Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16489 del 05/08/2016


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Cassazione civile sez. trib., 05/08/2016, (ud. 05/05/2016, dep. 05/08/2016), n.16489

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente –

Dott. CHINDEMI Domenico – Consigliere –

Dott. ZOSO Liana – Consigliere –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 29325-2011 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del diretto pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

P.P.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 193/2010 della COMM.TRIB.REG. del LLAZIO,

depositata il 12/10/2010;

udita la relazione della causa svolta nella udienza pubblica del

05/05/2016 dal Consigliere Dott. GIACOMO MARIA STALLA;

udito per il ricorrente l’Avvocato PALASCIANO che ha chiesto

l’accoglimento;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DEL

CORE Sergio, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL GIUDIZIO

L’agenzia delle entrate propone due motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 20/09/2010 del 12 ottobre 2010 con la quale la commissione tributaria regionale di Roma, a conferma della prima decisione, ha affermato l’illegittimità dell’avviso di liquidazione notificato a P.P. a seguito di accertamento di maggior valore – ai fini dell’imposta complementare di registro – di un immobile da quest’ultima venduto.

In particolare, la commissione tributaria regionale ha ravvisato l’illegittimità dell’avviso di liquidazione in oggetto, poichè: – esso si basava su una pretesa la cui infondatezza era già stata accertata con sentenze passate in giudicato su ricorsi di altri contraenti, obbligati in solido al pagamento dell’imposta; – nulla ostava a che la P. si giovasse, ex art. 1306 c.c., comma 2, di tale giudicato favorevole, atteso che la sentenza della commissione tributaria provinciale di Roma n. 602/43/2000 emessa nei suoi diretti riguardi, e sulla base della quale l’ufficio le aveva notificato l’avviso di liquidazione qui impugnato, non era ancora divenuta definitiva.

Nessuna attività difensiva è stata posta in essere dalla P..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso l’agenzia delle entrate lamenta – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – nullità della sentenza o del procedimento per violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57; per avere la commissione tributaria regionale accolto un’eccezione (non definitività della sentenza della commissione tributaria provinciale n. 602/43/00 per intervenuta proposizione di appello) inammissibilmente opposta dalla P. soltanto in sede di gravame.

Il motivo è infondato.

Va infatti considerato che, nel dedurre in giudizio la non definitività della sentenza della CTP sulla quale si basava l’avviso di accertamento, la P. intese sostenere la mancanza di elementi ostativi all’applicazione nei suoi confronti, ex art. 1306 c.c., del giudicato favorevole ottenuto dagli altri contraenti. Si verteva dunque, non già di una vera e propria eccezione assoggettata al potere dispositivo della parte e suscettibile di decadenza processuale per divieto di novità, bensì di una allegazione difensiva volta a suscitare il rilievo di una circostanza (i presupposti di applicazione del giudicato esterno, sebbene in via espansiva per vincolo di solidarietà ex art. 1306 cit.) ad effetto normativo del rapporto, e rientrante tra i poteri-doveri esercitabili dal giudice in ogni stato e grado del giudizio.

Da ciò consegue l’inconferenza del richiamo alla norma preclusiva di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, relativa alle sole eccezioni in senso proprio, non rilevabili d’ufficio.

2. Con il secondo motivo di ricorso l’agenzia delle entrate deduce – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione o falsa applicazione dell’art. 1306 c.c., comma 2, e art. 2909 c.c.; per avere la commissione tributaria regionale ritenuto che la P. potesse giovarsi del giudicato favorevole ottenuto da altri contraenti obbligati in solido, nonostante il giudicato a lei sfavorevole formatosi sulla suddetta sentenza n. 602/43/00.

Questo motivo di ricorso va accolto.

Risulta dagli atti di causa (prod. agenzia delle entrate) che l’accertamento di maggior valore notificato nel dicembre 1997 alla P. è stato ritenuto fondato con sentenza (CTP 602/43/00) passata in giudicato il 14 maggio 2008, in forza dell’ordinanza n. 12016 con la quale questa corte di legittimità ha ritenuto l’improcedibilità del ricorso dalla contribuente proposto avverso la sentenza CTR 124/12/01 confermativa della testè citata sentenza CTP.

Deve dunque prendersi atto di come l’avviso di liquidazione dedotto nel presente giudizio risulti basato su una sentenza (CTP 602/43/00 cit.) che è – diversamente da quanto affermato dalla commissione tributaria regionale nella decisione qui impugnata – passata in giudicato (prima della pronuncia di appello).

Nella fattispecie, in definitiva, al giudicato (astrattamente favorevole alla contribuente) conseguito da altri contraenti della compravendita immobiliare, ed obbligati in solido al pagamento dell’imposta di registro, si contrappone il giudicato (sfavorevole) formatosi direttamente e personalmente nei confronti della P..

In tale situazione – non rilevata dalla commissione tributaria regionale alla quale la P. aveva rappresentato la pendenza di appello avverso la suddetta sentenza CTP 602/43/00 – deve escludersi che la contribuente sia ammessa a giovarsi del giudicato favorevole così come previsto, in materia di obbligazione solidale, ai sensi dell’art. 1306 c.c., comma 2.

In materia di solidarietà tributaria – qual è quella sussistente tra le parti contraenti ai fini dell’imposta di registro, D.P.R. n. 131 del 1986, art. 57 – si è infatti affermato un ormai consolidato orientamento giurisprudenziale di legittimità, i cui passaggi fondamentali possono così riassumersi: – vige anche in materia tributaria il principio generale di cui all’art. 1306 c.c., comma 1 secondo cui la sentenza non fa stato nei confronti dei debitori in solido che non abbiano partecipato al giudizio; tuttavia, vale anche per la solidarietà tributaria (paritetica o dipendente) il limite apportato a questo principio generale dal comma 2 della norma in esame, in forza del quale il debitore che non abbia partecipato al giudizio può purtuttavia opporre la sentenza a lui favorevole al creditore, salvo che essa sia fondata su ragioni personali al condebitore nei cui confronti è stata emessa; – a maggior ragione, anzi, tale disciplina deve trovare applicazione in ambito tributario, ove si consideri l’intrinseca unitarietà della funzione amministrativa di accertamento impositivo; – il presupposto perchè il coobbligato, rimasto estraneo al giudizio definitosi con il giudicato favorevole, possa giovarsi di quest’ultimo è però che non si sia nei suoi stessi riguardi formato un altro giudicato, indifferentemente di natura sostanziale o processuale; poichè, in tal caso, l’estensione ultra partes degli effetti favorevoli del giudicato trova ostacolo nella preclusione maturatasi con la definitività della sua specifica posizione; – ulteriore presupposto è che il giudicato favorevole venga dal coobbligato extraneus invocato in via di eccezione a fronte della richiesta di pagamento dell’amministrazione finanziaria, non potendo per contro essere invocato a fondamento di istanza di rimborso nell’ambito di un rapporto tributario che, per effetto del pagamento dell’imposta da lui effettuato, deve ritenersi anch’esso ormai definito.

Ha in proposito osservato Cass. 26008/13 che: “l’art. 1306 c.c., comma 2 – che prevede l’ estensione ai condebitori, rimasti estranei al giudizio, del giudicato favorevole ottenuto da un debitore nei confronti del creditore – è stato interpretato dalla giurisprudenza di questa Corte con riferimento alla materia tributaria (cfr. Corte cass. SU 22.6.1991 n. 7053; id. 5 sez. 6.3.2003 n. 3306; id. 5 sez. 26.6.2003 n 10202 secondo cui in tema di solidarietà tributaria (nella fattispecie, per imposta di registro), qualora uno dei coobbligati, insorgendo avverso l’avviso di accertamento, ottenga un giudicato riduttivo del maggior valore accertato, non è precluso all’altro coobbligato, pur rimasto inerte di fronte all’avviso di accertamento ed all’avviso di liquidazione, di opporre all’amministrazione, in sede di impugnazione della cartella di pagamento, tale giudicato favorevole (salva l’irripetibilità di quanto già versato), ai sensi dell’art. 1306 c.c., comma 2. La prevalenza dell’unitarietà dell’obbligazione solidale nascente dallo stesso titolo sul suo aspetto pluralistico, sancita dal citato art. 1306 c.c., opera, infatti, sul piano processuale come deroga ai limiti soggettivi del giudicato, e ne consente l’estensione, prescindendo dalle vicende extraprocessuali relative alla situazione sostanziale in cui versa il condebitore inerte, il quale perciò non incontra limiti diversi da quelli costituiti dal giudicato diretto o da preclusioni processuali; (id. sez. lav. 23.8.2003 n 12401; id. 5 sez. 7.9.2004 n. 18025 che estende il principio anche al giudicato formatosi su questione processuale; id. 5 sez. 19.3.2008 n. 7334; id. 5 sez. 9.12.2008 n. 28881), nel senso che la opponibilità al creditore del giudicato esterno, favorevole al condebitore rimasto estraneo a quel giudizio, può operare con l’unica limitazione della eventuale definitiva soccombenza del condebitore – che intende avvalersi del giudicato – nell’autonomo giudizio dallo stesso instaurato avverso l’atto impositivo emesso dalla Amministrazione finanziaria”.

In termini si sono pronunciate, tra le altre, Cass. 1589/06 (la quale postula che il condebitore che invochi il giudicato favorevole sia rimasto estraneo al relativo giudizio), nonchè Cass. 11499/09 e Cass. 5725/16 (le quali rimarcano come il giudicato favorevole esterno trovi ostacolo in un diverso giudicato direttamente formatosi, seppure per ragioni procedurali, nei confronti del coobbligato).

Ora, nel caso di specie, la P. non poteva giovarsi del giudicato favorevole ottenuto dagli altri contraenti della compravendita immobiliare, attesa l’impugnativa da lei proposta contro l’atto in oggetto, confluita nella formazione nei suoi confronti di un giudicato di segno opposto.

La sentenza impugnata va dunque cassata.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto e non essendo state evidenziate altre questioni controverse, sussistono i presupposti per la decisione nel merito ex art. 384 c.p.c., mediante rigetto del ricorso proposto dalla P. avverso l’avviso di liquidazione per imposta di registro qui dedotto.

Le spese del presente giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, vengono poste a carico della P. in ragione di soccombenza; sussistono i presupposti per la loro compensazione quanto ai gradi di merito, attesa la sopravvenienza in corso di causa del giudicato ostativo.

PQM

LA CORTE

– accoglie il secondo motivo di ricorso, respinto il primo;

– cassa, in relazione al motivo accolto, la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della P.;

– condanna quest’ultima al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 2.500,00, oltre spese prenotate a debito; compensa le spese del giudizio di merito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione quinta civile, il 5 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 5 agosto 2016

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