Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16451 del 10/06/2021

Cassazione civile sez. trib., 10/06/2021, (ud. 18/12/2020, dep. 10/06/2021), n.16451

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – rel. Consigliere –

Dott. LEUZZI Salvatore – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 22224/12 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

– ricorrente, intimato in via incidentale –

contro

Ecotrade s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore,

rappresentata e difesa dagli avv. Antonio Lovisolo e Francesco

D’Ayala Valva, con domicilio eletto presso lo studio di

quest’ultimo, sito in Roma, viale Parioli, 43;

– controricorrente, ricorrente in via incidentale –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Liguria, n. 64, depositata il 30 giugno 2011.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 18 dicembre 2020

dal Consigliere Paolo Catallozzi;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

generale De Augustinis Umberto, che ha concluso chiedendo

l’accoglimento del ricorso principale e il rigetto di quello

incidentale;

udito l’avv. Paolo Gentili, per la ricorrente.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale Liguria, depositata il 30 giugno 2011, di reiezione dell’appello dalla medesima proposto avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso della Ecotrade s.p.a. per l’annullamento di un avviso di accertamento con cui era stata rettificata la dichiarazione resa, ai fini dell’i.v.a., per l’anno 2001.

2. Dall’esame della sentenza impugnata emerge che con tale atto impositivo l’Amministrazione finanziaria aveva contestato, in relazione a venti fatture ricevute per operazioni intracomunitarie prive dell’applicazione dell’i.v.a., il mancato assolvimento degli obblighi fiscali di cui al cd. reverse charge (emissione di auto-fattura con addebito dell’i.v.a. e annotazione nel registro delle fatture emesse) e, conseguentemente, l’omesso versamento dell’i.v.a. relativa a tali operazioni.

2.1. Il giudice di appello riferisce che la Commissione provinciale, dopo aver rimesso alla Corte di Giustizia l’esame di questioni pregiudiziali e preso atto della relativa decisione, aveva accolto il ricorso della contribuente.

2.2. Ha, quindi, disatteso l’appello erariale, circoscritto ai soli capi di sentenza relativi alle sanzioni irrogate e alle spese processuali, evidenziando che tali sanzioni non erano dovute, avuto riguardo alla violazione del principio della proporzionalità, nonchè al fatto che erano parametrate in relazione a un tributo (l’i.v.a.) non dovuto, e alla necessità che la determinazione e applicazione delle sanzioni rispettassero il disposto della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 10, del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 6, comma 5-bis, e del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, art. 5, comma 3.

3. Il ricorso è affidato a quattro motivi.

4. Resiste con controricorso la Ecotrade s.p.a., la quale propone ricorso incidentale condizionato.

5. Avverso tale ricorso incidentale condizionato l’Agenzia non spiega alcuna attività ifensiva.

6. La contribuente deposita memorie ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c., e, a seguito della rimessione del giudizio alla pubblica udienza, dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Occorre preliminarmente osservare che, come accennato in precedenza, la sentenza impugnata, di conferma dell’annullamento delle sanzioni irrogate per mancato assolvimento degli obblighi di cui al cd. reverse charge, è sorretta da una pluralità di rationes decidendi.

La prima consiste nella violazione del principio di proporzionalità rispetto alla gravità della violazione.

La seconda risiede nel fatto che la mancata debenza del tributo osterebbe alla sanzionabilità della condotta della contribuente.

La terza è rappresentata dalla inosservanza della L. n. 212 del 2000, art. 10, la cui formulazione prevede che “le sanzioni non sono comunque irrogate quando la violazione dipende da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione della norma tributaria o quando si traduce in una mera violazione formale senza alcun debito di imposta”.

Come desumibile dal tenore della disposizione, nonchè dal fatto che la stessa è stata espressamente richiamata e interamente riprodotta nella sentenza, tale ratio esprime, in sè, un duplice – distinto e autonomo – fondamento giuridico dell’inapplicabilità delle sanzioni, in relazione, da un lato, alla presenza di una situazione di oggettiva incertezza normativa, e, dall’altro, alla natura meramente formale della violazione, in quanto la condotta non pregiudica l’esercizio delle attività di controllo da parte dell’ente accertatore e non incide sulla determinazione della base imponibile dell’imposta e sul versamento del tributo.

La quarta ratio poggia sulla violazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6, comma 5-bis, ossia sulla inidoneità del fatto contestato ad arrecare pregiudizio all’esercizio delle azioni di controllo e ad incidere sulla determinazione della base imponibile dell’imposta e sul versamento del tributo.

Infine, con la quinta ratio la decisione censura la violazione del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 5, comma 3, nella parte in cui dispone, nella formulazione applicabile ratione temporis al caso in esame, che in caso di effettuazione di operazioni per le quali non è dovuta l’imposta, l’omessa presentazione della dichiarazione è punita con la sanzione amministrativa da lire cinquecentomila a lire quattro milioni.

2. Ciò posto, si rileva che con i motivi con cui è articolato il ricorso principale l’Agenzia non aggredisce tutte le richiamate rationes decidendi.

Infatti, con il primo motivo l’Agenzia denuncia la violazione e falsa applicazione del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, artt. 17 e 19, e della Dir. n. 77/388/CEE, art. 17, art. 18, nn. 2 e 3, art. 21, n. 1, lett. b), e art. 22, n. 2, lett. a), del D.L. 30 agosto 1993, n. 331, artt. 40 e 46, della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 10, del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 6, comma 5-bis, e del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, art. 5, comma 4, e art. 6, commi 1, 4 e 5, per aver la sentenza impugnata ritenuto che si fosse in presenza di violazioni formali inidonee ad arrecare pregiudizio all’azione di controllo e a incidere sulla determinazione della base imponibile e dell’imposta.

Evidenzia l’essenzialità dell’adempimento degli obblighi di autofatturazione e di registrazione, ai fini dell’espletamento dei controlli da parte dell’Amministrazione finanziaria, e la sua incidenza sull’ammontare della base imponibile e, conseguentemente, dell’imposta laddove, come avvenuto nel caso in esame, l’esercizio del diritto alla detrazione dell’imposta medesima non fosse stato tempestivamente esercitato.

2.1. Con il secondo motivo la ricorrente deduce, con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza per carenza di motivazione sul punto in cui ha ritenuto che le sanzioni irrogate non fossero proporzionali.

2.2. Con il terzo motivo si duole della violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 17 e 19, della Dir. n. 77/388/CEE, art. 17, art. 18, nn. 2 e 3, art. 21, n. 1, lett. b), e art. 22, n. 2, lett. a), del D.L. n. 331 del 1993, artt. 40 e 46, e del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 5, comma 4, e art. 6, commi 1, 4 e 5, per aver il giudice di appello ritenuto che la sanzione irrogata, liquidata in coerenza con i criteri di legge, non fosse proporzionale alla gravità dell’infrazione contestata.

2.3. Con l’ultimo motivo lamenta, in relazione al capo di sentenza relativo al governo delle spese processuali, l’omessa pronuncia sul motivo di appello vertente sulla mancata compensazione delle spese processuali relativo al primo grado di giudizio.

2.4. Dall’esame dei riferiti motivi di ricorso si evince, dunque, che mentre le rationes decidendi relative al difetto di proporzionalità della sanzione, anche in relazione all’asserita mancata applicazione del trattamento di cui al D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 5, comma 3, e all’inidoneità del fatto contestato ad arrecare pregiudizio all’esercizio delle azioni di controllo ad incidere sulla determinazione della base imponibile dell’imposta e sul versamento del tributo risultano essere stato investite dall’impugnazione in oggetto, ad opposte conclusioni deve pervenirsi per quanto riguarda la ratio relativa alla ricorrenza di una situazione di oggettiva incertezza normativa.

Tale ratio presenta, come già evidenziato, carattere distinto e autonomo, in quanto idonea, di per sè, a giustificare la decisione assunta sotto il profilo logico e giuridico.

Orbene, la mancata formulazione di specifiche doglianze avverso tale ratio decidendi, neppure sotto il profilo del vizio di motivazione, conduce, necessariamente, all’inammissibilità dei motivi del ricorso principale, per difetto di interesse, relativi al capo di sentenza con cui è stato confermato l’annullamento delle sanzioni, in quanto le censure proposte avverso le altre rationes non potrebbero produrre in nessun caso l’annullamento della sentenza in parte qua, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata (cfr. Cass. 27 luglio 2017, n. 18641; Cass. 4 marzo 2016, n. 4293).

3. Con riferimento alla doglianza espressa con l’ultimo motivo del ricorso principale, formulata avverso il capo di sentenza relativo alle spese del processo di primo grado, la censura è infondata.

3.1. La sentenza impugnata riferisce espressamente, nella parte in cui illustra il contenuto dell’appello dell’Agenzia, che il gravame ha per oggetto anche la statuizione relativa alle spese del giudizio di primo grado, contestata sotto il profilo della mancata compensazione delle stesse.

Conclude, tuttavia, nel senso della conferma integrale della sentenza impugnata, respingendo, in tal modo, (anche) tale motivo di appello, sia pure in via tacita.

4. Al mancato accoglimento del ricorso principale segue l’assorbimento del ricorso incidentale condizionato.

5. In considerazione della specificità della questione controversa, appare opportuno disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese dell’intero giudizio.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; dichiara assorbito il ricorso incidentale condizionato; compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 18 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 giugno 2021

 

 

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