Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16470 del 05/07/2017


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Cassazione civile, sez. III, 05/07/2017, (ud. 17/03/2017, dep.05/07/2017),  n. 16470

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. AMBROSI Irene – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 6307-2014 proposto da:

DHL EXPRESS ITALY SRL, in persona del procuratore speciale sig.ra

V.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEGLI

SCIPIONI 268-A, presso lo studio dell’avvocato ALESSIO PETRETTI,

rappresentata e difesa dall’avvocato ERNESTO TUCCI giusta procura a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

TAMOTO SRL, in persona del legale rappresentante in carica sig.

T.R., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CELIMONTANA 38,

presso lo studio dell’avvocato PAOLO PANARITI, rappresentata e

difesa dall’avvocato ANDREA PIZZINI giusta procura a margine del

controricorso;

INTESA SANPAOLO SPA, in persona del procuratore avv.

CA.GI. elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DI VILLA GRAZIOLI

15, presso lo studio dell’avvocato BENEDETTO GARGANI che la

rappresenta e difende giusta procura a margine del controricorso;

BANCA DI TRENTO E BOLZANO SPA, in persona del procuratore dott.

M.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DI VILLA GRAZIOLI

15, presso lo studio dell’avvocato BENEDETTO GARGANI che la

rappresenta e difende unitamente agli avvocati ERNESTO TUCCI e

ALESSIO PETRETTI giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrenti –

nonchè contro

C.E.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 89/2013 della CORTE D’APPELLO di TRENTO,

depositata il 18/03/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17/03/2017 dal Consigliere Dott. AMBROSI IRENE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ALESSANDRO PEPE che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato ROBERTO CATALANO per delega;

udito l’Avvocato PAOLO PANARITI per delega.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La società Tamoto s.r.l. convenne in giudizio la DHL Express Italy s.r.l. dinanzi al Tribunale di Trento chiedendo il risarcimento dei danni causati dalla negligente gestione e omessa custodia di un assegno bancario dell’importo di Euro 284,04 emesso da Tamoto in favore della ditta fornitrice JFM quale corrispettivo per l’acquisto di merce consegnato allo stesso corriere. Dedusse in particolare di essersi accorta, dopo circa tre mesi dalla consegna dell’assegno, che il medesimo era stato addebitato sul proprio conto bancario per un importo di Euro 19.800,00, di aver presentato querela per truffa e di aver ricevuto da DHL una comunicazione dell’avvenuta denuncia di smarrimento del titolo. Si costituì in giudizio la convenuta DHL, contestando le pretese ex adverso sollevate e chiedendo di essere autorizzata a chiamare in causa la Banca di Trento e Bolzano s.p.a. (banca trattaria) e Intesa San Paolo s.p.a. (banca negoziatrice) perchè fosse accertata la loro responsabilità, con la condanna al rimborso di quanto eventualmente dovuto da DHL. Si costituirono entrambi gli istituti bancari negando ogni responsabilità per essersi limitati a pagare un assegno non trasferibile ad un soggetto che appariva l’apparente beneficiario, C.E., non essendovi elementi tali da consentire di percepirne la falsificazione. A sua volta, la Banca Intesa chiamò in causa C.E. il quale restò contumace.

Il Tribunale respinse la domanda, sostenendo che la scelta di Tamoto di pagare con assegno il modesto importo dovuto avesse costituito un comportamento imprudente, creando le premesse di quanto poi si era verificato, anche sul rilievo del mancato utilizzo di un mezzo di scrittura indelebile tale da impedire o quanto meno ostacolarne la contraffazione.

La Corte di appello di Trento, ribaltando la decisione resa in primo grado, dichiarò la DHL Express Italia s.r.l. responsabile dei danni lamentati, condannandola al pagamento in favore di Tamoto della somma di Euro 19.800,00, oltre rivalutazione e interessi legali e statuendo sulle spese.

Avverso questa sentenza, DHL Express Italia s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione articolato in un unico motivo. Hanno resistito con distinti controricorsi Tamoto s.r.l., Banca di Trento e Bolzano s.p.a. e Intesa San Paolo s.p.a..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con un unico motivo (“violazione o falsa applicazione dell’artt. 1176 e 1177 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3”) la ricorrente DHL lamenta che la Corte territoriale, dopo aver affermato che l’invio dell’assegno per raccomandata da essa compiuto fosse pienamente legittimo, aveva ritenuto (non coerentemente) che una condotta diligente imponesse al corriere di accertarsi della ricezione del titolo da parte del destinatario, cosa che non era avvenuta nel caso di specie, con la conseguenza che dalla imprudente e negligente gestione dell’assegno discendesse l’obbligo per DHL di risarcire il danno subito dalla Tamoto a seguito della contraffazione del titolo. Lamenta altresì che la decisione sarebbe contraria alle risultanze processuali dalle quali risultava che Tamoto, una volta emesso l’assegno, se ne era del tutto disinteressata, mentre DHL – dopo l’invio dell’assegno JFM con raccomandata a mezzo Poste Italiane s.p.a. in data 4 aprile 2007 (che, per cause ignote, andava smarrita)- una volta appreso dello smarrimento, aveva sporto denuncia presso il locale Comando dei Carabinieri, avvisato immediatamente Tamoto e trasmesso la denuncia, invitandola a bloccare l’assegno presso la propria banca. Infine, come statuito dalla sentenza di primo grado, insiste nel ritenere che la responsabilità dell’avvenuto sia attribuibile soltanto al comportamento imprudente della traente Tamoto (consistito nello scegliere un mezzo di pagamento intrinsecamente a rischio, sproporzionato in rapporto al valore della somma rappresentata, neppure curandone la redazione con scrittura indelebile tanto che la contraffazione successiva è stata integrale).

2. Il motivo è inammissibile.

La ricorrente, pur denunciando formalmente un duplice vizio di violazione di legge, propone nella sostanza un’inammissibile rivalutazione delle risultanze istruttorie al fine di ritenere corretta la propria condotta nell’adempimento dell’obbligo di custodia del titolo di pagamento dal momento della ricezione sino alla consegna. La censura attiene dunque a profili di fatto e tende a suscitare dalla Corte di legittimità un nuovo giudizio di merito in contrapposizione a quello formulato dalla Corte territoriale, la quale, con valutazione insindacabile perchè riservata al giudice di merito, ha motivatamente ritenuto, in primo luogo, che la condotta diligente esigibile dal corriere, il quale esercita professionalmente attività di consegna delle merci con incasso del corrispettivo da rimettere al venditore, imponesse allo stesso di accertarsi della ricezione del titolo di pagamento da parte del destinatario, mentre era stato accertato che il corriere si fosse limitato a spedire la raccomandata “senza più interessarsene per un lungo periodo di tempo fino a quando verso la metà del giugno 2007 era stata contattata dalla Tamoto che le aveva chiesto spiegazioni per esserle stato addebito sul conto bancario (in data 8.6.2007) l’importo di Euro 19.800,00 a seguito dell’incasso dell’assegno de quo”; in secondo luogo, che l’utilizzo da parte di Tamoto dell’assegno bancario per il pagamento della merce, contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale, non potesse in alcun modo essere censurabile, “trattandosi di modalità comunemente praticata e accettata e considerato che il titolo era stato consegnato ad un operatore professionale che era ragionevole presumere fosse consapevole della necessità di una custodia adeguata” e che, inoltre, non potesse esserle addebitata l’ulteriore circostanza di non aver provveduto alla sottoscrizione dell’assegno con inchiostro indelebile al fine di evitare l’eventuale contraffazione, tenuto conto del fatto notorio secondo cui tutti gli inchiostri possono essere alterati da sofisticati lavaggi chimici o mediante laser; infine, che il comportamento della stessa Tamoto nell’aver omesso ogni controllo o verifica sul ricevimento dell’assegno da parte della ditta JFM, fosse scevro da responsabilità.

Neppure ammissibile, perchè soltanto accennata, è la doglianza formulata riguardo la pretesa condotta “negligente e superficiale degli operatori delle due banche intervenute nella vicenda” atteso che la ricorrente neppure specifica gli specifici punti della sentenza impugnata oggetto di censura.

In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

3. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1 bis.

PQM

 

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento, in favore di ciascuno dei controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1.600,00 per compensi, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Terza Sezione Civile, il 17 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 5 luglio 2017

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