Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16456 del 05/08/2016


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Cassazione civile sez. trib., 05/08/2016, (ud. 03/05/2016, dep. 05/08/2016), n.16456

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 3117-2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

DITTA INDIVIDUALE INTIMO PIU’ DI Z.M.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2246/2014 della COMM.TRIB.REG. della PUGLIA,

depositata l’11/11/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/05/2016 dal Consigliere Dott. MARCO MARULLI;

udito per il ricorrente l’Avvocato URBANI NERI che ha chiesto

l’accoglimento;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO Immacolata, che ha concluso per l’inammissibilità e in

subordine il rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza in data 11.11.2014 la CTR Puglia ha respinto l’appello dell’erario avverso la decisione che in primo grado, su ricorso della ditta individuale Intimo Più di Z.M., aveva annullato l’avviso di accertamento a mezzo del quale l’Agenzia delle Entrate – recependo le risultanze di pregresse indagini di polizia tributaria in ordine al deposito fiscale in gestione alla Work System s.r.l. – aveva contestato, in considerazione del carattere virtuale del deposito effettuato dalla parte (“la merce introdotta nel deposito IVA non vi stazionava che per i minuti necessari all’espletamento degli adempimenti connessi all’utilizzo del beneficio”), il mancato versamento dell’IVA.

La CTR, rigettando il gravame, rilevato che l’accertamento operato nella specie si fonda sul presupposto dell’irregolare importazione di merci di provenienza extracomunitaria e che l’IVA non versata in quella sede fosse da considerare IVA interna, ha ritenuto di non poter condividere la tesi dell’Amministrazione, “che dopo aver autodefinita la natura del tributo asseritamente omesso (pagamento dei diritti di confine dovuti all’atto dell’importazione) rivendica la propria competenza funzionale sul rilievo che l’IVA asseritamente non versata avrebbe natura di IVA interna, sovrapponendo, così, le regole che presiedono all’accertamento, alla liquidazione e riscossione dell’IVA interna a quelle che invece presiedono all’IVA all’importazione”. Essendo, peraltro, l’osservanza di quest’ultima affidata alla competenza delle Dogane, ne deriva “il difetto di competenza funzionale in capo all’Agenzia delle Entrate” e la conseguente nullità dell’opposto avviso di accertamento.

Per la cassazione di detta sentenza l’erario si affida ad un unico motivo di ricorso, al quale non ha inteso replicare l’intimata.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

2. Con l’unico motivo del proprio ricorso – sulla cui cognizione non incide l’ordinanza 9278/16 di questa Corte, atteso che essa ha natura interlocutoria e non attiene all’odierno thema decidendi – l’Agenzia impugnante si duole, per gli effetti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, della violazione del D.L. n. 331 del 1993, art. 50-bis, comma 5, del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 70 e degli artt. 2729 e 2697 c.c. atteso che la CTR, ritenendone l’incompetenza ad accertare l’elusione posta in essere dalla contribuente, “ha violato la prima norma in epigrafe” che legittima l’azione accertatrice, risultando invero doveroso, a fronte della illiceità del deposito operato dalla parte “perchè meramente virtuale”, l’intervento dell’Agenzia delle Entrate, che può intendersi operato non mediante il recupero dell’IVA all’importazione, in tal caso sussistendo la competenza dell’Agenzia delle Dogane, ma mediante il disconoscimento delle detrazioni di imposta contenute nelle stesse autofatture.

2.2. Il motivo è fondato.

2.3. Giova premettere – sul rilievo, in fatto, che l’Agenzia ricorrente ha agito nella specie al fine di recuperare l’IVA all’importazione dovuta in base al combinato disposto del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 1 e 67 allorchè merci di provenienza extra UE facciano il loro ingresso nel territorio unionale, della quale la parte aveva omesso il versamento all’atto dell’immissione in libera pratica in quanto le merci erano state avviate verso un deposito fiscale – che secondo l’ordinamento unionale e, segnatamente, secondo le disposizioni recate dall’art. 4, par. 1, Reg. CE 450/08 applicabile alla specie ratione termporis – ma, sul punto, non discorde dall’art. 4, par. 4, Reg. CEE 2913/92 vigente in precedenza e dall’art. 5, par. 1 Reg. UE 952/13 entrato in vigore il 1.5.2016 – l’Autorità Doganale si identifica nelle “amministrazioni doganali degli Stati membri competenti ad applicare la normativa doganale e qualsiasi altra autorità che, ai sensi del diritto nazionale, dispone del potere di applicare alcune norme doganali”. La normativa doganale prevede, dunque, all’art. 129, per 1, Reg. CE 450/08 – anche su questo non immutato dall’art. 201 del Reg. UE 952/13 – che “le merci non comunitarie destinate al mercato comunitario o destinate all’uso o al consumo privato nell’ambito della Comunità sono vincolate al regime di immissione in libera pratica”, il quale a sua volta, mirando a parificare la condizione delle merci di provenienza extra UE a quella delle merci comunitarie (“l’immissione in libera pratica attribuisce alle merci non comunitarie la posizione doganale di merci comunitarie” recita il par 3 del citato art. 129), ai fini di assicurare una corrispondente parità di trattamento all’atto della loro immissione al consumo, prevede “la riscossione dei dazi dovuti all’importazione” (art. 129, par. 2, lett. a); “la riscossione ove opportuno di altri oneri come previsto dalle pertinenti disposizioni vigenti in materia di riscossione di tali oneri” (art. 129, par. 2, lett. b); “l’applicazione delle misure, dei divieti e delle restrizioni di politica commerciale, a meno che non debbano essere applicati in una fase precedente” (art. 129, par. 2, lett. c); “l’espletamento delle altre formalità stabilite per l’importazione delle merci” (art. 129, par. 2, lett. d). Sempre secondo il riportato quadro di riferimento “la riscossione dei dazi dovuti all’importazione” di cui al visto art. 129, par. 2, lett. a) costituisce peculiare oggetto della nozione di obbligazione doganale. che l’art. 4, punto 13, Reg. CE 450/08 definisce come “l’obbligo di una persona di corrispondere l’importo del dazio all’importazione o all’esportazione applicabile a una determinata merce in virtù della normativa doganale in vigore”. Compete, dunque, nell’ordinamento sovranazionale della materia, all’Autorità Doganale per effetto combinato di queste disposizioni – peraltro significativamente rafforzate dalle previsioni che l’art. 4 citato ai punti 3 e 22 reca in ordine alla nozione di “controlli doganali” (“atti specifici espletati dall’autorità doganale ai fini della corretta applicazione della normativa doganale e delle altre norme che disciplinano l’entrata, l’uscita il transito, il trasferimento, il deposito e l’uso finale delle merci in circolazione tra il territorio doganale della Comunità e altri territori nonchè la presenza e la circolazione nel territorio doganale delle merci non comunitarie e delle merci in regime di uso finale”) e di “vigilanza doganale” (“provvedimenti adottati in genere dalle autorità doganali per garantire l’osservanza della normativa doganale e se, del caso, di altre disposizioni applicabili alle merci soggette a tali provvedimenti”) – occuparsi della riscossione dei dazi e degli altri oneri previsti ai fini dell’immissione in libera pratica dei beni provenienti da paesi terzi, tra i quali, sebbene quelli appena menzionati rimandino alla tradizionale categoria dei diritti confini, non è tuttavia ricompresa l’IVA all’importazione. Non rientra perciò, a stretto rigore del diritto unionale, nella competenza dell’Autorità doganale riscuotere l’IVA all’importazione, in quanto in base alle viste disposizione dell’ordinamento doganale vigenti in ambito sovranazionale la competenza delle dogane si esaurisce nella riscossione dei dazi e degli altri oneri sottesi all’operazione di importazione.

2.4.1. Questa conclusione – che porta ritenere fondato il denunciato errore di giudizio – non è resisistita sul piano del diritto interno dal diverso assetto che la materia riceve nella disciplina dell’IVA e nella disciplina dei diritti doganali.

2.4.2. Benchè, in relazione alla prima, il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 70 laddove al primo comma prevede che “l’imposta relativa alle importazioni è accertata, liquidata e riscossa per ciascuna operazione” e che “si applicano per quanto concerne la controversie e le sanzioni le disposizioni della legge doganale relativa ai diritti di confine”, sia stato sovente inteso – in questo senso i precedenti citati dalla sentenza d’appello – oltre che come indiretta conferma che l’IVA all’importazione ricada nel quadro dei diritti di confine, anche come fonte di legittimazione della potestà accertatrice in materia dell’Agenzia delle Dogane, essendo essa depositaria ex lege del potere di riscuotere i diritti di confine (D.P.R. n. 43 del 1973, art. 34, comma 2), la norma va più rettamente ricondotta nell’alveo della disciplina del’IVA all’importazione – che com’è noto ha peculiarità sue proprie rispetto all’IVA cd interna, giacchè, diversamente da quest’ultima, è, tra l’altro, dovuta “sulle importazioni da chiunque effettuate” (art. 1) ed “è riscossa per ciascuna operazione” – e la sua interpretazione non può andare disgiunta dal fatto che solitamente – sebbene non sempre, come insegna il caso in giudizio – al momento dell’ingresso nel territorio unionale, si realizza, oltre all’immissione in libera pratica dei beni di provenienza extra UE, con la conseguente insorgenza dell’obbligazione doganale, anche l’immissione al consumo, con la conseguente insorgenza del debito IVA, sicchè non è improprio, rispondendo ad un principio di economia procedimentale, che se all’atto dell’importazione, i due momenti coincidano, la competenza in ordine alla accertamento, liquidazione e riscossione dell’imposta dell’IVA all’importazione sia affidata alle Dogane.

2.4.3. Quanto alla seconda, posto che l’inclusione dell’IVA all’importazione nel novero dei diritti di confine è la risultante di un processo di osmosi interpretativa propiziato dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 70 che rende applicabili “le disposizioni delle leggi doganali relative ai diritti di confine” – non immune, peraltro, da una certa dose di tautologismo, (sussiste la competenza delle Dogane in quanto si tratta di diritti di confine, si tratta di diritti di confine in quanto sussiste la competenza delle Dogane) – una lettura eurounitariamente orientata di esse non può non prendere atto che a livello di diritto unionale la competenza dell’Autorità doganale è circoscritta alla sola obbligazione doganale ovvero al diritto a riscuotere i dazi e gli altri oneri sottesi all’immissione in libera pratica dei beni di provenienza extra UE, onde una competenza dell’Agenzia delle Dogane a riscuotere il tributo in questione in quanto diritto di confine può sussistere solo nei limiti della vista interpretazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 70.

2.5. Nè infine è motivo per disattendere questa impostazione l’ordinamento delle Agenzie fiscali che, sebbene, di contro alla competenza a carattere generale accordata all’Agenzia delle Entrate (“all’agenzia delle entrate sono attribuite tutte le funzioni concernenti le entrate tributarie erariali che non sono assegnate alla competenza di altre agenzie, amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, enti od organi…”: D.Lgs. n. 300 del 1999, art. 69), preveda un residua competenza dell’Agenzia delle Dogane in ordine alla “fiscalità interna” (l’agenzia delle dogane e dei monopoli è competente a svolgere i servizi relativi all’amministrazione, alla riscossione e al contenzioso dei diritti doganali e della fiscalità interna negli scambi internazionali,…”: D.Lgs. n. 300 del 1999, art. 69), non si oppone, alla luce del visto quadro di riferimento offerto dalla discplina unionale, ad una soluzione interpretativa intesa a conferire al virgolettato rilevanza in rapporto al momento in cui le merci di provenienza extra Ue varchino i confini territoriali dell’Unione, giacchè in quell’ambito nulla si oppone – suggerendolo, anzi, obiettive ragioni di economia procedimentale, come si è sopra precisato – che, se i beni importati siano immessi, tanto in libera pratica che al consumo, competa all’Agenzia delle Dogane la riscossione di tutti “i diritti di confine” latamente intesi e quindi dei dazi e dell’IVA all’importazione, diversamente riprendendo invece vigore la competenza generale dell’Agenzia delle Entrate, che avrebbe modo di esercitarsi – come qui è avvenuto – all’atto dell’estrazione dei beni dal deposito fiscale di cui all’art. 50-bis D.L. n. 331 del 1993, art. 50 bis bis.

3. L’impugnata sentenza, in accoglimento dello spiegato motivo di ricorso, va dunque debitamente cassata e la causa va rinviata ai sensi dell’art. 383 c.p.c., comma 1, al competente giudice territoriale il quale avrà cura di attenersi a quanto qui statuito, nonchè all’incidenza che nella vicenda possono assumere le determinazioni adottate da Corte giust. UE, 17.7.2014, C-272/13, Equoland.

PQM

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza, rinvia alla CTR Puglia che, in altra composizione, provvederà pure alla liquidazione delle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, a seguito di riconvocazione, nella Camera di consiglio della Sezione quinta Civile, il 27 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 5 agosto 2016

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