale condannava altresì l’Inps al pagamento in favore della ricorrente delle spese processuali liquidate in Euro 1700,00.

La Corte d’appello di Salerno, decidendo con sentenza n. 545/2017, sugli appelli principale della T. ed incidentale dell’INPS, entrambi concernenti la liquidazione delle spese processuali, accoglieva l’appello dell’INPS, ed in parziale riforma della decisione impugnata compensava per intero le spese del precedente grado di giudizio nonchè quelle del grado di appello; ritenendo ricorrenti giusti motivi connessi alle questioni trattate, ai sensi dell’art. 92 c.p.c. come risultante a seguito della novella ex L. n. 263 del 2005″ e legati principalmente alla doverosità pro tempore del comportamento dell’INPS a fronte della situazione appalesatesi a sua conoscenza in relazione alla condotta dell’azienda dove aveva lavorato la ricorrente,-essendo l’Inps obbligato a procedere al disconoscimento dei rapporti di lavoro agricolo dove emergevano incongruenze nel raffronto tra i dati aziendali accertati e gli elementi relativi alla manodopera occupati; incongruenze che nel caso di specie erano emerse in sede ispettiva per le annualità immediatamente precedente al 2007 ed anche con riferimento all’annualità dedotta in giudizio;

Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione T.L. affidando le proprie censure ad un motivo. L’INPS ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. – Con l’unico motivo di ricorso la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., vigenti all’epoca dell’instaurazione del giudizio (20.4.2009), anche con riferimento al D.L. n. 7 del 1970, art. 22, (all’epoca vigente) in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3; nonchè erronea valutazione dei fatti di causa e dei documenti depositati nel giudizio, in relazione agli artt. 3, 4 e 5 c.p.c..

2. – Il ricorso è fondato nei termini di seguito indicati. Va chiarito in premessa che il potere giudiziale di disporre la compensazione delle spese era regolato nel caso in esame dall’art. 92 c.p.c. come riscritto dalla L. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 2, (ed applicabile ai procedimenti instaurati successivamente al 1 marzo 2006) in quanto il ricorso introduttivo della lite era stato depositato il 20.4.2009; pertanto, in mancanza di reciproca soccombenza, il potere di compensare le spese era subordinato all’esistenza di “giusti motivi esplicitamente indicati nella motivazione”; non poteva applicarsi invece nè la normativa codicistica precedente, la quale non richiedeva di indicare specificamente i giusti motivi nella motivazione (su cui S.U. n. 20598 del 30 luglio 2008); nè la normativa successiva (introdotta dalla L. n. 69 del 2009 a decorrere dal 4.7.2009) la quale prevedeva che il medesimo potere fosse subordinato all’esistenza di “gravi ed eccezionali ragioni esplicitamente indicate nella motivazione” (prima della ulteriore modifica intervenuta con D.L. 12 settembre 2014, n. 132, conv. in L. 10 novembre 2014, n. 162, secondo cui la compensazione è possibile, in mancanza di reciproca soccombenza, solo “nel caso di assoluta novità delle questioni trattate o mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti”).

3. – In secondo luogo va ricordato che nel caso di specie l’esito del giudizio di primo grado era stato totalmente vittorioso per la lavoratrice. Non ricorreva perciò reciproca soccombenza.

Ed i giusti motivi, necessari per poter derogare il principio di soccombenza e disporre la compensazione delle spese in favore dell’INPS, non potevano invece farsi discendere dalla natura del procedimento e dalle previsioni della normativa (D.L. n. 16 del 2004, art. 1, conv. in L. n. 77 del 2004 che aveva novellato il D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 44, comma 7, conv. con mod. nella L. 24.11.2003) in base alla quale l’Inps sarebbe stato obbligato a procedere al disconoscimento dei rapporti di lavoro agricolo dove emergevano in sede ispettiva incongruenze nel raffronto tra i dati aziendali accertati e gli elementi relativi alla manodopera occupati; dal momento che, invece, le determinazioni assunte dall’INPS nei riguardi della ricorrente si sono comunque rivelate prive di qualsiasi fondamento in giudizio, anche con precipuo riferimento al periodo di lavoro dedotto in giudizio rispetto al quale neppure era emersa alcuna contestazione già nella stessa sede ispettiva. E come questa Corte di legittimità ha più volte fatto rilevare in cause analoghe (Cass. n. 12542/2018, nn. 26072 e 26073/2016, n. 23152/2016, nn. 22939/2016, 16224/2016, 160004/2016/2015/2017) la lavoratrice ricorrente non poteva subire effetti pregiudizievoli, neppure nella regolazione delle spese processuali relative alla propria specifica controversia, dai comportamenti illeciti eventualmente assunti dal datore di lavoro nei confronti dell’INPS in relazione a differenti lavoratori od emergenti in altre diverse controversie.

4. – Onde la decisione assunta in proposito con la sentenza impugnata risulta sfornita di una congrua giustificazione; l’esito finale della lite dovendo invece comportare il pagamento delle spese processuali in base al principio di causalità e di soccombenza ex art. 91 c.p.c. non sussistendo alcun presupposto per la compensazione ex art. 92 c.p.c..

5. – Le considerazioni sin qui svolte impongono dunque di accogliere il ricorso con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio della causa al giudice indicato in dispositivo per la prosecuzione della causa e la liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.

6. – Avuto riguardo all’esito del giudizio non sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato, ove dovuto, di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Salerno in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della non sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, se dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, all’adunanza camerale, il 25 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 24 gennaio 2020

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