Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16485 del 01/07/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 16485 Anno 2013
Presidente: CICALA MARIO
Relatore: CARACCIOLO GIUSEPPE

Data pubblicazione: 01/07/2013

R.G.N. 11968/2011

ORDINANZA
cron.

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sul ricorso 11968-2011 proposto da:
Rep.

AGENZIA DELLE ENTRATE

in persona del

06363391001

Ud. 22/05/2013

Direttore

Centrale

pro

tempore,

elettivamente
CC

domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI

12,

presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta
e difende, ope legis;
– ricorrente contro

OGNISSANTI PAOLA ANNA MARIA, OGNISSANTI GRAZIELLA,
NORINO EMILIA (in proprio), tutte nella qualità di
eredi di Ognissanti Luigi;
– intimate

avverso la sentenza n.

86/25/2010

della Commissione

Tributaria Regionale di BARI – Sezione Staccata di

TV

FOGGIA del 4.3.2010, depositata il 09/03/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 22/05/2013 dal Consigliere Relatore
Dott. GIUSEPPE CARACCIOLO.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del

Dott. RAFFAELE CENICCOLA.

La Corte,
ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in
cancelleria la seguente relazione:

Il relatore cons. Giuseppe Caracciolo,
letti gli atti depositati

La CTR di Bari, accogliendo parzialmente l’appello dell’Agenzia -appello proposto
contro la sentenza n.375/07/2005 della CTP di Foggia, che aveva accolto il ricorso
della parte contribuente Ognissanti Luigi (a cui è qui subentrata l’erede Nonno
Emilia) relativo ad avvisi di accertamento (nei quali erano stati contestati, tra l’altro,
ricavi non contabilizzati) concernenti l’imposta sui redditi per gli anni 1995 e 1996
nonché IVA per l’anno 1997- ha convalidato i predetti avvisi di accertamento e ne ha
corretto semplicemente l’esito in termini tali da riconoscere a favore della parte
contribuente (a fronte degli accertati ricavi non contabilizzati) i correlati costi.
La CTR ha motivato la propria decisione (per quanto qui ancora interessa) nel senso
che “in caso contrario si arriverebbe a dei risultati eccessivamente penalizzanti per il
contribuente e contrari a logica, non potendosi ritenere ottenibili dei ricavi senza che
gli stessi abbiano comportato dei costi percentuali”. Di conseguenza, e sulla scorta
degli apprezzamenti contenuti nel PVC della Guardia di Finanza (sul punto
contraddetto dall’avviso di accertamento emesso dall’Ufficio), la Commissione ha
determinato in £ 57.877.840 per il 1995 ed in £ 89.086.000 per l’anno 1996 i
maggiori costi da portare in detrazione.
L’Agenzia ha interposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
La parte contribuente non si è costituita.
Il ricorso — ai sensi dell’art.380 bis cpc assegnato allo scrivente relatore- può essere
definito ai sensi dell’art.375 cpc.
Ed invero, con il primo motivo di impugnazione (improntato alla violazione
dell’art.109 —già 75- comma 4 del DPR n.917/1986 e dell’art.2729 c.c.) la parte
ricorrente si duole del fatto che il giudicante del merito abbia ritenuto detraibili

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Osserva

maggiori costi —per quanto essi non risultassero dal conto economico, non fossero
stati in alcun modo stimati e non fossero assisti dal carattere di certezza e precisionesulla scorta di un puro ragionamento di principio.
La censura appare fondata e da accogliersi.
Occorre muovere dalla premessa che —in considerazione del periodo oggetto di

nell’art.75 (vecchia formulazione) del DPR n.917/1986 (e non nella nuova
formulazione, rinumerata come art.109), nella lettera della norma antecedente
all’abrogazione (poi effettuata a mezzo dell’art. 5 del d.P.R. 9 dicembre 1996, n. 695)
del comma sesto del medesimo art.75:”Le spese e gli altri componenti negativi, di
cui e’ prescritta la registrazione in apposite scritture contabili ai fini delle
imposte sui redditi, non sono ammessi in deduzione se la registrazione e’
stata omessa o e’ stata eseguita irregolarmente, salvo che si tratti di irregolarita’
meramente formali”.
Ai fini della lettura di detta norma non può non tenersi conto anche del disposto della
norma (ritenuta essere norma di interpretazione autentica) dettata dall’art. 2, comma
6-bis del D.L. 27 aprile 1990, n. 90, convertito con modificazioni dalla L. 26
giugno 1990, n. 165, secondo il quale: “Ai fini dell’applicazione dell’articolo 74
del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 597, e
dell’articolo 75 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del
Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, deve intendersi che le spese
ed i componenti negativi sono imputati al conto dei profitti e delle perdite se e nella
misura in cui siano stati annotati nelle scritture contabili ed abbiano concorso alla
determinazione del risultato netto del conto dei profitti e delle perdite,
indipendentemente dalla specifica evidenza in tale documento, fermo restando
il disposto degli articoli 3, secondo comma, penultimo periodo, e 5, secondo
comma, ultimo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre
1973, n. 600”.

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verifica- la disciplina applicabile alla fattispecie è propriamente quella contenuta

Il complesso di siffatta disciplina è stato plurime volte interpretato ed applicato da
questa Corte (per tutte Cass. Sez. 1, Sentenza n. 3736 del 19/04/1996) nel senso che:
“In tema di accertamento delle imposte sui redditi, in virtù dell’art. 2, comma 6
bis,del D.L. 27 aprile 1990, n. 90, convertito con legge 26 giugno 1990, n. 165,
avente, come norma interpretativa, efficacia retroattiva, sia l’art. 74 del d.P.R. n. 597

spese ed i componenti negativi sono deducibili “se e nella misura in cui siano stati
annotati nelle scritture contabili ed abbiano concorso alla determinazione del risultato
del conto dei profitti e delle perdite indipendentemente dalla specifica evidenza in
tale documento”. Pertanto, al fine della loro deducibilità, è necessario che i costi
risultino dalle scritture contabili e che sia possibile correlarli ai ricavi.
Dovendosi applicare l’anzidetto principio anche alla specie per cui qui è causa, non
può non concludersi che ha senz’altro errato il giudice del merito a ritenere detraibili
i costi di cui si è detto senza apprezzare analiticamente se essi fossero in qualche
modo risultanti dalle scritture contabili e se potessero essere specificamente correlati
ai ricavi, non potendo certo detti requisiti risultare da un giudizio astratto ed
indistinto in ordine alla necessaria correlazione tra costi e ricavi ed in ordine al
rapporto “percentuale” tra gli uni e gli altri.
Non resta che concludere che competerà al medesimo giudice del merito —in funzione
di giudice del rinvio- rinnovare l’apprezzamento dei fatti di causa alla luce della
disciplina di legge effettivamente applicabile ad essi, per i quali fini la causa dovrà
essergli rimessa, previa cassazione della sentenza in relazione al solo capo di
decisione qui oggetto di esame.
Si ritiene pertanto che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per
manifesta fondatezza.
10 settembre 2012

che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati
delle parti;

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del 1973 che l’art. 75 del d.P.R. n. 917 del 1986 devono intendersi nel senso che le

che non sono state depositate conclusioni scritte, né memorie;
che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i
motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va accolto;
che le spese di lite possono essere regolate dal giudice del rinvio.
P.Q.M.

Puglia che, in diversa composizione, provvederà anche sulle spese di lite del presente
grado.

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Così deciso in Roma il 220.17
1 el 2013.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa la decisione impugnata e rinvia alla CTR

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