Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16485 del 05/07/2017


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Cassazione civile, sez. III, 05/07/2017, (ud. 10/04/2017, dep.05/07/2017),  n. 16485

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 12168-2015 proposto da:

MINISTERO ECONOMIA E FINANZE, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliatO ex lege in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, da cui è difeso per legge;

– ricorrente –

contro

D.L.C. e R.S., elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA TEULADA 52 presso lo studio dell’avvocato ANGELO SCARPA, che li

rappresenta e difende unitamente all’avvocato PAOLO PACILEO giusta

procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

contro

F.LLI P. E F.C. S.R.L. e GENERALI ASSICURAZIONI

S.P.A.;

– intimate –

avverso la sentenza n. 615/2014 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE,

depositata il 13/10/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/04/2017 dal Consigliere Dott. VINCENTI ENZO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MISTRI CORRADO, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato PAOLO PACILEO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – I coniugi D.L.C. e R.S.tore convennero in giudizio il Ministero dell’Economia e delle Finanze e la F.lli P. e F.C. s.r.l. per sentirli condannare al risarcimento di tutti i danni patiti in conseguenza del danneggiamento di effetti personali (mobili e masserizie) avvenuto a causa del relativo trasporto occasionato dal trasferimento da Reggio Calabria a Trieste del Romeo, ufficiale della Guardia di finanza – affidato dall’Amministrazione cui apparteneva lo stesso R. alla anzidetta società, che lo aveva materialmente eseguito nell’agosto 2006.

1.1. – Nel contraddittorio con i convenuti e con la Assicurazioni Generali S.p.a., chiamata in causa dalla C. s.r.l., l’adito Tribunale di Trieste, con sentenza del novembre 2011, accolse la domanda attorea e condannò il Ministero dell’economia e delle finanze e la C. s.r.l. al risarcimento dei danni sofferti dagli attori, quantificati in Euro 41.040,04, oltre ad Euro 32.213,00 in favore della sola D.L. per danni non patrimoniali, con condanna della Assicurazioni Generali S.p.A. a tenere indenne la C. s.r.l. degli esborsi per i soli danni patrimoniali liquidati agli attori.

2. – Avverso la predetta sentenza proponevano impugnazione tutte le parti: in via principale il Ministero dell’economia e delle finanze e in via incidentale gli originari attori, la F.lli P. e F.C. s.r.l. e la Assicurazioni Generali S.p.A.

2.1. – La Corte di appello di Trieste, con sentenza resa pubblica il 13 ottobre 2014, rigettava i gravami proposti dal Ministero, dalla C. s.r.l. e dalla Assicurazioni Generali; accoglieva parzialmente, invece, l’appello della D.L. e del R., condannando il Ministero e la società C. al pagamento in favore di entrambi gli appellanti incidentali della maggior somma di Euro 54.441,04 e in favore della D.L. dell’ulteriore importo di Euro 2.520,00.

3. – Per la cassazione di tale sentenza ricorre il Ministero dell’economia e delle finanze, affidando le sorti dell’impugnazione a tre motivi.

Resistono con controricorso D.L.C. e R.S., mentre non hanno svolto attività difensiva in questa sede gli intimati F.lli P. e F.C. s.r.l. e Generali Assicurazioni S.p.A..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo mezzo è denunciata violazione e falsa applicazione della L. n. 836 del 1973, art. 19, della L. n. 417 del 1978, art. 11, comma 2, e il D.P.R. n. 254 del 1999, art. 48.

Il Ministero ricorrente evidenzia, anzitutto, che, in base alla L. n. 836 del 1973, art. 19 e alla L. n. 417 del 1978, art. 11, comma 2, in caso di trasferimento d’autorità di un dipendente pubblico, l’Amministrazione, per alleviarne almeno l’onere economico, può valutare l’opportunità di provvedere al trasloco di mobili e masserizie con mezzi propri. Tuttavia, non disponendo la Guardia di Finanza di mezzi propri, nè di personale qualificato, per assolvere alle operazioni di trasloco, il Comando Generale aveva emanato apposite circolari (n. 165334 del 7 maggio 1996 e n. 44120 dell’Il febbraio 1999) con cui (in base alla prima) era consentito agli “Enti Amministrativi periferici” di stipulare apposite convenzioni con ditte private al fine di espletare le attività di trasporto ovvero (con la seconda) gli Enti medesimi erano delegati ad autorizzare direttamente il trasporto dei beni con mezzi diversi dalla ferrovia. Inoltre, la facoltà di stipula di convenzioni con trasportatori privati, là dove l’Amministrazione non disponesse di mezzi idonei ad effettuare il trasporto, era confermata dal D.P.R. n. 254 del 1999, art. 48.

Sicchè, avendo l’Amministrazione convenuta correttamente adempiuto alla propria ed unica obbligazione di sopportare le spese connesse al trasferimento d’autorità del proprio dipendente avvalendosi dell’opera della C. s.r.l. – ditta convenzionata per attività di questo genere a seguito di una regolare gara d’appalto, espletando un compito altrimenti ineseguibile in assenza di mezzi idonei -, non potrebbe ad essa ascriversi alcuna responsabilità per l’inesatto adempimento del servizio da parte della ditta appaltatrice.

2. – Con il secondo motivo, proposto in via subordinata, è dedotta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e 1228 c.c..

La Corte d’Appello, facendo mal governo delle norme di esegesi contrattuale, avrebbe erroneamente qualificato il rapporto negoziale intercorrente tra il Ministero e la C. S.r.l., inquadrandolo erroneamente nell’ambito dell’art. 1228 c.c., mentre avrebbe dovuto qualificarlo come appalto di servizi, essendo stata la stipulazione preceduta da apposita procedura ad evidenza pubblica e avendo la C. s.r.l. operato in piena autonomia.

2.1. – I motivi, che vanno congiuntamente scrutinati, sono in parte infondati e in parte inammissibili.

2.1.1. – Sono infondati, anzitutto, là dove (segnatamente, primo motivo) si intende accreditare la tesi che l’obbligazione dell’Amministrazione in caso di trasferimento d’ufficio di dipendente militare sia circoscritta al solo aggravio delle spese inerenti il servizio di trasloco di mobili e masserizie reso da ditta specializzata e in convenzione, posto che, invece, la stessa trama normativa invocata dal ricorrente (ed applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame) pone in risalto come l’Amministrazione possa intervenire direttamente “con idonei mezzi propri per il movimento dei mobili e delle masserizie” (L. n. 417 del 1978, art. 11, comma 2; ma già la possibilità che il trasloco potesse essere effettuato “con mezzi forniti gratuitamente dall’amministrazione” era ipotesi contemplata dalla L. n. 836 del 1973, art. 19) e, ove di tali mezzi non disponga, la stessa provveda “a stipulare convenzioni con trasportatori privati”.

In definitiva, la normativa appena richiamata individua, in capo all’Amministrazione, una duplice alternativa obbligazione, ossia quella del rimborso delle spese di trasloco (trasporto di beni mobili e masserizie) sostenute dal dipendente trasferito d’ufficio ovvero quella dell’esecuzione diretta della prestazione, da effettuarsi con mezzi propri della stessa Amministrazione oppure avvalendosi dell’opera di un terzo da essa scelto e sorvegliato. Ne consegue che il debitore della prestazione nei confronti del dipendente – creditore è e rimane la sola Amministrazione, la quale può operare in via diretta oppure tramite un ditta all’uopo specializzata con la quale stipulare apposita convenzione.

In tal senso, è coerente con tale ricognizione normativa l’assunto della Corte territoriale – supportato dalla “documentazione in atti, ed in particolare dalla circolare di data 7.5.1996” – in ordine al concreto operare degli obblighi dell’Amministrazione convenuta, ossia della “volontaria e diretta presa in carico… della prestazione di trasporto, seppur materialmente eseguita con l’ausilio di una ditta terza”, dovendo la stessa Amministrazione o “provvedere al rimborso delle spese o direttamente all’effettuazione del trasporto, seppur avvalendosi di una ditta convenzionata”.

Si tratta, dunque, di una pertinente riconduzione della fattispecie materiale nell’alveo del modello di responsabilità di cui all’art. 1228 c.c., per cui il debitore risponde del fatto degli ausiliari, non risultando invece perspicua, rispetto all’esito interpretativo del giudice del merito, l’evocazione del ricorrente dei principi in tema di responsabilità dell’appaltatore (individuato dal Ministero nell’impresa C. s.r.l.), che operano ove il committente (il Ministero stesso) che rimanga, come di regola, estraneo alla sfera di autonomia dell’appaltatore – non abbia alcuna relazione giuridica con il terzo danneggiato.

Del resto, proprio l’anzidetta configurazione giuridica dei rapporti implicati nella specie, come fatta propria dal giudice del merito, non è impedita dalla circostanza di un appalto tra Ministero e ditta convenzionata, non potendosi escludere che l’impresa appaltatrice svolga la propria opera nella veste di ausiliario del debitore dell’obbligazione principale, rimanendo la posizione del creditore comunque garantita in base all’art. 1228 c.c., quale norma che opera a prescindere dalla natura del rapporto che lega il debitore della prestazione all’ausiliario, risultando essenziale soltanto che il debitore in ogni caso si avvalga dell’opera dell’ausiliario nell’attuazione dell’obbligazione assunta, ponendo tale opera a disposizione del creditore, sicchè la stessa risulti così inserita nel procedimento esecutivo del rapporto obbligatorio (Cass., 14 luglio 2016, n. 14355).

2.1.2. – Sono, invece, inammissibili le doglianze (cfr. in parte primo e, soprattutto, secondo motivo) che investono l’esito interpretativo anzidetto, raggiunto dalla Corte territoriale sulla scorta dell’esegesi di atti a contenuto particolare (circolare del 1996, rispetto alla quale non è dato invocare il principio jura novit curia) e negoziale (convenzione e contratto stipulati per il trasloco del R.), giacchè con esse, lungi dall’evidenziarsi errori nell’applicazione delle norme di ermeneutica contrattuale, non solo si intende sostituire l’interpretazione della parte interessata a quella riservata al giudice di merito, ma anche perchè non è reso intelligibile lo specifico contenuto dei predetti detti atti ed è del tutto pretermessa la loro localizzazione processuale (in forza dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e, quindi, a prescindere del relativo deposito, peraltro solo parziale, ai sensi dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4).

3. – Con il terzo mezzo, proposto anch’esso in via subordinata, è prospettata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione dell’art. 1228 c.c..

La Corte territoriale avrebbe erroneamente ritenuto che la clausola di manieva contenuta nella convenzione tra l’Amministrazione e la C. s.r.l. fosse priva di effetti nei confronti di terzi, mentre l’art. 9 del contratto stabiliva che l’impresa si sarebbe assunta la responsabilità esclusiva per i danni cagionati a terzi nell’esecuzione della prestazione oggetto dell’appalto.

3.1. – Il motivo (anche a prescindere dalla violazione del disposto di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6) è infondato.

L’eventuale deroga posta dall’art. 1228 c.c., alla responsabilità contrattuale del debitore per fatto degli ausiliari è possibile in forza di “diversa volontà delle parti”, facendo la norma riferimento (esclusivo) alla “volontà delle parti” del rapporto obbligatorio intercorrente tra il creditore e il debitore in capo al quale sussiste l’obbligazione.

Ne consegue che, come ben inteso dalla Corte territoriale, ove la fonte del rapporto che lega, invece, il debitore e l’ausiliario (nella specie, la convenzione tra Ministero dell’economia e delle finanze e F.lli P. e F.C. s.r.l.) contempli una clausola di assunzione di responsabilità da parte di quest’ultimo nei confronti del primo per i danni cagionati al creditore della prestazione, una siffatta pattuizione (dal giudice del merito qualificata come “manleva”) è inter alios acta rispetto allo stesso creditore, che è terzo e non già parte rispetto a detto rapporto basato sulla convenzione (là dove, poi, l’ausiliario non è “parte” del rapporto tra creditore e debitore).

4. – Il ricorso va, pertanto, rigettato e il ricorrente condannato al pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese del presente giudizio di legittimità, da liquidarsi come in dispositivo in base ai parametri introdotti dal D.M. n. 55 del 2014.

Non occorre provvedere alla regolamentazione di dette spese nei confronti delle parti intimate che non hanno svolto attività difensiva in questa sede.

A carico delle Amministrazioni dello Stato non grava l’obbligo di versare – ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, – l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato (Cass., 14 marzo 2014, n. 5955).

PQM

 

rigetta il ricorso;

condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore dei controricorrenti, che liquida in Euro 7.000,00, per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Terza civile della Corte suprema di Cassazione, il 10 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 5 luglio 2017

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