Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16471 del 31/07/2020

Cassazione civile sez. trib., 31/07/2020, (ud. 15/10/2019, dep. 31/07/2020), n.16471

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

Dott. ARMONE Giovanni Maria – Consigliere –

Dott. NOVIK Adet Toni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20356-2013 proposto da.

OGS ISTITUTO NAZIONALE OCEANOGRAFIA E GEOFISICA SPERIMENTALE,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GERMANICO 107, presso lo

studio 3 dell’avvocato BULTRINI NICOLA, rappresentato e difeso

dall’avvocato MARELLO ENRICO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza 57/2012 della COMM. TRIB. REG. del Friuli Venezia

Giulia, depositata li 18/06/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/12/2019 dal Consial-eri Dott. NOVIK ADET TONT.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

– L’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale (di seguito, OGS o il ricorrente) propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale per il Friuli Venezia-Giulia (CTR), depositata il 18 giugno 2012, di reiezione dell’appello dal medesimo proposto avverso la sentenza di primo grado che ne aveva respinto il ricorso avverso il diniego di rimborso da parte dell’agenzia delle entrate per Iva non dovuta versata nel corso del 2003;

– dalla lettura della sentenza si evince che il giudice di appello ha confermato la decisione di primo grado rilevando che l’istanza di rimborso era stata presentata da OGS dopo due anni dal pagamento (versamenti Iva del 16 aprile e del 13 maggio 2003), incorrendo nella decadenza prevista dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, comma 2; inconferente, secondo la CTR, era il richiamo del contribuente al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, riguardante altra imposta;

– il ricorso, illustrato con memoria, è affidato a tre motivi, cui l’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

– con il primo motivo di ricorso OGS denuncia “violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, D.Lgs. n. 241 del 1997, art. 21,D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 17 e 38, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”;

– evidenzia che a seguito della riforma dei modi della riscossione avvenuta nel 1997, anche il versamento dell’Iva avviene mediante delega del contribuente ad una delle aziende di credito ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 38, nella forma del versamento unificato, così che, trattandosi di un versamento diretto che avviene mediante delega all’intermediario, il giudice di appello avrebbe dovuto fare applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38 che, per la proposizione dell’istanza di rimborso, determina il termine di decadenza di 48 mesi dalla data del versamento stesso; subordinatamente, solleva questione di legittimità costituzionale per contrasto con gli artt. 3 e 76 Cost. del combinato disposto del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21,D.Lgs. n. 241 del 1997, art. 17 e D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38;

– il motivo, certamente ammissibile, in quanto il tema della applicabilità del maggior termine per usufruire del rimborso previsto dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38 risulta essere stato formulato dal ricorrente fin dal primo grado di giudizio, è infondato, perchè nella fattispecie non viene in rilievo un versamento diretto, come chiaramente si desume dal D.Lgs. n. 241 del 1997, art. 17, comma 2, (norme di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti in sede di dichiarazione dei redditi e dell’imposta sul valore aggiunto, nonchè di modernizzazione del sistema di gestione delle dichiarazioni), che lascia ferma la distinzione tra versamento diretto delle imposte dirette e versamento dell’Iva ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 27 e 33. Va ricordato che, vertendosi in tema di IVA, spetta all’ordinamento interno la regolazione dei termini della materia in mancanza di precisa e vincolanti indicazioni all’interno del quadro Eurounitario che disciplina detto tributo. Sul punto, la Corte di Giustizia ha infatti chiarito che proprio in mancanza di una disciplina Eurounitaria in materia di ripetizione di imposte nazionali indebitamente riscosse, spetta all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro regolare le procedure per l’esercizio dei diritti suindicati stabilendo i relativi termini di decadenza o di prescrizione, purchè ragionevoli, per la presentazione delle domande di rimborso e non lesivi dei principi di effettività e non discriminazione (cfr. Corte Giust., 17 novembre 1998, causa C- 228196, Aprile srl, Corte Giust., 11 luglio 2002, causa C62/00, Marks & Spencer, Corte Giust., 8 maggio 2008, causa C-95/07 e 96/07, Ecotrade spa, secondo la quale un termine di decadenza di due anni, come quello in discussione, è da ritenersi ragionevole; Corte Giust. 21 gennaio 2010, causa C472/08, Alstom Power Hydro; Corte giust. 15 dicembre 2011, causa C-427/10, Banca Antoniana Popolare Veneta spa). Ciò posto, questa Corte è ferma nel ritenere che ai fini dell’IVA indebitamente versata rileva, quale termine di decadenza quello fissato dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, comma 2 (v. anche il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 30-ter del, inserito dalla L. 20 novembre 2017, n. 167, art. 8, comma 1) a cui tenore la domanda di restituzione di un’imposta non dovuta “in mancanza di disposizioni specifiche, non può essere presentata dopo due anni dal pagamento ovvero, se posteriore, dal giorno in cui si è verificato il presupposto la restituzione”. Manifestamente infondata è l’eccezione di illegittimità costituzionale formulata dalla ricorrente, in quanto il diverso regime giuridico cui sono assoggettate le imposte dirette e l’Iva – non modificato dalla normativa sulla unificazione dei versamenti ai fini della compensazione – legittima i diversi termini di rimborso.

– Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente deduce “nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 112 c.p.c., D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 53 e 56, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4; nonchè contraddittoria motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5”;

– evidenzia che il giudice di appello, pur dichiarando assorbita la questione relativa alla disparità di trattamento impositivo a seconda che l’operazione di acquisto fosse stata fatta con un fornitore nazionale (in regime di non imponibilità) o con un operatore comunitario (con applicazione dell’Iva), aveva poi erroneamente e contraddittoriamente affermato che “la scadenza del termine consente di non affrontare ulteriori profili di merito (se cioè l’Iva fosse dovuta o meno), peraltro neppure riproposti in sede di appello”; al contrario, dal momento che la questione era stata riproposta dal contribuente in appello, il giudice avrebbe dovuto dichiarare assorbita la questione; il giudice non si era pronunciato quindi su una domanda della parte;

– la censura è inammissibile: l’eventuale errore in cui è incorso il giudice di appello nel dichiarare non riproposti ulteriori profili di merito è recessivo e irrilevante rispetto al rilievo pregiudiziale secondo cui era maturato il termine di decadenza previsto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21.

– Con il terzo motivo di ricorso il contribuente denuncia “violazione e/o falsa applicazione della L. 212 del 2000, art. 10, nonchè del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”;

– rileva che il 17 luglio 2003 egli aveva formulato un’istanza di interpello all’agenzia delle entrate evidenziando la disparità di trattamento che si verificava nel caso in cui l’acquisto di dotazioni di bordo riferite a navi destinate ad attività commerciale era posto in essere con fornitore nazionale o comunitario; l’agenzia aveva risposto ritenendo meritevoli di esame le argomentazioni esposte e che avrebbe portato la questione all’attenzione della direzione centrale normativa e del contenzioso; la risposta di cui sopra aveva ingenerato l’affidamento del contribuente intorno all’emanazione di un definitivo parere fornito dalla direzione regionale; il decorso del termine utile per la presentazione dell’istanza di rimborso era stato determinato dal legittimo affidamento ingenerato dall’azione amministrativa;

– il motivo è infondato; questa Corte ha già avuto modo di stabilire, in tema di IVA, che “nei casi in cui si faccia applicazione della disciplina generale prevista dall’art. 21, comma 2 il termine di due anni per la presentazione della domanda di restituzione dell’imposta versata in eccedenza decorre “dal pagamento ovvero, se posteriore, dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione”, e quindi non dalla data di emanazione di risoluzioni dell’amministrazione finanziaria interpretative della normativa, inidonee a costituire un diritto prima insussistente – se non nei casi in cui la legge stessa ne attribuisca il potere ad una specifica autorità amministrativa -, e atte soltanto a vincolare l’operato interno degli uffici” (Cass. n. 11020/1997; n. 16477/2004, n. 813/2005; Cass. S.U. 23031/07; Cass. n. 12447/2011; Cass. n. 23042/12; Cass. n. 20526/2013, quest’ultima resa, addirittura, con riferimento all’ipotesi di interpello del contribuente ai sensi della L. n. 212 del 2000, art. 11;

– pertanto, per le suesposte considerazioni, il ricorso non può essere accolto;

– le spese processuali seguono il criterio della soccombenza e si liquidano come in dispositivo; sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, che ha aggiunto il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dell’obbligo di versamento, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione integralmente rigettata.

PQM

La Corte respinge il ricorso; condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di legittimità, liquidate in Euro 5.600,00, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 -bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 15 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 31 luglio 2020

 

 

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