Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16451 del 27/07/2011

Cassazione civile sez. lav., 27/07/2011, (ud. 21/06/2011, dep. 27/07/2011), n.16451

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FOGLIA Raffaele – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

A.T., domiciliato in ROMA, VIA ANTONELLI 4, presso lo

studio dell’avvocato GUGLIOTTA ANTONIO, rappresentato e difeso

dall’avvocato SORBELLO GAETANO, giusta delega in atti;

– ricorrente –

B.G.C., B.F., elettivamente domiciliati

in ROMA, VIA NICASTRO 11, presso lo studio dell’avvocato SILVIA

STIVALI, rappresentati e difesi dagli avvocati STRACUZZI OTTAVIO,

STRACUZZI ATTILIO, giusta delega in atti;

– controricorrenti incidentali –

avverso la sentenza n. 466/2009 della CORTE D’APPELLO di MESSINA,

depositata il 22/04/2009 r.g.n. 610/07;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/06/2011 dal Consigliere Dott. FEDERICO BALESTRIERI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale di Messina dichiarava inammissibile il ricorso proposto da F. e B.C.G. nei confronti di T. A., titolare del Deposito fiscale generi di monopolio di Messina, per essere stato il licenziamento loro intimato il 24 ottobre 2002, impugnato oltre i termini di cui alla L. n. 604 del 1966, art. 6, essendo nei sessanta giorni ivi previsti solo stato richiesto il tentativo obbligatorio di conciliazione ex art. 410 c.p.c..

La Corte d’appello di Messina, con sentenza depositata il 22 aprile 2009, in riforma della sentenza impugnata, riteneva tempestiva l’impugnazione e dichiarava illegittimo il licenziamento dei B., con condanna dell’ A. a riassumerli ovvero a corrispondergli una indennità commisurata a sei mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, oltre interessi e rivalutazione.

Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione l’ A., affidato ad unico motivo.

Resistono i B. con controricorso, contenente ricorso incidentale consistente in unico motivo.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Deve pregiudizialmente disporsi la riunione dei ricorsi ex art. 335 c.p.c..

1. – Con unico motivo l’ A. denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 604 del 1966, art. 6, art. 410 c.p.c., comma 2, artt. 1334 e 2697 c.c., nonchè omessa ed insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

Lamenta che nonostante il chiaro disposto dell’art. 6 L. cit. preveda che il lavoratore ha l’onere di impugnare il licenziamento nel termine di sessanta giorni e che tale impugnativa costituisca, per pacifica giurisprudenza, atto unilaterale recettizio, la corte territoriale ritenne erroneamente che a tal fine fosse sufficiente la richiesta del tentativo obbligatorio di conciliazione alla Commissione di cui all’art. 410 c.p.c., di cui peraltro difettava la prova della comunicazione al datore di lavoro.

Ad illustrazione del motivo formulava il prescritto quesito di diritto.

2.- Il ricorso è infondato.

Osserva infatti la Corte che, a seguito della nota pronuncia della Corte Cost. n. 477 del 2002, alla parte può essere chiesto il compimento solo dell’attività a sè riferibile, rimanendo fuori del suo controllo l’eventuale inerzia o ritardo di soggetti diversi (nella specie l’ufficio postale). Il giudice delle leggi ha ritenuto palesemente irragionevole che un effetto di decadenza possa discendere dal ritardo nel compimento di un’attività del tutto estranea alla sfera di disponibilità del notificante.

Sotto questo profilo giova richiamare la recente sentenza delle sezioni unite di questa Corte (n. 8830 del 14 aprile 2010), secondo cui l’impugnazione del licenziamento ai sensi della L. 15 luglio 1966, n. 604, art. 6, formulata mediante dichiarazione spedita al datore di lavoro con missiva raccomandata a mezzo del servizio postale, deve intendersi tempestivamente effettuata allorchè la spedizione avvenga entro sessanta giorni dalla comunicazione del licenziamento o dei relativi motivi, anche se la dichiarazione medesima sia ricevuta dal datore di lavoro oltre detto termine, atteso che – in base ai principi generali in tema di decadenza, enunciati dalla giurisprudenza di legittimità e affermati, con riferimento alla notificazione degli atti processuali, dalla Corte costituzionale – l’effetto di impedimento della decadenza si collega, di regola, al compimento, da parte del soggetto onerato, dell’attività necessaria ad avviare il procedimento di comunicazione demandato ad un servizio – idoneo a garantire un adeguato affidamento – sottratto alla sua ingerenza.

Inoltre, con specifico riferimento al caso di specie, questa Corte, superando un precedente difforme orientamento (Cass. 5 maggio 2006 n. 11116), ha ritenuto che alla luce di una lettura costituzionalmente orientata (Corte cost. n. 276 del 2000 e n. 477 del 2002) delle norme applicabili in materia di decadenza dal potere di impugnare il licenziamento, non è necessario che l’atto di impugnazione giunga a conoscenza del destinatario nel predetto termine, ovvero, in particolare, che esso pervenga all’indirizzo del datore di lavoro entro i sessanta giorni previsti dalla L. n. 604 del 1966, art. 6 in quanto, ai sensi dell’art. 410 cod. proc. civ., comma 2 (così come modificato dal D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 36 e da ultimo dal D.Lgs. 29 ottobre 1998, n. 387, art. 19), il predetto termine (processuale con riflessi di natura sostanziale) si sospende a partire dal deposito dell’istanza di espletamento della procedura obbligatoria di conciliazione, contenente l’impugnativa scritta del licenziamento, presso la Commissione di conciliazione e divenendo irrilevante, in quanto estraneo alla sfera di controllo del lavoratore, il momento in cui l’ufficio provinciale del lavoro provveda a comunicare al datore di lavoro la convocazione per il tentativo di conciliazione (Cass. 22 luglio 2010 n. 17231, Cass. 19 giugno 2006 n. 14087).

Essendosi la corte di merito attenuta a tali principi, ed avendo in base ad essi logicamente ed incontestatamente accertato che il termine di decadenza sarebbe nella specie maturato il 20 marzo 2003, mentre il ricorso introduttivo della lite venne notificato precedentemente, il ricorso principale deve pertanto respingersi.

3. – Con unico motivo i ricorrenti incidentali lamentano che la corte territoriale abbia immotivatamente liquidato per difetto il risarcimento dei danni loro spettanti.

Il motivo, oltre a difettare del quesito di cui all’art. 366 bis c.p.c., risulta comunque infondato per avere la corte di merito liquidato il numero di mensilità massimo stabilito dalla L. n. 604 del 1966, art. 8 (in assenza di qualsivoglia allegazione circa la ricorrenza delle circostanze di cui all’ultimo periodo del medesimo art. 8).

4. – Entrambi i ricorsi vanno pertanto rigettati, e le spese del presente giudizio conseguentemente compensate.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta entrambi. Compensa le spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 21 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 27 luglio 2011

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