Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16487 del 05/08/2016


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Cassazione civile sez. trib., 05/08/2016, (ud. 05/05/2016, dep. 05/08/2016), n.16487

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente –

Dott. CHINDEMI Domenico – Consigliere –

Dott. ZOSO Liana – Consigliere –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 18658-2010 proposto da:

AMIA AZIENDA MULTISERVIZI DI IGIENE AMBIENTALE DI VERONA SPA, in

persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIALE CASTRO PRETORIO 122, presso

lo STUDIO PIROLA PENNUTO ZEI & ASSOCIATI, rappresentato e difeso

dall’avvocato ANDREA RUSSO con procura notarile del Not. Dr. DE

MICHELI EMANUELE in LEGNAGO Rep. n. 2664 del 05/07/2010;

– ricorrente –

contro

FONDAZIONE RUI RESIDENZE UNIVERSITARIE INTERNAZIONALI, in persona del

Presidente e legale rappresentante pro tempore, domiciliato in ROMA

PIAZZA CAVOUR presso la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dall’Avvocato LUIGI ANNUNZIATA giusta delega

a margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 51/2010 della COMM.TRIB.REG. derl VENETO

SEZ.DIST. di VERONA, depositata il 30/03/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/05/2016 dal Consigliere Dott. GIACOMO MARIA STALLA;

udito per il ricorrente l’Avvocato DI IACOVO per delega dell’Avvocato

RUSSO che ha chiesto l’accoglimento;

udito per il controricorrente l’Avvocato ANNUNZIATA che ha chiesto il

rigetto e comunque l’inammissibilità;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DEL

CORE Sergio, che ha concluso per l’inammissibilità e in subordine

il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL GIUDIZIO

L’AMIA – Azienda Multiservizi di Igiene Ambientale di Verona spa, propone un motivo di ricorso per la cassazione della sentenza n. 51/15/10 del 30 marzo 2010 con la quale la commissione tributaria regionale del VENETO, sezione staccata di Verona, ha ritenuto illegittimo, in riforma della prima decisione, il diniego di rimborso TIA 2005 e 2006, come richiesto dalla Fondazione RUI – Residenze Universitarie Internazionali, in relazione ai collegi universitari (OMISSIS) da essa gestiti.

La commissione tributaria regionale ha ritenuto, in particolare, che l’attività di ospitalità di studenti universitari dovesse essere inquadrata – per quanto concerne la determinazione della parte fissa della Tia per utenze non domestiche – nella categoria sub 1 di cui all’allegato al Regolamento Comunale emanato ai sensi del D.P.R. n. 158 del 1999 (musei, biblioteche, scuole, associazioni, luoghi di culto, istituti religiosi, ostelli della gioventù), non già nella categoria sub 7 (alberghi con ristorante); così come riconosciuto dalla stessa AMIA che, sebbene a partire dall’anno 2007, aveva in effetti riconosciuto alla Fondazione la tariffa prevista per gli ostelli e non quella alberghiera, invece illegittimamente pretesa per gli anni dedotti in giudizio.

Resiste la Fondazione RUI con controricorso; AMIA ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di ricorso AMIA lamenta – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Ciò perchè la commissione tributaria regionale aveva, nella specie, ritenuto applicabile la tariffa relativa agli ostelli per la gioventù (sub n. 1 all. 1. Reg. Com.) e non quella relativa agli alberghi con ristorante (sub 7): a. senza minimamente considerare che la parte fissa della tariffa Tia dipendeva dalla potenziale produzione di rifiuti connessa alla tipologia di attività per unità di superficie, aspetto fondamentale in ordine al quale era mancato qualsivoglia accertamento di fatto; b. basandosi esclusivamente sul provvedimento di riclassificazione che essa stessa AMIA aveva emesso su richiesta della Fondazione; in realtà irrilevante ai fini di causa, sia perchè relativo ad una annualità diversa da quelle dedotte in giudizio, sia perchè in ogni caso revocato nel luglio 2010, in sede di autotutela, in quanto palesemente errato.

2.1 Il motivo è fondato.

Nel disattendere la decisione di primo grado, la commissione tributaria regionale ha ritenuto legittima l’istanza di rimborso avanzata dalla Fondazione sulla base di un unico elemento; rappresentato dal riconoscimento 17 aprile 2007, da parte di AMIA, della categoria tariffaria sub 1), in luogo di quella sub 7).

La categoria sub 1) viene definita nell’allegato n. 1 al D.P.R. 158/99, con riguardo a: “Musei, biblioteche, scuole, associazioni, luoghi di culto”; nell’allegato n. 1 al Regolamento del Comune di Verona per l’applicazione della tariffa dei rifiuti urbani e assimilati (emanato ai sensi del D.P.R. cit., ed approvato con Delib. consiliare 29 dicembre 2004, n. 52), essa viene più ampiamente definita con riguardo non solo a “musei, biblioteche, scuole, associazioni, luoghi di culto”, ma anche a “istituti religiosi, ostelli della gioventù”. La categoria sub 7) viene invece definita con riguardo ad “alberghi con ristorante”.

La commissione ha ritenuto che il suddetto riconoscimento di Amia costituisse un dato “evidentemente fondamentale poichè, non essendo intervenuta alcuna modifica dell’attività effettuata dalla Fondazione, esso dimostra come già negli anni precedenti la stessa svolgeva un’attività che doveva essere assimilata, ai fini della produzione dei rifiuti, a quella degli ostelli; non vi può essere pertanto differenziazione tra le tariffe applicate nei vari anni alla Fondazione, non essendo mutati i presupposti”.

Questa argomentazione, che individua ed esaurisce la ratio decidendi accolta dalla commissione tributaria regionale, integra il vizio motivazionale qui lamentato.

Essa si basa infatti sull’adozione da parte di Amia di un provvedimento che, al contrario di quanto così ritenuto, non poteva in alcun modo ritenersi dirimente per la soluzione della controversia.

Indipendentemente dal fatto che il riconoscimento Amia in questione sia stato revocato in forza di un provvedimento di autotutela la cui legittimità è ancora sub judice, rileva che la valenza probatoria dell’elemento così posto dalla CTR a base esclusiva del proprio convincimento doveVg trovare oggettivo e drastico ridimensionamento nella circostanza che esso – certamente di effetto non confessorio, in quanto attinente a materia non disponibile (sulla natura tributaria della TIA: C.Cost.64/2010; SSUU 23114/15) – concerneva un anno (2007) diverso da quelli per i quali la Fondazione aveva chiesto il rimborso (2005-2006).

Nè tale riconoscimento poteva di per sè esplicare alcuna efficacia per gli anni pregressi, atteso il principio generale di irretroattività vigente in materia; valevole salve espresse previsioni normative contrarie, qui nemmeno dedotte – anche per i provvedimenti di classamento ed attribuzione tipologica preordinati all’imposizione.

Va inoltre considerato che tale riconoscimento – avente, al più, portata indiziante assoggettata al rigoroso vaglio di cui all’art. 2729 c.c. – è stato dalla commissione tributaria regionale recepito nel suo solo sostrato formale di avvenuta adozione, non già nella considerazione critica dei presupposti fattuali in forza dei quali esso era stato adottato.

2.2 Questo vizio di ordine logico – di per sè attestante l’insufficienza di motivazione – riverbera anche sul piano strettamente giuridico.

Ciò va detto, in primo luogo, per quanto attiene alla violazione delle regole di valutazione probatoria; là dove la commissione tributaria regionale ha attribuito peso “fondamentale” e dirimente ad un solo elemento della (complessa) fattispecie impositiva, giungendo ad attribuirgli, senza adeguata motivazione, una esaustiva efficacia dimostrativa: sia per quanto concerne la conformità del riconoscimento così effettuato alla reale situazione di fatto, sia per quanto riguarda la ritenuta attribuibilità di tale conformità anche a periodi di imposta estranei (antecedenti) a quello costituente oggetto di riconoscimento.

La censura va però anche riguardata, in secondo luogo, per quanto attiene alla non rilevata rispondenza della situazione di fatto ai presupposti normativi dell’imposizione, i quali richiedono appunto che la tariffa applicabile sia individuata non in astratto, ma sulla base dei volumi di rifiuti conferiti, secondo una stima che è in parte potenziale (quota fissa) ed in parte attuale, perchè accertata (quota variabile).

In particolare, per le utenze non domestiche, la TIA (istituita D.Lgs. n. 22 del 1997, ex art. 49) deve essere determinata secondo i parametri di cui al D.P.R. n. 158 del 1999, art. 6 secondo il quale: “1. Per le comunità, per le attività commerciali, industriali, professionali e per le attività produttive in genere, la parte fissa della tariffa è attribuita alla singola utenza sulla base di un coefficiente relativo alla potenziale produzione di rifiuti connessa alla tipologia di attività per unità di superficie assoggettabile a tariffa e determinato dal comune nell’ambito degli intervalli indicati nel punto 4.3 dell’allegato 1 al presente decreto. 2. Per l’attribuzione della parte variabile della tariffa gli enti locali organizzano e strutturano sistemi di misurazione delle quantità di rifiuti effettivamente conferiti dalle singole utenze. (…)”.

Il D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 238 (Tariffa per la gestione dei rifiuti urbani) riafferma il principio generale in materia, in forza del quale (comma 2) “La tariffa per la gestione dei rifiuti è commisurata alle quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti prodotti per unità di superficie, in relazione agli usi e alla tipologia di attività svolte, sulla base di parametri, determinati con il regolamento di cui al comma 6, che tengano anche conto di indici reddituali articolati per fasce di utenza e territoriali.

La normativa statale è stata attuata in ambito locale con il regolamento per l’applicazione della tariffa dei rifiuti urbani ed assimilati (Delib. n. 52 del 2004 cit.), con il quale il Comune di Verona ha stabilito (art. 13, classificazione delle utenze non domestiche) che: “1. Le superfici relative alle utenze non domestiche sono classificate in relazione all’attività svolta tenuto conto della superficie della realtà socio-economica e della potenzialità di produzione dei rifiuti per categorie omogenee determinate dal D.P.R. n. 158 del 1999. 2. Le superfici eventualmente adibite ad usi diversi da quelli enunciati nelle tabelle dell’allegato 1 vengono inseriti, ai fini dell’applicazione della Tariffa, nella classe di attività che presenta con essi maggiore analogia sotto il profilo della potenzialità di produzione di rifiuti. 3. La classificazione viene effettuata con riferimento alle categorie previste dal D.P.R. n. 158 del 1999, tenendo conto della documentazione di autorizzazione all’esercizio dell’attività rilasciato dagli organi competenti, nonchè del codice ISTAT dell’attività, o comunque all’attività effettivamente svolta in via prevalente. (…)”.

La motivazione della commissione tributaria regionale ha dunque completamente omesso di dare conto di essenziali e caratterizzanti elementi fattuali della vicenda, rappresentati dalla “tipologia dell’attività svolta” dalla Fondazione nelle due strutture ricettive e dalla sua “potenzialità di produzione di rifiuti”; nè la commissione tributaria regionale ha affrontato il problema costituito dalla eventualità che le strutture gestite dalla Fondazione, ove non rientranti in una delle categorie di cui all’allegato n. 1 D.P.R. n. 158 del 19199 cit., dovessero essere “inserite, ai fini dell’applicazione della tariffa, nella classe di attività con maggiore analogia sotto il profilo della potenzialità di produzione di rifiuti”. E ciò tenendo conto, tra il resto, dell’attività “effettivamente svolta in via prevalente”.

Per gli anni 2005 e 2006 tale accertamento non poteva essere surrogato dall’adozione del riconoscimento Aima relativo al 2007.

Ciò anche con riguardo all’alternativa classificatoria – sulla quale si è principalmente diffuso il contraddittorio – tra ostello per la gioventù (cat. 1) ed albergo con ristorante (cat. 7).

Alternativa sulla quale la commissione tributaria regionale non si è per nulla soffermata, mettendosi con ciò in condizione di prendere una decisione svincolata dalla concretezza della fattispecie e, al contempo, indifferente ai parametri tariffari di legge e regolamento.

Segnatamente, viene omesso qualsiasi richiamo – nella individuazione della più corretta categoria di utenza non domestica desumibile, eventualmente anche per assimilazione, dalla potenzialità di produzione di rifiuti – alle caratteristiche generali dell’attività recettiva posta in essere dalla Fondazione nelle due strutture in oggetto; ai servizi di natura alberghiera e di residenza universitaria in esse concretamente prestati (vitto ed alloggio, biancheria, reception ecc…); alla effettiva compatibilità di tale attività con quella – sempre recettiva, ma prettamente extralberghiera – propria degli ostelli per la gioventù (così quanto, ad esempio, alla durata media dei soggiorni degli ospiti; alla continuatività dell’occupazione delle stanze nel corso dell’annualità d’imposta; alla percentuale di occupazione delle stanze; alle rette mediamente applicate in rapporto ai servizi di ospitalità prestati ed ai costi di gestione).

Tali lacune – qui dedotte per evidenziare l’obiettiva debolezza logica e giuridica della sentenza impugnata, non certo per suscitare nella presente sede di legittimità un’inammissibile rivisitazione di aspetti fattuali riservati al giudice di merito integrano senza dubbio il vizio ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Posto che, come stabilito da costante giurisprudenza di legittimità (tra le molte: Sez. U., n. 24148 del 25/10/2013; Cass. n.12799 del 6/6/2014) la motivazione omessa o insufficiente è configurabile, così nel caso di specie, qualora dal ragionamento del giudice di merito, come risultante dalla sentenza impugnata, emerga la totale obliterazione di elementi fondamentali suscettibili di condurre ad una decisione diversa; ovvero quando sia evincibile l’obiettiva carenza, nel complesso della medesima sentenza, del procedimento logico che ha indotto il giudice di merito, sulla base degli elementi acquisiti, al suo convincimento.

Ne segue, in definitiva, la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio ad altra sezione della commissione tributaria regionale del VENETO la quale riesaminerà la questione alla luce dei suddetti parametri normativi e fattuali; provvedendo anche sulle spese del presente giudizio di cassazione.

PQM

LA CORTE

accoglie il ricorso;

cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della commissione tributaria regionale del Veneto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione quinta civile, il 5 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 5 agosto 2016

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