Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1646 del 19/01/2022
Cassazione civile sez. I, 19/01/2022, (ud. 17/09/2021, dep. 19/01/2022), n.1646
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –
Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –
Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –
Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –
Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 20774/2017 proposto da:
Deutshe Bank S.p.a., in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via Nazionale n. 204,
presso lo studio dell’avvocato D’Ostuni Ludovica, che la rappresenta
e difende unitamente agli avvocati Mariani Rossella, Zitiello Luca,
giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
S.A., S.S., domiciliati in Roma, Piazza
Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione,
rappresentati e difesi dall’avvocato Gori Francesca Romana, giusta
procura in calce al controricorso;
– controricorrenti –
contro
D.R.G.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 1916/2016 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,
depositata il 25/10/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
17/09/2021 dal cons. Dott. SOLAINI LUCA.
Fatto
RILEVATO
che:
Il tribunale di Bologna dichiarava inammissibile l’opposizione tardiva proposta dalla società Finanza & Futuro Banca spa (in seguito, per brevità, F&F) avverso il decreto ingiuntivo emesso nei suoi confronti, su ricorso dei fratelli A. e S.S. per il pagamento della somma di Euro 81.376,00, in solido con D.G.R. quale promotore finanziario della banca, della quale somma quest’ultimo si era illegittimamente appropriato invece di utilizzarla, come pattuito, per investimenti in titoli azionari per conto degli investitori (cioè, per conto dei predetti fratelli S.). Il medesimo tribunale dichiarava inammissibile anche la domanda riconvenzionale proposta dai medesimi fratelli S. nei confronti sia dalla Banca opponente che del promotore chiamato in causa (perché estranea all’originaria richiesta monitoria) volta ad ottenere il risarcimento dei danni non patrimoniali subiti a causa del fatto illecito dedotto.
Avverso la sentenza del tribunale, la banca interponeva appello – che veniva rigettato – deducendo: 1) il mancato accertamento dell’irregolarità della notifica del d.i., perché eseguita in luogo diverso dalla propria sede legale e consegnata a persona non riferibile alla struttura della predetta banca: 2) la sussistenza dei presupposti di ammissibilità dell’opposizione tardiva proposta, ex art. 650 c.p.c.; 3) querela di falso, ex art. 221 c.p.c., avverso la relata di notificazione rilasciata dall’ufficiale giudiziario relativa al decreto ingiuntivo oggetto di giudizio, con richiesta di sospensione del giudizio d’appello e fissazione di un termine per la riassunzione della causa di falso, davanti al tribunale competente. I fratelli S. proponevano, a loro volta appello incidentale censurando la dichiarazione d’inammissibilità della domanda di risarcimento danni non patrimoniali da loro subiti.
A supporto della propria decisione di rigetto, per quanto ancora d’interesse, il giudice distrettuale ha rilevato: sub 1), che dalla relata di notificazione del decreto ingiuntivo, emergeva che l’ufficiale giudiziario si era recato presso la sede della banca (in (OMISSIS) e non nella sede di (OMISSIS), risultante dalla visura camerale) consegnando il plico a persona (tale ” Z.”) qualificatosi “dipendente incaricato alla ricezione”. Tale attestazione era coperta da fede privilegiata e non era stata proposta querela di falso. Inoltre, anche se la Corte d’appello – condividendo il giudizio del tribunale – ha riconosciuto che tale efficacia probatoria non si estendeva alla veridicità delle dichiarazioni rese al P.U. né alla effettiva corrispondenza della situazione di fatto da quest’ultimo riscontrata, alla situazione di diritto, tuttavia, quanto risultante in fatto dalla relata, non poteva essere smentito né dalle risultanze essenzialmente formali emergenti dalla visura camerale (che non escludevano una diversa situazione di fatto) né dalle successive dichiarazioni dell’addetto alla ricezione di essere dipendente di altra società del gruppo, in quanto ciò non escludeva che lo stesso fosse, comunque, incaricato di ricevere gli atti dell’odierna banca; sub 2), ad avviso della Corte territoriale non è sufficiente l’accertamento dell’irregolarità della notificazione del d.i., occorrendo, invece, la prova a carico dell’opponente, che proprio a cagione della nullità della notificazione, l’ingiunto non abbia avuto tempestiva conoscenza del provvedimento monitorio, prova che – trattandosi di fatto negativo – può essere fornita anche mediante presunzioni, nella specie non idonee; sub 3), ad avviso della Corte territoriale, gli elementi di giudizio indicati dalla F&F a conferma della falsità della relata non sono stati reputati idonei a smentire la veridicità dei fatti attestati dall’ufficiale giudiziario e dotati di fede privilegiata ovvero che in data 18.10.2005 (il giorno dell’avvenuta notifica) nulla evidenziava in loco il già avvenuto trasferimento della sede legale di F&F e che lo Z. si dichiarò soggetto incaricato della consegna degli atti a F&F.
La Corte territoriale, dichiarava, altresì, inammissibile l’appello incidentale sulla domanda risarcitoria dei danni non patrimoniali, perché non potevano essere fatte valere nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo domande nuove rispetto a quelle proposte in sede monitoria, mentre rigettava la domanda di riforma del capo della sentenza di primo grado sulle spese, per la reciproca soccombenza.
La società Finanza & Futuro Banca spa ricorre per cassazione contro la predetta sentenza della Corte bolognese affidando l’impugnazione a tre motivi. Resistono con controricorso S.A. e S.S..
Diritto
CONSIDERATO
che:
Con il primo motivo, la banca ricorrente deduce il vizio di violazione di legge, in particolare degli artt. 650 e 145 c.p.c. e degli artt. 2193 e 2729 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perché erroneamente, erano stati dichiarati insussistenti i presupposti dell’opposizione tardiva a decreto ingiuntivo proposta dalla banca, dichiarandola inammissibile.
In buona sostanza, ad avviso della ricorrente, il giudice distrettuale, nel ritenere che la produzione documentale esibita dalla banca (visura camerale attestante il trasferimento di sede, dichiarazione scritta dell’amministratore delegato della D.A.M. che lo Z. era un proprio dipendente) non fosse idonea a smentire le risultanze della relata redatta dall’ufficiale giudiziario aveva violato le norme di cui alla rubrica, in particolare, l’art. 145 c.p.c. che sancisce che la notifica alle persone giuridiche vada effettuata presso la sede legale (che era stata trasferita) ovvero quella effettiva (che non era quella dove era avvenuta la notifica) a mani del legale rappresentante o un addetto alla ricezione, con conseguente nullità della predetta notifica se consegnata in luogo diverso a quelli sopra indicati o a persona non collegabile alla persona giuridica. La Corte distrettuale, ad avviso della ricorrente, aveva inoltre, violato l’art. 2193 c.c., che sancisce che l’ignoranza dei fatti dei quali la legge prescrive l’iscrizione nel Registro delle Imprese (quali il trasferimento di sede) non può essere opposta dai terzi (nella specie, chi aveva notificato il decreto ingiuntivo) nel momento in cui l’iscrizione è avvenuta. Infine, la Corte d’appello, sempre secondo l’appellante, aveva violato anche il regime delle presunzioni (art. 2729 c.c.), ritenendo che i documenti prodotti non fossero idonei a smentire le risultanze della relata prodotta dall’ufficiale giudiziario.
Con il secondo motivo, la banca ricorrente prospetta la violazione dell’art. 650 c.p.c. e dell’art. 2700 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perché erroneamente, la Corte d’appello aveva ritenuto che la banca non avesse dimostrato la non tempestiva conoscenza dell’atto irritualmente notificato.
Con il terzo motivo, la banca ricorrente denuncia la violazione dell’art. 2700 c.c., in relazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perché erroneamente, la Corte d’appello aveva ritenuto che la proposta querela di falso in via incidentale fosse inammissibile, perché inidonea a proseguire la finalità che le è propria.
Il secondo motivo, che può essere esaminato per primo è inammissibile perché si sostanzia in censure di merito: infatti, la ricorrente sostiene che la prova presuntiva della mancata conoscenza del decreto da parte della opponente doveva ritenersi insita nelle modalità di esecuzione della notifica, effettuata in luogo diverso dalla sede sociale e a mani di soggetto (lo Z.) qualificatosi dipendente della società senza esserlo. Senonché la Corte d’appello ha affermato che il fatto che nel luogo di esecuzione della notifica non vi fosse la sede sociale, non toglieva che potesse esservi un recapito della società stessa – il cui avvenuto trasferimento non era indicato in loco da alcun indizio, come attestato implicitamente dalla relata dell’ufficiale giudiziario – curato appunto dallo Z., il quale, pur non essendo dipendente della società era tuttavia, come riferito dalla opponente, dipendente di altra società, ivi domiciliata, appartenente allo stesso gruppo della società destinataria della notifica (gruppo Deutsche Bank).
Il primo motivo, che attiene alla autonoma ratio decidendi relativa al difetto di nullità della notifica del decreto ingiuntivo, resta assorbito, perché consolidatasi la seconda ratio oggetto del secondo motivo, per effetto dell’inammissibilità della relativa censura, la statuizione di inammissibilità dell’opposizione tardiva è validamente giustificata già dalla esclusione del presupposto sul difetto di tempestiva conoscenza del decreto ingiuntivo da parte dell’opponente.
Il terzo motivo è inammissibile, in quanto la Corte d’appello ha statuito che le prove offerte dalla querelante (e cioè, l’estratto di un libro matricola asseritamente attestante che lo Z. era un dipendente di altra società, tuttavia non prodotto, e la prova testimoniale a sostegno del trasferimento della sede della società, con tutti i dipendenti, alla data del 1.9.2005, in altro luogo in cui venivano svolte tutte le attività operative) non erano idonee a smentire i fatti di cui sopra: il ricorso non si dà carico di tale specifica argomentazione della sentenza impugnata e si limita a svolgere critiche generiche.
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Dichiara il ricorso inammissibile.
Condanna la ricorrente a pagare a S.A. e S.S.” le spese di lite che liquida nell’importo di Euro 6.000,00.oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre il 15% per spese generali, oltre accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 17 settembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2022