Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16465 del 10/06/2021

Cassazione civile sez. trib., 10/06/2021, (ud. 27/01/2021, dep. 10/06/2021), n.16465

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 3579/2014 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio eletto in Roma, via Dei Portoghesi, n. 12;

– ricorrente –

contro

C.A.M., rappresentata e difesa dall’Avv. Maria Grazia

Mastino, domiciliata presso la Cancelleria della Corte;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del

Piemonte, n. 88/38/2013 depositata il 17 giugno 2013, non

notificata;

Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 27 gennaio 2021

dal consigliere Gori Pierpaolo.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. Con sentenza n. 88/38/2013 depositata in data 17 giugno 2013 la Commissione tributaria regionale del Piemonte rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate, avverso la sentenza n. 40/1/11 della Commissione tributaria provinciale di Torino che, a sua volta, aveva accolto il ricorso di C.A.M. contro l’avviso di accertamento per IRPEF 2006 a titolo di redditi di capitale.

2. In particolare, la ripresa confermata anche dalla CTR traeva origine secondo i giudici del merito non da un accertamento sintetico emesso ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, originato da indagini finanziarie, bensì da accertamenti bancari D.P.R. n. 600 del 1973 ex art. 32, condotti su movimentazioni da conto corrente in relazione a plurime compravendite immobiliari poste in essere dalla contribuente; le movimentazioni non giustificate portavano al recupero di reddito non dichiarato su più anni di imposta tra cui quello per cui è causa.

3. Avverso tale decisione, ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate deducendo due motivi. La contribuente resiste con controricorso e, da ultimo, la difesa rende nota la dismissione del mandato.

Diritto

CONSIDERATO

che:

4. In via preliminare la contribuente eccepisce l’inammissibilità del ricorso, in quanto contraddittoriamente riporta brani di motivazione ascritti alla sentenza n. 88/38/2013 e non rinvenibili nel testo della stessa. La Corte, pur riconoscendo la presenza in ricorso di contraddittori riferimenti a singoli passaggi asseritamente della sentenza impugnata (es. alle pagg.4 e 7 del ricorso) non rinvenibili nella stessa, ritiene l’eccezione non accoglibile in quanto il decisivo primo capoverso di “decisione” della sentenza impugnata – citato anche dalla contribuente a pag.5 del controricorso – è riportato a pag. 3 del ricorso in calce: “Invero l’appello è fondato per quanto concerne l’applicabilità del potere dell’Ufficio previsto dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 2, nei confronti di un soggetto d’imposta privo di obblighi di conservazione documentale”. Inoltre, se è vero che la motivazione della sentenza per l’anno di imposta 2006 prosegue, in modo difforme da quello riportato in ricorso, nei seguenti termini “ma non è accoglibile avuto riguardo al metodo operativo attuato nella individuazione delle operazioni aventi natura reddituale (…) (per) aver l’Ufficio considerato reddito i prelevamenti (…) (e) tutte le operazioni di addebito/prelievo afferenti la sfera personale della contribuente”, nondimeno il tenore dei motivi permette di ricostruire in modo sufficientemente chiaro il contenuto decisorio della sentenza impugnata e dunque la sua identificazione.

5. Con il primo motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. – l’Agenzia ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, e dell’art. 2697 c.c., per aver la CTR mancato di riconoscere che l’utilizzo degli accertamenti bancari nella fattispecie ha avuto il solo fine strumentale alla ricostruzione del reddito in ragione del fatto che la contribuente aveva mancato di rispondere ai questionari inviati dall’Agenzia e di fornire i chiesti chiarimenti, sussumendo erroneamente la fattispecie negli accertamenti bancari di cui al disposto dell’art. 32 anzichè nell’accertamento sintetico del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 4, adottando così una non corretta regola di giudizio relativa al contenuto astratto dell’onere della prova.

6. Il motivo è inammissibile per difetto di specificità, in quanto, come eccepito in controricorso, l’Agenzia non deduce in modo circostanziato di aver riproposto con il proprio atto di appello la questione dell’applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, in luogo dell’art. 32 del medesimo decreto ai fini dell’applicazione del canone della prova, nè ove ciò sia avvenuto, nè riproduce in alcun modo il relativo passaggio dell’atto di appello per consentire alla Corte di riconoscere che la questione è stata tempestivamente coltivata anche dopo la decisione di primo grado. Peraltro la sentenza impugnata non dà conto di un motivo di appello in tal senso, e la ratio decidendi è incentrata sulla presunzione di cui all’art. 32 del citato decreto.

7. Con il secondo motivo – ancora ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. – l’Agenzia deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, nn. 2 e 7, nel testo applicabile ratione temporis e dell’art. 2697 c.c. per aver la CTR mancato di valutare che, comunque, la contribuente non aveva offerto prova giustificativa liberatoria dalla presunzione legale dell’art. 32 cit. quanto ai versamenti.

8. Il motivo è fondato, nei termini che seguono. Premesso che la contribuente non è un’imprenditrice e, dunque, sui prelevamenti opera la sentenza della Corte costituzionale n. 228 del 2014, la Corte rammenta che “In tema d’imposte sui redditi, la presunzione legale (relativa) della disponibilità di maggior reddito, desumibile dalle risultanze dei conti bancari giusta il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, n. 2, non è riferibile ai soli titolari di reddito di impresa o da lavoro autonomo, ma si estende alla generalità dei contribuenti, come si ricava dal successivo art. 38, riguardante l’accertamento del reddito complessivo delle persone fisiche, che rinvia allo stesso art. 32, comma 1, n. 2; tuttavia, all’esito della sentenza della Corte costituzionale n. 228 del 2014, le operazioni bancarie di prelevamento hanno valore presuntivo nei confronti dei soli titolari di reddito di impresa, mentre quelle di versamento nei confronti di tutti i contribuenti, i quali possono contrastarne l’efficacia dimostrando che le stesse sono già incluse nel reddito soggetto ad imposta o sono irrilevanti.” (Cass. Sez. 5 -, Ordinanza n. 29572 del 16/11/2018, Rv. 651421 – 01). Non vi sono motivi per discostarsi nel caso di specie da tale insegnamento e, pertanto, la presunzione legale di cui all’art. 32 cit. si applica anche alla contribuente persona fisica limitatamente ai versamenti contestati.

9. Ciò detto, in tema di accertamenti bancari, la contribuente ha l’onere di superare la presunzione posta dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, e dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, con riferimento ai versamenti, dimostrando in modo analitico l’estraneità di ciascuna delle operazioni a fatti imponibili, e il giudice di merito è tenuto ad effettuare una verifica rigorosa in ordine all’efficacia dimostrativa delle prove fornite dallo stesso, rispetto ad ogni singola movimentazione, dandone compiutamente conto in motivazione (Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 10480 del 03/05/2018, Rv. 648064 – 01; Cass. Sez. 5 -, Sentenza n. 13112 del 30/06/2020, Rv. 658392 – 01). La CTR non ha identificato ed applicato correttamente l’onere della prova e, in particolare, il contenuto della prova liberatoria dalla presunzione, in quanto non dà conto in motivazione in alcun modo con riferimento ad ogni singola movimentazione contestata della giustificazione offerta dalla contribuente e, in sede di rinvio, il giudice d’appello si atterrà ai principi di diritto sopra richiamati.

10. Conseguentemente, il secondo ricorso trova accoglimento, nei termini indicati, inammissibile il primo, con conseguente cassazione della sentenza e rinvio alla CTR per ulteriore esame in relazione al profilo, oltre che per la liquidazione delle spese di lite.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo ricorso, nei termini di cui in motivazione, inammissibile il primo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR del Piemonte, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione al profilo accolto e per il regolamento delle spese di lite.

Così deciso in Roma, il 27 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 10 giugno 2021

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