Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16457 del 05/08/2016


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Cassazione civile sez. trib., 05/08/2016, (ud. 03/05/2016, dep. 05/08/2016), n.16457

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 3991-2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

D.V.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1469/2014 della COMM.TRIB.REG. della PUGLIA,

depositata il 26/06/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/05/2016 dal Consigliere Dott. MARCO MARULLI;

udito per il ricorrente l’Avvocato URBANI NERI che ha chiesto

l’accoglimento;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO Immacolata, che ha concluso per l’inammissibilità e in

subordine il rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza in data 26.6.2014 la CTR Puglia ha respinto l’appello dell’erario avverso la decisione che in primo grado, accogliendo il ricorso di D.V., aveva annullato l’avviso di accertamento a mezzo del quale l’Agenzia delle Entrate – recependo le risultanze di pregresse indagini di polizia tributaria in ordine al deposito fiscale in gestione alla Work System s.r.l. – contestava, in considerazione del carattere virtuale del deposito effettuato dalla parte (“la merce introdotta nel deposito IVA non vi stazionava che per i minuti necessari all’espletamento degli adempimenti connessi all’utilizzo del beneficio”), il mancato versamento dell’IVA.

La CTR, confermando il deliberato di prima istanza, ha disatteso il gravame erariale, motivato sul rilievo del difetto di introduzione fisica dei beni nel deposito, in considerazione delle disposizioni da ultimo recate dal D.L. n. 179 del 2912, alla luce delle quali “l’introduzione si intende realizzata anche in spazi limitrofi al deposito senza che sia necessaria la preventiva introduzione della merce in deposito”, le prestazioni di servizi previsti nel D.L. n. 331 del 1993, art. 50 bis, comma 4, lett. h)” si devono ritenere sufficienti all’assolvimento delle funzioni di stoccaggio e custodia ai sensi dell’art. 1766 c.c. e segg. in tema di contratto di deposito” e l’IVA “si deve ritenere definitivamente assolta” qualora all’atto dell’estrazione della merce dal deposito risulti correttamente posta in essere la procedura di autofaturazione.

Per la cassazione di detta sentenza l’erario si affida ad un motivo di ricorso, al quale non ha inteso replicare la parte.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

2.1. Con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia impugnante lamenta ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 21, comma 7, del D.L. n. 16 del 2012, art. 8, comma 21-bis, del D.L. n. 331 del 1993, art. 50-bis, comma 5, e degli artt. 2729 e 2697, in quanto la CTR, pronunciandosi nei riferiti termini, ha assunto una statuizione che viola le regole dell’onere della prova, costituita dalla dimostrazione della materiale effettuazione delle prestazioni di servizio di cui al citato art. 50-bis, comma 4 non constando invero che la parte avesse nella specie offerto “la prova contraria ex art. 2697 c.c. della materiale effettuazione delle prestazioni di servizio”, di contro alle presunzioni con cui a mente dell’art. 2729 c.c. l’ufficio aveva contestato la virtualià del deposito.

2.2. Il motivo è inammissibile.

2.3. Ancorchè la deducente abbia inteso conferire alla formulata doglianza la veste di un errore di diritto, assumendo la contrarietà dell’impugnata decisione ad un articolato quadro di riferimento ed in particolare agli artt. 2729 e 2697 c.c., perchè la parte non avrebbe “offerto la prova contraria ex art. 2697 c.c. della materiale effettuazione delle prestazioni di servizio come le sarebbe spettato a fronte delle contestazioni dell’ufficio che dimostravano presuntivamente ex art. 2729 c.c. che la gestione del deposito avveniva in modo virtuale”, essa, laddove si intrattiene nel rimarcare gli elementi indiziari che la CTR avrebbe trascurato, mostra di dolersi non già del contenuto giuridico della decisione, quanto del fatto – non a caso evidenziato significativamente della locuzione “in sintesi” sotto cui i citati elementi trovano collocazione – che la decisione, prescindendo da essi, sia affetta da un più vistoso errore nell’apprezzamento delle circostanze fattuali della vicenda. La critica in punto di diritto che l’Agenzia muove alla pronuncia d’appello non intercetta alcun tema decisionale provvisto di un’autonoma rilevanza giuridica e non si traduce perciò nel pone un interrogativo a cui questa alla Corte possa rispondere nell’esercizio della propria nomofilachia. Postula, al contrario, una revisione del giudizio di secondo grado nell’insoddisfacente – per essa ricorrente – valutazione delle risultanze istruttorie ivi operata dal giudice d’appello, senza tuttavia darsi cura, all’atto di auspicare che un rinnovato apprezzamento di esse possa modificarne in senso più favorevole il responso, che un siffatto compito compete in via esclusiva al giudice del merito che è rimeditabile da questa Corte solo per un vizio motivazionale.

2.4. Proprio quest’ultima considerazione è motivo per rilevare anche un’ulteriore ragione di inammissibilità che inficia pregiudizialmente la conoscibilità del ricorso, vero, infatti che, soggiacendo temporalmente l’odierna impugnazione alla regola della doppia conforme, in guisa della quale ex art. 348-ter c.p.c., u.c. – applicabile pacificamente in materia (SS.UU. 8053/14) – il ricorso per cassazione è consentito solo per violazione di legge, la deduzione di un errore di diritto diviene un comodo espediente per ripropone il controllo di logicità della Cassazione sulla sentenza di secondo grado che abbia risolto la fattispecie in modo conforme a quella di primo grado. E’ agevole, in sostanza, quando pur sotto l’apparente veste della violazione di legge che denunci la contrarietà della decisione alle disposizioni in tema di prove, si intenda, come qui censurare, la decisione d’appello perchè il giudice non avrebbe considerato tutte le circostanze fattuali indicate dalla parte, che se adeguatamente apprezzate avrebbero potuto orientare diversamente la decisione, riconoscere che si è in presenza non già di una contrarietà della decisione alla legge, ma di una contrarietà di essa alla logica che deve guidare il giudice nella motivazione, con l’ovvia conseguenza che per la preclusione dettata dalla citata norma processuale nessun vaglio da parte di questa Corte risulta esercitabile.

3. Il ricorso va dunque respinto. Nulla per le spese in difetto di costituzione avversaria.

PQM

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

respinge il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione quinta civile, il 3 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 5 agosto 2016

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