Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16484 del 31/07/2020

Cassazione civile sez. trib., 31/07/2020, (ud. 20/11/2019, dep. 31/07/2020), n.16484

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. REGGIANI Eleonora – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1116/2017 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, via dei Portoghesi 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

L.A. e L.L., elettivamente domiciliati in

Firenze, piazza Indipendenza 21, presso lo studio dell’Avv.

Francesco Di Luciano, in virtù di procura speciale in calce al

controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1816/2016 della CTR della Toscana, depositata

il 19/10/2016, notificata il 31/10/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

20/11/2019 dal Consigliere ELEONORA REGGIANI;

letti gli atti del procedimento in epigrafe.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 1816/2016, depositata il 19/10/2016, asseritamente notificata il 31/10/2016, la CTR della Toscana, ha confermato la decisione di primo grado, con la quale era stato accolto il ricorso proposto da L.A. e L.L. contro l’avviso di accertamento catastale, recante un classamento diverso (categoria A/1, classe 2) da quello proposto con la procedura DOCFA (categoria A/2, classe 3), riguardante due abitazioni, site a Firenze.

Avverso la sentenza di appello, l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, con atto presentato per la notificazione a mezzo posta il 28/12/2016, formulando tre motivi di impugnazione.

Gli intimati hanno resistito con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate ha censurato la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 18,24 e 32, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, affermando che il giudice di appello ha erroneamente respinto l’eccezione di inammissibilità del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, nonostante fosse del tutto privo dell’indicazione dei motivi d’impugnazione, senza che potesse operare alcuna sanatoria in virtù del tardivo deposito di una memoria, a cui non poteva applicarsi la disciplina normativamente prevista per i motivi aggiunti.

2. Con il secondo motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate ha censurato la sentenza impugnata per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, deducendo che il giudice di appello ha rigettato l’impugnazione, adottando una motivazione del tutto apparente e stereotipata, a fronte di puntuali deduzioni dell’appellante.

3. Con il terzo motivo di ricorso, in via gradata, la medesima Agenzia ha censurato la sentenza impugnata per violazione e/o falsa interpretazione del D.P.R. n. 1142 del 1949, artt. 6, 7, 9 e 61 e del D.M. n. 1072 del 1969, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, deducendo che il giudice di appello ha erroneamente attribuito agli immobili la categoria A/1, dando applicazione a quanto previsto dal D.M. n. 1072 del 1969, che definisce le abitazioni di lusso, che però devono essere distinte da quelle di tipo signorile.

4. Il ricorso è improcedibile.

L’Agenzia delle entrate – dopo aver dato atto, in ricorso, dell’avvenuta notificazione ad essa della sentenza impugnata – non ha depositato, come sarebbe stato suo onere ex art. 369 c.p.c., comma 2, unitamente alla copia autentica della sentenza, la relazione di notificazione della stessa, risultando soltanto l’annotazione a protocollo della decisione da parte dell’Agenzia delle entrate.

Com’è noto, il ricorso per cassazione, proposto nel termine breve di sessanta giorni dalla notifica della sentenza impugnata, è improcedibile se il ricorrente, unitamente alla copia autentica della sentenza, non deposita – nei termini di cui all’art. 369 c.p.c., comma 1, – anche la relazione di notificazione della stessa.

Secondo una consolidata giurisprudenza di questa Corte, formatasi a partire da un’importante sentenza delle Sezioni Unite (Cass., Sez. U, n. 9004 del 16/04/2009), il vizio non è sanato dalla non contestazione del controricorrente e non ha equipollenti (v., tra le tante, Cass., Sez. 5, n. 12328 del 17/05/2017).

Deve pertanto senza dubbio escludersi alcun rilievo al fatto che la sentenza impugnata risulti protocollata dall’Agenzia delle entrate.

Recentemente le Sezioni Unite di questa Corte hanno precisato (Cass., Sez. U, n. 10648 del 2017 del 02/05/2017), che l’improcedibilità non può essere pronunciata ove la relazione di notificazione risulti comunque nella disponibilità del giudice, perchè prodotta dalla parte controricorrente o acquisita, insieme al fascicolo d’ufficio a seguito della trasmissione dello stesso, potendo il ricorrente beneficiare della eventualità che il documento sia comunque ritualmente acquisito al processo (v., da ultimo, Cass., 6-2, n. 19695 del 22/07/2019).

Ma tali evenienze non risultano essersi verificate nel caso di specie, sicchè la parte ricorrente deve subire le conseguenze delle sue omissioni.

Nè assume rilievo, ai fini del presente giudizio, quanto di recente precisato, sempre dalle Sezioni Unite, con riferimento alla specifica ipotesi della notificazione a mezzo PEC della sentenza impugnata (Cass., Sez. U, n. 8312 del 25/03/2019).

Con tale decisione si è chiarito che, ai fini della procedibilità del ricorso, è necessario il tempestivo deposito della copia della relazione di notificazione telematica e del corrispondente messaggio PEC con annesse ricevute, ancorchè prive di attestazione di conformità del difensore oppure con attestazione priva di sottoscrizione autografa, potendo, in tal caso, il ricorrente provvedere al deposito di tali attestazioni sino all’udienza di discussione o all’adunanza camerale. Il ricorso resta dunque improcedibile ove, pur essendo depositata copia autentica della sentenza, che si assume essere stata notificata, non siano tempestivamente depositati, nel termine di cui all’art. 369 c.p.c., i menzionati messaggi PEC e le relative ricevute.

Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve quindi essere dichiarato improcedibile.

5. Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza e gravano pertanto sulla ricorrente.

6. Non si applica nei confronti dell’Agenzia delle entrate il disposto del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, trattandosi di amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato (v. da ultimo Sez. 5, Sentenza n. 22646 del 11/09/2019).

P.Q.M.

La Corte:

dichiara improcedibile il ricorso;

condanna l’Agenzia delle entrate alla rifusione delle spese di lite del presente giudizio, che liquida in Euro 6.000,00 per compenso, oltre al rimborso forfettario e agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della V Sezione Civile, il 20 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 31 luglio 2020

 

 

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