Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16486 del 01/07/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 16486 Anno 2013
Presidente: CICALA MARIO
Relatore: CARACCIOLO GIUSEPPE

ORDINANZA

sul ricorso 12001-2011 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE 06363391001 in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in
ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA
GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende,
ope legis;
– ricorrente contro

2013
4778

BONACCIO GIULIANO BNCGLN76A18H223C;
– intimato –

avverso la sentenza n. 61/66/2010 della Commissione
Tributaria Regionale di MILANO – Sezione Staccata di
BRESCIA del 22.2.2010, depositata 1’8/03/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di

Data pubblicazione: 01/07/2013

consiglio del 22/05/2013 dal Consigliere Relatore
Dott. GIUSEPPE CARACCIOLO.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del

Dott. RAFFAELE CENICCOLA.

La Corte,
ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in
cancelleria la seguente relazione:
Il relatore cons. Giuseppe Caracciolo,
letti gli atti depositati

La CTR di Milano ha accolto parzialmente l’appello dell’Agenzia, appello proposto
contro la sentenza della CTP di Mantova n. 130-05-2007 che aveva integralmente
accolto il ricorso di Bonaccio Giuliano avverso avviso di accertamento ai fini IVAIRPEF-IRAP 2003, emesso a seguito di PVC nel quale erano stati contestati omessa
contabilizzazione di ricavi ai fini IRPEF, maggiori componenti positivi di reddito ai
fini IRAP ed operazioni imponibili non dichiarate ai fini IVA, e ciò sulla scorta delle
acclarate movimentazioni bancarie, fatte oggetto di apposita indagine.
La predetta CTR —che ha escluso, ai fini del computo del volume d’affari e perciò
dell’ammontare dei maggiori redditi accertati, l’importo dei prelievi individuati sul
conto corrente bancario nel periodo sottoposto ad osservazione- ha motivato la
decisione nel senso che “se è ragionevole presumere che i versamenti si riferissero ad
importi per i lavori eseguiti… .ben altro significato deve essere attribuito ai prelievi
che non possono corrispondere ad affari o lavori conclusi, ma più probabilmente a
pagamenti o necessità personali o familiari, attesa la natura dell’impresa”.
L’Agenzia ha interposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
La parte intimata non si è difesa.
Il ricorso — ai sensi dell’art.380 bis cpc assegnato allo scrivente relatore- può essere
definito ai sensi dell’art.375 cpc.
Infatti, con il primo motivo di censura (sostanzialmente improntato alla violazione
dell’art.32 comma 1 n.7 del DPR n.600/1973 e dell’art.51 del DPR n.633/1972), la
ricorrente si duole del fatto che il giudice del merito abbia violato il disposto delle
anzimenzionate norme, nella parte in cui disegnano una presunzione di equiparazione

3

Osserva

dei prelievi di conto corrente a ricavi non dichiarati, presunzione superabile soltanto a
mezzo di prova contraria fornita dalla parte contribuente.
Il motivo appare fondato e da accogliersi.
Invero, il ribadito indirizzo di questa Corte a proposito della questione oggetto del
motivo di ricorso appare perfettamente coerente con le ragioni invocate dall’Agenzia.

redditi e con riguardo alla determinazione del reddito di impresa, l’art. 32 del d.P.R.
29 settembre 1973, n. 600 impone di considerare ricavi sia i prelevamenti, sia i
versamenti su conto corrente, salvo che il contribuente non provi che i versamenti
sono registrati in contabilità e che i prelevamenti sono serviti per pagare determinati
beneficiari, anziché costituire acquisizione di utili; posto che, in materia, sussiste
inversione dell’onere della prova, alla presunzione di legge (relativa) va contrapposta
una prova, non un’altra presunzione semplice ovvero una mera affermazione di
carattere generale, nè è possibile ricorrere all’equità”.
Consegue da ciò che la censura debba essere accolta e che la controversia vada
rimessa al medesimo giudice di secondo grado che —in diversa composizione- tornerà a
pronunciarsi sulle questioni oggetto dell’atto di appello proposto dalla parte pubblica,
alla luce del corretto principio di diritto da applicarsi, e regolerà anche le spese del
presente grado di giudizio.
Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per
manifesta fondatezza.
Roma, 10 settembre 2012
che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati
delle parti;
che non sono state depositate conclusioni scritte, né memorie;
che la parte ricorrente ha provveduto a rinnovare la notifica del ricorso
introduttivo del presente grado il giorno 22 aprile 2013, prospettando di non poter
documentare la consegna del plico relativo alla notifica originaria per cause riferibili
all’agente postale e perciò affermando che non fosse imputabile a sé medesima l’esito
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Sez. 5, Sentenza n. 25365 del 05/12/2007:”In tema di accertamento delle imposte sui

negativo della notifica predetta;
che la giurisprudenza di questa Corte (per tutte Cass. N.17352/2009) ritiene
legittima “la ripresa del procedimento notificatorio” ma a condizione che la ripresa
stessa sia “intervenuta entro un termine ragionevolmente contenuto, tenuti presenti i
tempi necessari secondo la comune diligenza per conoscere l’esito negativo della

che, nella specie di causa, tale condizione non può dirsi rispettata, avendo la
ricorrente lasciato trascorrere circa due anni dal primo tentativo, senza attivarsi;
che pertanto altro non resta che dichiarare l’inammissibilità del ricorso per difetto
di valida notifica;
che le spese di lite non necessitano di regolazione.

P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla sulle spese.
Così deciso in Roma il 22 maggio 2013.

notificazione e per assumere le informazioni ulteriori conseguentemente necessarie”;

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