Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16473 del 05/08/2016


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Cassazione civile sez. trib., 05/08/2016, (ud. 05/05/2016, dep. 05/08/2016), n.16473

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente –

Dott. CHINDEMI Domenico – Consigliere –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – rel. Consigliere –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 9798-2012 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

D.L.;

– intimata –

e da:

D.L., elettivamente domiciliata in ROMA VIALE BRUNO

BUOZZI 59, presso lo studio dell’avvocato STEFANO GIORGIO, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIANNETTO GUARDUCCI

giusta delega in calce;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 57/2009 della COMM.TRIB.REG. della Toscana,

depositata il 10/06/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/05/2016 dal Consigliere Dott. LIANA MARIA TERESA ZOSO;

udito per il ricorrente l’Avvocato PALASCIANO che ha chiesto

l’accoglimento;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DEL

CORE SERGIO che ha concluso per il rigetto di entrambi i ricorsi.

Fatto

ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

1. D.L., con atto del 5 maggio 1998, trasferiva alla società Asterflor Srl quote di sua proprietà della società Montecarlo Immobiliare S.p.A. per il corrispettivo dichiarato di Lire 4.351.399.876 e, a mezzo di fissato bollato, trasferiva alla società Montecarlo Immobiliare S.p.A. medesima azioni di sua proprietà per il corrispettivo dichiarato di Lire 1.852.500.000.

Nel 1998 incassava i corrispettivi relativi alla cessione ad Asterflor limitatamente al 31% circa del prezzo e l’intero importo relativo alla cessione alla società Montecarlo Immobiliare S.p.A. La contribuente si avvaleva dell’applicazione dell’imposta sostitutiva ai sensi del D.L. n. 27 del 1991, art. 1 dichiarando per il 1998 una minusvalenza complessiva di L. 559.062.000 ed omettendo di dichiarare la plusvalenza o la minusvalenza per le annualità successive alla cessione. L’Agenzia delle entrate notificava avvisi di accertamento per gli anni 1998, 1999 e 2000 con cui rilevava l’incongruenza dei prezzi di cessione nella misura dichiarata e rideterminava il valore delle partecipazioni cedute con la differenza, rispetto al dichiarato, di Lire 1.335.238.400, provvedendo al ricalcolo della plusvalenza ed alla liquidazione della maggiore imposta sostitutiva dovuta. A seguito di ricorso proposto dalla contribuente, la Commissione Tributaria Provinciale di Prato accoglieva parzialmente il ricorso e determinava il valore delle azioni cedute a Immobiliare Montecarlo S.p.A. in Lire 4.724.315 ciascuna, pari al costo fiscalmente riconosciuto alla data del 28 gennaio 1991 risultante dalla valutazione peritale redatta dal commercialista L.L. nell’ambito di controversia definita in via transattiva sorta tra la società Immobiliare Montecarlo s.p.a. ed alcuni soci in ordine alla determinazione del valore delle partecipazioni di cui detti soci erano titolari ed intendevano cedere. Avverso la sentenza della CTP proponeva appello l’Agenzia delle entrate mentre D.L. proponeva appello incidentale.

Commissione Tributaria Regionale respingeva l’appello dell’Ufficio ed accoglieva l’appello incidentale della contribuente dichiarando la congruità del valore dichiarato. Rilevava la CTR che l’Ufficio non poteva giovarsi della giurisprudenza che riconosceva il diritto a procedere in via induttiva laddove si fosse in presenza di un valore di mercato definito ai fini dell’imposta di registro superiore a quello dichiarato ai fini delle imposte dirette e che prevedeva, in tal caso, l’onere del contribuente di attivarsi per dimostrare di avere in concreto venduto ad un prezzo inferiore. Invero, nel caso in discussione, non vi era alcun valore venale definito ai fini dell’imposta di registro ed il valore accertato era stato determinato in modo illegittimo poichè si doveva tener conto del prezzo effettivamente percepito dal contribuente; la prova che il valore del bene era superiore a tale prezzo costituiva solo un indizio di possibile occultamento del prezzo reale e non giustificava di per sè solo un accertamento induttivo. Peraltro vi erano elementi che inducevano a ritenere congruo il prezzo indicato in quanto si trattava di azioni vendute da un socio di minoranza in presenza di diritto di prelazione spettante ai soci di maggioranza, esisteva una caparra confirmatoria di Lire 1.700.000.000 e fideiussione bancaria a garanzia del residuo prezzo a corredo di un contratto preliminare intercorso tra le parti; infine il maggior valore accertato dall’ufficio si basava sulla redditività delle azioni riscontrata nel quinquennio successivo all’accesso alla cessione e tale dato era ignoto al cedente nel 1997.

2. Avverso la sentenza d’appello propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate affidato a tre motivi. Resiste con controricorso la contribuente, la quale ha proposto ricorso incidentale affidato ad un motivo.

3. Con il primo motivo la ricorrente deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.L. n. 27 del 1991, art. 5, convertito dalla L. n. 102 del 1991 ed al D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 38 e 41 bis. Sostiene la ricorrente che ha errato la CTR nel ritenere che l’Ufficio non avesse diritto a procedere in via induttiva (in quanto non si era in presenza di un valore di mercato definito ai fini dell’imposta di registro superiore a quello dichiarato ai fini delle imposte dirette) poichè le norme indicate dovevano essere intese nel senso che l’incompletezza, falsità e inesattezza dei dati indicati nella dichiarazione potevano essere desunti anche sulla base di presunzioni semplici gravi, precise e concordanti. Ha formulato la ricorrente il seguente quesito di diritto: “Dica la corte se – nel caso in cui l’ufficio fondi un accertamento di maggior reddito da plusvalenza da cessione di partecipazioni azionarie non dichiarate su molteplici elementi (in particolare che l’azienda ceduta risultava costituita da due complessi immobiliari – alberghieri di prestigio; che la società aveva sempre prodotto distribuito consistenti utili; che il prezzo dichiarato al momento della cessione, 1998, è inferiore al costo di acquisto determinato, in una perizia di parte, cosiddetta perizia L., con riferimento al 1991) – violi il D.L. n. 27 del 1991, art. 5, convertito dalla L. n. 102 del 1991, art. 1 nonchè il D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 38 e 41 bis la sentenza della CTR che neghi il diritto dell’Ufficio a procedere per via induttiva in quanto non si è in presenza di un valore di mercato definito ai fini dell’imposta di registro superiore a quello dichiarato ai fini delle imposte dirette, mentre le norme anzidette devono essere correttamente intese nel senso che l’incompletezza, falsità e inesattezza dei dati indicati nella dichiarazione possono essere desunti… anche sulla base di presunzioni semplici gravi, precise e concordanti e ai fini dell’accertamento del maggior reddito sono richiesti solo elementi che consentono di stabilire l’esistenza di un reddito non dichiarato o il maggiore ammontare di un reddito parzialmente dichiarato e non una prova certa dello stesso”.

4. Con il secondo motivo, formulando idoneo quesito di fatto, deduce motivazione insufficiente e contraddittoria circa un fatto controverso decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per aver la CTR affermato che l’accertamento era fondato solo sul riscontro del prezzo di cessione con quello di acquisto mentre, invece, dall’atto impugnato era evincibile che erano stati indicati una serie di elementi posti dall’Ufficio alla base dell’accertamento ed, in particolare, il fatto che l’azienda ceduta risultava costituita da due complessi immobiliari alberghieri di prestigio e che la società aveva sempre prodotto e distribuito consistenti utili; inoltre la sentenza era motivata in modo insufficiente in quanto non era spiegato in base a quali elementi si fosse ritenuto di poter superare il principio secondo cui il minor prezzo di vendita di un bene rispetto al suo valore costituisce comunque un indizio di occultamento del prezzo reale.

5. Con il terzo motivo, formulando idoneo quesito di fatto, deduce motivazione insufficiente e contraddittoria circa un fatto controverso decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Sostiene la ricorrente che la CTR, in maniera priva di idoneo supporto motivazionale, ha annullato l’accertamento sulla base della ritenuta natura transattiva della cessione ignorando che si trattava comunque di due prestigiosi complessi alberghieri produttivi di consistenti redditi e che la fideiussione bancaria, rapportata al valore dichiarato della cessione, non escludeva che vi fossero corrispettivi occultati pagati contestualmente alla firma degli atti.

6. Con l’unico motivo di ricorso incidentale la contribuente deduce violazione di legge e vizio di motivazione per aver la CTR compensato le spese del giudizio senza dare conto delle ragioni sottese a tale decisione.

7. Osserva la Corte che il primo motivo del ricorso principale è inammissibile in quanto il quesito non appare pertinente non cogliendo la ratio decidendi. Invero la ricorrente censura la decisione assumendo che la CTR ha ritenuto che l’Ufficio non avesse diritto a procedere in via induttiva in quanto non si era in presenza di un valore di mercato definito ai fini dell’imposta di registro superiore a quello dichiarato ai fini delle imposte dirette mentre, invece, l’avviso di accertamento era da ritenersi legittimo perchè basato su presunzioni semplici gravi, precise e concordanti che inducevano a ritenere che il prezzo indicato fosse inferiore a quello reale. La CTR non ha affermato che l’avviso di accertamento era in sè illegittimo ma ha solamente considerato che l’Ufficio non poteva avvalersi del principio in base al quale, laddove si fosse in presenza di un valore di mercato definito ai fini dell’imposta di registro superiore a quello dichiarato ai fini delle imposte dirette, incombeva sul contribuente l’onere di dimostrare di avere in concreto venduto ad un prezzo inferiore; ed ha altresì esposto elementi contrari alle presunzioni sulle quali l’Ufficio aveva basato l’atto impositivo, ritenuto, pertanto, inadeguato.

8. Il secondo ed il terzo motivo sono infondati. Invero con essi si fa valere vizio di motivazione sotto forma della sua insufficienza e contraddittorietà in quanto, si assume, la CTR ha basato la decisione sul fatto che il prezzo di cessione era inferiore al costo fiscalmente riconosciuto senza considerare che il patrimonio della società Montecarlo Immobiliare S.p.A. era costituito da prestigiosi complessi alberghieri che avevano prodotto consistenti redditi e che la fideiussione bancaria, rapportata al valore dichiarato della cessione, non escludeva che vi fossero corrispettivi occultati pagati contestualmente alla firma degli atti. Ora, secondo il consolidato orientamento della corte di legittimità, il vizio di motivazione che giustifica la cassazione della sentenza sussiste solo qualora il tessuto argomentativo presenti lacune, incoerenze e incongruenze tali da impedire l’individuazione del criterio logico posto a fondamento della decisione impugnata, restando escluso che la parte possa far valere il contrasto della ricostruzione con quella operata dal giudice di merito e l’attribuzione agli elementi valutati di un valore e di un significato difformi rispetto alle aspettative e deduzioni delle parti (Cass. n. 3198/2015; Cass. N. 11511/14; Cass. n. 19814/13; Cass. n. 1754/07). Il riesame degli elementi oggetto di valutazione, laddove non siano evidenziati vizi logici, costituisce accertamento di merito che esula dai limiti del controllo di logicità della motivazione affidato alla corte di legittimità.

Nella specie non sussiste alcuna lacuna nel ragionamento decisorio seguito dalla CTR, tenuto conto che i giudici di appello hanno considerato tutti gli argomenti addotti dall’Ufficio ritenendoli non persuasivi. Invero si legge nella sentenza impugnata che la CTR ha ritenuto che il prezzo inferiore a quello fiscalmente riconosciuto fosse giustificato dal fatto che si trattava di socia di minoranza che poteva cedere le partecipazioni al solo socio di maggioranza che godeva di prelazione, che l’ammontare della caparra confirmatoria era conforme a quanto previsto nel preliminare e che la redditività della società nel quinquennio posteriore alla cessione era elemento non valutabile ex ante. Ne deriva che non sussiste il dedotto vizio motivazionale per non aver la CTR considerato preponderante la valenza persuasiva di quanto affermato dall’Agenzia delle entrate ed aver ritenuto, per contro, congruo il minor valore indicato rispetto a quello accertato dall’ufficio.

9. Il motivo di ricorso incidentale è inammissibile perchè difetta della formulazione del quesito di diritto ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c..

10. Il ricorso principale va, perciò, rigettato, ed il ricorso incidentale va dichiarato inammissibile.

La reciproca soccombenza giustifica la compensazione delle spese.

PQM

La corte rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile il ricorso incidentale.

Compensa le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 5 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 5 agosto 2016

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