Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16485 del 05/08/2016


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Cassazione civile sez. trib., 05/08/2016, (ud. 05/05/2016, dep. 05/08/2016), n.16485

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente –

Dott. CHINDEMI Domenico – Consigliere –

Dott. ZOSO Liana – Consigliere –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino – rel. Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso n. 141d6/12 proposto da:

COMUNE DI Montenero di Bisaccia, in persona del suo Sindaco pro

tempore Travagliali Nicola, elettivamente domiciliato in Roma, Via

Gramsci n. 34, presso lo Studio dell’Avv. Vincenzo Ioffredi,

rappresentato e difeso dall’Avv. Francesco Mancini, giusta delega a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

D.N.G.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 138/01/11 della Commissione Tributaria

Regionale del Molise, depositata il 12 dicembre 2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 5

maggio 2016 dal Consigliere Dott. Ernestino Bruschetta;

udito l’Avv. Francesco Mancini, per il ricorrente;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Del

Core Sergio, che ha concluso per l’inammissibilità e in subordine

il rigetto del ricorso.

Fatto

Con l’impugnata sentenza n. 138/01/11 depositata il 12 dicembre 2011 la Commissione Tributaria Regionale del Molise rigettava l’appello del Comune di Montenero di Bisaccia avverso la decisione n. 191/03/06 della Commissione Tributaria Provinciale di Campobasso, la quale ultima aveva accolto i due riuniti ricorsi promossi da D.N.G. contro gli avvisi di accertamento ICI n. 208/A n. 209/A anni 2000 2001 emessi “relativamente ai terreni di proprietà”.

Per quanto di stretto interesse la CTR riteneva che i terreni in discussione “non presentassero caratteristiche oggettive e soggettive attinenti l’edificabilità”, trattandosi “di terreni con destinazione agricola ricadenti in area montana e altresì rientranti nei piani paesaggistici regionali approvati”, “da sempre utilizzati dal contribuente come terreni agricoli e coltivati dal medesimo a tale scopo, in quanto appunto coltivatore diretto” e sussistendo “in capo al contribuente, contrariamente a quanto dedotto e ritenuto dall’Ufficio i presupposti di legge ai fini dell’applicazione dei benefici fiscali attinenti l’esenzione prevista dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2 riconosciuta ai coltivatori diretti in materia di imposta ICI”.

Contro la sentenza della CTR, il Comune proponeva ricorso per cassazione affidato a tre motivi.

L’intimato contribuente non si costituiva.

Diritto

1. Con il primo motivo di ricorso rubricato “Omessa motivazione in ordine ad un fatto decisivo e controverso per il giudizio, censurabile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5”, il Comune deduceva che il contribuente, per sua stessa ammissione pensionato, non poteva godere dell’esenzione d’imposta, essendo stata quest’ultima stabilita dal D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 2, lett. b); art. 9 soltanto a favore dei coltivatori diretti iscritti, cosicchè la CTR “erroneamente aveva ritenuto sussistenti, nel caso di specie, i presupposti di legge ai fini dell’applicazione dei benefici fiscali”.

Il motivo è inammissibile perchè con lo stesso non viene censurata la mancanza di spiegazione circa l’esistenza o inesistenza di un fatto controverso e decisivo, bensì la violazione del D.Lgs. n. 504 cit., art. 2, lett. b) e art. 9 per aver la CTR riconosciuto l’esenzione pur in accertata mancanza del prescritto requisito soggettivo della iscrizione quale coltivatore diretto “negli appositi elenchi” (Cass. sez. 6 n. 3164 del 2012; Cass. sez. lav. n. 7394 del 2010).

2. Con il secondo motivo di ricorso rubricato “Violazione e falsa applicazione del combinato disposto di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 1, lett. b), e art. 9, comma 1, come integrato dal D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 58censurabile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3”, il Comune censurava l’impugnata sentenza ancora evidenziando che al contribuente, pensionato e quindi non più iscritto quale coltivatore diretto negli “appositi elenchi” per sua stessa ammissione, non poteva essere riconosciuta l’esenzione, ostandovi le norme in esponente. Il motivo è fondato alla luce della giurisprudenza di questa Corte, secondo cui il combinato disposto di cui al D.Lgs. n. 504 cit., art. 2, comma 1, lett. b), e art. 9, comma 1, deve essere restrittivamente interpretato, nel senso che l’esenzione ivi prevista spetti esclusivamente a coloro che nell’anno d’imposta siano effettivamente iscritti negli elenchi dei coltivatori diretti (Cass. sez. trib. n. 12565 del 2010; Cass. sez. trib. n. 9510 del 2008).

3. Con il terzo motivo di ricorso rubricato “Falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. h)censurabile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3”, il Comune lamentava che i terreni in parola avrebbero dovuto ritenersi assoggettati a ICI in quanto inseriti dal PRG in zona edificabile e che pertanto la CTR aveva errato a esentarli dall’imposta perchè i terreni avevano “destinazione agricola ricadenti in area montana o di collina montana e altresì rientranti nei piani paesaggistici regionali approvati”.

Il motivo è fondato alla luce della giurisprudenza di questa Corte, ormai da tempo consolidatasi nel senso che “In tema di ICI, a seguito dell’entrata in vigore del D.L. 30 settembre 2005, n. 203, art. 11 quaterdecies, comma 16, conv. con modif. in L. 2 dicembre 2005, n. 248, e del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, art. 36, comma 2 conv. con modif. in L. 4 agosto 2006, n. 248, che hanno fornito l’interpretazione autentica del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 2, comma 1, lett. b), l’edificabilità di un’area, ai fini dell’applicabilità del criterio di determinazione della base imponibile fondato sul valore venale, deve essere desunta dalla qualificazione ad essa attribuita nel PRG adottato dal Comune, indipendentemente dall’approvazione dello stesso da parte della Regione e dall’adozione di strumenti urbanistici attuativi. La natura edificabile non viene meno, trattandosi di evenienze incidenti sulla sola determinazione del valore venale dell’area, nè per le ridotte dimensioni e/o la particolare conformazione del lotto, che non incidono su tale qualità (salvo che siano espressamente considerate da detti strumenti attributive della stessa), essendo sempre possibile l’accorpamento con fondi vicini della medesima zona, ovvero l’asservimento urbanistico a fondo contiguo avente identica destinazione, nè a seguito di decadenza del vincolo preordinato alla realizzazione dell’opera pubblica, da cui deriva non una situazione di totale inedificabilità, ma l’applicazione della disciplina delle c.d. “zone bianche” (nella specie quella di cui alla L. 28 gennaio 1977, n. 10, art. 4, u.c., applicabile ratione temporis), che, ferma restando l’utilizzabilità economica del fondo, in primo luogo a fini agricoli, configura pur sempre, anche se a titolo provvisorio, un limitato indice di edificabilità (Cass. sez. trib. n. 11433 del 2010; Cass. sez. trib. n. 25676 del 2008).

3. Non dovendosi accertare ulteriori fatti, alla cassazione della sentenza deve seguire la definizione nel merito della controversia, mediante rigetto degli originari ricorsi del contribuente.

4. Nel posteriore consolidarsi dell’indirizzo giurisprudenziale da ultimo richiamato, debbono essere fatte consistere le ragioni che inducono la Corte a compensare integralmente le spese di ogni fase e grado.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e decide nel merito respingendo i ricorsi proposti dal contribuente avverso gli impugnati atti fiscali; compensa integralmente le spese di ogni fase e grado.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 5 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 5 agosto 2016

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