Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16472 del 27/07/2011

Cassazione civile sez. II, 27/07/2011, (ud. 09/06/2011, dep. 27/07/2011), n.16472

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso (iscritto al N.R.G. 8781/’10) proposto da:

C.L. (C.F.: (OMISSIS)) e F.M.

(C.F.: (OMISSIS)), rappresentati e difesi dall’Avv. Romano

Giuseppe Pio in virtù di procura speciale a margine del ricorso ed

elettivamente domiciliati presso lo studio dell’Avv. D’Angelo

Maurilio, in Roma, via Giacomo Giri, n. 3;

– ricorrenti principali –

contro

C.G. (C.F.: (OMISSIS)), rappresentato e

difeso dagli Avv.ti Piccione Guido, Robazza Francesca e Tedeschi

Dario in virtù di procura speciale a margine del controricorso

(contenente ricorso incidentale) ed elettivamente domiciliato presso

lo studio del terzo, in Roma, viale dell’Università n. 27;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

e

S.M. (C.F.: (OMISSIS));

– intimata –

per la cassazione della sentenza della Corte di appello di Venezia n.

1018 del 2009, depositata il 15 giugno 2009 (e notificata il 2

febbraio 2010).

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 9

giugno 2011 dal Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;

uditi gli Avv.ti Giuseppe Romano, per i ricorrenti principali, e

Dario Tedeschi, per il ricorrente incidentale;

sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale dott. VELARDI Maurizio, che ha concluso per

l’inammissibilità dei ricorsi.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte di appello di Venezia, con sentenza n. 1018 del 2009 (depositata il 15 giugno 2009 e notificata il 2 febbraio 2010), in parziale accoglimento dell’appello proposto da C.L. e F.M. avverso la sentenza del Tribunale di Treviso n. 828 del 2002, relativa all’azione di riduzione di disposizioni testamentarie e di donazioni fatte dal “de cuius” C. A., accertava e dichiarava che l’appellato C.G. doveva versare a C.L. l’ulteriore somma di Euro 3.202,03 (con gli interessi legali dalla domanda al saldo), attribuiva a C.L. le attrezzature agricole del valore accertato di L. 2.900.000 all’epoca della successione, poneva a carico dell’altra appellata S.M. l’obbligo di corresponsione dell’importo di L. 2.890.875 (computato sempre al momento della successione) a favore di C.G., a titolo di conguaglio e regolava le spese del doppio grado.

Con ricorso notificato il 1 aprile 2010 (e depositato il 12 aprile successivo), C.L. e F.M. hanno impugnato per cassazione la suddetta sentenza della Corte di appello di Venezia formulando due distinti motivi. Si è costituito in questa fase con controricorso, contenente ricorso incidentale (basato su un unico motivo), C.G., mentre l’altra intimata S.M. non risulta aver svolto attività difensiva. Il difensore del controricorrente ha depositato memoria illustrativa.

Il collegio ha deliberato di motivare la sentenza in forma semplificata. Con il primo motivo i ricorrenti principali hanno denunciato la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 553, 556 e 564 c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 e all’art. 111 Cost., comma 6).

Con il secondo motivo gli stessi ricorrenti principali hanno dedotto la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5). Con l’unico motivo di ricorso incidentale C.G. ha prospettato il vizio di omessa e/o insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso per il giudizio ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, chiedendo a questa Corte, ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., “se la motivazione adottata dalla Corte di Venezia possa dirsi espressa con modalità sufficienti e non contraddittorie, nella parte in cui, nell’accertare e dichiarare che C.G. deve versare a C.L. l’ulteriore somma di Euro 3.202,03, ha fatto riferimento cumulativo a tutte le somme indicate nella scrittura privata dimessa in primo grado dagli allora convenuti C.L. e F.M., ignorando totalmente sia l’avvenuto disconoscimento di tale scrittura da parte di C. G., ancorchè tempestivamente effettuata, sia la volontà espressa del “de cuius” nel posteriore testamento, laddove questi aveva dato atto e dichiarato di aver consegnato al figlio G. la (sola) somma in denaro di complessive L. 3.700.000;”. A corredo di tale motivo il ricorrente incidentale ha chiesto “se, inoltre, l’addotta motivazione possa ritenersi idonea a negare l’avvenuto disconoscimento di quella scrittura. Con ciò fornendo la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale si assume erronea e contraddittoria la motivazione”.

Va disposta, in via preliminare, la riunione di entrambi i ricorsi formulati (art. 335 c.p.c.). Ritiene il collegio, innanzitutto, che sussistano, nel caso in questione, i presupposti per dichiarare inammissibile il ricorso principale con riferimento ad entrambi i motivi proposti, per manifesta inosservanza del requisito di ammissibilità previsto dall’art. 366 bis c.p.c..

(introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006 e “ratione temporis” applicabile nella fattispecie, vertendosi nell’ipotesi di ricorso avverso sentenza ricadente nell’ambito di applicabilità dell’indicato D.Lgs., siccome pubblicata il 15 giugno 2009).

Sul piano generale si osserva (cfr., ad es., tra le più recenti, Cass. n. 4556/2009) che l’art. 366-bis c.p.c., nel prescrivere le modalità di formulazione dei motivi del ricorso in cassazione, comporta, ai fini della declaratoria di inammissibilità del ricorso medesimo, una diversa valutazione da parte del giudice di legittimità a seconda che si sia in presenza dei motivi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4, ovvero del motivo previsto da numero 5 della stessa disposizione. Nel primo caso ciascuna censura deve, all’esito della sua illustrazione, tradursi in un quesito di diritto, la cui enunciazione (e formalità espressiva) va funzionalizzata, come attestato dall’art. 384 c.p.c., all’enunciazione del principio di diritto ovvero a “dieta” giurisprudenziali su questioni di diritto di particolare importanza, mentre, ove venga in rilievo il motivo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 (il cui oggetto riguarda il solo “iter” argomentativo della decisione impugnata), è richiesta una illustrazione che, pur libera da rigidità formali, si deve concretizzare in una esposizione chiara e sintetica del fatto controverso – in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria – ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza rende inidonea la motivazione a giustificare la decisione.

Ciò posto, alla stregua della uniforme interpretazione di questa Corte (secondo la quale, inoltre, ai fini dell’art. 366 bis c.p.c., il quesito di diritto non può essere implicitamente desunto dall’esposizione del motivo di ricorso, nè può consistere o essere ricavato dalla semplice formulazione del principio di diritto che la parte ritiene corretto applicare alla fattispecie, poichè una simile interpretazione si sarebbe risolta nell’abrogazione tacita della suddetta norma codicistica), non può dirsi che i ricorrenti principali si siano attenuti alla rigorosa previsione scaturente dal citato art. 366 bis c.p.c., poichè:

– con riferimento al primo motivo implicante la contestuale deduzione della violazione e falsa applicazione degli artt. 553, 554, 555, 556 e 564 c.c. e del vizio di omessa e insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, dopo il diffuso svolgimento della doglianza, i ricorrenti hanno omesso di enucleare lo specifico quesito da riferire alla violazione di legge prospettata e di evidenziare la necessaria sintesi del ritenuto vizio motivazionale, non risultando sufficiente ed idoneo, allo scopo, il richiamo allo svolgimento del motivo di riferimento e l’aver genericamente richiesto la cassazione con rinvio della sentenza impugnata con enunciazione del principio di diritto al quale si sarebbe dovuto conformare il giudice di rinvio;

– con riguardo al secondo motivo, riferito alla violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, manca del tutto la chiara indicazione, in apposito quadro di sintesi conclusiva, del fatto controverso in relazione al quale si è assunto che la motivazione fosse insufficiente b e anche la prospettazione delle ragioni, in termini adeguatamente specifici, per le quali la supposta insufficienza motivazionale dovesse ritenersi inidonea a supportare la decisione, così come risulta completamente omessa l’indicazione del quesito di diritto relativo alla supposta violazione di legge. In definitiva, il ricorso principale deve essere dichiarato inammissibile. In virtù della rilevata inammissibilità del ricorso principale si deve pervenire, conseguentemente, alla dichiarazione di inefficacia del ricorso incidentale, siccome proposto tardivamente (essendo stato notificato il 30 aprile 2010) rispetto ai momento della notificazione della sentenza impugnata, intervenuta il 2 febbraio 2010. A questo proposito deve, infatti, confermarsi il condivisibile principio ripetutamente statuito da questa Corte (v. Cass. n. 3419/2004; Cass. n. 8105/2006, e, da ultimo, Cass. n. 1528/2010), secondo il quale alla declaratoria di inammissibilità, per qualsiasi motivo, del ricorso principale per cassazione, segue di diritto l’inefficacia del ricorso incidentale tardivo, proposto, cioè, allorchè sia già scaduto, rispetto alla data della notificazione della sentenza impugnata, il termine previsto dall’art. 325 c.p.c., comma 2, senza che rilevi, in senso contrario, che lo stesso sia stato proposto nel rispetto del termine indicato dall’art. 371 c.p.c., comma 2, (costituendo, anzi, tale tempestività “interna” il presupposto sesso dell’operatività della detta sanzione di inefficacia per il caso di inosservanza del termine “esterno” di impugnazione).

Le spese seguono la soccombenza e vanno poste, nella misura come indicata in dispositivo, a carico dei ricorrenti principali, in via fra loro solidale.

PQM

La Corte, riuniti i ricorsi, dichiara inammissibile il ricorso principale ed inefficace quello incidentale. Condanna i ricorrenti principali, in solido fra loro, al pagamento, in favore del controricorrente C.G., delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi Euro 6.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 9 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 27 luglio 2011

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