Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16488 del 05/07/2017

Cassazione civile, sez. III, 05/07/2017, (ud. 10/04/2017, dep.05/07/2017),  n. 16488

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. AMBROSI Irene – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 22903/2014 proposto da:

F.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIUSEPPE

FERRARI 35, presso lo studio dell’avvocato MARCO VINCENTI, che lo

rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

POLICLINICO DI MONZA CASA DI CURA PRIVATA SPA già NUOVA CASA DI CURA

CITTA’ DI ALESSANDRIA SRL in persona del suo legale rappresentante

Amministratore Delegato Dott.ssa D.S.P., elettivamente

domiciliata in ROMA, VIALE G. MAZZINI 146, presso lo studio

dell’avvocato EZIO SPAZIANI TESTA, che la rappresenta e difende

unitamente agli avvocati DANIELE RAITERI, VINCENZO LAMASTRA giusta

procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

S.R.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 281/2014 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 12/02/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/04/2017 dal Consigliere Dott. IRENE AMBROSI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MISTRI Corrado, che ha concluso per l’accoglimento p.q.r. del

ricorso;

udito l’Avvocato OTTI ROBERTO per delega;

udito l’Avvocato EZIO SPAZIANI TESTA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte di appello di Torino ha accolto parzialmente l’impugnazione proposta dalla Nuova Casa di cura città di Alessandria s.r.l. avverso la decisione del Tribunale di Alessandria, con la quale era stata accolta la domanda di risarcimento proposta da S.R. nei confronti del chirurgo F.G. e della Casa di cura per i danni derivati all’attrice a seguito dell’intervento effettuato dallo stesso medico presso la menzionata Casa di cura in data (OMISSIS), con loro conseguente condanna in solido al pagamento dell’importo di Euro 28.853,35.

La Corte di appello, per quanto ancora rileva in questa sede, ha accolto la domanda di regresso proposta nei confronti del sanitario dalla Casa di cura, la quale chiedeva di essere tenuta indenne di quanto corrisposto alla danneggiata in base alla sentenza di prime cure.

Il giudice territoriale ha premesso che la struttura sanitaria è anch’essa responsabile per il fatto del medico, sia dipendente sia non dipendente, a norma dell’art. 1228 c.c., specificando poi che, se nei confronti del terzo vale il principio di solidarietà tra condebitori, nei rapporti interni l’obbligazione si divide tra ciascuno di essi, sicchè il coobbligato che abbia adempiuto all’intera prestazione può ripeterla dal condebitore solidale, in tutto o in parte, tenuto conto della gravità della colpa di quest’ultimo nella causazione del fatto dannoso.

Tanto premesso, ha ritenuto che la quota di ciascun condebitore solidale si dovesse presumere eguale secondo il disposto dell’art. 1298 c.c., norma che prevede un presunzione iuris tantum in merito alla parità delle colpe, salva la prova contraria, che consente di applicare un grado di ripartizione diverso nei rapporti tra condebitori solidali. Pertanto, nel caso di specie, ha accertato la responsabilità esclusiva dell’evento in capo al medico preposto all’equipe che ha eseguito l’intervento, “rimanendo esente da colpa” la struttura ospedaliera, ed ha applicato gli artt. 1298 e 1299 c.c., riconoscendo il diritto di regresso per l’intero alla struttura ospedaliera nei confronti del chirurgo responsabile.

Avverso questa decisione F.G. ha proposto ricorso per cassazione articolato in tre motivi. Ha resistito con controricorso il Policlinico di Monza casa di cura privata s.p.a. (nel quale è stata fusa per incorporazione la Nuova Casa di cura Città di Alessandria s.r.l.).

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Va preliminarmente dichiarato non luogo a provvedere in merito all’istanza depositata dal ricorrente in data 16 marzo 2017 avendo questa Corte già affermato che, nel giudizio di cassazione, l’omessa rinnovazione della notifica del ricorso principale, che risulti affetta da nullità, nei confronti di un soggetto che non sia litisconsorte necessario è irrilevante rispetto al ricorso stesso e non ne cagiona inammissibilità o improcedibilità, restando peraltro inapplicabili il disposto dell’art. 331 c.p.c., che si riferisce all’integrazione del contraddittorio in cause inscindibili e l’art. 371 bis c.p.c., che presuppone tale integrazione (Cass. 20 aprile 2004, n. 7500 Rv. 572182). Pertanto, il mancato rinnovo della notifica nulla non determina l’inammissibilità o l’improcedibilità del ricorso perchè l’originaria danneggiata, S.R., non è litisconsorte necessario rispetto al ricorso proposto da F.G. nei confronti della Casa di cura.

2. Con il primo motivo “(Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., n. 5) laddove la Corte di appello ha erroneamente affermato che, sulla scorta della C.T.U., la responsabilità sarebbe ascrivibile esclusivamente al Dott. F.)” il ricorrente lamenta che la Corte territoriale avrebbe omesso di esaminare il fatto decisivo consistito nell’aver il C.T.U. ritenuto che la responsabilità dell’intervento fosse da distribuire su tutta la equipe che aveva eseguito l’intervento presso la Casa di cura.

3. Con il secondo motivo – illustrato come “strettamente collegato al primo” – “(Violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 360 c.p.c., n. 3) con riferimento agli artt. 1218, 1219 e 2055 c.c. (…))” il ricorrente si duole che il giudice di appello abbia affermato il principio, valido in linea generale, secondo il quale “se nei confronti del terzo vale il principio di solidarietà tra medico responsabile e struttura ospedaliera, nei rapporti interni l’obbligazione si divide tra i diversi debitori sicchè il coobbligato che ha pagato l’intera prestazione può ripetere quanto ha pagato dal condebitore solidale in relazione alla gravità della colpa di quest’ultimo nella causazione del fatto dannoso”, principio non applicabile in materia di responsabilità professionale medica, laddove accanto alla responsabilità del medico ricorre anche una responsabilità per fatto proprio della casa di cura, del tutto autonoma rispetto alla prima, come affermato dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. S.U. n. 577/2008). Applicando tali principi alla fattispecie in esame, a parere della parte ricorrente “una volta acclarato che, in occasione dell’atto operatorio eseguito dal Dott. F., la Casa di Cura mise a disposizione personale medico ausiliario e paramedico ed apprestò tutte le attrezzature necessarie per l’intervento medesimo, non pare potersi dubitare che la medesima Casa di Cura debba rispondere per l’inadempimento delle obbligazioni su di essa e – su di essa soltanto gravanti in virtù del contratto stipulato con la paziente al momento del ricovero presso le sue strutture”.

4. La questione giuridica che entrambi i motivi di ricorso pongono all’attenzione della Corte è quella della ripartizione interna della responsabilità tra coobbligati solidali rispetto alla quale il ricorrente lamenta che la Corte territoriale abbia violato e falsamente applicato le norme di diritto dettate dagli artt. 1298, 1299 e 2055 c.c. affermando, per un verso, che nei rapporti interni l’obbligazione solidale si divide tra i diversi debitori, sicchè i(coobbligato che ha pagato l’intera prestazione può ripetere quanto ha pagato dal condebitore solidale presumendosi eguali le parti di ciascun condebitore solidale, salvo la prova contraria e la conseguente possibilità di applicare un grado di ripartizione diverso nei rapporti interni; e, dall’altro, abbia – una volta accertata la responsabilità esclusiva dell’evento in capo al medico preposto all’equipe che aveva eseguito l’intervento – escluso profili di colpa della struttura, con conseguente diritto di regresso della casa di cura per l’intero nei confronti del chirurgo responsabile. Secondo il ricorrente, tali principi non sarebbero operanti in materia di responsabilità professionale medica ove, accanto alla responsabilità del medico, ricorre quella propria della struttura sanitaria, del tutto autonoma rispetto alla prima.

La censura è fondata e merita accoglimento nei termini di seguito indicati.

Questa Corte ha più volte ribadito che l’accettazione del paziente in una struttura pubblica o privata deputata a fornire assistenza sanitaria ai fini del ricovero o di una visita ambulatoriale trova la sua fonte in un atipico contratto a prestazioni corrispettive (talvolta definito come contratto di spedalità, talvolta come contratto di assistenza sanitaria) con effetti protettivi nei confronti del terzo. Le Sezioni unite, nel confermare tale ricostruzione, hanno valorizzato la complessità e l’atipicità del legame che si instaura tra struttura e paziente, che va ben oltre la fornitura di prestazioni alberghiere atteso che, in virtù del contratto che si conclude con l’accettazione del paziente in ospedale, la struttura ha l’obbligo di fornire una prestazione assai articolata, definita genericamente di “assistenza sanitaria”, che ingloba al suo interno, oltre alla prestazione principale medica, anche una serie di obblighi cd. di protezione ed accessori. Pertanto, la responsabilità della struttura ricondotta all’inadempimento di obblighi propri della medesima, per un verso, si muove sulle linee tracciate dall’art. 1218 c.c. e, per l’altro, in relazione alle prestazioni mediche che essa svolge per il tramite dei medici propri ausiliari, consente di fondare la responsabilità dell’ente per fatto dei dipendenti sulla base dell’art. 1228 c.c..

A fronte dell’obbligazione al pagamento del corrispettivo (che ben può essere adempiuta dal paziente, dall’assicuratore, dal servizio sanitario nazionale o da altro ente), insorgono a carico della struttura (ente ospedaliero o casa di cura), accanto a obblighi di tipo lato sensu alberghieri, quelli di messa a disposizione del personale medico ausiliario, del personale paramedico e dell’apprestamento di tutte le attrezzature necessarie, anche in vista di eventuali complicazioni od emergenze. Con la conseguenza che la responsabilità della struttura (casa di cura o ente ospedaliero) nei confronti del paziente ha natura contrattuale che può dirsi “diretta” ex art. 1218 c.c., in relazione a propri fatti d’inadempimento (ad esempio in ragione della carente o inefficiente organizzazione relativa alle attrezzature o alla messa a disposizione dei medicinali o del personale medico ausiliario o paramedico o alle prestazioni di carattere alberghiero) e che può dirsi, sia pur soltanto lato sensu, “indiretta” ex art. 1228 c.c., perchè derivante dall’inadempimento della prestazione medico-professionale svolta direttamente dal sanitario, quale ausiliario necessario dell’ente, pur in assenza di un rapporto di lavoro subordinato, comunque sussistendo “un collegamento” tra la prestazione da costui effettuata e la organizzazione aziendale della struttura, non rilevando in contrario al riguardo la circostanza che il sanitario risulti essere anche “di fiducia” dello stesso paziente, o comunque dal medesimo scelto (Così, Cass. S.U. 11 gennaio 2008, n. 577, Rv. 600903; tra tante, di recente, Cass. 30 settembre 2009 n. 20547, Rv. 632891).

La Corte territoriale non ha mostrato di fare buon governo dei principi ora richiamati allorquando, nell’affrontare il tema dei rapporti interni tra coobbligati solidali (sanitario e casa di cura), ha violato la regola dettata in via generale dall’art. 1298 c.c., secondo la quale l’obbligazione in solido si divide tra i diversi debitori in parti che si presumono eguali, “se non risulti diversamente”.

In particolare, la violazione è consistita nell’aver ritenuto, per un verso, superata la presunzione di divisione paritaria pro quota dell’obbligazione solidale dettata dalla richiamata norma, limitandosi la Corte territoriale ad escludere la corresponsabilità della struttura sanitaria soltanto sulla base della considerazione che la colpa fosse “ascrivibile esclusivamente alla condotta del chirurgo”, del tutto omettendo di considerare il duplice titolo in ragione del quale la struttura rispondeva solidalmente del proprio operato – ovvero sia contrattualmente per fatto proprio (derivante dalla prestazione sanitaria dovuta) sia oggettivamente per fatto altrui (derivante dall’operato della equipe sanitaria) ex artt. 1218 e 1228 c.c. – e, per l’altro, nell’aver omesso di esaminare il fatto decisivo consistito nell’avere la consulenza tecnica d’ufficio ravvisato “elementi di imprudenza e negligenza nel comportamento del Dottor F. e dei sanitari della Casa di cura” (relazione depositata in primo grado pag. 3) e rilevato che la responsabilità dell’intervento fosse da ritenersi distribuita su tutta l’equipe che aveva eseguito l’intervento (osservazioni rese dal consulente in sede di chiarimenti) e quindi omettendo di verificare, in concreto, ai fini della ripartizione interna delle parti dell’obbligazione solidale, se risultasse una diversa incidenza del fatto di inadempimento della struttura rispetto a quello del sanitario al fine del superamento della presunzione di riparto dell’obbligazione in parti eguali.

Inoltre, la Corte territoriale non ha considerato che l’accertamento del fatto di inadempimento imputato al sanitario non fa venire meno i presupposti nè della responsabilità della struttura ai sensi dell’art. 1228 c.c. (posto che l’illecito dell’ausiliario è requisito costitutivo della responsabilità del debitore), nè della responsabilità della stessa struttura ai sensi dell’art. 1218 c.c. (sia che tale colpa riguardi la prestazione principale sia che essa riguardi l’inadempimento degli altri obblighi derivanti dal contratto di spedalità o di assistenza sanitaria), in tal guisa mostrando di non aver fatto corretta applicazione dei principi in tema di riparto dell’onere probatorio, più volte affermati da questa Corte in materia, che consentono al creditore istante la mera allegazione dell’inesattezza dell’adempimento (per violazione di doveri accessori ovvero per mancata osservanza dell’obbligo di diligenza, o per difformità quantitative o qualitative) e fanno gravare sul debitore (sanitario e struttura) l’onere di dimostrare l’avvenuto esatto adempimento (Cass. 12 dicembre 2013, n. 27855 Rv. 629769), onere che va tenuto fermo anche in relazione ai rapporti interni tra condebitori solidali proprio al fine di verificare se la presunzione pro quota paritaria possa dirsi superata.

5. Dall’accoglimento dei primi due motivi discende l’assorbimento del terzo “(Violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 360 c.p.c., n. 3) con riferimento agli artt. 345, 342 c.c. e art. 162 c.c., comma 3, n. 5, nonchè all’art. 2697 c.c., laddove la Corte d’Appello ha ammesso la produzione documentale (…); omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., n. 5) (…))” con cui il ricorrente lamenta, per un verso, che la Corte territoriale abbia ammesso la produzione documentale di controparte attestante l’avvenuto pagamento in favore della danneggiata violando i principi in tema di allegazione documentale in appello e, per l’altro, abbia erroneamente ritenuto che lo stesso ricorrente non avesse contestato l’intervenuto pagamento da parte della Casa di Cura in favore di S.R., sebbene, viceversa, la contestazione fosse contenuta nella comparsa conclusionale.

6. In accoglimento del primi due motivi di ricorso, assorbito il terzo, la sentenza impugnata va dunque cassata in relazione con rinvio della causa, ex art. 383 c.p.c., ad altra Sezione della Corte di Appello di Torino che si uniformerà ai principi sopra ricordati, provvedendo anche sulle spese del giudizio di cassazione (art. 385 c.p.c., comma 3).

PQM

 

La Corte accoglie i primi due motivi, assorbito il terzo, cassa in relazione la sentenza impugnata e rinvia ad altra Sezione della Corte di appello di Torino, anche perchè provveda sulle le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 10 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 5 luglio 2017

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA