Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16462 del 18/07/2014
Civile Sent. Sez. 5 Num. 16462 Anno 2014
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: IOFRIDA GIULIA
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Agenzia delle Entrate, in
persona del Direttore
p.t., elettivamente domiciliata in
Portoghesi 12, presso l’Avvocatura
Roma Via dei
Generale dello
Stato, che la rappresenta e difende ex lege
ricorrente –
contro
La
Carovana
srl,
in
persona
del
legale
rappresentante p.t., elettivamente domiciliata in
Roma Viale Glorioso 18, presso lo studio
dell’Avv.to Marco Di Porto, che la rappresenta e
difende in forza di procura speciale a margine del
controricorso
controricorrente –
avverso
la
Commissione
sentenza
n.
Tributaria
293/01/2007
regionale
del
della
Lazio,
depositata il 24/06/2007;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 29/04/2014 dal Consigliere
Dott. Giulia Iofrida;
uditi l’Avvocato dello Stato, Marco Capolupo, per
parte
ricorrente, e l’Avv.to Marco Di Porto, per
parte controricorrente;
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Data pubblicazione: 18/07/2014
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
generale Dott. Paola Mastroberardino, che ha
concluso per il rigetto del ricorso.
Ritenuto in fatto
L’Agenzia delle Entrate Propone ricorso per
cassazione, affidato a cinque motivi, nei confronti
de La Carovana srl (che resiste con controricorso),
avverso la sentenza della Commissione Tributaria
data 24/08/2007, con la quale – in una controversia
concernente 1′ impugnazione di un avviso di
accertamento emesso, in relazione a maggiore IRPEF
dovuta dalla società La Carovana, quale sostituto
d’imposta, per l’anno d’imposta 2001, per omesse
ritenute d’acconto su compensi per lavoro
dipendente corrisposti a 32 soggetti, non iscritti
nei libri obbligatori – è stata riformata la
decisione di primo grado, che aveva respinto il
ricorso della società contribuente.
In particolare, i giudici d’appello hanno sostenuto
che, rappresentando l’art.7 d.lgs. 546/1992, con il
quale si dispone
“l’inammissibilità della prova
sostanziale nel processo tributario”,
una norma
sostanziale, non meramente processuale,
“limitando
non solo la prova in giudizio, ma altresì il potere
di accertamento degli uffici tributari”,
di natura
meramente cartolare, le dichiarazioni dei terzi
raccolte in sede di verifica fiscale dovevano
ritenersi
“sfornite
ex se
di una qualsiasi
efficacia probatoria”, occorrendo un loro riscontro
con altri elementi di prova, documentali. Nella
fattispecie, invece, l’Amministrazione non aveva
offerto prova documentale dei rapporti di lavoro
dipendente e quindi dell’inadempimento agli
obblighi del sostituto d’imposta, stante la mancata
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Regionale del Lazio n. 293/01/2007, depositata in
produzione in giudizio del
“verbale della Guardia
di Finanza” e di qualsiasi documento “che rinviasse
a tali
rapporti”
ed essendo 1′ accertamento
esclusivamente basato sulle
“dichiarazioni dei
presunti lavoratori e sull’esame di provvedimenti
giudiziari civili, di dubbia interpretazione sotto
il profilo fiscale”.
Considerato in diritto.
il
primo motivo, la violazione e falsa
applicazione, ex art. 360 n. 3 c.p.c., degli artt.7
d.lgs. 546/1992 e 32 e 33 DPR 600/1973, avendo i
giudici ritenuto inammissibili ai sensi dell’art.7
le dichiarazioni rese dai terzi, a sostegno delle
contestazioni in materia di omessa ritenuta alla
fonte su compensi a lavoratori, non registrati nei
libri contabili obbligatori, mentre la norma
intende soltanto colpire le prove testimoniali
formate nel processo tributario; 2) con il secondo
motivo, la violazione dell’art.37 DPR 600/1973,
avendo i giudici d’appello negato alle suddette
informative raccolte dai verbalizzanti anche la
valenza di semplici indizi da vagliare circa la
loro fondatezza; 3) con il terzo motivo, la
contraddittoria motivazione della sentenza, ex
art.360 n. 5 c.p.c., in ordine al valore attribuito
alle dichiarazioni rese dai terzi (prove
testimoniali inammissibili ovvero mete informazioni
prive di qualsiasi efficacia probatoria); 4) con il
quarto motivo, la omessa motivazione su di un fatto
controverso e decisivo, ex art.360 n. 5 c.p.c., non
avendo i giudici chiarito con quali mezzi probatori
le suddette dichiarazioni erano state smentite
dalla contribuente; 5) con il quinto motivo,
l’insufficiente e contraddittoria motivazione della
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L’Agenzia delle Entrate ricorrente lamenta: 1) con
sentenza, ex art.360 n. 5 c.p.c., sia in ordine
alla valenza delle dichiarazioni raccolte dai
terzi, sia in ordine alle precedenti sentenze del
Giudice del Lavoro (peraltro allegate dalla
contribuente e non dall’Ufficio), sia in ordine
alle
“ulteriori
indagini dell’Ufficio ritenute
necessarie” .
Le prime due censure sono fondate.
terzo, acquisite dalla G.d.F. e trasfuse nel
processo verbale di constatazione, a sua volta
recepito dall’avviso di accertamento, hanno valore
indiziario, concorrendo a formare il convincimento
del giudice unitamente ad altri elementi (Cass.
20.4.2007 n. 9402, Cass. 15.1.2007 n. 703; Cass.
9876/2011; Cass. 8369/2013).
Il tutto, se riveste i caratteri all’art. 2729 cod.
civ., dà luogo a presunzioni semplici (D.P.R. n.
600/1973, art. 39), generalmente ammissibili nel
contenzioso tributario, nonostante il divieto di
prova testimoniale (Cass. 9402/2007).
La disposizione contenuta nell’art. 7, comma 4
d.lgs. 546/1992
(“non sono ammessi il giuramento e
la prova testimoniale”) limita i poteri del giudice
tributario e non pure i poteri degli organi di
verifica.
Pertanto, la limitazione vale soltanto per la
diretta assunzione, da parte del giudice stesso,
della narrazione dei fatti della controversia
compiuta da un terzo, ovverosia per quella
narrazione che, in quanto richiedente la
formulazione di specifici capitoli e la prestazione
di un giuramento da parte del terzo assunto quale
teste, acquista un particolare valore probatorio.
Le dichiarazioni, invece, dei terzi raccolte da
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Nel processo tributario, le dichiarazioni del
verificatori o finanzieri e inserite, anche per
riassunto, nel processo verbale di constatazione,
hanno natura di mere informazioni acquisite
nell’ambito di indagini amministrative e sono,
pertanto, pienamente utilizzabili quali elementi di
convincimento (cfr. Cass. 20032/2011; Cass.
21812/2012).
Alla luce dei principi che precedono è inesatto
indizi possano assurgere a fonte di prova solo se
confortati da ulteriori indagini, da eseguire
necessariamente da parte dell’Ufficio per provare
la fondatezza delle informazioni rese fornite dal
terzo.
Il giudice “a quo” avrebbe dovuto procedere
all’esame degli indizi disponibili (le risposte
date dai terzi ai questionari inviati nonché quelle
fornite dai lavoratori presenti in loco al momento
dell’accesso), posti a fondamento
e
motivazione
dell’avviso, al fine di stabilire, con giudizio di
merito, logicamente e congruamente motivato,
l’eventuale sussistenza dei caratteri di gravità,
precisione e concordanza, in presenza dei quali la
pretesa erariale sarebbe fondata (C. 9402/2007).
I restanti motivi, implicanti vizi motivazionali,
sono assorbiti.
Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso deve
pretendere, come sostenuto nella sentenza, che gli
essere accolto e la sentenza impugnata deve essere
cassata con rinvio, anche in ordine alla
liquidazione delle spese del presente giudizio di
legittimità, ad altra Sezione della Commissione
Tributaria Regionale del Lazio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza
impugnata, con rinvio, anche in ordine alla
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I
ESINTE DA REGISTRAZIONE
AI SENSI DEL D P.R. 26/4/198G
N. 131 TAR. ALL. 8. – N. 5
liquidazione delle spese del presente giudHSTW IUBUnid”
legittimità, ad altra Sezione della Commissione
Tributaria Regionale del Lazio.
Deciso in Roma, nella camera di consiglio della
Quinta sezione civile, il 29/04/2014.
Il Presidente
Il Cons ilire est.